I Rari Nantes e i Pionieri Laziali

Da LazioWiki.

Facendo seguito al recentissimo libro di Fabio Bellisario per la collana "I Libri di LazioWiki" Lì dove la Lazio nacque - Dal barcone di Luigi Del Bigio alla panchina di Piazza della Libertà, lo storico Marco Impiglia pubblica in esclusiva su LazioWiki un interessante saggio sulle dinamiche che al tramonto del 1800 portarono alla nascita dello sport moderno a Roma. Analizzando i documenti presenti si conferma come l'attività atletica nell'Urbe sia iniziata nelle acque del Tevere con la nascita di varie società natatorie di cui una delle più importanti fu la Rari Nantes che vide gareggiare nelle sue file molti sportivi che di lì a poco diedero vita alla S.P. Lazio. Ciò conferma l'origine prettamente "fiumarola" di questa gloriosa società che, praticamente da subito, abbinò alla pratica del nuoto quella, altrettanto nobile, della corsa-marcia. Il saggio è corredato da fotografie e documenti inediti di enorme valore filologico e storico.

Articolo del 1899 che descrive la situazione dei salvataggi
Ritaglio tratto dal Giornale Sportivo Rari Nantes
La copertina di una raccolta del Giornale Sportivo Rari Nantes
La prima casina della RN Roma all’Albero Bello, tirata su dal barcarolo e oste “Gaetano er Gobbo”
La Tribuna Illustrata, agosto 1893
Lo scultore Gustavo Enrico Ciani (Firenze 20.4.1849 - Roma 16.11.1898), primo presidente della Rari Nantes Roma 1891
Achille Santoni, ispettore sportivo della RNR insignito del titolo di “Apostolo del nuoto”, con alcuni consoci nella seconda casina sociale. Quello segnato dalla freccia è Roberto Basilici
Giornale Sportivo Rari Nantes
Gli emblemi della RNR
La stella azzurra della Federazione Italiana Nuoto “Rari Nantes”, con la firma di Santoni
Il prospetto dei lungotevere nel 1900 (Guida Monaci): le stelline celeste e rossa le abbiamo aggiunte noi, ad indicare i punti dove stavano la Pippa Nera e i Bagni Talacchi
Luigi Bigiarelli secondo classificato al Campionato di Roma 1898, alle spalle del consocio Forlivesi della Cristiana. Giornale Sportivo Rari Nantes
Scorci del primo Campionato Nazionale di Nuoto, svolto sul Lago di Bracciano ad Anguillara il 14 agosto del 1898.
Tribuna Sport
La pagina corrispondente del Giornale Rari Nantes relativa all'immagine soprastante
Il bando originale del primo Cimento Invernale indetto nel 1898, e al quale partecipò Luigi Bigiarelli.
Collezione dell’Autore
Tito Masini in versione bianca anaconda alla II Gara Secolare del 17 settembre 1902
I cinque finalisti, con i due della RNR, Tomassini e Pizzingrilli, che indossano i modelli di mutandine sociali.
Tribuna Sport
Il Giornale Sportivo Rari Nantes e l'evento del 17 settembre 1901 - I gara secolare
Vincenzo Altieri con la maglia della Rari Nantes Roma
Tratto dal Bollettino Illustrato degli Sports, settembre 1901

I Rari Nantes e i Pionieri Laziali - Origini e primi passi della Rari Nantes Roma
di Marco Impiglia

Stralciamo dalla prima pagina de Il Messaggero, seconda edizione di venerdì 29 luglio 1892:

"I signori avvocati Eugenio Lurati, Lodovico Flamini ed Achille Santoni, della società di nuoto Rari Nantes, partirono l’altro giorno alle 10 antimeridiane dalla casina sociale situata sul Tevere all’Albero Bello, e indossando il costume da bagno, procedettero a piedi per la via che costeggia il fiume sino all’Acqua Acetosa per la bevutina di prammatica a quella fonte salutare: quindi proseguirono per il sentiero che porta al ponte Salario, e benché la passeggiata avesse durato una buona ora e mezzo, arrivarono vivaci e bramosi più che mai di mettersi alla prova. Scesi all’arcata di ponte Salario alle 11 e 48 antimeridiane, si buttarono a nuoto nelle fresche e limpide acque del Teverone percorrendo in questo i primi 1300 metri. Dopo dodici minuti di nuoto attraverso quell’incantevole caleidoscopio pittorico che è questo fronzuto tratto del Teverone, sbucarono nelle tepide e blandenti onde del Tevere che più non lasciarono fino a ponte Margherita, dove a un’ora e 25 pomeridiane toccarono terra. Furono così 9100 metri percorsi ininterrottamente a nuoto in un’ora e 37 minuti. Altra impresa che quest’anno si è assunta la Rari Nantes, è quella di fare delle ricognizioni nei vicini laghi della Sabazia, dell’Umbria e della Toscana per vedere di conquistarli allo sport natatorio romano nel limite di tempo incluso fra un sabato a sera ed il successivo lunedì mattina. Di queste escursioni ne sarà fatta dettagliata relazione che potrà servire di guida a quei nuotatori che volessero fare le gite."

Stiamo, dunque, parlando degli inizi del nuoto moderno in Italia, che non frequentò mari e piscine bensì laghi e fiumi. Nuoto d’acqua dolce e nuoto di esplorazione, con proclamati scopi di sanità ed istruzione sia civica che militare. Praticato dalla quota borghese più attiva delle popolazioni di poche città, grandi e piccole, di un regno governato da una dinastia piemontese che voleva entrare a passo di carica nel novero delle nazioni europee più avanzate. Roma fu l’iniziatrice, assieme a Torino, col suo Po, a Milano con i suoi Navigli e a Genova con le sue marine. Ci sarebbe da dire che gli articoli di promozione divennero una costante sul Messaggero tra il 1891 e il 1893, allorché la parola "sport" venne scoperta e veicolata, a guisa di turbina modernissima, per dare la scintilla allo scapicollo del Novecento.

Tra i pionieri, un posto di primo piano ce l’ha di diritto la società citata nell’articolo, la Rari Nantes Roma. Secondo i miei più recenti studi, avvalorati dal rinvenimento di una serie di documenti storici del tipo "fonte primaria", i nuotatori rari nantes (rn) giocarono un ruolo nella nascita della Podistica Lazio. Furono una delle sostanze nutritive dalle quali spuntò il germoglio e, tra l’altro, gli smalti dei due sodalizi appaiono identici: biancazzurri o biancocelesti i rari nantes (da subito), biancazzurri o biancocelesti (dal 1904) i laziali. Ma vari altri, e più significativi, sono i punti di contatto riscontrabili. Esaminiamoli insieme. Innanzitutto, occorre avere un quadro preciso dell’attività della RN Roma 1891 nel decennio antecedente l’uscita in campo della SP Lazio 1900. Come per la fondazione di Roma, anche la Rari Nantes ebbe scaturigini dettate dal disaccordo. Nel suo caso, non una questione di territorio bensì di statuto, di leggi insomma. La vicenda andò così.

Consideriamo un gruppo estemporaneo, formato dall’incontro fortuito sulle rive del Tevere, nel suo tratto urbano ed extraurbano, di uomini d’ingegno appartenenti alla nuova borghesia, amanti del nuoto e dell’escursionismo "en plein air". C’erano il cavalier Domenico Ricci, detto Memmo, uno dei protagonisti dei moti del Quarantotto, rientrato dall’esilio nell’America del nord. Franco Pesci, un fiorentino arrivato come reporter del Fanfulla al seguito dei bersaglieri di Alfonso La Marmora. Lo scultore trentino bilingue Achille Michelangelo Santoni, rampollo di un’agiata famiglia di farmacisti, e una dozzina d’altri, per lo più romani d'adozione scesi a costruire materialmente e spiritualmente la Terza Roma. Nel 1887-88, il gruppo affiatato di codesti nuotatori per spasso prese corpo. Nella primavera del 1889 essi maturarono l'idea di fondare una società di nuoto. Non ne esistevano al di qua delle Alpi. Il più giovane della congrega, il Santoni, che abitava a piazza San Marco accanto alla basilica, aveva nozione dei regolamenti degli schwimmen-Klub austriaci e tedeschi. Nel corso di una gita, un bel numero di questi amici d’avventura discussero sugli scopi e le modalità della novella società, in maniera da redigere seduta stante una bozza di statuto. Non si trovarono, però, d'accordo su un punto in particolare, una sorta di giuramento che ciascun socio presente e futuro avrebbe dovuto attendere, proposto dal più idealista fra loro, il laureando in archeologia Enea Cianetti, e che recitava: "Prometto sul mio onore che nessuna persona affogherà davanti a me senza che io cimenti la mia vita per salvarlo."

C'era molto di asseverativo nella formula proposta; e anche un pizzico di fanatismo e d'irrazionalità, giacché non si può obbligare a rischiare la propria vita, per statuto e regolamento, chi desidera far parte di una associazione sportiva. Una fazione bocciò l'articolo donchisciottesco. Ne derivò la netta scissione in due brigate distinte. Quelli del giuramento compresero Santoni, lo scultore e illustratore fiorentino Gustavo Enrico Ciani, il suo compagno d’arte e concittadino Francesco Maria Capponi, il romano Francesco Sebastiani, un ventinovenne impiegato alla Union des Gas, l'azienda francese che gestiva i gasometri, ed il perito industriale Belisario Londei, anche lui romano ma di stirpe padovana. L'altro gruppo comprese il cavalier Ricci, il professor Paolo Postempski, chirurgo primario all'Ospedale Santa Maria della Consolazione, il suo collega Giacomo Rem-Picci, specializzato in chimica e microscopia clinica, il professor Raffaele Bastianelli, chirurgo all’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili, il cavalier Cesare Gismani, esponente di spicco della comunità ebraica in possesso della più elegante notata dritta conosciuta a fiume, l’avvocato Carlo Scotti, un lodigiano attivo nel campo dell’assistenza agli orfani, l’ingegner Guglielmo Mengarini, allievo di Pietro Blaserna al gabinetto di Fisica nonché animatore della sezione del Club Alpino che stava presso la Società Geografica Italiana a via del Collegio Romano, e il giovane Carlo Modigliani, nipote di uno dei patrioti liberali dei moti risorgimentali del Cinquantanove.

Poco tempo dopo la scissione, il sabato del 29 giugno 1889, il gruppo facente capo a Ricci, che era anche un assiduo amante delle passeggiate in montagna, con ruoli di primo piano nel Club Alpino Italiano, decise di darsi il nome di Società Romana di Nuoto, dai colori bianco e azzurro. Il gruppo del giuramento continuò invece per conto suo, senza più contatti con gli altri, arrivando alla costituzione della Rari Nantes Roma due anni più tardi. Nel mentre, a Palazzo Cini a piazza di Pietra, ospite della Federazione Ginnastica, si costituì un Comitato Centrale Nazionale per l’Istruzione del Nuoto. Il nuoto per le libere società sportive e per il bene dello Stato, dunque, meta principale, e da non dimenticare, nello svolgersi della storia dei primordi del nuoto nel nostro Paese. In effetti, sarà proprio questa identificazione con l’utilità sociale il discrimine tra la Romana di Nuoto e, in parte, la Rari Nantes, rispetto alla sezione nuoto della Podistica istituita nel luglio del 1900. Intendendo con ciò rilevare che i pionieri laziali avvicinarono la disciplina esibendo un piglio prettamente agonistico, ponendo in sott’ordine il salutismo medico che i "ginnasiarchi" – ovvero i teorici dell’educazione fisica, e il grande presidente del 1904, Fortunato Ballerini, rientrava tra costoro – indicavano come la mission della ripresa del nuoto popolare nel Regno d’Italia.

