Maestrelli Maurizio
Nato a Bari il 19 maggio 1963, deceduto a Roma il 28 novembre 2011, figlio di Tommaso Maestrelli, l'allenatore del primo scudetto biancoceleste.
Assieme al fratello gemello Massimo diventa la mascotte della squadra biancazzurra tra il 1971 fino alla morte del padre. I due "ragazzini terribili" entrano subito in simpatia dei giocatori. Sono molti gli aneddoti che li riguardano, come nel derby di ritorno del campionato 1972/73, quando vengono cacciati dall'area degli spogliatoi da un infastidito presidente Lenzini e vagano per lo stadio gremito fino all'inverosimile inseguito dal padre che lascia la panchina per andarli a cercare. Addirittura durante un ritiro vengono portati dai giocatori a fare del tiro a segno con pistole vere di nascosto del padre. Molto spesso venivano a trovare il papà durante l'allenamento pomeridiano accompagnati dalle sorelle maggiori, ma rigorosamente dopo aver fatto i compiti. Dopo essersi laureato, Maurizio per un breve periodo lavora come procuratore sportivo, attività che ben presto lascia il posto a quella di broker assicurativo.
Sono loro a credere nelle capacità del giovane Marco Materazzi e a farlo tesserare per il Marsala. Sempre insieme all'inseparabile fratello convince il giornalista e scrittore Franco Recanatesi a scrivere un libro sul padre che riscuote un grande successo di vendite. Sposa Monia Materazzi figlia dell'ex allenatore biancoceleste Giuseppe e sorella del giocatore Marco. La coppia ha due figli Andrea ed Alessio. Muore prematuramente a 48 anni stroncato da un male incurabile diagnosticatogli due anni prima.
"Resterà indelebile nelle nostre menti il ricordo di quei due gemelli che scorrazzavano sul prato, allietando la vita del papà, e che hanno rappresentato la coppia di mascotte di quella formidabile squadra che vinse lo scudetto nel 1974", ha dichiarato il presidente generale della S.S. Lazio, Antonio Buccioni, esprimendo il cordoglio "di tutto il movimento biancoceleste", dopo aver appreso la notizia.
Il giorno della sua prematura scomparsa il giornalista Vincenzo Cerracchio scrive sul Messaggero questo articolo:
Maurizio Maestrelli aveva il sorriso franco del suo papà. E' morto ieri, giovanissimo come lui, lasciando nello sconforto una famiglia martoriata dal destino, annichilita dall'ennesimo dolore. E una famiglia più grande, quella della Lazio, che ancora adesso ricorda il grande Tommaso, l'allenatore dello scudetto del '74, come "il maestro": unico, inimitabile, un signore del calcio. Maurizio aveva solo 48 anni ed era papà anche lui, di due ragazzi, Andrea di 13 anni e Alessio di 8, che la maglia biancoceleste continuano a onorare nelle giovanili della squadra che il loro nonno portò al trionfo. Aveva sposato, Maurizio, un'altra donna di calcio: Monia è la figlia di Beppe Materazzi, che sedette sulla panchina della Lazio una quindicina d'anni dopo Tommaso, e sorella di Marco (ex interista e campione del mondo) e Matteo. Maurizio si è arreso a un male terribile, lo stesso che ci aveva sottratto suo padre a 53 anni. Lo stesso che aveva portato via sua sorella Patrizia. Una famiglia segnata da una tragedia infinita. La signora Lina, mamma Lina, è una donna minuta e forte: difficile trovare le parole, adesso, per dirle quanto la gente laziale, la sua immensa famiglia allargata, senta proprio, vivissimo, il suo stesso dolore. Vale lo stesso per Tiziana, l'altra sorella, e ancor di più, per chi conosce la sintonia che li legava, per il gemello Massimo. Già, i gemelli. Ci sono foto in bianco e nero di Maurizio e Massimo, piccolissimi, negli spogliatoi dell'Olimpico.
