Via Vittorio Veneto ex 7
Una delle più importanti sedi della Lazio fu quella di Via Vittorio Veneto, 7.
La società vi si trattenne dal 9 maggio 1915 al novembre 1924. In un ex convento dei Cappuccini ristrutturato intorno agli anni '10 del XX secolo, la Lazio entrò dopo il trasferimento dalla sede di Via delle Coppelle. In data 1 novembre 1914 la squadra aveva inaugurato vittoriosamente il campo della Rondinella. A fine dicembre Roma fu sconvolta dall'esondazione del Tevere che causò molte vittime e allagò i campi da gioco. Sul fronte calcistico la Lazio vinse il campionato centro meridionale, ma l'entrata in guerra fece sospendere il torneo e, con una decisione cervellotica, lo Scudetto fu assegnato all'altra finalista del girone nord, il Genoa. La guerra portò lutti e disgrazie e tra le tante iniziative patriottiche si distinse anche la sezione femminile della Società con opere di beneficenza organizzate in sede, la creazione dell'Asilo Lazio che ospitava bambini orfani, poveri e abbandonati, e con la trasformazione del campo della Rondinella in orto di guerra. Dopo gli eventi bellici il campionato riprese timidamente e si mise in luce il giovane Fulvio Bernardini. Insieme a lui vi erano calciatori del calibro di Fernando Saraceni, Augusto Faccani, Dante Filippi, Corrado Corelli, Pio Maneschi e Spartaco Orazi (I). Il 2 giugno 1921 con il Regio Decreto n. 907 la Società Podistica Lazio venne eretta in Ente Morale per "le sue benemerenze sociali, culturali e sportive" (*). Nella sede di Via Veneto si alternarono infatti avvenimenti di elevato spessore culturale. L'attività concertistica vide impegnati grandi personaggi come i direttori d'orchestra Carlo Zecchi e Teofilo De Angelis, l'organista Marco Enrico Bossi e la violinista Maria Fiori, che fu eletta socia benemerita, e le voci popolarissime del tenore Giacomo Lauri Volpi e dei baritoni Antonio Cotogni, Carlo Galeffi e Benvenuto Franci. Dibattiti e convegni videro la partecipazione di illustri studiosi, molti dei quali soci, come Gustavo Giovannoni, Domenico Gnoli, Rodolfo Lanciani, Leo Montecchi, la Premio Nobel per la Letteratura Grazia Deledda, Oreste Villa, Umberto di Savoia. Tra i conferenzieri più assidui vi furono Alfredo Baccelli, Goffredo Bellonci, Francesco Aquilanti e Romolo Prati. Tra i dirigenti dei Giovani Esploratori si ricordano, tra gli altri, l'Ammiraglio Giovanni Bettolo, il Principe Pietro Lanza di Scalea e il generale Paolo Spingardi. La vivace sezione femminile era capitanata da Giulia Oddone e Adelaide Parboni. La sede era dotata di ampi ed eleganti saloni. In alcuni di questi il Maestro Innorta insegnava l'arte della scherma ai soci. Le sezioni della Lazio erano: scherma, boxe, ballo, ginnastica, filodrammatica, foot-ball, sport atletici, nuoto, canottaggio, escursionismo. La Società ebbe anche un suo giornale (Lazio), diretto da Cesare Mariani, che si occupava di sport e cultura e che graficamente era impostato in modo da ricordare lo stile liberty d'inizio secolo. In quel periodo essere socio della Lazio era un obbiettivo ambitissimo anche per le classi sociali più elevate ma in realtà la scelta dei soci avveniva per puri meriti culturali e sportivi ed era aperta a tutti. Inoltre non ci furono invadenze di tipo politico perché all'inizio il regime non si occupò di sport. Il presidente per quasi tutti gli anni trascorsi in Via Veneto fu il grande Fortunato Ballerini.
(*) L'elevazione della Lazio ad Ente morale fu il cavillo che permise al Gen. Giorgio Vaccaro, nel 1927, di sventare il bizzarro tentativo di unire anche i biancocelesti con le cinque società minori che dovevano dare vita alla "Roma", secondo i voleri del regime e nella persona del federale Italo Foschi. Un Ente morale, giuridicamente, non può infatti essere unito a chicchessia.
