La scomparsa di Sven Goran Eriksson

Da LazioWiki.

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Sven Goran Eriksson
La Coppa Italia 1997/98
La Supercoppa italiana 1998
La Coppa delle Coppe 1998/99
La Supercoppa Europea 1999
Lo Scudetto 1999/00
La Coppa Italia 1999/00
La Supercoppa italiana 2000
La prima pagina del Corriere dello Sport del 12 gennaio 2024
La notizia sulla prima pagina de "Il Messaggero" del 12 gennaio 2024

La scheda di Sven Goran Eriksson

I trofei vinti con il tecnico svedese

In data 26 agosto 2024, intorno le 13.00 circa, si diffonde la notizia della scomparsa dell'ex tecnico biancoceleste Sven Goran Eriksson dopo una malattia. Ripercorriamo per i nostri lettori, attraverso gli articoli tratti da vari organi di stampa, le varie fasi della vicenda.

L'annuncio della malattia: 11 gennaio 2024[modifica | modifica sorgente]

Da Ansa.it:

"Ho una malattia grave. Mi resta da vivere nel migliore dei casi un anno, nel peggiore molto meno. Impossibile dirlo con esattezza, quindi è meglio non pensarci". Che Sven Goran Eriksson lottasse con problemi di salute era noto ed ora la reale gravità del proprio stato l'ex allenatore svedese, 75 anni, l'ha svelata a gennaio 2024 in una intervista all'emittente Radio P1, scioccando il mondo del calcio, dalla Svezia all'Italia. "Resisterò per tutto il tempo che posso". Ha aggiunto di affrontare la realtà cercando di rimanere positivo e di "trarre qualcosa di buono" dalla diagnosi che non gli lascia scampo. "Si tenta di ingannare il cervello. Altrimenti è troppo facile soccombere, diventare negativi e rimanere bloccati in casa. Meglio cercare di vedere gli aspetti positivi e non arrendersi nei momenti difficili". "Non sono in ospedale, conduco una vita normale. Ogni tanto vado a fare una visita. Natale e Capodanno, tutta la mia famiglia era qui - ha raccontato - Quando ricevi un messaggio del genere, apprezzi ogni giorno e sei felice quando ti svegli la mattina e ti senti bene, quindi è quello che sto facendo".

Da Quotidiano Sportivo.it:

Cancro allo stadio terminale. La diagnosi fatta a Sven-Göran Eriksson, l’ex allenatore svedese che portò la Lazio allo Scudetto – è una sentenza. “So che nel migliore dei casi ho circa un anno – ha confessato il tecnico, 75 anni, alla radio svedese P1 – nel peggiore dei casi anche meno. O nel migliore dei casi suppongo anche di più. Non credo che i medici che ho a disposizione possano essere del tutto sicuri, non possono mettere un giorno”. Si sapeva che Eriksson non stava bene: 11 mesi fa si era dimesso dal suo ultimo incarico di direttore sportivo della società di calcio svedese Karlstad a causa di non meglio precisati problemi di salute. Oggi Eriksson chiama per nome il suo male. O per lo meno ne definisce l’entità. "Tutti vedono che ho una malattia che non fa bene, e tutti suppongono che sia un cancro, e lo è”, ha ammesso. Ai microfoni della radio svedese Eriksson ha raccontato il momento in cui ha scoperto di essere malato. "Ero completamente sano, poi un giorno sono svenuto e sono finito in ospedale – narra – . Dopo un consulto medico ho scoperto di avere avuto un ictus e che avevo già un tumore. Non so da quanto tempo, forse un mese, forse un anno. Avevo il cancro ma il giorno prima avevo corso cinque chilometri”. La malattia poi è progredita ma per quanto sia senza appello la parola "terminale", Sven non ha intenzione di sedersi e attendere la fine. “È meglio non pensarci – dice -. Devi ingannare il tuo cervello. Potrei andare in giro a pensarci tutto il tempo e sedermi a casa ed essere infelice e pensare di essere sfortunato e così via. È facile finire in quella posizione. Ma no, guardo i lati positivi delle cose e non bisogna farsi seppellire dai problemi, perché questo è ovviamente lo battuta d'arresto più grande di tutti".

