Domenica 12 settembre 2021 - Milano, stadio Giuseppe Meazza - Milan-Lazio 2-0
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12 settembre 2021 – Milano, stadio Giuseppe Meazza - Campionato di Serie A, III giornata - inizio ore 18.00
MILAN: Maignan, Calabria, Tomori, Romagnoli, Theo Hernandez, Kessié (60' Bakayoko, 74' Bennacer), Tonali, Florenzi (60' Saelemaekers), Diaz (80' Ballo-Touré), Leao (60' Ibrahimovic), Rebic. A disposizione: Jungdal, Tatarusanu, Gabbia, Kalulu, Kjaer, Castillejo, Maldini, Pellegri. Allenatore: Pioli.
LAZIO: Reina, Marusic (64' Lazzari), Luiz Felipe, Acerbi, Hysaj, Milinkovic (74' Basic), Leiva, Luis Alberto, Pedro (84' Moro), Immobile (84' Muriqi), Felipe Anderson (64' Zaccagni). A disposizione: Strakosha, Adamonis, Patric, Radu, Cataldi, Escalante, Akpa Akpro. Allenatore: Sarri.
Arbitro: Sig. Chiffi (Padova) - Assistenti Sigg. Liberti e Galetto- Quarto uomo Sig. Zufferli- V.A.R. Sig. Mazzoleni - A.V.A.R. Sig. Alassio.
Marcatori: 45' Leao, 67' Ibrahimovic.
Note: esordio in serie A e in una partita ufficiale con la maglia della Lazio per Toma Bašić, esordio in una partita ufficiale con la maglia della Lazio per Mattia Zaccagni. Al 45'+6' Kessié ha fallito un calcio di rigore. Ammonito al 18' Marusic, al 57' Hysaj ed al 63' Bakayoko tutti per gioco falloso, al 45'+4' Reina ed al 45'+6' Luis Alberto entrambi per proteste. Angoli 5-1. Al termine della gara espulso Sarri per un diverbio con Saelemaekers. Recuperi: 6' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 36.207 per un incasso di Euro 1.496.001,60.
► I calciatori convocati per la partita odierna
► La Gazzetta dello Sport titola: "Un Milan bello e potente. Rossoneri scatenati e in forma Champions. Travolti Lazio e Sarri. Dominio assoluto: segna Leao, Kessie sbaglia un rigore poi Ibra chiude la partita. A Liverpool senza paura".
Continua la "rosea": Milan, fortissimamente Milan. Più del risultato conta la prestazione: potente, assoluta, ruggente, e contro un avversario temuto perché di spessore tecnico e tattico. Il responso è stato netto, il Milan ha annichilito la Lazio di Maurizio Sarri, in pratica l’ha soffocata nella culla, le ha impedito qualunque iniziativa degna del gioco per cui il suo allenatore è famoso. Zero tracce di "sarrismo" a San Siro, soltanto "piolismo". Un 2-0 così chiaro assume i contorni di una candidatura allo scudetto. Nel vuoto di potere che si è creato con il ridimensionamento della Juve e il rimontaggio dell’Inter, e in attesa di capire quale sia il vero spessore del Napoli e della Roma, il Milan può riempire l’incertezza che regna sulle cime della Serie A. Perché ha un gioco che è pari o superiore alla forza dei suoi giocatori. C’è un tempo per seminare e uno per raccogliere. Pioli sembra entrato nella seconda fase, anche se le impressioni di settembre possono ingannare, altre conferme serviranno. Dominio. Quel che ci aspettavamo dalla Lazio, aggressione alta e profondità immediata sulla riconquista della palla, è arrivato dal Milan, protagonista di un primo tempo strepitoso per intensità e applicazione.
Il fatto che i "sarriani" abbiano chiuso i primi 45 minuti con un possesso favorevole, 57% contro 43%, non è significativo di nulla, se non di un fraseggio abbastanza sterile e innocuo da parte dei biancocelesti. La fascia mancina del Milan è stata dominante, Hernandez e Leao hanno schiacciato verso il basso Marusic e tenuto lontano dal fondo sia Felipe Anderson sia Pedro, visto che i due si alternavano tra destra e sinistra. Sull’altro versante c’era più equilibrio perché Florenzi sembrava spaesato e un po’ ibrido, né terzino né esterno più offensivo. Tanta meraviglia non avrebbe però funzionato senza il lavoraccio dei due mediani, Tonali e Kessie, continui nel braccare i temuti interni laziali, Luis Alberto e Milinkovic, e senza le oscillazioni di Brahim Diaz, bravo a sporcare la visione di Leiva nei passaggi. La prestazione di Tonali va sottolineata: è servito un anno di tempo, ma il giovane centrocampista si è scrollato di dosso l’etichetta di bella promessa e comincia a mantenerle, le promesse. Deludente la Lazio, stordita dalla combattività degli avversari, non più inzaghiana e non ancora sarriana.
