Garlaschelli Renzo
Biografia[modifica | modifica sorgente]
Ala, nato a Vidigulfo (PV) il 29 marzo 1950.
Renzo Garlaschelli nasce in un piccolo paesino di non più di 3.000 anime, dove la gente per campare coltiva mais, frumento o si dà all'allevamento. Figlio di Domenico, operaio in fabbrica, e di Maria, è l'unico maschio di casa oltre il padre. Gli svaghi per un bimbo in quel periodo non sono tanti, ma c'è sempre un oratorio e una palla da calciare. Ed è lì che il piccolo Renzo s'innamora del calcio e diventa bravo tanto che nel 1964 si ritrova a giocare all'ala perché ha un tocco di palla delizioso e ottima velocità.
Dagli inizi al Como[modifica | modifica sorgente]
La sua carriera di calciatore vero e proprio inizia nel 1968 con la chiamata al Sant'Angelo Lodigiano, in serie D a pochi chilometri da casa, facile da raggiungere nonostante i pochi mezzi a disposizione. Qui si mette subito in mostra, giocando 32 partite in cui segna 6 reti e gli osservatori del Como lo chiamano per un provino. Il trasferimento si concretizza e al ragazzo conviene anche perché così può entrare nella compagnia atleti di Orvieto per svolgere il servizio militare. La squadra lariana milita in Serie B e per il giocatore è una buona vetrina per far vedere le sue qualità. Il campionato 1969/70 lo vede in campo appena 15 volte, ma sufficienti per segnare 2 reti. L'anno seguente diventa titolare inamovibile collezionando 34 gettoni, sempre con 2 reti all'attivo. Il terzo anno, con i lariani guidati da Eugenio Bersellini, è il più difficile: solo 23 presenze ma con i soliti 2 goals. Gioca anche contro la Lazio, ma la sua prestazione passa inosservata. E' un campionato di vertice e per poco il Como non viene promosso in A. La delusione è cocente ma il ragazzo (soprannominato dai tifosi Garrincha) fa spallucce e parte per le sospirate vacanze sulla costa romagnola, dove può dedicarsi alla "Caccia alle Tedesche", lo sport preferito dai giovani atleti in quegli anni durante le vacanze.
L'arrivo a sorpresa alla Lazio[modifica | modifica sorgente]
A Cattolica, dove sta trascorrendo le ferie, viene raggiunto da una chiamata in albergo. Dall'altro capo del telefono il Ds lariano Beltrami gli comunica il suo passaggio alla Lazio. Per Garlaschelli è un fulmine a ciel sereno perché non si aspettava di essere ceduto e inoltre lasciare la sua Lombardia rappresenta un trauma vero e proprio, soprattutto per uno come lui che non si era quasi mai allontanato da casa. In realtà, il direttore sportivo biancoceleste Antonio Sbardella, era andato a trattare altri giocatori lariani, tra cui Vallongo, Trinchero e Correnti, ma le esigue casse biancocelesti portarono solo Garlaschelli e lo stesso Trinchero, poi girato ad altra società. I tifosi biancazzurri mugugnarono non poco leggendo sui giornali del suo acquisto e in molti pensarono di aver preso solo una riserva del Como. Il buon Renzo era sconosciuto ai più, ma non si perde d'animo, come conviene a chi viene da un paese di gente abituata a lavorare sodo. E così per poco più di 200 milioni di lire eccolo approdare alla corte di Tommaso Maestrelli, che lo accoglie con le solite raccomandazioni di fare una sana vita da atleta in una città tentatrice come Roma.
Un'ala perfetta[modifica | modifica sorgente]
Nel ritiro di Pievepelago, nell'estate 1972, poche persone si accorgono della sua presenza nei primi giorni di allenamento. I cronisti lo ignorano ma lui s'allena bene e quando scende in campo è un motorino perpetuo. La Lazio, però, non gira per niente bene e in Coppa Italia viene eliminata dopo una serie di figuracce eclatanti. Ma poco prima dell'inizio del campionato Maestrelli trova il bandolo della matassa e la squadra si trasforma in un'invincibile armata calcistica. A Firenze nella seconda giornata, grazie al suo primo goal in Serie A (una saetta a girare sotto l'incrocio dei pali), la Lazio espugna il campo dei viola. I giornali si accorgono ora di lui e per molti è nata una stella. Il suo movimento sulla fascia provoca sconquasso nelle difese avversarie e i suoi cross pennellati permettono agli avanti di creare molte occasioni da rete. Diventa subito un idolo per i tifosi che vedendo quella maglia numero 7 correre a perdifiato si esaltano. Fuori dal campo, il buon Renzo si crea la fama di "tombeur de femme" e anche i giornali rosa, ogni tanto, lo danno come fidanzato di qualche "soubrette". Maestrelli tollera tutto perché il ragazzo esce sempre con la maglia madida di sudore e quello che combina fuori dal campo non lo riguarda più di tanto. Comunque il mister vigila da lontano il calciatore e non gliele manda a dire quando è il caso.