Descrizione della sede
Le vicende legate alla precisa dislocazione della sede della Lazio di Via Veneto n. 7 sono fortemente complesse. Le sovrapposizioni stratigrafiche dei diversi livelli dove nel corso dei secoli sono sorti vari corpi di fabbrica sono numerose e i relativi impianti planovolumetrici, oltre a sovrapporsi irregolarmente, si intersecano con angolature diverse. Si sta trattando sostanzialmente di un’area adiacente la seicentesca chiesa di Santa Maria della Concezione che è conosciuta soprattutto per la sua singolare e inquietante cripta contenente le ossa dei frati defunti. Tali ossa formano decorazioni, disegni e tessiture di grande suggestione che avevano lo scopo di esorcizzare la morte. I manufatti lì presenti consistevano nella chiesa e nella cripta, risalenti al 1631 e in un convento, dimora dei frati Cappuccini, riconoscibile sulla destra della chiesa in una stampa tardo seicentesca e in una foto del 1890. Se la situazione è rimasta pressoché immutata fino al 1871, molti sono stati i cambiamenti intervenuti dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia. Nelle more dei rapporti, spesso tempestosi, tra autorità ecclesiastica da una parte e Stato Italiano e Comune di Roma dall’altra, i manufatti subirono modifiche sia nelle consistenze che nelle proprietà. Anche la creazione di Via Veneto, risalente agli anni ‘90 del XIX secolo, determinò profondi cambiamenti anche in considerazione delle nette differenze di quota tra il livello di accesso alla chiesa e quello della nuova arteria che resero necessarie la creazione di rampe e scale. Cercare, oggi, di comprendere come apparisse la nuova sede della Lazio il 9 maggio del 1915 è impresa ardua. Le trattative tra le parti in causa, le successive perizie, la definizione delle proprietà, gli indennizzi, la destinazione degli affitti in atto, i tanti protocolli legali, trovarono un punto di arrivo soltanto nel 1911. Un carteggio tra l’Autorità Generale del Fondo per il Culto e il Comune di Roma stabiliva che non tutto il complesso sarebbe stato ceduto al Municipio. La presenza di un valetudinario al 3° piano, in quanto opera di bene gestita dal Culto, permise al Culto stesso di ottenere il diritto di proprietà su questo ambito. Inoltre, fu imposto al Comune di fornire ai sette frati che ancora vivevano nel convento una struttura destinata alla loro residenza che poteva essere reperita sia in altra abitazione esterna al convento o, a scelta, nel convento stesso. Si determinò anche che ogni proprietà si dovesse intendere da terra a cielo per impedire interferenze reciproche e passaggi comuni. Inoltre si stabilì che il Comune potesse costruire nuovi volumi negli spazi interni a cielo aperto, purché ciò non andasse ad interferire con gli accessi, i percorsi e gli affacci delle proprietà religiose. Se la situazione planimetrica era molto complessa, non di meno lo era l’intricata destinazione degli spazi. Venendo progressivamente meno la funzione religiosa di quei manufatti, eccezion fatta per la chiesa, la cripta e la residenza dei sette frati, si era deciso infatti di affittare tutto ciò che fosse in esubero rispetto alle modeste attività religiose. Per cui, a titolo di esempio, il piano terreno era suddiviso tra una zona data in affitto agli eredi dello scultore tedesco Theodor Wilhelm Achtermann (morto nel 1844) e alcune stalle che accoglievano i cavalli degli ufficiali di cavalleria di passaggio a Roma. Dall’analisi delle piante in nostro possesso, in scala diversa, approssimative, mal eseguite, si può ragionevolmente ipotizzare che la parte di rappresentanza e gli uffici della sede della Lazio fossero disposti al 2° piano. Negli anni che intercorsero tra il 1911, anno in cui furono stabilite e accettate le regole descritte nel carteggio, e il 1914 si effettuarono lavori di risanamento, potenziamento statico, miglioramento dei servizi, più efficace distribuzione degli spazi, creazione di ambienti di rappresentanza ecc. La possibilità, prevista nell’accordo di poter costruire altri volumi negli spazi aperti interni non ci permette di definire il perimetro preciso di pertinenza della società biancoceleste. La Lazio nel maggio-giugno 1915 istituì nella propria sede un Asilo per ospitare bambini poveri, orfani o figli dei soldati impegnati in guerra. Si suppone che esso fosse dislocato al piano terreno, proprio dove nella seconda metà dell’800 era in funzione un asilo voluto da Margherita di Savoia. Con buona approssimazione e in estrema sintesi si può affermare che la sede della Lazio occupasse, quindi, il corpo di fabbrica del Fondo del Culto adiacente la chiesa, e da essa separata internamente da uno stretto e lungo cortile (destinato al gioco delle bocce), che giungeva fino all’attuale Palazzo Coppedè.
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