Dal Corriere dello Sport del 12 gennaio 2024:

Eriksson: ho un cancro. Sven shock: "Mi resta un anno di vita". "Sono crollato all’improvviso mentre correvo. Dopo un consulto medico, ho scoperto che ero stato colpito da un ictus e che avevo già un tumore". Messaggio terribile del tecnico svedese che ha quasi 76 anni e ha vinto sette trofei alla guida della Lazio: "La mia malattia è in fase terminale".

Trafitti dall’incomprensione del dolore che incombe inesorabilmente sui alcuni dei suoi miti, il mondo laziale è precipitato di nuovo nello strazio leggendo la confessione atroce fatta da Sven Goran Eriksson, ha svelato il destino che lo colpirà: "Tutti vedono che ho una malattia che non fa bene e tutti suppongono che sia un cancro e lo è. Ma devo combatterla il più a lungo possibile. So che nel migliore dei casi ho circa un anno, nel peggiore dei casi anche meno. O nel migliore dei casi suppongo anche di più". L’atrocità delle parole concesse da Sven alla radio svedese P1 è sconvolgente: "Non credo che i medici che ho a disposizione possano essere del tutto sicuri, non possono mettere un giorno. È meglio non pensarci. Devi ingannare il tuo cervello. Potrei andare in giro a pensarci tutto il tempo e sedermi a casa ed essere infelice e pensare di essere sfortunato e così via...". Eriksson ha avuto la forza di raccontare la sua tragedia, il suo lento spegnimento a quasi 76 anni, li compirà il 5 febbraio: "Ero completamente sano, poi sono crollato, sono svenuto e sono finito in ospedale. Dopo un consulto medico ho scoperto di avere avuto un ictus e che avevo già un tumore. Non so da quanto tempo, forse un mese, forse un anno. Si è scoperto che avevo il cancro ma il giorno prima avevo corso cinque chilometri. È venuto dal nulla. E questo ti rende scioccato. Non sento grandi dolori. Mi è stata diagnosticata una malattia che puoi rallentare ma che non puoi operare. Quindi è quello che è". Sven, ripiegato sulla malattia, ha dato un’immagine di forza: "Guardo i lati positivi delle cose e non bisogna farsi seppellire dai problemi, perché questa è ovviamente la battuta d’arresto più grande di tutte".

LO SHOCK. Tanta profonda tristezza. Il pensiero di tutti i laziali e del mondo del calcio contempla il riflesso di Sven e della sua vita al tramonto. Un vuoto si è aperto nel cuore. Eriksson, signor scudetto, signore della Lazio dei trionfi, è consegnato alla fissità della storia biancoceleste, alla leggenda del calcio. Sven e la Lazio avevano interrotto il monopolio delle big del Nord e avevano sfidato e impaurito le big europee. Il pensiero è corso subito a ripescare le foto dei suoi campioni laziali, elegantemente arroganti nella loro gioventù dorata del tempo andato. E’ corso subito a pensare alla sua fenomenale energia, al suo slancio vitale, alla sua carriera di globetrotter della panchina, iniziata a fine anni Settanta, vissuta per oltre 40 anni. Nel febbraio 2023 si era dimesso da direttore sportivo del club svedese Karlstad per problemi di salute.

