Bernardini Fulvio
Biografia[modifica | modifica sorgente]
Fulvio Bernardini ha giocato in tutti i ruoli. Nato a Roma il 28 dicembre 1905, fu tuttavia registrato all'anagrafe il 1 gennaio 1906. E' deceduto a Roma il 13 gennaio 1984 per SLA. Nelle sue prime apparizioni calcistiche, era denominato Bernardini II per distinguerlo dal fratello maggiore Vittorio, detto Bernardini I e dall'omonimo Egisto, detto Bernardini III, entrambi militanti nella Lazio.
Nativo del rione Esquilino (Via Principe Umberto n. 33), ma ben presto trasferitosi con la famiglia nel rione Monti in via dei Capocci n. 27, a 10 anni cominciò a giocare in una squadra dell'oratorio di San Sebastiano chiamata Exquilia. Da ragazzo veniva soprannominato "sfilatino" perché era sempre munito di pagnottelle che la mamma, premurosamente, gli metteva nella borsa sportiva. I primi calci li tirò, come tutti "li regazzini" dell'epoca, sui lisci e duri sampietrini delle vie prossime a casa sua o all'Alberata di Villa Borghese. Fulvio era anche un discreto studente e si diplomò all'Istituto Leonardo da Vinci in Ragioneria.
Gli anni della Lazio[modifica | modifica sorgente]
Bernardini arrivò alla Lazio a 13 anni e mezzo, presentato dai soci Mangialaio e Riccioni e fu aggregato alla squadra Ragazzi. Poco dopo esordì in porta nel torneo dedicato al calciatore laziale Alberto Canalini caduto durante la Prima Guerra Mondiale. Era il 1919 e riscosse tanti di quegli apprezzamenti che fu subito promosso portiere titolare fino alla metà della stagione 1920/21 quando, dopo una sconfitta con il Naples per 4-2 e un duro colpo sul capo preso durante un'accesa partita contro la Fortitudo, chiese di poter essere spostato in attacco. I dirigenti, che in un primo tempo non volevano accontentarlo viste le sue grandi capacità come portiere, decisero di provarlo centravanti nella squadra riserve. La prima partita, contro le riserve dell'Audace al Parco dei Daini, fu un trionfo e, approfittando della lunga assenza di un compagno di squadra titolare che giocava nel ruolo di mezzala sinistra, prese il suo posto e l'anno dopo finalmente fu spostato nel ruolo di centrattacco. Ma improvvisamente, verso la fine della stagione, chiese ancora di essere sostituito in prima linea e cominciò a giocare nel ruolo di centrale difensivo anche se, in realtà, occupava, a seconda dei momenti della partita, tutti i ruoli. In quegli anni la squadra era allenata da Baccani e giocava alla Rondinella. Si fregiò di molti successi: per tre volte risultò vincitrice delle semifinali interregionali, per altre tre volte fu campione della Lega Sud, due volte finalista della stessa Lega, anche se intervennero decisioni tese a revocare il risultato ottenuto sul campo, e una volta vinse la Prima Divisione.