Garlaschelli prende domicilio alla Balduina e la sera preferisce le discoteche più "in" di Roma, ma comunque in campo è una saetta. La Lazio sorprende tutti e arriva a giocarsi lo Scudetto fino a un minuto dalla fine del campionato. Tuttavia a Napoli i sogni tricolori s'infrangono e per Garlaschelli la delusione è cocente, pur se al suo primo campionato in massima serie può vantare 7 reti in 29 partite tutte da ricordare. Viene convocato anche per la Lega Nazionale Italiana e per la nazionale Under 23, all'epoca l'anticamera della nazionale maggiore, dove gioca 4 partite realizzando un goal.
Uno scudetto da protagonista[modifica | modifica sorgente]
La stagione 1973/74 è quella della consacrazione definitiva per la giovane ala. Il campionato è dominato dalla Lazio e lui segna e fa segnare. Le sue sgroppate sulla fascia sono il grimaldello per scardinare le difese più ostiche. Grazie ai suoi assist Giorgio Chinaglia segna in quantità industriale e lui si laurea vicecapocannoniere con 10 reti. Ed è suo il cross che provoca il rigore dello scudetto nella gara contro il Foggia, fermato dalla mano di Scorsa, che fa arrabbiare i giocatori rossoneri, ma che è netto. Garlaschelli ha il cuore in gola quando vede la palla calciata da Chinaglia insaccarsi in rete. I giocatori foggiani cominciano a colpirlo in maniera plateale, lo innervosiscono e a 15 minuti dalla fine, subisce l'unica espulsione della sua carriera per un fallo di reazione. Esce dallo stadio e si rifugia sotto la doccia, poi va a vedere il finale della gara davanti alla tv in bassa frequenza. La Lazio vince lo scudetto e lui salterà, per la prima volta in quella stagione vissuta da protagonista, proprio la passerella finale a Bologna scontando un turno di squalifica.
Anni difficili[modifica | modifica sorgente]
Con lo scudetto sul petto, Renzo Garlaschelli continua ad impressionare per costanza e rendimento in campo. Purtroppo la malattia di Maestrelli impedisce ai biancocelesti di bissare il successo. Con il nuovo allenatore Giulio Corsini, Renzo non va d'accordo e solo il ritorno del Maestro salva la Lazio dalla retrocessione tra i cadetti. La morte di Maestrelli prima e di Luciano Re Cecconi poi, sono un brutto colpo per lui. Gli anni passano ma la sua maglia è sempre lì a correre lungo la fascia. Il suo nuovo compagno in avanti è successivamente Bruno Giordano con il quale si trova a meraviglia. E' grazie a Renzo ed ai suoi numerosi assist che il centravanti trasteverino vince il titolo dei cannonieri. Nel 1980, pur ricevendo offerte e avendo la possibilità di restare in serie A, preferisce non abbandonare la Lazio retrocessa nella serie cadetta.
L'addio alla Lazio e gli ultimi anni da calciatore[modifica | modifica sorgente]
Ventisei presenze e due reti nello sfortunato campionato 1980/81, mentre nella stagione 1981/82 (soltanto tre presenze) finisce fuori rosa e al minimo di stipendio; l'esclusione motivata dal tecnico Ilario Castagner come scelta tecnica e una lunga sciatalgia segnano la fine della sua esperienza in biancoceleste. Nell'estate del 1982, mentre la Lazio è allenata da Roberto Clagluna, Renzo torna verso i luoghi d'origine terminando la sua carriera al Pavia in C2 (46 presenze e 11 reti in due campionati).
Renzo Garlaschelli ha vestito la maglia della Lazio per dieci anni, collezionando 228 presenze e 51 reti in Campionato, 38 presenze e 9 reti in Coppa Italia e 10 presenze e 4 reti in Coppa UEFA.
Garlaschelli resta nella memoria dei laziali per le sue capacità tecniche, per il suo attaccamento alla maglia e per un rendimento costante che gli ha permesso di risolvere parecchie partite con goal di pregevole fattura e con l'abilità nel saper prendere in campo la posizione più conforme alle necessità della squadra. E' stata un'ala veloce ma anche potente che non aveva paura di puntare la porta e di tentare tiri difficili. Di indole pacifica riuscì a non lasciarsi coinvolgere nelle rivalità che dilaniavano la squadra dello scudetto. Anche per questo è stato e resta un riferimento per i sostenitori biancocelesti. Oggi vive con la sorella a Vidigulfo, ogni tanto viene a Roma per vedere una gara della Lazio, ma con il calcio ha chiuso da tempo. L'ultima apparizione in campo risale al 9 gennaio 2000, quando prese parte ai festeggiamenti per il Centenario della Lazio. Collabora come opinionista nell'emittente radiofonica romana RadioSei.
Palmares[modifica | modifica sorgente]
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