LE REAZIONI. La Lazio, in pieno post-derby, si è ritrovata colta da malinconia: "Mister, siamo al tuo fianco", il messaggio completato dal video che ha immortalato Sven all’Olimpico a marzo 2023, in occasione del derby vinto dai biancocelesti. Le foto lo ritraggono davanti ai suoi trofei e il popolo laziale lo osannò. Tutti sperano che non sia stata l’ultima volta. Una foto simbolo commovente è stata scelta da Arianna Mihajlovic, moglie di Sinisa, su Instagram: ha postato l’immagine che ritrae Miha con Sven alla Lazio. Eriksson, alla morte di Sinisa, pianse: "Sarà impossibile dimenticarlo, è uno dei giorni più tristi della mia vita perché Sinisa non meritava questo destino". Il destino, un’anomalia nella storia laziale. Anche Fernando Couto, Juan Sebastian Veron e Giuseppe Pancaro sono stati tra i primi a inviare un abbraccio al loro ex allenatore: "Forza Mister! Un grande abbraccio". Sergio Conceiçao, pubblicando una foto in cui è insieme a Dejan Stankovic e Fernando Couto, ha scritto "un'altra battaglia per chi ne ha già vinte tante! Un enorme abbraccio al mister". Sergio è uno dei giocatori che hanno seguito le orme di Sven, li ha allenati e allevati da tecnici, è una generazione. Ecco la vicinanza della Sampdoria, un altro dei club a cui è rimasto legato: "Siamo con te Sven". La leggenda Gerrard ha ricordato l’esperienza di Eriksson da cittì dell’Inghilterra (dal 2001 al 2006), fu per la nazionale inglese che si dimise dalla Lazio nel gennaio 2001 (dopo Lazio-Napoli 1-2): "Sii forte capo". Sono sembrate tutte lettere a un padre, a un uomo che ha sempre scelto la vita da vivere e che ora ha accettato di subire la fine.

Da Il Messaggero del 12 gennaio 2024:

Eriksson choc: "Mi resta un anno". L’ex allenatore di Roma e Lazio: "Ho un tumore avanzato, vivrò poco. Sentenza durissima, ma combatto. Sto in famiglia e non mi lascio andare".

L’ha scoperto per caso e lo ha annunciato per scelta. "Ho un cancro, mi resta un anno di vita se mi va bene, anche meno se mi va male". Sven Goran Eriksson è sempre stato un uomo sereno e inattaccabiledal punto di vista emotivo: una malattia devastante, un tumore alla pancreas, sta provando ad abbatterlo ma lui, come ci ha confessato Roberto Mancini, continua a vivere con il sorriso che illumina un volto consumato dalla vita e dai pensieri. Mai un cedimento, nemmeno adesso che poterebbe salutarci per sempre. "Se non tieni acceso il cervello in momenti come questi, ti lasci andare, pensi in negativo, ti chiudi in casa e aspetti". In modo irrispettoso e irriverente, lo avevano soprannominato il "perdente di successo" perché con il Benfica non aveva vinto la Coppa dei Campioni in finale contro il Milan (1990) e con la Roma, guidata dal 1984 al 1987 da dt con Dino Viola presidente, aveva lasciato alla Juve nell’aprile del 1986 uno scudetto già vinto, e con la Lazio, prima del trionfo del Duemila, aveva consegnato ai rossoneri un campionato dominato dall’inizio alla fine. Eppure in nessuna di quelle occasioni era mai uscito di testa. Non conosceva e non conosce il livore e nemmeno il rancore, solo l’amore (per le donne) e la passione (per il calcio, il lavoro, la vita).

"VINCEREMO LA PROSSIMA". "Andiamo avanti, vinceremo la prossima, inutile mettersi a piangere, sono stati più forti loro ma noi siamo pronti a ripartire". Ce lo sussurrò proprio Sven nel tunnel del Parco dei Principi di Parigi, lo stadio dove la Lazio perse nella primavera del 1998 la finale di Coppa Uefa contro l’Inter di Ronaldo. Uno dei tanti insuccessi che lo hanno reso grande, perché Eriksson ha vinto, eccome. La stessa Coppa Uefa nel 1982 con il Göteborg, che non era certo un colosso del calcio europeo. Giocava un calcio ossessivo, soprattutto come Sacchi ma quasi. "È sempre stato un amico e un buon consigliere per i giocatori" raccontava Mancini, la sua spalla per quasi otto anni, prima alla Samp e poi nella Lazio. Arrivò nel 1992 dopo un solo colloquio con Sergio Cragnotti, ferito dal no di Fabio Capello, e una richiesta - quella sì - diventata un’ossessione: Mancini, Mihajlovic e Veron per vincere tutto. Roberto arrivò subito, Sinisa e l’argentino l’anno dopo. Non aveva tutti i torti: uno scudetto storico, nell’anno numero cento del club, e sei trofei, tra cui l’ultima Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea contro il Manchester United di Ferguson. "Il mio rimpianto? La Champions League. La Lazio era fortissima ma quello è un torneo che si decide sui dettagli. I nostri furono sempre sfavorevoli". Eriksson ha scoperto la malattia dopo una corsa di cinque chilometri, un collasso e un esame approfondito. "Un cancro di un mese o di un anno, non si è ancora capito, e un ictus datato: la sentenza è stata durissima, ho detto a tutti che non stavo bene e ho iniziato la mia battaglia. Quanto durerà non lo so: faccio una vita normale, in famiglia, dove ho passato il Natale e il Capodanno" ha raccontato a Radio P1 in Svezia cogliendo di sorpresa il mondo del calcio già affossato dalle perdite - tra gli altri - di Vialli e Mihajlovic, ancora due simboli della Samp anche se di epoche diverse.