Re-imparare a nuotare sembrò un’urgenza non più procastinabile, dal momento che, solo a Roma, ogni anno affogavano una cinquantina di persone. Alcuni erano suicidi, altri cadevano in una "buca" mentre cercavano di pescare la legna, ma la maggioranza era data da ragazzi del popolo inesperti del nuoto, che scendevano, desiderosi di fresco e d’avventura, dalle scalette alle banchine, smettevano i vestiti e si tuffavano, soccombendo alla forza selvaggia della corrente. I volontari del servizio degli Asfittici, il cui galleggiante stava ancorato sotto l‘arco di ponte Sant’Angelo sulla sponda destra, quasi mai arrivavano in tempo. La barca della Polizia di fiume, che pattugliava scendendo a favore di corrente e risalendo a forza di braccia umane, con un povero cristo che si aggiogava a una corda camminando lemme lemme sulla sponda, più che altro si interessava a garantire la decenza nelle spiagge e capanne. Il Municipio pagava il conto degli "arisommati" ai becchini giù alla vecchia morgue di San Bartolomeo all’Isola.

Lì il terribile custode, Giovanni Signoracci, si faceva aiutare da un barcarolo che gli portava i cadaveri, tale Pippo Fanaletti. Col Signoracci collaboravano gli Asfittici, che si riconoscevano per il berretto alla marinara che avevano. Pioniere degli Asfittici, operante assai prima che questi nascessero come società sul Tevere, era quel "Bucalone", o "Boccalone", del quale il giornale La Capitale, nel suo numero del 13 luglio 1872, tesseva un elogio stringato e però sufficiente: "Il suo nome è Luigi Del Biggio. Nato nel Tevere, morrà nel Tevere. Il suo nome in quelle rive suona un grido di salute. Egli ha salvato una quantità di bagnanti". La Rari Nantes Roma era un avamposto contro un tale stato di cose. Essa si costituì ufficialmente il 17 settembre 1891. Adottò come punto d’appoggio un casotto all’Albero Bello tirato su nell’estate del 1891 dal barcarolo Gaetano er Gobbo, gestore dell’omonima osteria affacciata sul fiume; rimaneva duecentocinquanta metri a valle della scaletta dell’Albero Bello, il punto dove, dal piano stradale soprastante, si poteva scendere senza l’impiccio delle canne. La casina aveva alla sua sommità una terrazza aperta con vista sul fiume dove si potevano mettere tavoli per trenta persone; a disposizione c’erano un paio di sandolini, poi si sarebbero costruite anche delle "battane da bagno". L’indirizzo originario fu: Riva dell’Albero Bello 22A. In seguito, a causa della riconfigurazione dei lungotevere da ponte a ponte ordinata dall’amministrazione comunale, l’indirizzo cambiò in: Lungotevere Flaminio 25A. Per avere un’idea sul toponimo, discendente da un grosso albero, di cui due tronchi affioravano, e da una villa adiacente, l’Albero Bello stava dove oggi stanno i circoli canottieri della Roma e della Lazio.

L’attrattiva della spiaggia era data dalla particolarità di essere composta di una sabbia fine interrotta dal basso fondale che arrivava fin quasi al limite della corrente, dopo di che si sprofondava di botto. I Polverini all’Acqua Acetosa avevano caratteristiche simili. La novella società prese il nome dal verso dell’Eneide: adparent (apparvero) rari nantes in gurgite vasto (pochi nuotatori nella vastità delle onde). Lo stesso Santoni, un giorno di novembre del 1890 che stava con Ciani e Capponi, ebbe l’idea. I "rari" nuotatori erano, nella sostanza, loro tre medesimi. La storia, così apparecchiata, appare lineare, e non credo che la si potrebbe accusare di falsità. Nella realtà delle cose, come spesso succede, essa si dipanò in modo più complesso e articolato. La pensata rari nantes scese giù dall’extramondo in un luogo che i fiumaroli chiamavano "pulvino dei Tre Colori di Monte Secco". Per via che il bianco del limo, asciugato e polverizzato dal sole, il verde smeraldo della macchia mediterranea, il rosso dell’argilla della collinetta sovrastante, ricordavano nell’insieme i colori della bandiera nazionale. Monte Secco, come si può riscontrare in una mappa del piano corografico della valle del Tevere disegnata nel 1879, rimaneva sulla riva destra, e quasi di fronte in linea d’aria alla settecentesca colonna ammonitrice dell’Albero Bello: "Loco pericolosissimo ai notatori". È lo stesso Santoni che, sotto lo pseudonimo di Fluctivagus, racconta la genesi sulla rivista La Stampa Sportiva nel dicembre del 1904:

In quei tempi – e son passati quattordici anni – un gruppo di baldi nuotatori, che il Tevere aveva affratellati durante le gite estive, visto che a novembre inoltrato il bagno conservava pur sempre tutta la sua piacevolezza, si proposero di continuarlo per tutto l’inverno. Ma il nuotatore propone e l’intemperie dispone! Sopravvenute le giornate piovose e rigide, il numero dei nuotatori si venne assottigliando e al bagno non rimasero effettivamente assidui che tre soli di essi: Francesco M. Capponi, Gustavo F. Ciani e Achille M. Santoni. Questi intrepidi nuotatori (allora, per vero, si definivano con un aggettivo meno... spartano) convenivano immancabilmente tutti i giorni sulla spiaggia dei Tre Colori, ai piedi di Monte Secco, dove per spogliarsi e rivestirsi al riparo della pioggia, si erano costruita una rustica capanna. E fu appunto in un’uggiosa giornata di pioggia, che fra i tre superstiti, nel commentare l’abbandono dei colleghi, avvenne questo dialogo:

– Dopo tante belle promesse, eccoci qui ridotti in tre soli!

– Soli, come rari nantes in gurgite vasto, per dirla col Poeta!

– Rari nantes? Ecco due parole che compendiano la situazione: rimprovero ai molti chiamati che disertarono i bagni ed encomio ai pochi eletti che rimasero assidui. Perché non lo scriviamo sulla nostra capanna?

E all’indomani, una bianca targhetta, con la scritta Rari Nantes, in lettere azzurre, veniva piantata sul comignolo della rustica capanna. Non andò però guari, e in una fosca e procellosa notte di gennaio, il biondo Tebro, gonfiatosi improvvisamente, si portò via capanna e targhetta, ma l’idea Rari Nantes, sbocciata sulla spiaggia dei Tre Colori, resisté all’alluvione, e otto mesi dopo – il 17 settembre 1891 – si costituiva in Roma la prima società italiana di nuoto, intitolata appunto al virgiliano rari nantes.

I quattordici che, riunendosi attorno a un tavolo un giovedì di fine estate del 1891, diedero vita alla società guidati da Ciani, cominciarono a battere in lungo e in largo le aree limitrofe alla città. L'intento era formare "una squadra di nuotatori provetti, allargare il campo dello sport". Nel primo Statuto fondamentale della Società Italiana di Nuoto "Rari Nantes", stampato nella primavera del 1893 a seguito delle risoluzioni adottate durante la prima assemblea sociale del 9 gennaio 1892, scomparve la clausola del giuramento, mentre fu sottolineata la vena sportiva – "bandire gare, coordinare giuochi natatori, promuovere l'emulazione sportiva ed umanitaria del nuoto" – in una concezione moderna che, grazie all'intraprendenza di Santoni e alla sua abilità nell'usare la stampa come veicolo aggregativo, garantì subito fecondi sviluppi. La mossa vincente fu di sganciarsi dall'ombrello della Federginnastica e della sua scuola di nuoto, che la SRN gestiva nella località detta il Doccione, al Ferro di Cavallo davanti alla Passeggiata di Ripetta, così da proporre un’associazione nazionale il più possibile autonoma, una federazione sportiva come andavano facendo i cultori di altre discipline in rampa di lancio. Dalla loro sede rustica e bohémien, gli aderenti alla RNR – nel 1893 si contavano in una trentina ed era sufficiente avere compiuto i sedici anni e pagare una lira al mese – partivano in perlustrazione, oppure partecipavano alle gare indette dalla FGI e dalla SRN. Tra le due stelle, quella dorata della Romana e l’argentea della Rari, emerse allora una rivalità forte, stizzosa, destinata a rimanere tale lungo cinque lustri.

La stella, simbolo massonico per eccellenza, molto presente nelle insegne delle società sportive post-unitarie. La SP Lazio non la scelse al suo nascere; cosa che, a mio avviso, indica una volontà esente da qualsiasi allusione politica, in linea con la giovane età e il carattere scapestrato dei fondatori. (Si divertivano a spaccare i lampioni lanciando sassi da una riva all’altra, la specialità della casa erano i panini al "ragù di gatto"). Ma la RNR sì, era composta da tipi seri, molti dei quali avviati nelle professioni, e aveva il suo ottimo spirito massone. Era gente che credeva nella possibilità di fare dello sport un volano per combattere l’oscurantismo della Chiesa, motivo per cui ricamò sul vessillo la stella a cinque punte d’impronta anti-papalina ed esibì, da subito, tre emblemi. Simboli ben studiati – erano quasi tutti artisti – che potete qui vedere. C’era il gagliardetto azzurro listato di bianco con la stella bianca e la sigla "rn" a lettere corsive minuscole, soprastante la parola "Roma" a caratteri capitali; da notare che la stella era animata da cinque pallini disposti in maniera da ripetere la corolla di un fiore, "il fiore della stagione invernale". C’era un guidone verde, bianco e rosso interzato in palo, attraversato da una sottile fascia nera con la stella in un tondo e la sigla rn nera sottolineata da un’ondina; tale "fiamma" negli anni venti divenne l’emblema favorito.

C’era la bandiera vera e propria, formata da tre fasce alternate nere e rosa in campo bianco, più alcuni motivi decorativi azzurri e la stella col logotipo "rn", inscritta in un tondo comprendente uno scudo gotico a righe orizzontali bianche e azzurre. Sulla carta intestata, nei primi tempi, compariva un timbro egualmente carico a livello simbolico: la stella, recante il pezzo tipografico "rn" coll’ondina, era inscritta in un cerchio-sole raggiante, due frecce a croce di Sant’Andrea l’attraversavano ondulanti verso l’alto; un timbro che, da amante degli ex libris, trovo seducente e magico, completato dalle informazioni sul nome, la data di nascita e l’indirizzo del sodalizio. Il rosa venne scelto perché, almeno in teoria, la Rari Nantes era aperta all’elemento femminile. A partire dal 1897, tutti i soci rn indossarono una divisa blu con fascia bianca all’altezza del torace; sulla parte superiore era ricamata la sigla che li contraddistingueva e, sulla fascia, in un aggraziato corsivo floreale, si leggeva la città. Pantaloni bianchi lunghi e, nelle grandi occasioni un giacchino con i bottoni dorati e un berretto marinaro completavano l’uniforme. C’era pure un costume da gara girocollo, tricolore a ripetere la bandiera nazionale, che si apriva tramite bottoncini posizionati sulla spalla sinistra.

Anche la RN Roma non si sottrasse al vezzo del costume e della divisa lanciato dalle società liguri: una foto scovata da LazioWiki di Enrico Venier lo dimostra. Ma, e questo è un aspetto interessante, l’indumento da bagno tipico degli rn romani fu una mutanda di "colore turchino" con una fascia bianca alla cintura; oppure a grosse righe orizzontali bianche e azzurre, gli smalti sportivi sociali. E calcolate che dall’azzurro al celeste sempre più chiaro il passo era breve, stante il progressivo scolorimento del tessuto di cotone. Dal 1899 in poi, il distintivo comune (ovvero la spilla) a tutti i membri delle società d’Italia fu, invece, una stella d’argento al centro della quale, sopra un disco di smalto bianco opaco, stava in nero l’immancabile sigla "rn". Alcune foto scattate nel 1903 rivelano che il vessillo a gagliardetto, flottante sulla sede all’Albero Bello durante la stagione invernale, era più celeste che azzurro, schiarito dall’esposizione perenne al sole. E lo stesso dicasi delle mutandine da bagno, che nelle immagini in bianco e nero rimandano un’idea di celeste o azzurro molto tenue. Il premio più ambito era la Goccia d’Oro, destinata a chi aveva cumulato più chilometri durante i centoventi giorni fatidici del "fiore d’inverno". Ovvio che ci si fidava: ognuno dei rari nantes, fosse costui il Cencio, il Mezzazampata, il Capitano o il Santoni stesso, al ritorno dal bagno scriveva su una lavagnetta: "Oggi ho fatto er Porto"... So’ arivato alla Scaletta"... "Me so’ fatto er ponte Molle", eccetera.