Sempre appesi al loro grande papà, tutti presi dal pallone e da quella squadra fatta tutta di fratelli maggiori che li coccolavano come mascotte: da Chinaglia a Wilson, da Pulici a Facco, da D'Amico (il più giovane allora della compagnia) a Petrelli, Oddi e Martini, da Nanni a Manservisi, a quell'eterno burlone di Garlaschelli. Frustalupi e Re Cecconi non ci sono più da tempo, come il dottor Ziaco e nonno Lenzini, che li rimproverava bonariamente quando si inseguivano negli spogliatoi passando tra le sue gambe. C'è tutto un mondo in quella squadra magnifica, in quel gruppo di ragazzi un po' folli e geniali. Loro, Maurizio e Massimo, raccontavano volentieri, erano ricordi spensierati, di cuccioli dello scudetto. In quella storica impresa c'era anche il loro sorriso. E non mancavano mai quando in seguito la famiglia laziale si riuniva per festeggiare l'uscita di un libro o una data particolare. Maurizio se ne va e lascia un altro di quei vuoti che non si possono colmare. Mercoledì alle 12, nella Chiesa di Santa Chiara a Piazza dei Giochi Delfici, l'ultimo appuntamento. Non mancherà nessuno, vedrete, perché il dolore unisce un popolo, come la gioia e l'esultanza. Lui vorrebbe che ci fossero sciarpe e bandiere come in quel maggio del '74. E chi vorrà, invece dei fiori, potrà portare un contributo alla lotta contro i tumori, all'Airc o alla Onlus Irene. Una battaglia che non finisce mai e che i Maestrelli hanno affrontato con la dignità che Tommaso seppe insegnare.
Intervenuto nell'emittente Radiosei il Team Manager della Lazio Maurizio Manzini: "Non è facile provare a dire qualcosa di sensato in queste terribili circostanze. Si sa che c'è una famiglia che sta soffrendo da cani come è ovvio, immagino non soltanto per questo tremendo lutto, ma per questo ennesimo tremendo lutto. C'è da dire che la famiglia Maestrelli è bersagliata da questo male maledetto che si è portato via prima Tommaso, poi Patrizia e adesso Maurizio. Mi vengono in mente delle immagini e mi rivedo a casa loro a Via Banti, me li vedo affacciati al balcone, me li vedo pieni di vita e di entusiasmo ed è terribile pensare che adesso Maurizio se ne è andato e su questa terra non lo vedrò più. È veramente un mix di sensazioni, una peggiore delle altre e in questo momento mi si stringe il cuore. Voglio mandare un grande abbraccio a Lina, a Massimo e a tutti gli altri che insieme a me hanno vissuto con la famiglia Maestrelli. Credo non ci sia molto più di questo da dire. Di fronte alla solennità della morte, non si può far altro che stringersi in silenzio e raccogliersi in preghiera per chi come me crede e sperare che questo ennesimo dolore, Lina e Massimo lo sappiano affrontare con la forza che hanno dimostrato in questi anni. È veramente un anno maledetto. Un altro pezzetto della mia vita che se ne va. Se ne è andato un pezzetto con Re Cecconi, se ne è andato un grande pezzo con Maestrelli, adesso con Maurizio, con Patrizia e tutti gli altri amici che alla fine diventano parte di te stesso e quando se ne vanno diventa terribile". (Articolo riportato dal sito www.lazialita.com)
Tratto dal Corriere dello Sport online del 29 novembre 2011, un articolo di Alberto Dalla Palma ricorda così Maurizio:
Il mondo laziale piange Maurizio Maestrelli. Un terribile destino: è morto a soli 48 anni uno dei due figli maschi del grande Maestrelli. Malato da due anni ha lottato fino alla fine, lascia la moglie Monia sorella di Marco Materazzi e i figli Andrea e Alessio.