ALL’OLIMPICO PER IL DERBY. A Roma, nello stadio dello scudetto, si era ripresentato il 19 marzo dell’anno scorso, anche quella notte 1-0 per la Lazio nel derby e gol decisivo di Zaccagni. Un curioso gioco del destino: sotto la Nord si era commosso davanti a un popolo che lo considerava e lo considera ancora oggi un vincente di successo. Il suo sorriso e la sua serenità ricordavano Tommaso Maestrelli, l’altro uomo scudetto biancoceleste. Eriksson se ne andò da Roma per diventare il primo ct straniero della nazionale inglese. "Un’occasione troppo affascinante per non coglierla". Cinque anni coi Lions fino al Mondiale 2006, poi City, il Leicester e il giro del mondo tra Messico, Costa d’Avorio, Cina, Dubai e le Filippine. Dove c’era un’avventura, lui si buttava, come nell’amore. Oggi Sven ha 75 anni e non vuole mollare: ha lasciato l’incarico di ds del Karlstad per combattere la malattia con il sorriso e la voglia di vivere. Già, l’amore, ne vogliamo parlare? Popolare la storia con Nancy Dell’Olio, avvocato romano, diventata celebre in Inghilterra come una pop star per il ruolo di first lady del ct. Travolgenti quelle con Ulrika Jonsson, presentatrice della tv svedese, e la modella panamense Yaniseth Alcides, l’ultima a conquistare il suo cuore. "Mi innamoro facilmente perché mi piace la vita" confessò ai tabloid britannici. Una filosofia con cui oggi combatte il cancro: forza Sven.

In un altro articolo, sempre tratto dal quotidiano romano, un'intervista a Roberto Mancini:

"L’ho sentito, lotta da leone. Sven è un uomo incredibile: è stato lui a confortare me".

Un amore nato nell’estate del 1992 e mai finito. Un amore diverso da quello che lo legava a Vialli ma comunque indissolubile. Sven Goran Eriksson fu definito da Roberto Mancini un grande fratello quando insieme avevano iniziato la ricostruzione della Samp post Wembley (sconfitta in finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona e abbandonata da Boskov) e quando poi si sono trasferiti in coppia a Roma per fare grande la Lazio di Cragnotti. Lo svedese, nel primo incontro-trattativa, disse all’imprenditore di via dei Cappuccini che se gli avesse comprato Mancini, Mihajlovic e Veron la squadra biancoceleste avrebbe vinto tutto. In realtà non vinse tutto ma quasi. E alla fine sono rimasti otto anni l’uno al fianco dell’altro. "E’ stato davvero uno dei più grandi allenatori di sempre, unico nel suo genere. Magari non sempre apprezzato all’esterno ma amatissimo da chi lo ha avuto e da chi lo ha frequentato".

Sono le 14 del pomeriggio di giovedì 11 gennaio, la Lazio ha vinto nella notte il derby di Coppa Italia e Roberto Mancini ha appena sentito Eriksson al telefono. Da Riad a Stoccolma per un amore eterno. "Volete sapere come l’ho trovato? Benissimo, come sempre, perché lui è una persona incredibile".