La Federazione Rari Nantes: Concordia parvae res crescunt

L’andamento dell’attività del gruppo originario ebbe un carattere locale fino al 1895, allorché Santoni effettuò un viaggio estivo che generò una RN a Genova e una a Milano, la prima presso un castello di mare e la seconda ai leonardeschi Navigli; e poi, ma per poco, una RN Venezia nell’esclusivo Lido, quello di Thomas Mann e del suo professore Gustav von Aschembach. Nel 1896 e 1897, sotto la spinta dello scultore di orientamento repubblicano Giuseppe Cantù – come avrete notato, le origini del nuoto italiano sono letteralmente scolpite nel marmo e contengono accenti politici non di minor conto – il movimento settentrionale si mosse rapido, promuovendo gare che stabilirono i primi campioni nel nord dell’Italia. Di questo fatto, Santoni si compiacque e al contempo si allarmò, nel percepire che la leadership gli stava sfuggendo di mano. Per recuperare la situazione, il 10 luglio del 1898 coordinò la nascita ad Anguillara della Rari Nantes Sabatia, affidata all’amico Livio Mariani. La Sabatia si assunse subito l’onere di organizzare il primo Campionato Italiano di Nuoto, che ebbe come campo di gara il Lago di Bracciano. All’epoca, il lago vulcanico rimaneva a una trentina di chilometri da Roma, e la stampa lo definiva rallegrato da "acque limpidissime e abbondanti".

La gara si svolse il 14 agosto sulla distanza del miglio marino (1.852 metri) e mise in palio una medaglia d’oro massiccio donata dal re Umberto I di Savoia; se la portò a casa un socio della Nettuno Milano, Arturo Saltarini. Questi era uno studente in zootecnia e chiuse il percorso in 47 minuti e 17 secondi, precedendo il beniamino di casa, il biondo Gaetano Crucianelli, ed Eugenio Pericoli della Romana di Nuoto. La Nettuno aveva appena un mese di vita, i suoi atleti esibivano una tenuta azzurro mare con un vistoso tridente a mo’ di banda. Era presieduta dallo sportsman milanese Ferdinando Bezzi e aveva il consiglio composto da tedeschi e austriaci che lavoravano nel capoluogo lombardo; presto avrebbe contestato alla RNR il vanto di avere introdotto in Italia il "water polo", cioè la pallanuoto. Ma il fatto esiziale fu che i convivi di contorno all’evento, tenuti nella Villa Jacomini e ai quali partecipò il presidente onorario della RN Roma, il deputato Ercole Ranzi, favorirono la costituzione sequenziale delle rn Genzano, Bracciano e Albano, gettando altresì le basi della Federazione Italiana Rari Nantes sul Lago di Como l’anno successivo.

Nell’occasione del primo campionato nazionale, i nuotatori gareggiarono indossando gli "slip" – come poi sarebbero stati chiamati. Una novità importata dall’estero e che era esclusiva degli agonisti e "raider". Tipi abbastanza liberi di mente che, nel momento in cui gli capitava di bagnarsi in posti isolati, facevano sfoggio senza imbarazzi della loro maschia nudità; così come accadeva di sovente in certe aree dei Polverini a ponte Milvio, o ancor meglio ai ponti Salario, Nomentano e Castel Giubileo, senza l’incomodo delle guardie a controllare. Salute, o gelido Tevere! Ai Bagni! / Gettiam le stupide vesti, o compagni... recitava il dotto poeta fiumarolo, e futuro socio della Podistica balleriniana, Domenico Gnoli. Considerate che nelle località balneari, le cosiddette "spa" che in Italia presero piede solo negli anni ’80 dell’Ottocento, in ritardo rispetto alla Francia e all’Inghilterra, anche gli uomini dovevano sottostare alla norma del costume intero, sovente a rigoni e particolarmente ridicolo per il fenomeno ottico della dilatazione dell’adipe dei soggetti in questione. Le società che diedero vita alla Federazione Italiana di Nuoto "Rari Nantes" – a Como il 14 agosto 1899, Santoni presidente – furono, per l’esattezza, le cinque rn romane unite a Milano, Genova, Torino e Pisa: nove in tutto.

La novella Federazione, la FIRN come si cominciò a chiamarla, nel suo primo statuto, stampato nella tipografia del rari nantes Augusto Righetti a via Leccosa giù a Ripetta nel maggio del 1900, affermava di essere sorta per porre le affiliate nella condizione di "conseguire lo sviluppo e l’incremento del nuoto in ogni sua manifestazione". Come motto, assunse una frase latina che a noi laziali dice qualcosa: "Concordia parvae res crescunt". Essa si proclamò aperta a tutte le rn presenti e possibili, tuttavia, con lungimiranza, l’adesione venne concessa ad altre società natatorie e alle polisportive in generale, purché i componenti dimostrassero di essere puri dilettanti. Come risultanza di questo avvio sostenuto dall’establishment in ragione di obiettivi salutistici e militari e solo in seconda istanza agonistici (dal gennaio del 1898 le società di ginnastica e nuoto, e più in generale quelle dedite alla diffusione dell’educazione fisica, furono esentate dagli obblighi fiscali), il versante del nuoto professionale, che aveva esponenti illustri in paesi quali il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America, il Canada e l’Australia, non entrò nei primordi della disciplina in Italia, come invece era avvenuto per il ciclismo. Infatti, a chi partecipava a gare con premi in denaro veniva immediatamente ritirata la tessera (accadde al romano Vincenzo Altieri).

Il nuoto sportivo dilettantistico partì lentamente nei fiumi e nei canali artificiali che attraversavano le città italiane, oppure nei laghi e laghetti, in qualche baia marina, non nelle piscine che assolutamente non esistevano. E avrebbe mantenuto un tale trend per quarant’anni almeno, determinando uno iato che solo negli anni ’80 del Novecento, col boom delle piscine cittadine sia pubbliche che private, si sarebbe finalmente colmato. Pur avendo avuto la genesi nella Capitale, per un naturale processo di slittamento verso il settentrione, molto più avanti nelle questioni concernenti la formalizzazione degli sport moderni di estrazione inglese e francese, nei primi tre lustri del nuovo secolo la FIRN – fondata dal Collegio dei Pionieri del Nuoto e la cui insegna era un drappo bianco recante la sigla FRN azzurra – tenne la sua sede a Milano, a Firenze e a Genova. L’archivio e il "museo" federali, che lo statuto del 1900 affidò alla RNR, nei primi tempi furono custoditi nella casina all’Albero Bello, che disponeva di una stanza apposita. L’ente crebbe molto nel numero delle società, in specie al centro-nord, e indisse campionati a lago, a fiume e a mare, più kermesse di tuffi e pallanuoto. Ma, per cause di rivalità interne e carenze finanziarie, oltre ai noti ritardi del Meridione sul versante sportivo, constatò una fragilità connettiva e l'incapacità ad assurgere a motore di un movimento che abbracciasse l’intero territorio nazionale.

È interessante notare, sul piano sociologico, come questo modello pionieristico riuscì a coinvolgere sia gli strati medi che quelli bassi. In riferimento a un Campionato del Lazio di Nuoto bandito dal Comitato Nazionale per l’Educazione Fisica e i Giuochi Ginnici, vediamo che le prove di qualificazione, svolte il 10 maggio del 1899 al laghetto di Villa Pamphili sulla distanza di duecento metri, registrarono l’iscrizione, sotto il titolo "condizione di provenienza", del seguente, assai composito schieramento: cinque studenti, tre agricoltori, tre impiegati, due tipografi, due possidenti terrieri, due maniscalchi, un pastaio, un "modellatore", un "decoratore", uno scalpellino, un negoziante, un commesso, un muratore, un macellaio, un "fornaciaro", un meccanico, un conduttore di tram; più diversi altri che non vollero declinare il loro mestiere, in un’età compresa tra i 16 e i 27. La prova rientrava nel quadro di una giornata di gare sportive allestite per la domenica del 21 maggio all’interno della villa, invitati ad assistere anche il re e la regina. Ci sarebbero da aggiungere due fatti notevoli. Il primo riguarda la ricusazione all’iscrizione di Giovanni Santafede, il gestore del barcone Pippa Nera a ponte Margherita.

Il famoso "Gambadilegno", anfitrione generoso della combriccola di giovanissimi fiumaroli da cui sarebbe rampollato il germe della Lazio, fu escluso per un suo supposto "vantaggio" derivato dall’arto-protesi naturalmente galleggiante. Ma io credo che fu piuttosto la possibilità che il poveretto si mettesse in mostra davanti agli augusti Savoia, ai principi, al sindaco e ai notabili con relative signore, il vero motivo; giacchè, un po’ di anni dopo, al mutilato Enrico Toti sarebbe stato concesso di mettersi in gioco in una Traversata di Roma, senza la protesi ovviamente. La nuotata in acque libere con una gamba amputata al ginocchio si poteva azzardare: le imprese odierne di Salvatore Cimmino, atleta del Circolo Aniene, ce ne danno conto. Il secondo fatto non appartiene al genere "curiosità", bensì alla cronaca nera: il 27 aprile un allenamento in vista della gara di qualificazione fu funestato dalla morte per annegamento di uno studente diciassettenne, Romolo Antonmasini. Il che ci induce a riflettere sulla profondità che doveva avere il laghetto antistante l’ingresso di via di Donna Olimpia, ridotto oggi a poco più di uno stagno. Il padre del ragazzo intentò causa ai principi Alfonso Doria Pamphili-Landi e Augusto Torlonia, ritenendoli responsabili, nella loro qualità di presidenti del CNEFGC e del Comitato esecutivo delle feste, della morte del figlio; per il motivo di avere ammesso all’iscrizione un minorenne che non sapeva nuotare (benché avesse detto il contrario agli ispettori Enrico Gualdi della RNR e Cesare Gismani della SRN) e senza il permesso della famiglia.

Ma il tribunale civile di Roma, con sentenza promulgata il 30 marzo del 1901, diede ragione ai due nobili personaggi, difesi dagli avvocati Gregoraci e Pizzirani. Il poverino era scomparso mentre faceva "il morto a galla" proprio al centro dello specchio d’acqua. Il proliferare a fine secolo di società natatorie a Roma e dintorni, la propaganda intensa sui giornali, produssero di questi effetti che, col senno di oggi, sembrano assurdi e paradossali. Ma, a quest’altezza già notiamo, nei registri tenuti con maniacale precisione dal Santoni nelle annate 1898-1904, una serie di nomi legati alla Podistica Lazio. Ed è da qui, dal Giornale Sportivo della RNR a lungo conservato alla Biblioteca Sportiva Nazionale e purtroppo andato distrutto, che possiamo divertirci con le tracce della "rarinantitudine" della nostra Lazio.