E' difficile calcolare con precisione quante partite abbia giocato Bernardini con la Lazio in quanto, in quei tempi, i giornali non riportavano sempre le formazioni. Il numero però dovrebbe avvicinarsi alle 100 presenze mentre i goal furono circa 70. Nelle varie formazioni biancocelesti Fulvio fu compagno dei più forti giocatori romani di quei tempi come Fernando Saraceni, Ugo Dosio, Augusto Faccani, Dante Filippi, Mario Raffo, Marcello Consiglio, Ezio Sclavi, Antonio Vojak ed altri. Il 22 marzo 1925 Bernardini ebbe l'onore, primo giocatore in assoluto del centro-sud, di essere convocato in Nazionale per la partita Italia-Francia svoltasi a Torino e finita con il punteggio di 7-0 per gli Azzurri. Durante la sua permanenza alla Lazio ebbe anche l'onore di essere convocato in Nazionale altre 8 volte. In quello stesso anno si cominciarono, purtroppo, ad evidenziare degli screzi e delle incomprensioni tra il calciatore e la Lazio. La squadra, alla fine del Campionato 1925/26, finì solo terza in classifica preceduta dalle rivali storiche Alba e Fortitudo. Bernardini, effettivamente, con la sua grande personalità, condizionava il gioco della squadra e i rapporti interni. Anche fuori dal campo l'atleta cominciò a mostrare una certa insofferenza. Sebbene i suoi compagni lo venerassero, qualcuno ne cominciò a criticare certi atteggiamenti di superiorità. Ebbe un aspro diverbio con Filippi, un altro giovane romano dalle grandi qualità, e anche dure discussioni con Nesi e Fraschetti. Inoltre cominciarono ad arrivare anche i primi segnali di un interesse delle grandi società del Nord per il calciatore.
Fulvio respinse una richiesta della Juventus e il dirigente Olindo Bitetti, che lo venne a sapere, ritenne opportuno trovare subito un impiego in banca per il giocatore. Vi è da ricordare che la Lazio riteneva lo sport come puro dilettantismo, soprattutto nelle intenzioni del Presidente Fortunato Ballerini, mentre Bitetti aveva intuito che il calcio stava andando verso una dimensione in cui l'aspetto economico era fondamentale e quindi l'impiego trovato a Bernardini andava proprio in questa direzione. Bernardini fu grato alla società per quel gesto, ma improvvisamente arrivò un'offerta dell'Internazionale che proponeva al calciatore uno stipendio mensile di 3.000 lire e un premio di rinnovo annuale di 50.000 lire. Bitetti capì immediatamente il pericolo mortale che questa offerta significava per la Lazio e, presentatosi da Bernardini, gli ricordò il fatto che proprio lo stesso giocatore aveva sostenuto, solo qualche tempo prima, la necessità del più puro dilettantismo nello sport. D'altro canto, consapevole della realtà delle cose, tentò di offrire un'adeguata ricompensa al giocatore pur di trattenerlo a Roma. Per acquisire tale somma Bitetti coinvolse alcuni potenti uomini politici del tempo e uno di essi, Cremonesi, il governatore di Roma, convinse l'Associazione Commercianti a raccogliere una somma di denaro per persuadere il giocatore a restare nella Capitale. Bernardini respinse l'offerta e a quel punto Bitetti si rivolse all'allenatore Baccani che aveva grande ascendente su "Fuffo", ma il tentativo fallì perché era proprio Baccani che aveva sempre consigliato al giocatore di non lasciarsi sfuggire l'occasione di trasferirsi al Nord.
Non rimase che l'arma del sentimento: Fulvio aveva promesso al padre Augusto, sul letto di morte, che non avrebbe mai lasciato la Lazio e fu proprio questa la leva che Bitetti utilizzò per convincerlo. Ma a Fulvio arrivò un messaggio distorto e gli sembrò di capire che Olindo gli avesse rinfacciato le spese sostenute dalla Società per pagare i funerali del suo genitore e a quel punto, furibondo, andò a Milano. L'ultimo che tentò la riconciliazione fu il potente socio biancoceleste Giorgio Vaccaro il quale, una volta accortosi che tutto era inutile, impose a Bernardini, in virtù dei regolamenti, di pagare un indennizzo di 20.000 lire alla Società. Nonostante le proteste del giocatore, suo fratello Vittorio firmò 20 cambiali da 1.000 lire l'una versandole alla Società. Comunque se ne era andato un giocatore che per tanti anni era stato il simbolo stesso della Lazio e per il quale i tifosi biancocelesti stravedevano. Il 20 agosto 1926 fu il Littoriale a pubblicare la notizia ufficiale del trasferimento.