Ci racconti, per favore: Sven ha un anno di vita e sorride lo stesso? "Assolutamente sì, mi ha fatto una grande impressione e sono convinto che con questo spirito lotterà contro il male come hanno fatto Vialli e Mihajlovic". Chi ha confortato l’altro? "Lui me, di sicuro. È un uomo forte, incredibile. Sembrava una telefonata tra due amici che non si sentivano da tempo, come se quella malattia non ci fosse proprio".

E, invece, c’è. "Ma non si vede: nel senso che il carattere di Eriksson è sempre il solito. Affronta le battaglie professionali e di vita con lo stesso spirito. La morte non gli fa paura, la combatte".

L’ultima volta che vi eravate sentiti? "Qualche mese fa, quando sono venuto a conoscenza della sua malattia. Un brutto tumore, ma non pensavamo ad una confessione del genere. Appena ho letto, l’ho subito cercato. In un primo momento non mi ha risposto, poi mi ha richiamato lui".

Vi siete commossi al telefono? Avete parlato anche di Sinisa e Gianluca? "No, non erano gli argomenti giusti. Gli ho chiesto come sta e come si sente. Sapete che non parla più molto l’italiano? L’ha un po’ perso dopo tanti anni, ci siamo confrontati in spagnolo e in inglese. L’ho sentito con uno spirito positivo".

Lo stesso con cui si sosteneva nei momenti bui: affrontò il futuro con allegria anche dopo gli scudetti persi con la Roma e con la Lazio. "Mai una polemica, mai una caduta di stile, mai un intervento fuori dalle righe. Non so dove riesca a trovare questa forza, sta lottando come un leone anche se mi ha confermato che la sua vita ha già un limite segnato. Parla di un anno, forse anche meno, ma io ci spero e ci credo".

Una telefonata che avrà commosso anche un freddo come Sven. "Abbiamo chiacchierato e scherzato, io urlo forza Eriksson come ho fatto al telefono. Non deve mollare e non mollerà. Gli stiamo accanto, ora sa che tutti i suoi ex giocatori sono pronti a sostenerlo in questa fase così difficile della sua vita. Chi non potrebbe essere riconoscente di fronte a una persona come Sven? Lo ripeto pubblicamente, tramite voi: coraggio mister, non puoi perdere questa partita".


La coreografia tributata dalla Curva Nord per il tecnico svedese
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Mister Eriksson si rivolge al pubblico biancoceleste
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Lo striscione dedicato al tecnico
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Sven Goran Eriksson ed i trofei vinti
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Il Presidente Claudio Lotito con il tecnico svedese
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Domenica 26 maggio 2024: Eriksson all'Olimpico[modifica | modifica sorgente]

Da Il Messaggero del 27 maggio 2024:

In piedi per Eriksson. Tributo da brividi del popolo laziale al tecnico malato. "Siete grandi, non ho mai allenato una squadra così forte".

Pensavamo che le lacrime fossero finite il 12 maggio, quando allo stadio Olimpico era riapparso il ricordo di Tommaso Maestrelli e dei suoi indimenticabili eroi. Si celebravano i cinquant’anni del primo scudetto, quella festa aveva riempito il cuore dei tifosi che stanotte sono tornati per salutare Eriksson, l’uomo che ha vinto il secondo. Sembra che ci sia un filo che lega questi uomini unici, saggi, competenti, onesti e così pieni di sensibilità che vengono amati per l’eternità. Sven è molto malato ma scende le scale da solo, entra sul prato, stringe la mano ai ragazzini e con un sorriso chiede il microfono. "Grazie mille a tutti, è bellissimo vedere tanta gente per me. Siete grandi, ho ricordi incredibili, non ho mai allenato una squadra così forte e non ho mai vinto così tanto come alla Lazio". Lo stadio canta per Eriksson, in cinquantamila tutti in piedi per dirgli che nessun altro sarà mai come lui. Un’immagine di Sven riempie la curva Maestrelli, gli striscioni della Tevere raccontano tre anni irripetibili, la Nord s’inchina e all’improvviso si trasforma nella maglia dello scudetto con il suo nome. Brividi, pianti e abbracci: Eriksson non versa una lacrima, è un uomo forte e positivo, siamo sicuri che il cancro che lo sta consumando ha trovato un nemico più forte di lui, tanto che rifiuta il giro con la macchina a cielo aperto e inizia a piedi il tour di uno stadio che è diventato una valle di lacrime.