Tutti biancazzurri, e tra loro un elefante

Scorrendo una delle primissime pagine del registro per la stagione 1898-99 – ebbi modo di fotografarli i quaderni, lo scorso millennio, prima che fossero ridotti in poltiglia dall’acqua piovana per un accidente – ci si imbatte in una lista di rn in cui spicca il nome di uno dei nove fondatori che già ho citato: Enrico Venier. Piccolino e bene al di sotto della media (158 cm), di buona famiglia, il 7 settembre del 1898, appena sedicenne, Venier fa il suo bagno inaugurale targato rari nantes; probabilmente anche il primo in qualità di socio, considerando che giusto sedici anni era il limite per iscriversi. Secondo gli appunti del Santoni, il ragazzo, nell’arco di sette mesi fino al 31 marzo del 1899, si aggrega a nove gite senza prendere parte a gare o cimenti, per un totale di 23,700 km nuotati. Nella lista è presente Luis Ignazio Mesones, fratello del fondatore Alberto, che con sessanta gite risulta ottavo nella classifica dietro Achille Santoni (286), Ettore De Dominicis, Ettore Picconi, Raffaele Montalboddi, Adriano Barberi, Ettore Galliano e Angelo Pontecorvo. Dei soci, il calligrafo Santoni annota accuratamente l’indirizzo, per cui veniamo a conoscenza che i Mesones a quel tempo abitavano in via Aurora 35, al quartiere Ludovisi, e Venier a piazza della Libertà 10, ai Prati di Castello. (Siccome oggi l’appartamento è stato adibito a "casa vacanza", nella casa di Venier vi potete togliere lo sfizio di dormirci).

Dal meneghino Corriere dello Sport del 22 settembre 1898, per una corrispondenza di Santoni, riceviamo la conferma del Venier rn: "Con le splendide giornate che vanno via, i soci affluiscono alla Casina dell’Albero Bello come in pieno luglio, senza contare anche parecchi colleghi di sport, che vengono a noi come ospiti, stanteché si sono levati i Bagni Pubblici sul Tevere. Taluno, anzi, fece domanda di appartenere alla R. N. di Roma e sulla tabella delle ammissioni vi si trovano i nomi dei signori Enrico Venier, Raul Laurenzi, Roberto Basilici e Romolo Hinna." Per "bagni pubblici" Santoni intende soprattutto i Bagni Talacchi, un’istituzione del loisir capitolino all’epoca già quasi ventennale, le cosiddette "capanne". Alle casine della Rari Nantes e della Romana di Nuoto andavano i benestanti, mentre ai Bagni Talacchi andavano tutti. Al volgere del secolo, essi si estendevano, pencolanti, per duecento metri a valle di ponte Margherita. Coprivano, quindi, un terzo del tratto tra Margherita e Cavour, iniziando giusto di fronte al Pippa Nera attraccato a un pilone sull’altra riva dalla parte dei Prati. Questi stabilimenti, di cui discetta Cesare Pascarella in un suo scritto, così centrali nella genesi della Lazio, erano gestiti da Alessandro Talacchi, detto "er Dragone" per le sue militanze papaline di gioventù, e dal "figlio del Dragone".

Ovvero quel Giovanni ‘Nino’ Talacchi, macellaio col fratello minore Carlo a via di Ripetta dove la famiglia di capannari gestiva anche una rustica cucina, con la casa a piazza dell’Oca, amministratore del Club Ginnastico Atletico a via Margutta, socio della "Cristiana", poi della Ginnastica Roma, fortissimo nella lotta greco-romana, al quale correttamente Mario Pennacchia, nel suo candido libro edito nel 1969 (un testo che, ogni volta che vado a rileggere le prime trenta pagine, mi ricorda il neorealismo magico del film "Miracolo a Milano"), accredita il ruolo di ordinatore della baldoria fiumarola. Così che sbalza netta l’immagine della frequentazione a fiume dei proto-laziali: il barcone a piazza della Libertà, i galleggianti e i bagni tra i ponti Cavour e Regina Margherita, la casina degli rn all’Albero Bello, dove la SPL terrà le premiazioni delle sue gare nei primi tempi, lungo un tratto di duemila metri di correntino. La culla delle tre dinastie tiberine biancazzurre: Romana, Rari e Lazio. Circola una foto famosa, purtroppo non di eccelsa qualità perché ricavata da una rivista quadrimestrale di canottaggio degli anni settanta, che ritrae un gruppo misto di nuotatori SPL e rari nantes in posa sulla riva dell’Albero Bello; immagine databile, a mio parere, alle estati 1900-1905, giacché vi riconosco la cospicua figura di un gagliardo Vincenzo Altieri, che era un classe 1877.

Ancora oggi, la Canottieri Lazio sta lì. Oggi che Roma ha una popolazione stimabile, coll’hinterland, secondo un mio amico che se ne intende, di quasi quattro milioni di residenti, mentre all’epoca ne aveva un po’ più di quattrocentomila. E ora parliamo dell’elefante – mi verrebbe da dire con Jacques Duclos. L’elefante è il nostro caro Luigi Bernardo Maria Saverio Bigiarelli. Rammento che, molti anni fa, mentre stavo giù nel terzo seminterrato del palazzo a piazza Indipendenza sede del Corriere dello Sport-Stadio, a consultare i "libroni" della collezione del quotidiano, mi capitò di imbattermi in una serie di articoli – o "Ciarle sportive" – firmati nel 1948 da Olindo Bitetti. Uno di questi, il quinto della serie, si intitolava maliziosamente: "La Società podistica nacque dall’amore". Bitetti iniziava dicendo che aveva appena ricevuto la visita del "sig. Edmondo Pallino", figlio della sorella del Bigiarelli, ancora vivente, che gli aveva prestato un libricino-diario scritto di suo pugno dal fondatore della Lazio. "L’interessantissimo documento" – rilevava il giornalista nonché mentore della Canottieri Lazio – assieme ad alcune fotografie, "è commovente nella sua semplicità". Inizia il 21 aprile 1899 ed è redatto su un’agendina del 1881.

Termina proprio alla vigilia della fondazione della SPL. Dentro vi è delineata, frammista a note personali, l’attività sportiva di Bigiarelli nei nove mesi che introducono alla nascita della Lazio. Podismo e nuoto, naturalmente. Dapprima più il nuoto e poi, gradatamente, la corsa veloce, il mezzofondo e i fatali approcci, sollecitati dall’amico Arturo Balestrieri tenente al Tredicesimo Cavalleria Monferrato, che l’avrebbero indotto a virare verso la specialità della marcia. Ricordo che, abbastanza sorpreso dalla scoperta (all’epoca, Fabio Argentini non aveva ancora pubblicato la storia del diario sulla rivista Lazialità), chiesi un parere a Marco Martini, esperto di atletica della FIDAL. Andai a trovarlo nella sua bella casa vicino villa Pamphili sull’Aurelia Antica, dove viveva con i genitori, sempre un po’ febbricitante, in babbucce, pantaloni della tuta e camicione a scacchi, le schedine del Totocalcio da compilare sul tavolo, e lui, col suo blando accento bolognese, mi rassicurò che, sia sotto il profilo tecnico che storico, i dati snocciolati in merito al podismo gli sembravano "coerenti". Non che dubitassi del "Pinco Pallino" che si era recato dal buon Olindo (inventore, però, della fandonia della Lazio nata biancoceleste in quanto "olimpica"), tuttavia avevo bisogno di una conferma.

Misi da una parte lo scoop e tosto me ne dimenticai, indaffarato in altri libri giallorossi commissionati da Riccardo Viola e Francesco Campanella. In quel caso, dentro la mia schizofrenica personcina la Lupa uccise l’Aquila. Quel che si può fare in questa sede, è il confronto tra il "diario" del 1899 di Bigiarelli e il "registro" della stessa epoca del Santoni, quando ormai la RNR era giunta ad avere una cinquantina di tesserati. Avvalendomi anche dell’ausilio di alcune annate di Tribuna Sport, il settimanale illustrato del quotidiano La Tribuna che aveva la direzione a Napoli e una redazione a Roma, e che pure recentemente ho avuto la fortuna di rinvenire. Luigi Bigiarelli fa la sua apparizione nello zibaldone Rari Nantes il primo agosto del 1898. L’occasione è il Campionato di Roma di Nuoto indetto dalla RNR, un percorso di 7,5 km da un punto situato quattrocento metri a monte della foce dell’Aniene giù fino alla casina alla Riva dell’Albero Bello, civico 22 A. Si potrebbe chiosare che solo un ripido sentierino colmava il dislivello di quindici metri tra la soglia della costruzione e la banchina, ma l’avanzamento dei lavori di arginamento del lungotevere in quel tratto (i fondi per l’edificazione dei muraglioni a difesa dalle inondazioni erano stati stanziati nel luglio del 1890) da pochi mesi consentiva un più comodo accesso tramite una scalinata di sessanta gradoni di pietra.

Il 13 luglio del 1899, una nuova casina in legno e mattoni, più ampia e rifinita, composta di vari locali con un terrazzo a pergolato e il tetto spiovente, sarebbe stata inaugurata, su progetto del socio architetto Francesco Sebastiani. Quella storica casina, che rimaneva un chilometro a valle dell’idrometro dell’Albero Bello, e che possiamo ammirare nelle sbiadite foto scattate da Santoni, aveva murata nella prima pietra una pergamena recante i nomi dei quattro soci ritenuti fondatori: Ciani, Santoni, Sebastiani e Londei. Con essa, venne varato un "regolamento interno" che obbligava ognuno a segnare sulla lavagna già citata i percorsi a nuoto (i "bagni") che faceva, così da stabilire una statistica. Molto importante mi pare, giunti a questo punto, accennare a una ricerca effettuata da Santoni sulle distanze che separavano la casina sociale dai punti di partenza e di arrivo delle gare, oppure oggetto di gite; dati corredati da un prospetto, pubblicato nel 1900 dalla Guida Monaci, che ci illustra la ridenominazione dei lungotevere in risposta ai lavori. Per i percorsi a monte, misurati sul correntino in chilometri, le distanze erano: ponte Castel Giubileo 15, ponte Nomentano 11,5, ponte Salario 8,2, foce del Teverone 7, Acqua Acetosa, 4,6, Torraccio 3,7, ponte Milvio 2,8, Osteria del Gobbo 2, Cinta daziaria 1,5, Cinta daziaria fortificata 1. A codeste distanze aggiungerei quella da ponte del Grillo (Monterotondo) fino alla casina sociale di km 47,8, per via del record stabilito da Altieri il 10 luglio 1901.

Eccezionale performance compiuta in sette ore e cinquantacinque minuti, la prima del genere in Italia, e che la Gazzetta dello Sport presentò come nuovo record mondiale di resistenza in acqua. Tra l’altro, in quella occasione, Venier e Bigiarelli funsero da ispettori di controllo all’arrivo del "raider" alle sette e mezza di sera all’Albero Bello. Per i percorsi a valle, da Santoni misurati sull’asse del fiume, invece abbiamo: porto Fluviale 600 m., ponte Margherita 1 km, Canottieri Aniene 1,35, ponte Cavour 1,6, ponte Umberto 2, ponte Sant’Angelo 2,4, piazza Pia 2,45, Fiorentini 2,9, Lungara 3,3, ponte Sisto 3,85, ponte Garibaldi 4,25, ponte Cestio 4,5, ponte Palatino 4,7, porto Ripa Grande 5,3, ponte Ferrovia 6,9, Basilica San Paolo 8,4. Vi ho detto della rivalità acerrima tra gli rn, che nel periodo 1893-1897 erano ancora appena una trentina, e quelli della Romana di Nuoto, dieci volte più numerosi, senza contare i centocinquanta allievi della scuola di nuoto. Accadde che, nel 1898, Luigi Bigiarelli venne avvicinato dal cavalier Gismani e convinto ad iscriversi come atleta a difesa dei colori della SRN: un manipolo di belle speranze formato dallo studente Leonardo Forlivesi, già nuotatore rn un paio di stagioni innanzi, Aurelio Palombini, Girolamo Cella, Rodolfo Ugolini e dal piccolo, ma svelto e potente, Costantino Pizzingrilli.