Maurizio Maestrelli, uno dei gemelli di tutti i laziali, figlio di Tommaso e fratello di Massimo, è morto ieri pomeriggio a 48 anni. Era malato da quasi due, il solito e maledetto tumore che aveva già portato via il papà nel 1976 e la sorella Patrizia nel 1999: aveva lottato con tutte le sue forze, lucido e coraggioso, ma quando sembrava aver vinto la partita più importante della sua vita, il nuovo attacco, impietoso e imbattibile. Monia Materazzi, sua moglie, i figli Andrea e Alessio - piccoli ma già forti come due querce - e Massimo sempre accanto a dargli l'energia per resistere, con gli amici e tutto il mondo biancoceleste che stava tornando indietro nel tempo, il tempo in cui se ne andò Tommaso Maestrelli. Maurizio ha lottato con loro e per loro fino al momento dell'addio: non li voleva abbandonare perché sapeva che avrebbe dato a tutti un altro dolore straziante, quasi imbattibile anche lui. Un terribile destino per una famiglia che ha dato e continua a dare soltanto amore, mai rancore. La mamma Lina, dilaniata da queste morti ma sempre pronta a lottare, la sorella Tiziana, Massimo, la stessa Monia (figlia di Beppe Materazzi e sorella di Marco e Matteo), già lacerata dalla perdita della mamma quando ancora era un'adolescente: è difficile trovare gente così forte, sempre pronta a regalarti qualcosa sotto il profilo umano. Come oggi, che Maurizio non c'è più: sono loro che trovano le parole giuste per confortare chi sta piangendo una morte senza senso, se mai una morte può avere un senso.
Maurizio e Massimo erano cresciuti con Tommaso Maestrelli e la Lazio dello scudetto. Erano diventati le mascotte di una squadra bella e maledetta: avevano undici anni quando il 12 maggio del 1974 il loro papà scrisse la pagina più bella della storia biancoceleste. Loro erano nati il 19 maggio del 1963: potevano avere un regalo di compleanno più bello? Stavano tutti i giorni sul campo di Tor di Quinto, intitolato adesso a Tommaso, accanto a Chinaglia, a Martini, a Re Cecconi, a Oddi, Pulici e D'Amico. E stavano all'Olimpico, negli spogliatoi, ovunque fosse il padre, che dal presidente Lenzini rischiò addirittura di essere licenziato: quei due marmocchi erano troppo invadenti, disse un giorno il patron Umberto. Un attimo, durò quello scontro: la Lazio dello scudetto non sarebbe esistita senza i Maestrelli, tutti i Maestrelli, quindi anche quei due marmocchi invadenti. Maurizio, con Massimo, era rientrato nel mondo del calcio come procuratore: credeva - uno dei pochi a quell'epoca - in Marco Materazzi, il fratello di Monia, con cui si sarebbe sposato e con cui avrebbe fatto altri due Maestrelli, Andrea e Alessio. Insieme mandarono il contratto di Marco, giovanissimo, a Marsala con l'autista di un pullman fermato al volo, altrimenti sarebbe saltato l'affare e forse Marco non avrebbe più giocato a pallone. Ma poi i due gemelli uscirono piano piano da un mondo in cui non si riconoscevano: leali, delicati e puliti come il padre Tommaso, ritenevano di non avere le caratteristiche per vivere in un mondo così difficile e spietato. Maurizio, con Massimo e Monia, aprì un'altra attività, quella di broker assicurativo: a 48 anni se n'è andato per sempre chiedendo di donare all'Airc (l'associazione per la ricerca sul cancro) o alla Onlus Irene i soldi dei fiori per il suo funerale. Anche all'ultimo minuto ha pensato solo agli altri.
1 dicembre - Corriere dello Sport del 1/12/2011
1 dicembre - Corriere dello Sport del 1/12/2011
1 dicembre - Corriere dello Sport del 1/12/2011
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