Gli anni dell'Internazionale e della Roma[modifica | modifica sorgente]
Nell'Internazionale "Fuffo" rimase fino al 1928 confermando tutte le sue grandi qualità: giocò 58 partite e segnò 27 reti. Nel frattempo trovò anche il tempo e la forza di volontà di studiare Scienze Economiche alla Bocconi per due anni. Va ricordato che nello stesso periodo vi erano soltanto altri due giocatori laureati: Rava e Frossi. La Lazio nel frattempo aveva cominciato ad abituarsi all'assenza del giocatore ma, quando nell'estate 1928 Bernardini accettò di trasferirsi alla Roma, le ferite che si stavano rimarginando ricominciarono a sanguinare. Il giocatore divenne in breve il punto di forza dei giallorossi e si immedesimò talmente nel carattere della squadra testaccina che, insieme ad Attilio Ferraris (IV), ne divenne il simbolo, schierandosi quasi sempre nel ruolo di centromediano. Avversario implacabile nei Derby, si distingueva alla fine della partita per la signorilità e l'affetto con cui salutava i calciatori biancocelesti come se quei colori fossero sempre rimasti, indelebili, nell'anima del campione. Da segnalare che Fulvio a Roma completò gli studi universitari. Si laureò il 5 novembre 1934 al Regio Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Fontanella Borghese con una tesi in Geografia Economica dal titolo “Problemi attuali della Guinea francese” con relatore il prof. Aldo Blessich. Cinque anni dopo in quella stessa facoltà si laureerà il laziale Bruno Camolese.
Nella Roma giocò fino al 1939, disputando 286 partite e segnando 45 reti. Paradossale fu il suo rapporto con la Nazionale: fino al 1932 giocò 26 partite, segnando anche 3 goal e conquistando la medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1928, ma il rapporto con il C.T. Vittorio Pozzo fu molto ambiguo se non addirittura conflittuale. Pozzo non lo portò infatti né ai Mondiali del 1934 né a quelli del 1938, giustificandosi con la frase: "Fulvio gioca troppo bene per essere capito dai compagni". Nel frattempo, a testimonianza dello spessore intellettuale dell'uomo, Bernardini scriveva su Il Littoriale interessanti articoli riguardanti la tecnica e la tattica nel gioco del calcio tanto che, una volta finita la carriera, divenne giornalista professionista. Va ricordato ancora che Bernardini, una volta lasciata la Roma, giocò fino al 1943 con la squadra romana della Mater.
Il calciatore[modifica | modifica sorgente]
Fulvio Bernardini è stato un fuoriclasse tra i più grandi che il calcio italiano abbia espresso. Poliedrico e completo, dotato di un fisico calcisticamente perfetto (m 1,78, kg 72), portò nel calcio la modernità anticipando di qualche decennio il modo di giocare che si sarebbe imposto negli anni '60 e '70. Quando il calcio era privo di schemi, quando il pallone veniva scagliato in avanti dalle retrovie lasciando agli attaccanti il compito di raccoglierlo, Bernardini, con il pallone tra i piedi al limite della sua area, con calma solenne e lo sguardo rivolto sempre ai compagni, serviva con passaggi millimetrici i mediani per poi scattare in avanti e ricevere da loro la palla di ritorno; da lì ancora avveniva lo scambio con le mezze ali che poi potevano servire le ali o tentare di servire il centravanti per la conclusione. Non era mai in difficoltà o in affanno e riusciva a rendere concreta l'idea di chi ritiene il calcio un gioco semplice in cui è sufficiente rendere facili e spontanee le cose che appaiono difficili. Dotato di un passaggio preciso e di un tiro potente con ambedue i piedi anche se preferiva il sinistro, abile anche di testa, faceva sentire in campo la sua presenza e costituiva, grazie alla sua personalità, un esempio per tutti.