Se non che, la sera del 30 luglio, vigilia del Campionato di Roma, Gismani si presentò nell’appartamento a via del Pozzetto, dove stava la segreteria della Rari Nantes, e dichiarò di voler ritirare i suoi campioni per via di divergenze intervenute in seno al consiglio della società. Bigiarelli si ritrovò così all’ultimo istante fuori della gara assieme all’amico Forlivesi, che lo stesso Santoni nel registro definisce "sui vent’anni, di statura piuttosto bassa, ma tarchiato e robusto". Andato via il Gismani, lasciando l’uditorio incollerito, i due bussarono alla porta della segreteria. Dichiarandosi membri della biancoblu Associazione Cristiana della Gioventù, con tanto di documento del presidente P. Benton Hale Louvers, ben conosciuto dalla RNR, chiesero di iscriversi alla prova. L’ACDG, o "società del triangolo", era il braccio sportivo dell’YMCA, sbarcata nella città eterna quattro anni prima. Essa riusciva a catturare giovani atleti indigeni grazie alla sua ampia e bene attrezzata palestra aperta a via della Consulta, vicino al Quirinale. Il sodalizio americano pretendeva pochi soldi dai frequentatori e contava duecento iscritti. Si dichiarava apolitico e areligioso, col dettaglio che opuscoli e riviste a contenuto evangelico li potevi leggere in sede.

Il modus operandi mi induce a credere che Bigiarelli fosse già da un po’ di tempo tesserato alla Cristiana. Infatti, dal maggio del 1896 abitava di nuovo nella casa paterna a via degli Osti 15 col fratello minore Giacomo, reduce dall’esperienza traumatica della campagna d’Etiopia. Straordinario ci appare, in ogni modo, cari amici di LazioWiki appassionati della storia della SS Lazio, il suo allineamento nel 1898 nelle file della gloriosa Società Romana di Nuoto 1889, del quale nulla si sapeva. Cito direttamente dal perduto registro: "Essendo oramai spirata l’ora utile per le iscrizioni, la Giuria non poteva che respingere questa domanda, ma in considerazione del lungo allenamento a cui si sobbarcarono i suddetti candidati, coronato all’ultima ora da disillusione, deliberò di sottoporre la questione agli altri concorrenti già regolarmente iscritti. Costoro, pur conoscendo la valentia e l’abilità nel nuoto dei Signori Bigiarelli e Forlivesi, con tratto cavalleresco degno d’ammirazione e d’esempio, vollero che fossero con loro nel cimento". E mal glie ne incolse! Forlivesi giunse primo in un tempo di 59 minuti e 56 secondi, per cui ricevette l’ambita medaglia d’oro messa in palio dal giornale La Tribuna. Bigiarelli gli arrivò alle spalle, con un minuto di ritardo, e poté riporre in un cassetto la medaglia d’argento e il diploma che lo classificava tra i "nuotatori seniores". Premi consegnati dall’ingegner Alfonso Pouchain nel giardinetto della Canottieri Tevere a via di Ripetta.

Infine, Bigiarelli poté tenere per sé le mutandine e lo zucchetto, regalati per l’occasione ai concorrenti da Ferdinando Bocconi, il noto imprenditore milanese del settore dei tessuti. Ed è interessante notare come l’industria del vestiario si fosse ormai adattata al nuovo élan sportivo; parimenti, a Roma il negozio delle Sorelle Adamoli, che all’epoca stava in un ambiente al piano terra di Palazzo Venezia all’entrata di destra, di fronte alle linee del tramvai elettrico numero 13 e 1, produceva "mantelline impermealizzate" per i cicloturisti e i podisti passeggiatori. Da queste brevi note, deduciamo che Bigiarelli avesse preso parte a gare di nuoto nei mesi pregressi; e magari proprio per conto della SRN. Oppure no. Forse l’aveva fatto per la Società Nera. La domenica del 24 luglio 1898, rileviamo la presenza ad una Gara della Gioventù del Tevere allestita dalla RNR al "nuovo porto fluviale", cioè a ponte Margherita, del concorrente Cesare Marroni iscritto con lo pseudonimo "Nera". Oggi sappiamo che il barcone Pippa Nera, gestito un po’ alla zingaresca dal disabile Santafede come da ultimi studi di Fabio Bellisario, aveva dato vita ad una informale Società Nera, catalogabile nella schiera di quei sodalizi estemporanei sorti sul "Fiume Giallo" allo scorcio del secolo; ad esempio, la Tribù dei Pellirosse, tipicamente estiva, nata nel 1894 e che aveva la sua base al "villaggio Ta-la-ky", grande organizzatrice di gare di tuffi "a coglionare", o la Società Urbe e Farfa dei fratelli Corrado e Filiberto Corelli, Alberto Mesones e Ugo Monarchi, che nell’inverno 1898 ebbe una sua sede urbana in uno scantinato.

Altrettanto importante è la notizia che alla gara di contorno di quella riunione domenicale del 31 luglio 1898, una Popolare d’Incoraggiamento di mille metri, trionfò un nome del tutto sconosciuto nel panorama, pur freschissimo, del nuoto capitolino: Romeo Tofani. Santoni scrisse nel suo report per il Corriere dello Sport come il vincitore fosse riuscito ad attirare "le generali simpatie per il fatto d’aver vinto senza la risorsa d’un serio allenamento, non consentitogli dall’esercizio del suo mestiere". Mestiere che, per il diciassettenne Romeo proveniente da una famiglia di sgangherata situazione, era quello di aiuto-tipografo; per cui, il cronometro da taschino Hausmann, offerto da Il Messaggero, dovette funzionare da eccellente carota per il nostro. Giusto due anni dopo, "Tofini" – così avrebbero cominciato a indicarlo i giornali, sulla base di un solitario errore commesso dalla torinese La Stampa Sportiva e poi riciclato ad infinitum in stile Wikipedia – si sarebbe tesserato alla sezione nuoto della SP Lazio (fino a quel momento aveva continuato a nuotare per se stesso), divenendone uno dei fattori trainanti a livello sia agonistico che dirigenziale. Ma la miniera degli inabissati registri della biancazzurra società Rari Nantes Roma 1891 non si esaurisce qui: è un pozzo di diamanti blu come la città di Zinj.

Dal 1898 al 1904, vediamo entrare nel novero degli rn personaggi che concorsero in prima linea al pionierismo della SPL: Alberto Mesones, Attilio Tomassini e Guido Annibaldi, Giuseppe Pace, Galileo Massa, Carlo Venarucci e Ugo Monarchi, ovvero gli studenti del Liceo Tecnico Da Vinci, dapprima laziali e poi virtussini assieme a Balestrieri. E oltre a costoro vari altri, ma tanti proprio, che da giovanissimi furono soci rn o presero parte a gare, a cimenti, e poscia si diedero a discipline atletiche nelle file della Podistica. Spiluccando tra gli esempi più eclatanti, abbiamo il "giornalaio" Pericle Pagliani, in acqua, ma senza brillare, a una Popolare di nuoto di un chilometro il 15 luglio 1900, quando aveva diciassette anni. Uno dei nove fondatori, Odoacre Aloisi, il 20 luglio 1902 si mette alla prova nello stesso tipo di gara, dichiarandosi "pittore". Il ventunenne "Onta", forse per la troppa pizza e salame che ingurgitava, arriva molto indietro, mentre la vittoria arride al quasi diciottenne Fernando Retacchi, "macellaio" del rione Ponte. Retacchi fu il più talentuoso nuotatore biancoceleste dopo Tofani del periodo 1900-1910.

Egli venne acquisito nel 1904 dalla fusione con la biancoverde Esperia, e però aveva un carattere sanguigno, da bullo amante della "pungicata", e sarebbe morto molto giovane di sifilide. Tito Masini – a parere di LazioWiki uno dei più decisivi personaggi nella storia della Lazio – lo troviamo all’eliminatoria della II Gara Secolare Nazionale del 17 settembre 1902, sulla distanza di 250 metri, quando ancora non era un tesserato SPL. E infatti, si iscrisse come socio della RN Milano, città dove in quel momento viveva, forse per ragioni di studio. La RNM vinse la prova col suo campione Mario Doria, in grado di eseguire la nuova nuotata inglese over arm stroke. Nel registro c’è la foto del watusso Masini con le mutandine bianche e la striscia rossa del club meneghino, in posa assieme agli altri, consigliato dal fotografo Santoni a stare sdraiato per terra in maniera da non far apparire nani gli avversari: dovrebbe essere la più vecchia immagine di Masini atleta che si conosca. Una traccia rari nantes è pure collegabile a Olindo Bitetti che, sedicenne studente al Terenzio Mamiani a viale delle Milizie, affrontò bravamente il IV Cimento Invernale del 1902 senza denunciare l’appartenenza ad alcuna società.

L’anno dopo si piazzò quinto, sempre da "singolo", il giovedì 6 agosto alla quarta edizione della Castel Giubileo, con sul capo applicato uno zucchetto "turchino e bianco", cioè biancazzurro. (I berretti venivano sorteggiati e i concorrenti dovevano ridarli indietro, erano monocolori o bicolori, talvolta ornati di simboli come i fantini). Quindi il liceale Olindo partecipò al IV Saggio Indumentale il 30 agosto 1903, dichiarandosi per la prima volta della "Podistica Lazio"; dal che si deduce che fu esattamente in quelle tre settimane che il nostro entrò nei ranghi laziali. Ammesso questo, risulta difficile credere al vanto, esternato a Mario Pennacchia, di essere stato lui, nel convegno del 9 gennaio alla Pippa Nera, a suggerire i colori bianco e celeste in onore della Grecia Olimpica! Portandoci avanti in questa nostra serie in stile Tableaux d’une exposition, alla Castel Giubileo del 1903 – gara internazionale come veniva presentata, col via dato sotto l’estrema arcata di sinistra del ponte e che implicava due ore e mezza di sbraccettamenti – prese parte un altro nuotatore da ricordare, Roberto Bronner, in quel momento però della Romana Nuoto. Il podista Ugo Monarchi, invece, quell’estate fatidica si tesserò alla RNR, probabilmente seguendo l’invito dei fratelli Mesones dopo il litigio che aveva portato alla costituzione del Club Sportivo Virtus.

E con loro Carlo Venarucci, nella lista ufficiale dei rari nantes a fine anno; un anno che, per gli rn, andava dal primo di aprile al 31 marzo. Luigi Kustermann, altro campione belle époque, fa capolino in una popolare d’incoraggiamento. Nello stesso evento che segnò l’esordio agonistico del mitico squalo Tofani, infine, il Giornale Sportivo porta i nomi di Alfredo Carlini e di Gino Baccani, che con alto spirito critico si autodefinì "Lumaca" e arrivò ventiduesimo e ultimo spaccato. La mia disamina di quel poco che fotografai, purtroppo non con la necessaria attenzione, dei sei quadernoni santoniani, ognuno di cento pagine circa, prosegue con la prova utile a determinare il primo campione italiano, quella del 14 agosto 1898 svolta ad Anguillara. Trattandosi di una gara importante, Santoni annota non solo le società iscritte, che sono dieci in rappresentanza delle regioni Lazio, Lombardia e Liguria, ma anche nome, cognome, età, luogo di nascita, professione, categoria e club di ciascun iscritto. Bigiarelli è il ventottesimo dei trentatré, elencato: "23, possidente, Roma, Senior, Associazione Gioventù Cristiana Roma". Lo stato di possidente è, dopo quello di studente, il più comune nella lista dei pionieri nuotatori. Lo studiare in un liceo o all’università presuppone una condizione di ceto medio e medio-alto, ma non mancano i mestieri più umili, a riprova del carattere interclassista del nuoto delle origini.