Non le sue, anzi: è stato Sven a farci forza quando lo abbiamo abbracciato ricordando i tempi dei grandi successi dell’era-Cragnotti. E’ il 26 maggio, un’altra data storica per la Lazio, quella della Coppa Italia vinta contro la Roma con un gol di Lulic. Il destino ha voluto che Eriksson tornasse proprio oggi, quando sembra che anche l’aquila gli renda onore calando sul campo mentre lui lo attraversa. "Sono un uomo felice, non pensavo di essere così tanto amato". Ci fa grande tenerezza vedere quest’uomo passeggiare dove ha celebrato i suoi più grandi successi. Una sorta di pieno al serbatoio della vita, con cui andare avanti, lottare e sperare che il tempo si allunghi. Lo aveva fatto a Göteborg, poi a Liverpool, a Lisbona e a Genova, sotto la curva della Samp, accanto a Roberto Mancini, una sorta di figlio adottivo che a stento riusciva a trattenere le lacrime. "Sono state ore incredibili, in cui Sven riusciva a sorridere mentre a tutti noi veniva da piangere" ci raccontava l’ex numero dieci più amato da Eriksson. Si chiude qui, all’Olimpico, il tour della felicità dove forse ha ricevuto il saluto più emozionante della sua vita. "E’ bellissimo sentirsi fare i complimenti da vivo, in genere gli elogi arrivano tutti dopo la morte, io invece me li sto ancora godendo adesso".

La forza di quest’uomo va oltre ogni logica, lo spirito positivo lo ha sempre accompagnato in qualsiasi altra occasione, ovviamente mai terribile come una condanna a morte. Era appena iniziato l’anno quando Sven ha denunciato pubblicamente la sua malattia, un terribile cancro allo stomaco. Si era accorto di essere malato dopo uno svenimento durante la sue corse per mantenere il fisico e l’aspetto all’altezza delle donne che ha frequentato per tutta la vita. Le ha amate, una dopo l’altra, giurando a ognuna fedeltà eterna prima di invaghirsi di quella successiva. La più importante l’ha incontrata a Roma, Nancy Dell’Olio, avvocato romano trasformata in first lady inglese quando Sven accettò di essere il primo ct straniero dei Lions. Quel giorno tradì anche la Lazio, che non poteva essere il suo "ultimo" amore perché per lui la parola "ultimo" non esiste neanche oggi che ha i giorni contati. E intanto lo osserviamo mentre non riesce ad allontanarsi dalla curva Nord e dall’amore dei laziali. Sorride ancora, vi rendete conto? Ritrovarsi davanti a lui provoca un’emozione che difficilmente può essere raccontata per quanto è forte l’immagine di Sven felice come ventiquattro anni fa. Lo definivano un perdente di successo, in realtà è un vincente straordinario. Amen se con il Benfica è stato battuto nella finale di Coppa dei Campioni del 1990 dal Milan olandese, amen (ci perdonino i tifosi giallorossi) se nel maggio del 1986 ha perso uno scudetto sulla panchina della Roma contro una squadra già retrocessa, amen se con l’Inghilterra non ha mai oltrepassato i quarti agli Europei e ai Mondiali. Preferiamo ricordare Eriksson che alza al cielo la Coppa Uefa con il Göteborg, oppure la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea indossando la divisa della Lazio, oppure - ancora meglio - quello che stiamo ammirando e salutando stanotte, mentre sorride davanti alla morte.

I trofei vinti con il tecnico svedese[modifica | modifica sorgente]




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