L'allenatore[modifica | modifica sorgente]
Dopo l'abbandono dell'attività agonistica e la parentesi drammatica della guerra, Fulvio Bernardini cominciò la carriera di allenatore con la Roma nel 1949/50 ma il rapporto si chiuse bruscamente con un esonero. Dal 1951 al 1953 allenò il Vicenza in Serie B. Nel 1956, alla guida della Fiorentina, vinse uno storico Scudetto (aggiudicandosi anche il premio "Il Seminatore d'Oro") che replicò con il Bologna nel 1964. I suoi successi furono completati con la vittoria della Coppa Italia del 1958 ottenuta proprio allenando la Lazio. Va sottolineato che questi successi furono gli unici ottenuti da squadre non di Milano o di Torino nel dopoguerra fino agli anni '70. Nella Lazio del Presidente Leonardo Siliato fu allenatore dal 1957/58 al 1960/61 totalizzando 92 panchine. Dal 1961/62 al 1965 fu a Bologna per poi trasferirsi a Genova alla guida della Sampdoria fino al 1971. Chiuse la sua carriera a livello di club, ricoprendo il ruolo di direttore tecnico nel Brescia. Nel 1974 fu chiamato dalla Federazione per allenare la Nazionale italiana reduce dal fallimento dei Mondiali di Germania e ricoprì questo delicato ruolo fino al 1977.
Modificò profondamente la mentalità difensivista attuata fino allora dall'Italia, esaltando la razionalità del gioco unita ad un grande movimento in cui ogni giocatore doveva occupare una ben precisa zona del campo con un ruolo e un compito specifico. Il pallone non andava mai passato al compagno, ma spedito nella zona di campo dove, chi riceveva il passaggio, doveva trovarsi grazie a un rapido spostamento. Gli scambi dovevano avvenire tenendo il pallone sempre rasoterra perché, come affermava Fulvio, il pallone passato alto impiega più tempo per arrivare e ne rende più arduo il controllo. Inoltre il calciatore che imposta l'azione e che manovra deve avere, come qualità indispensabile, "i piedi buoni". Dopo la rifondazione della Nazionale ricoprì il ruolo di Direttore Generale nella Sampdoria fino al 1979. Morì a Roma la mattina del 13 gennaio 1984 e fu rimpianto da tutti. A suo nome è intitolato il Centro Sportivo di Trigoria della A.S. Roma. Come nota di colore si può ricordare la sua interpretazione cinematografica nel film "Gli undici moschettieri" del 1952. Nella Lazio Bernardini ha giocato 84 partite. Come allenatore l'ha guidata in Campionato per 77 gare. A livello di cronaca è noto come Fulvio fosse legato da parentela, ne era lo zio, con la valletta di Mike Bongiorno alla trasmissione "Rischiatutto" Sabina Ciuffini.
"Era per me e per tutti il dottor Pedata. (...) Caro vecchio dottor Pedata. La tua vita - scriveva in un articolo pubblicato su "la Repubblica", nelle ore successive alla morte di Fulvio, il devoto difensore del "catenaccio" Gianni Brera, con cui lo stiloso Bernardini era spesso in amabile polemica - è stata migliore di quanto tu non credessi. Il tuo calcio, è un po' meno. Ma forse era colpa tua. La palla è un po' subdola. Non ha spicchi, non ha facce, e rotola sempre. Tu l'hai rincorsa e padroneggiata finché un giovane Iddio ha preso le tue sembianze. Ritrovandoti uomo, come tutti noi hai sofferto di non essere altro che un uomo. E con virile dignità ne hai saputo soffrire fino alla morte. Io ti ricordo qui con devota amicizia".
Palmares[modifica | modifica sorgente]
- 1 Coppa Italia (Lazio) nel 1957/58
Un sbiadita foto giovanile di Bernardini (dal sito: http://www.fulviobernardini.it/ )
Con Ezio Sclavi e Attilio Ferraris (dal sito: http://www.fulviobernardini.it/ )
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