La spartana falange di questi primi campionati è fantastica: computista, impiegato ferroviario, commesso viaggiatore, postino, calzolaio, scalpellino, contadino, tipografo, orologiaio, muratore, "maccaronaro" (il Palombini della Cristiana). Bigiarelli, che gareggia avendo sullo zucchetto il numero 25 su 28 partenti, è uno degli undici ritirati per "indisposizioni di indole passeggera". C’è da dire che la gara si disputò in una giornata di forte vento di tramontana che infastidì gli atleti, sollevando onde che li colpivano di fronte e di fianco, per cui essi persero a più riprese la giusta direzione. Furono una dozzina i giornali che pubblicarono. Il re stesso, a mezzo del suo aiutante di campo, spedì un telegramma di felicitazioni alla Rari Nantes Roma. I mesi che vanno dal settembre del 1898 al marzo del 1899 sono quelli in cui Bigiarelli insiste nel cimentarsi come nuotatore della Cristiana, seppure scottato dalla delusione del fallimento nel contesto nazionale. Le uscite a fiume continuano nel lasso di tempo in cui si consuma l’infelice storia d’amore con una ragazza, di cui non rivela il nome, ma probabilmente belga: molti erano i belgi che lavoravano in imprese tecniche nella Roma in ricostruzione.

Il 26 dicembre del 1898 è uno dei diciassette concorrenti al primo Cimento Invernale allestito per la festa di Santo Stefano: duecentocinquanta metri a favore di corrente col via alla scaletta dell’Albero Bello e l’arrivo alla scala sottostante la casina, ma per essere ammessi bisognava avere fatto almeno cinque bagni certificati dagli rn nelle settimane precedenti. Bigiarelli si guadagna, così, alle undici e mezza di un mattino di sole spazzato dalla tramontana che aveva abbassato la temperatura dell’aria a tre gradi, la medaglia e il diploma di "nuotatore invernale", godendosi nella casa dei rari nantes il "vermouth d’onore" offerto ai vittoriosi. Seit einigen Jahren hat sich bei uns die Gewohnheit eingebürgert, während des ganzen Winters im Freien zu baden und besonders hier in Rom giebt es zahlreiche Schwimmer, welche keinen Tag im Jahre vorübergehen lassen ohne in dem Tiber zu baden, ohne Rücksicht auf den Regen und auf das schlechte Wetter, das in den kalten monaten wohl öfters vorkommt. Die Anregung zu diesem winterlichen Sport kommt von den verschiedenen Schwimmvereinen “Rari Nantes” welche kürzlich in Italien entstanden sind. – Come scriveva Santoni su un giornale di Charlottenburg. (E vai col traduttore simultaneo...).

Questo genere di prove estreme imitava Berlino, Parigi e soprattutto Londra, col suo handicap sul laghetto di Serpentine a Hyde Park che andava avanti dal 1880. Quando la temperatura dell’acqua scendeva a dodici gradi centigradi, la RNR cambiava il vessillo, faceva sventolare il gagliardetto col fiore e partiva ufficialmente la stagione del nuoto invernale. Quel mattino del 26 dicembre 1898, nonostante il clima algido, l’acqua a sette gradi e il fatto che gli aspiranti stoccafissi avessero dovuto percorrere a piedi i trecento metri ricoperti di uno strato sottile di ghiaccio dalla banchina al punto di partenza, l’inviato della redazione romana (stava a via Gaeta) del settimanale Tribuna Sport annotò come essi ne fossero infine usciti "rosei ed invidiati dalle gentili signore che, avvolte nelle loro pellicce, sentivano molto di più i rigori del freddo". Possiamo immaginare, con un pizzico di fantasia, il bel Luigi, modesto nuotatore col triangolo ma futuro ottimo marciatore, venire accolto seminudo nel tepore confortante di braccia femminili. Tra l’altro, a suggerire un altro punto di contatto tra le usanze della Rari Nantes e quelle della Podistica, v’è da sottolineare che, la prima domenica di aprile che apriva l’anno sociale, i biancazzurri rn se ne andavano a nuoto da ponte Milvio alla "non lontana trattoria dell’Olmo", dove consumavano l’agape sociale che coincideva con l’assemblea generale. Sappiamo bene che la bandiera bianca e celeste a righe verticali della SPL fu inaugurata nell’ottobre del 1904 da Fortunato Ballerini proprio dalla Sora Rosa all’Olmo, che stava sulla rettilinea via Angelica e si auto-denominava "cuccagna dei canottieri".

Milleottocentonovantanove: dal nuoto al podismo, o "la gestazione"

Ed eccoci arrivati alla dirittura d’arrivo di queste nostra lunga pedalata riguardante le origini natatorie della Lazio. Il momento che chiamerei della sliding door: quando tutto mutò rispetto a quel che sembrava altrimenti predisposto. Se siete dei fan del modo di pensare storicistico, siamo al cospetto di una concentrazione dialettica dalla quale emerse trionfante il logos della "Lazio". Lo striscione dell’ultimo chilometro reca anch’esso l’iconica sigletta "rn". Nel corso del 1899, l’organizzazione Rari Nantes allestì diciannove campionati da Napoli in su, più vari cimenti sia "indumentali" (tutti vestiti) che invernali. Bigiarelli partecipò all’ultimo cimento invernale ad Anguillara, la domenica del 19 marzo, partendo dalla stazione Termini assieme a un gruppo della RNR e a Francesco Mondino della Società Ginnastica Roma: la "Roma", come sovente la battezzavano i giornali per via della sua anzianità e fama. Una prova di sapore goliardico e non agonistico a Luigi andava bene, ma non se la sentiva di sborsare le due, tre o cinque lire di iscrizione e battersi contro toraci più ampi, tipi decisamente più robusti di lui come i vari Crucianelli, Capparella, Valle, Mancini, Pizzingrilli, Baldazzi, Galbusieri, Gabbarini, Cattaneo, Bozzo, Perlo, Saltarini, Allegri, Delande, Alisoff, Coppola, eccetera: la lista si allungava ogni giorno di più.

Eppure, da qualche tempo, l'improvvisa partenza da Roma della fidanzata gli aveva scatenato l'ossessione per lo sport, che nei dodici mesi precedenti si era mantenuta nel solco di un significato secondario. L’incipit del diario ce lo dice: "21 aprile. Partita per Bruxelles e perciò mie abitudini giornaliere cambiate mi trovo fuori acqua non sapendo più cosa fare né dove andare. Non trovo neanche sollievo nei posti dove passai ore deliziose con lei. Tutto mi annoia, scanso gli amici rendendomi quasi inurbano. Per rompere il ghiaccio che mi tiene avvinto e per non andare più nei luoghi tanto belli e cari alla mia persona, ho deciso di abbandonare la vita galante, passeggi, caffè, cambiando invece con gli esercizi sportivi onde divagarmi e profittando della stanchezza delle membra per poter dormire facendo esercizi violenti, corsa, lunghe passeggiate, nuoto etc.". La singolarità che il quaderno cominci nel giorno del Natale di Roma forse non significa nulla. Piuttosto, le pene di amore mi pare abbiano liberato nel sofferente il desiderio di affidare alla carta la memoria scritta. Uno sfogo che subito trascende il sentimentalismo e si trasforma in una routine funzionale all’attività fisica; un modo per superare l’angoscia ponendosi obiettivi tangibili, misurabili.

Personalmente, ho passato un momento del genere all’età di 26 anni, per cui il depresso Luigi lo capisco... Questo, dunque, è il punto cardinale, il destino tradotto nella vertigine di una porta scorrevole: da un felice dandy Bigiarelli dedito alla "vita galante", si passa a un Bigiarelli infelice, mezzo bruciacchiato dal fulmine a ciel sereno di un amore in fuga, e perciò scatenato (come cura) nello sport. Nuoto e podismo entrano prepotentemente nella vita del Fondatore; due discipline che alla Cristiana, società soprattutto di ginnasti dediti alla lotta e alla pesistica, venivano tenute in minor conto. Nel mentre matura questo scatto, la propaganda natatoria si intensifica e riverbera sui giornali di tutta la nazione. Tribuna Sport, l’ebdomadario più completo dopo la milanese Gazzetta e che probabilmente Bigiarelli leggeva, pubblica nel 1898-99 articoli che illustrano la ginnastica propedeutica praticata a secco dai tedeschi. Disegni sulle tecniche di nuoto più in voga, e le prime notizie sul nuovo gioco del "water polo" di matrice inglese. Addirittura, rende conto di conferenze di illustri professori che garantiscono sull’utilità dell’ars natandi.

E, naturalmente, pubblica gli aggiornamenti sulle gare: un Campionato Meridionale per la prima volta si svolgerà nella baia di Napoli, cinque secoli dopo la leggenda delle imprese del "Pesce Cola" nel Mar Tirreno. Contemporaneamente, la Rari Nantes Roma sta godendo del suo primo vero boom di tesserati. Ormai le gare che organizza sul fiume si rivolgono non solo ai nuotatori provetti, ma anche ai giovani popolani dei rioni, agli studenti, agli allievi dei ricreatori non religiosi. Una leva continua al nuoto per gli under 21 che le funziona da serbatoio di nuovi soci. È una propaganda fide, come si dice. In balneis salus. Ma Bigiarelli ha i suoi dubbi. L’elegante divisa blu con i bottoni dorati non la vuole vestire; e neanche la fichissima girocollo tricolore con la scritta "Roma" in filo di seta nero. Egli rifiuta intimamente il concetto di poter concorrere a una gara solo col permesso dei consoci. Mezza abbandonata l’idea del nuoto agonistico, si allena per trasformarsi in un corridore a piedi, un podista: un valente nello sport del pedestrianesimo, che da qualche stagione va forte al nord. E difatti, si aggiudica la medaglia d’oro di "campione del Lazio" nella prova dei 120 metri piani alle feste sportive di Villa Pamphili, quelle del 21 maggio.

Nell’occasione, rinuncia alla gara di nuoto al laghetto del Giglio, con in prima fila i fratelli Crucianelli da Anguillara. Per lui, un uomo di ventiquattro primavere che non ha l’angoscia di guadagnarsi da vivere, le uscite a fiume servono da scarico; sono il passatempo che ha sostituito il dandismo alla Lord Brummell. Il tragitto che gli è più abituale va da ponte Milvio ("ponte molle", lo chiama nel diario, e lì sappiamo dai registri rn che sorgeva una capanna a disposizione dei nuotatori) a ponte Margherita, circa quattro chilometri a filo di corrente. A mio parere, seguendo certi discorsi che proponeva il Martini, la contemporaneità delle due discipline non dovette giovargli, giacché differenti sono i muscoli, i tendini e le cartilagini messi in gioco, e quasi opposti i movimenti delle fibre muscolari. Bigiarelli avvertì la difficoltà di scoprire i segreti della specialità del mezzofondo (il suo traguardo era il record sul chilometro) sicuramente mai avvicinata prima, dal momento che nei reparti dei bersaglieri si faceva d’obbligo la marcia cadenzata con armi e munizioni addosso. Tenta con encomiabile forza di volontà di segnare tempi decenti, svolgendo sedute di training nella piazza d’Armi ai Prati e sulla pista di terra battuta del Velodromo Salario a Porta Pinciana, assieme ad Arturo Balestrieri e ad Alceste Grifoni.

Quel Grifoni, uno dei "nove", che aveva il padre maestro di ginnastica alla SGR e consigliere nell’associazione nazionale degli insegnanti. E poi c’è il nuoto. Il nuoto che non è solo un’avventura ludica e parte integrante di un allenamento interdisciplinare, ma anche, per diversi degli amici che frequenta e ai quali vuole bene come un fratello maggiore, agonismo e competizione. Non li può deludere. Giunti i primi caldi, la torrida estate del 1899, il 6 luglio Bigiarelli entra nella giuria, in qualità di rappresentante ACDG, del Campionato del Tevere che registra la vittoria del consocio Costantino Pizzingrilli. Gli piace vestire i panni dell’ispettore o direttore di gara. Nell’ambiente fiumarolo lo conoscono come persona seria e si fidano: "uno della Cristiana". Come ricorderà l’amico Balestrieri dopo la prematura morte, egli non mostrava mai "jattanza", cioè una ostentazione di superiorità, ed era "sorridente, affabile, energico". In tutti questi anni che ho sfogliato decine di giornali d’epoca e memorie sul mondo dei fiumaroli, pubblicando libri, articoli e saggi, non mi è mai capitato di leggere una sola riga, o vedere una sola foto o un solo disegno, una caricatura, di un Bigiarelli partecipante alle carnevalate a ritmo continuo tipiche di chi passava le sue estati sulle rive del Tevere. Significativo, no?

"Er Puntale", con la sua barbetta patriottica alla Guglielmo Oberdan, aveva "visto cose" come il replicante Roy del film Blade Runner. Egli doveva avere infissi nel cuore e nella mente ideali veramente alti, che si riflettevano nel comportamento e nella maniera in cui si proponeva agli altri. Il giudice di nuoto è un ruolo che finirà per ricoprire anche nella Lazio del biennio 1900-1901; a volte in coppia con lo stesso Santoni, come nella gara di 5,5 km indetta dalla SPL il 19 agosto 1900 sul percorso Conca d’Oro - Porto fluviale. Nell’estate del 1899 egli prova ancora, tuttavia, ad essere un agonista vincente. La domenica del 23 luglio entra in lizza al "Campionato di Roma" al Lago di Nemi, ma si deve ritirare senza finire il percorso; un’altra grave delusione, nonostante l’allenamento quotidiano, ma forse questa volta preventivata. Le due gare, "Tevere" e "Roma", erano un po’ come la partita in casa e la partita in trasferta nel derby d’estate tra i "romani de’ Roma" e i "burini" dei paesi vicini. Luigi nel diario non accenna alla sua débacle. Piuttosto, esprime meraviglia per la sconfitta di Gaetano Crucianelli ad opera del rivale genzanese Antonio Valle. I consoci Pizzingrilli, Altieri e Palombini si sono piazzati al quarto, quinto e settimo posto, così che i quattro della Cristiana tornano a casa condividendo un sentimento generale di sconfitta; ma le possibilità di rivincita sono tante, bussano già alla porta.

Come accennato, il pomeriggio del 9 agosto Bigiarelli non si aggrega al manipolo composto da Santoni e dai nuotatori agonisti Luis Mesones, Palombini, Crucianelli, Valle, Turno Baldazzi e Paride Capparella, fritto misto di nuotatori buzzurri e cittadini, che salgono in treno destinazione Milano-Como per Il Campionato Nazionale in programma il 13. Durante il mese di luglio ha effettuato ventidue bagni nel Tevere, che non lo hanno aiutato ad acquisire maggiore competitività. Probabilmente ci riflette sopra. Ne discute col fratello Giacomo, con gli amici. Gli viene l’idea di costituire, il giovedì del 3 agosto, una società "Liberi Nantes". Anche questo un sodalizio informale, più informale ancora di quel che sarà la Podistica Lazio al suo sorgere: non ci sono regole scritte né statuto – o almeno non vi si fa cenno nel diario. La trama sociale è data dalla reciproca affinità e da una mutandina bianca con la striscia nera alla cintura e le iniziali "LN" ricamate sul fianco sinistro, com’è di moda. Indicativo è il fatto che i colori scelti dai liberi nantes non rispettino la regola, osservata dai rari nantes, di distinguersi tra di loro. In due articoli pubblicati il 31 ottobre e il 7 novembre 1898 sulla Gazzetta dello Sport, Santoni specificava i colori delle rn, avvertendo di non fondare società con quegli stessi abbinamenti nei costumi: la RN Roma mutandine azzurre con striscia bianca; la RN Sabatia bianche e striscia celeste; la RN Genzano rosse e striscia giallo-arancio; la RN Bracciano bianche e striscia nera; la RN Albano bianche e striscia verde; la RN Genova vermiglie; la RN Milano bianche e la striscia rossa; la RN Pisa rosse con la striscia bianca.

I liberi nantes di Bigiarelli, dunque, si appaiavano ai braccianesi; rispetto alla sempre più florida comunità dei rari nantes, erano "alternativi". Ora, la striscia nera ci fa opinare che, pure qui, nell’eterogeneo gruppo dei Pippanera Bigiarelli avesse trovato gli aderenti alla sua iniziativa. L’ulteriore step avrebbe dovuto contemplare l’ottenimento di una sede: quella che sarà la bottega di via Valadier per la Lazio. Con spirito pratico, la sede dei liberi nantes la si ricerca lungo il fiume. E, attenzione!, notate il punto cruciale: i liberi nantes non prendono il capanno di Gambadilegno. Esso, evidentemente, non era affittabile, per la sua promiscuità non si prestava alla bisogna, la casa sociale dovendo rispondere ai requisiti dell’indipendenza e dell’esclusività. Ma tutto salta perché le persone alle quali Luigi si rivolge per un aiuto – il vicepresidente della RNR architetto Sebastiani, Carlo Sansoni del Reale Club Canottieri Tevere, il rari nantes Rodolfo Lepori e il marchesino Alessandro Venuti della Società Romana di Nuoto, già pioniere footballer al Liceo Visconti – non lo accontentano. Ecco allora individuato un altro dei momenti in cui gli rn hanno giocato un ruolo esiziale nella nascita della Lazio.

Senza il loro "no", Bigiarelli avrebbe portato avanti, nell’autunno-inverno del 1899, una SLN corredata della sua brava sezione podistica. E a una "Liberi Nantes", sua eccellenza il cavalier Fortunato Ballerini, alto funzionario ministeriale, ginnasiarca propugnatore della "rigenerazione nazionale" attraverso l’attività fisica, velocipedista, podista, tiratore col Flobert, giocatore di tamburello nelle ore libere dall’ufficio, ma niente affatto buon nuotatore, quattro anni dopo non si sarebbe di certo interessato. Per Bigiarelli, dunque, è sul podismo che convergono, alla vigilia del Secolo Nuovo, le residue speranze di divenire un grido celebre della diana sportiva. Al sopraggiungere dei primi freddi, il nuoto passa in cavalleria. Non è un rari nantes e le perlustrazioni d’inverno lungo il fiume non lo attirano. Gli amici della Cristiana (Teodorico Boaselli, Enrico Gualdi, Pizzingrili, Palombini, Altieri, Luigi e Terenzio Giovagnoli, Benvenuto Franchini, lo stesso Giovannino Talacchi e vari altri) formano un gruppo speciale di "nuotatori invernali", fermamente intenzionati a continuare le loro gite. Bigiarelli non entra nel novero, ed è altamente ipotizzabile che a quest’altezza già si sia conclusa la sua militanza nel club del triangolo rosso. Vi prego di notare la coincidenza: nessuno dei menzionati si tessererà, di lì a poco, alla sezione natatoria della Podistica Lazio, con l’eccezione del "ramingo" Altieri; con tutta probabilità, questi nomi non facevano parte della Liberi Nantes.

Il podismo, allora: lo sport che si può praticare bene, e senza grandi spese, dall’autunno alla primavera inoltrata. Nei collegi inglesi gli studenti fanno addirittura il "cross-country", specialità in Italia sconosciuta. Ma da noi sono almeno due decenni che si registrano sfide tra specialisti della corsa di resistenza; ad esempio, quella recentissima di 100 km tra i lombardi Arrigo Gamba e Carlo Airoldi, l’olimpionico mancato della maratona di Atene. Considerate che nel 1899 l’esercito dei nuovi adepti "puzzapiedi" è in piena espansione al nord. Un diciannovenne di Milano, Ettore Zilia, detiene il record sull’ora di km 15, 711. Il miglio appartiene invece al ligure Emilio Banfi, con cinque minuti esatti. Il numero uno dello Sport Pedestre Genova, Cesare Ferrari, si è aggiudicato il titolo italiano dei 35 km a Torino, città sede della Unione Pedestre. Di Attilio Pozzi, presidente del Club Pedestre Milano, è il primato dell’ora di marcia di km 10,050. Il milanese Umberto Colombo è, a detta dei giornali sportivi, il velocista più bravo, corre i 100 metri in poco più di undici secondi; presto, dopo l’eliminazione dalla finale olimpica a Parigi dove sarà battuto in batteria da un americano e da un australiano, lascerà l’agonismo e si farà una famiglia. I loro medaglioni, corredati da foto come per i ciclisti più celebri, le stelle professioniste della pista, campeggiano sui supplementi illustrati della Gazzetta dello Sport.

Perché non emularli? – si chiedono in più di uno a Roma. E fra di essi il Luigi. Il 5 ottobre Bigiarelli, trasportato sulla scala mobile del podismo sport alla moda, si decide a fondare una "Società Podistica Romana". Il diario ce lo dice. Ma intanto, arrivano nuove adesioni alla Liberi Nantes, motivo per cui, col gruppo ora abbastanza nutrito dei consoci, il 27 ottobre delibera di costituire semplicemente una sezione podistica. La speranza di avere una sede tramonta definitivamente l’8 novembre: il cosiddetto "galleggiantino", che lui e gli altri usano per la pesca e come base per i bagni, proprietà dell’amico Nino al quale pagano un obolo mensile, non basta, in quanto esposto alle intemperie nella stagione fredda. Ci vuole la "capanna"; o, ancor meglio, una solida casina. Simultaneamente al volatilizzarsi della sede sociale, fa capolino nella testa dell’ex bersagliere e dandy l’idea di lasciare la velocità pura e il mezzofondo ("corsa cadenzata" nella sua terminologia) per sperimentare la marcia. In quel ramo partiva avvantaggiato: secondo gli studi dell’epoca, il passo medio del bersagliere era di 85 centimetri, dieci in più del fante, e nella corsa era di un metro esatto, contro gli 80 cm scarsi dell’umile fantaccino.

Dal fratello Giacomo, da Balestrieri e da Venier, Luigi viene a sapere della loro "fondazione" della sezione romana dell’Audax Podistico Italiano, ente sorto a Milano e che essi vogliono lanciare nella Capitale. Si tratta di marce cronometrate di 25, 50, 75 km (il diploma Audax classico, in un tempo limite di 14 ore) e financo 100 km: "l’Audacissima". Una disciplina di estrazione militare, al punto che alcuni record strabilianti sono stati stabiliti da francesi marcianti con la carabina in spalla. Un altro degli esercizio propedeutici alla formazione del fante che sta tramutando in sport. Calcolate che nel 1897-98 sorgono in Italia, come in una patriottica volata di note, un Audax ciclistico, promosso dallo scultore Vito Pardo, uno dei canottieri, uno alpinistico e, per l’appunto, uno pedestre. Non c’è l’Audax di nuoto, ma sui giornali si legge delle imprese di Holbein, Burgess, Greasley e Percy Cavill, professionisti dello sport, e dei tentativi di attraversare la Manica da Dover a Calais sulla scia del leggendario capitano di marina inglese Matthew Webb. Esiste, poi, un "distintivo di nuotatore di lungo corso", guadagnato sul Lago di Bracciano dai coccodrilli romani Basilici e Altieri.

Campioni valentissimi entrambi, e in specie l’Altieri, per i fiumaroli univocamente "Cencio", invitato dai francesi al campionato mondiale. Uno che, in età più matura, si sarebbe dato al professionismo con un moto simile al Bigiarelli marciatore, cercando senza successo di fissare il record della Manica. Occhio ai nomi che abbiamo snocciolato fino ad ora: Tofani, Altieri, Carlini, Alberto Mesones, Marroni: i più forti elementi della sezione natatoria biancoceleste nella sua primissima estate; a costoro potremmo aggiungere il piccolo Venier, che una volta entrava in gara per la RNR e un’altra per la Podistica Lazio, secondo la compagnia che aveva. All’abbrivio della stagione estiva dell’anno 1900, saranno proprio loro a vestire le prime mutandine da bagno di tela azzurra con la sigla "SPL" sul fianco. Sulla scorta di quanto detto finora, possiamo arguire che, pur non avendo nello statuto un articolo al riguardo, la Podistica – o almeno la sua sezione di nuoto – abbia identificato da subito nel turchino il colore sociale. Che poi diverrà un abbinamento di bianco e celeste acceso quattro anni più tardi, nella primavera del 1904 quando si cucirà in casa di Sante Ancherani la tenuta della squadra di football.

Ma il calcio, il pallone da football degli inglesi, così diverso dal pallone di Edmondo De Amicis che i romani vanno a vedere allo sferisterio per scommetterci sopra, è un qualcosa di esotico nel 1899 per quelli della Pippa Nera e per i Liberi Nantes. L’Audax di marcia, parimenti, è roba nuova, ma più comprensibile; tale da affascinare i cuori in un’epoca in cui le strade non sono asfaltate, di indicazioni segnaletiche se ne incontrano poche e non sicure, per cui nella marcia si ritrova in pieno il gusto dell’avventura e dell’esplorazione. È qui che la "passeggiata", pratica non del tutto sconosciuta a passo veloce sotto la guida di un capogruppo, diventa "audace". Con l’Audax, in effetti, nella testa di Luigi cambia tutto: la sensazione palpabile di avere imboccato la direzione giusta, la sua vera vocazione, lo infiamma fin dalle prime prove. Il 20 novembre parte l’allenamento, un viaggio di andata e ritorno da Porta San Giovanni a Frascati. Gli fanno da compagni di pedagna Balestrieri, il prestante Mesones junior, che è un palmo più alto di lui, e il diciassettenne Ugo Novelli. C’è il problema, però, che l’Audax Podistico Romano è stato costituito da Balestrieri e soci senza il placet della direzione generale, che ha il suo contatto nella figura, assai nota, del professor Cesare Tifi della Società Ginnastica Roma.

Per spiegarvi meglio lo snodo, questa dell’Audax Podistico è una storia che ricalca a grandi linee quella dei rari nantes. Al volgere del 1899 esiste solamente l’AP Milano, il sodalizio originario, ma fervono i contatti per impiantare altre due associate a Genova e a Roma, ovvero innescare la scintilla per un proliferare di "audaci podisti" nella nazione intera. Sempre in omaggio al pensiero dell’establishment di generare il fante marciatore, nuotatore, buon tiratore con la carabina, ciclista, scalatore, ginnasta. Ma cosa succede? Abbastanza inaspettatamente, Roma prende la testa del movimento in virtù di un entusiasmo incontenibile, di molto superiore a Milano. Ne deriva che nel novembre del 1900 la sede scende nella Capitale e Luigi Bigiarelli viene eletto direttore generale, esattamente il 24 dicembre. Gli "audaces" romani sono come cavallette impazzite: aumentano a una sessantina nel 1901, quando il "direttore sportivo" della SP Lazio (carica esemplata dalla RNR, dove il nostro si era probabilmente accorto che il "ds" coordinava l’attività, e al presidente e vicepresidente spettavano compiti formali di rappresentanza) risiede ancora a via degli Osti; raddoppiano l’anno successivo, quando ormai si è spostato a Parigi col target dell’atleta professionista.

Con l’Audax fisso nella mente, Bigiarelli la transizione dall’autunno all’inverno del 1899 la vive marciando: tacco e punta, i gomiti alti secondo lo stile del francese Luis Ortègue. Ma non per un rigurgito di patriottismo a vocazione militare. Egli si pone piuttosto sulle orme del "pedestrianism", fenomeno che in Gran Bretagna ha originato scuderie di professionisti e una passione popolare (del popolo, in effetti) che stupisce: gare di gran fondo alle quali si iscrivono centinaia di giovani uomini, motivati dall’alea di ricevere premi e sentire strillato il proprio nome sui giornali, con la speranza di diventare ricchi e famosi. Lo sport, la nuova frenesia che acchiappa la borghesia (c’è pure il Ballo Sport che impazza nei teatri, ovviamente con ballerine agghindate), si innalza a strumento utile per scalare le classi sociali e costruire una propria identità, in risposta a un messaggio che proviene direttamente dalla società industriale. Sono questi i momenti in cui nasce la figura di uno "scripted actor" operante all’interno di una over-socialised conception of "man" – come dicono oggi i sociologi e gli storici dello sport. A Torino, Milano, Genova e dintorni – le capitali dello sport – quando Bigiarelli scopre le delizie della marcia agonistica sono un po’ di anni che si tessono le lodi dei novelli footmen venuti su dal nulla. Pasticceri, falegnami, lampionai e tipografi mezzo analfabeti, poveri e non milionari come gli chef pasticceri di oggi, che combattono alla pari con gli studenti figli della borghesia, aggiudicandosi massicce medaglie d’oro e d’argento in "girilunghi" di svariati chilometri.

Bigiarelli è egualmente su quella strada. A Roma! Capitale assolutamente indietro rispetto a Parigi, Vienna, Berlino, Londra in materia di open games, physical education e sports. Moderno sportsman alla ricerca della sua self identity, il pericolo per lui è la festa mobile che un simile, temerario approccio all’esistenza presuppone: si può andare su e giù con grande facilità. La domenica del 3 dicembre, impiega tre ore e mezza per coprire la distanza da Porta Portese a Fiumicino, alla media di nove chilometri. Con lui sono questa volta il fratello Giacomo, gli studenti Alberto Mesones, Guido Annibaldi e Ugo Novelli, il ventunenne Aurelio Bastianini della Romana di Nuoto. Certamente Luigi è il più deciso, molto dentro "il sogno". Da Sebastiani si è fatto dare il cronografo, da Venuti i pantaloni da ciclista per la gita; per contro, ha imprestato a Mesones e Annibaldi due paia di pantaloni da corsa. Quel che è importante, Puntale si accorge di essere bravo per davvero: dà una spersa di quaranta minuti agli altri. Credo che, in quel momento, per lui fu come aver puntato i classici due soldi alla riffa ed essersi accorto di averli moltiplicati.

Il 26 dicembre non partecipa alla seconda edizione del Cimento Invernale di Santo Stefano, e comunque mancano le note sul diario. Vi prendono parte invece, in qualità di "ospiti", Balestrieri, Massa, Annibaldi e Venarucci; più gli rn di lungo corso Luis Mesones e Attilio Tomassini, il primo "pratarolo" e il secondo "borghiciano". Il diario bigiarelliano si chiude il 31 dicembre con la frase: "Quasi tutti della nostra compagnia ci riunimmo per andare in campagna ed andammo al solito posto a fare una merenda. Molta allegria". La compagnia allegra è sostanzialmente quella della Pippa Nera, sorta di arca di Noè citata un secolo e mezzo prima da Gioacchino Belli, e dove quasi incredibilmente, come in una fiaba, il 9 gennaio 1900 si accende la storia della SP Lazio. "Lazio" come il nome verniciato sulla fiancata di un battello per il trasporto di passeggeri che transitava davanti al barcone, a pochi metri proprio, tutti i santi giorni; magari pure nel momento in cui si cercava, in una nuvola di fiato caldo speziato di profumi succulenti di baccalà e pezzetti di polenta fritta comprati alla cucina dei Talacchi, tutti insieme l’ispirazione.

Come da ricerche laziowikiste, codesto battello era un vaporetto di una quarantina di metri costruito a Stettino e di proprietà della Società Italiana di Navigazione Marittima e Fluviale; esso aveva l’approdo alla Marmorata, dove si potevano addirittura vedere alla fonda le torpediniere militari con i loro nugoli di marinai. Secondo una testimonianza che ancora girava nei primi anni sessanta a Roma, pare sia stata la voce del diciottenne Alberto Mesones, detto er Poncho, che si levò a proporre il fatidico nome. Latinizzazioni e altre elucubrazioni non c’entrano un fico secco, anche se probabilmente resero animata la discussione, tra un mozzico e l’altro di castagnaccio. La parola "podistica", invece, a mio avviso venne presa pari pari dall’API. Più moderna di "pedestre", l’avevano coniata e resa popolare i ginnasiarchi, mutuandola dal greco πούς ποδός. Le Olimpiadi moderne per i colori bianco e celeste, pure, non c’entrano nulla. Solo undici mesi dopo l’onorevole Attilio Brunialti, un vicentino "capo console" del Touring a Roma, alla riunione ai Canottieri del Tevere giù a Ripetta, quella che doveva dare il là ai Ludi Sportivi al Secolo Nascente e alla scoperta del gioco del calcio per la Lazio, avrebbe proposto di riprodurre a cicli quindicinali i giochi olimpici dei greci, che il barone de Coubertin aveva riesumato nel 1896 ad Atene.

Ma dei “Ludi” vi parlerò in un prossimo articolo. Punto il dito, allora, sul Mesones junior. Romano peruviano, studente all’Istituto Tecnico "De Merode", animatore della società Urbe e Farfa, uno dei Pippanera e immagino anche dei liberi nantes, e che nel 1903 avrebbe fondato con Balestrieri la Virtus, per poi partire alla volta dell’Africa a fare il cacciatore di fiere e il cercatore di oro e diamanti. Di lui si seppe poco o nulla da lì in avanti; a parte qualche lettera, spedita ai fratelli Corelli in piena Guerra Mondiale, e un fugace ritorno a Roma nel 1928, il Sud Africa rimanendo la casella finale dei suoi viaggi in giro per il mondo. Di Alberto Mesones, i fiumaroli di mezzo secolo fa rammentavano che fosse un "duro". Il nome Lazio ce l’ha dato dunque un hombre che ha vissuto per mesi nel Katanga, nel Congo Belga cuore dell’Africa Nera, completamente segregato dalla civiltà, unico bianco tra gli indigeni. Come in Cuore di tenebra di Conrad. Apocalypse now di Coppola. Chi ha dato il nome alla Lazio era un tipo capace di attendere di notte, nascosto per ore nel bush, l’arrivo di un "nkwe", attirandolo con l’esca di un quarto di antilope; per poi stenderlo con un colpo solo di carabina, l’adrenalina a mille: o lui o me! Siccome da ragazzo ho vissuto in quelle aree, vi posso dire che animale è un "nkwe": è un leopardo.



Lo statuto della Federazione Rari Nantes stampato a Roma nel 1900. Notate il motto: “Concordia parvae res crescunt”. L’attuale slogan della SS Lazio Generale deriva, dunque, da quello della prima associazione nazionale italiana di nuoto

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Nuotatori all’Albero Bello ai primi del secolo: l’ultimo a destra è Altieri; anche qui, al centro seduto, c’è Basilici, classe 1882, per cui la foto potrebbe essere veramente del 1902
I partecipanti al III Cimento Invernale svolto il primo gennaio del 1901. Tra i 36 iscritti, anche i laziali Aurelio Bastianini, Rodolfo Bulla, Francesco Mondino, Romeo Tofani, Carlo Venarucci e Filippo Villani. La freccia indica Luigi Bigiarelli vestito col maglioncino bianco a collo alto e i pantaloni alla zuava bianchi che usava per praticare la marcia. Un’immagine non conosciuta del Fondatore, la quinta in assoluto in costume da atleta
Campioni delle società Podistica Lazio di Roma e Rari Nantes Milano all’idrometro dell’Albero Bello per la I Gara Secolare del 17 settembre 1901, bandita in occasione del decimo anniversario della RNR. Da sinistra: Alberto Mesones, Arturo Bardelli, Romeo Tofani, Enzo Piccinini, Vincenzo Altieri. I laziali Mesones e Tofani indossano le “mutandine a triangolo di tela azzurra” di cui parla Vittorio Spositi nel suo articolo rievocativo del 1939. Anche queste sono le più antiche immagini rinvenute di Mesones II e Tofani
Recto e verso di una medaglia del Cimento Invernale 1901 della RN Roma, su disegno dello scultore Giuseppe Cantù
Collezione dell’Autore
Recto e verso della medaglia assegnata ai rari nantes biancazzurri che, nell’anno sociale, fossero riusciti a toccare il traguardo dei 250 chilometri. Nel 1901 questa ambita medaglia dal castone d’argento, consegnata per tradizione il primo di aprile, se la aggiudicarono Altieri e Ariodante Marabini. Nel 1902 e 1903 non riuscì a ottenerla nessuno
Collezione dell’Autore



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