Spreco. In relazione ai volumi di gioco, il Milan ha sbloccato tardi lo 0-0, soltanto al 45’ con una ripartenza lunga di Leao, bravo nella conduzione da una trequarti all’area, intelligente nel servire Rebic sulla destra e nel raccogliere l’assist del croato in area. Un’azione che ha evidenziato tutte le difficoltà della Lazio nella migrazione della linea a tre di Simone Inzaghi alla quattro di Sarri, con i difensori indecisi nell’accorciare le marcature. Sull’onda dell’1-0 il Milan ha insistito e nel recupero ha avuto l’occasione di scappar via, grazie al rigore concesso da Chiffi via Var, però Kessie l’ha sbagliato, proprio lui che ha fama e numeri da gran rigorista. Un momento delicato. Quando butti via un penalty, qualcosa cambia nella psicologia collettiva. Gestione e conclusione. E invece no, il Milan è risalito dall’intervallo con il cipiglio dei primi 45 minuti. Meno furioso, attento a sopprimere ogni tentativo di reazione laziale, finché Pioli non ha calato la carta del rientro di Ibrahimovic, inserito per Leao. Una scossa ha attraversato San Siro, vibrazioni buone per il pubblico rossonero. L’energia del fuoriclasse si avverte, si sente, si assorbe. Zlatan si è presentato con una percussione sulla sinistra, smorzata da Acerbi in angolo, e la sua apparizione ha mortificato i residui sussulti laziali. Il rigore sbagliato è sfumato nell’oblio. Quando Tonali ha pescato Rebic sulla sinistra con un tracciante da lunga distanza, Ibra ha finito di allacciarsi una scarpa ed è corso verso la porta, per depositare in rete il pallone servitogli con rispetto e precisione dal croato.
Il più facile dei gol? No, nessuna rete è scontata, figuriamoci a quasi 40 anni. Di fatto qui si è chiusa la partita, nonostante Sarri abbia cercato di rianimare i suoi con una girandola di cambi. Nulla da fare, troppo forte la presa del Milan sulla gara. Tra i rossoneri i sostituti sono stati all’altezza dei sostituiti, nel rispetto delle differenti caratteristiche, anche se Bakayoko ha rischiato per un’entrataccia su Acerbi. Il franco-ivoriano se l’è cavata con un giallo tendenza arancione e poi è uscito lo stesso per infortunio. Saelemekers, Bennacer e Ballo-Touré hanno mantenuto la squadra dov’era, Ibra l’ha elevata. E ora la Champions. Mercoledì il Liverpool, nella serata del gran ritorno in Champions League. Il girone è infernale, Anfield è uno stadio che impressiona, ma il Milan con la Lazio ha strappato un discreto green pass. Si può andare in Inghilterra liberi da timori e tremori. Vada come vada, a patto di giocare come ieri, senza paura e senza pause.
► Il Corriere dello Sport titola: "Lazio, il Milan ne ha di più. La sblocca Leao, la chiude Ibra. Sarri incassa due gol-fotocopia senza riuscire a innescare Ciro. Kessie sbaglia un rigore sull'1-0. Il dominio rossonero va oltre i gol. Solidità ed eleganza nel palleggio contro i limiti difensivi biancocelesti".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Fuggito Lukaku in Premier, riecco Ibra, il re di San Siro, per sognare lo scudetto e lanciare subito in testa il Milan, partito forte come nel passato campionato. Terza vittoria di fila, spedendo al tappeto la Lazio di Sarri, non ancora in linea con il nuovo progetto. Non ingannino i due gol realizzati in contropiede e neppure il nome dei protagonisti. E' stato un dominio assoluto, firmato dalla saetta portoghese e dal vecchio Zlatan ormai quarantenne. Non giocava da maggio, è entrato a mezz'ora dalla fine e ha fatto centro 175 giorni dopo l'ultima volta e tre giorni prima del debutto in Champions ad Anfield Road con il Liverpool, dove Pioli lo alternerà con Giroud (uscito dal Covid), Rebix (autore di due assist) e Leao. Beata ricchezza e un'impressione nitida. Il Milan è squadra tostissima, solida, non solo elegante nel palleggio. Continua a crescere, non è stata indebolita dalle partenze di Calhanoglu e Donnarumma. Tonali e Kessie formano una mediana super. Ieri ha portato un mattone il neoacquisto Florenzi, prezioso nel suo lavoro oscuro e di raddoppi sulla fascia destra con Calabria.
Passo indietro. Male la Lazio. E' salito il livello e si è fermata. Le due criticità principali: prende gol sempre in contropiede, in inferiorità e nello stesso modo. E' un segnale chiaro. Milinkovic, Leiva e Luis Alberto hanno qualità da vendere, ma non sono dei velocisti. La squadra, quando sale, si scopre senza rimedio. La differenza con Empoli e Spezia aveva nascosto i dubbi, riemersi di fronte al Milan. Quattro 10 dietro a Ciro sono sostenibili e garantiscono equilibrio? Sarri chiedeva più coraggio, meno attendismo, ma il processo di trasformazione tattica verteva proprio su questo interrogativo. Ha preso un gruppo che per natura congenita e caratteristiche tendeva a coprirsi, a mascherare la lentezza di Leiva, a proteggere due fantasisti in mediana, a ripartire in campo aperto con palla lunga per Immobile, ieri in versione azzurro tenebra, mai assistito, appena 13 palloni toccati nei primi 45 minuti. Felipe e Pedro, l'unico a creare, ripiegavano:4-1-4-1 in fase di non possesso. La Lazio non ha mai preso in pugno la partita. Si difendeva, rischiando, perché non aveva le forze e la rapidità per stare dietro ai rossoneri. Ne subiva solo il pressing. Sarri, espulso nel recupero per una lite con Saelemaekers, nervoso forse perché se ne rende conto. Vedremo se e come, riuscirà a correggere la squadra. C'è stato anche il rigore sparato sulla traversa da Kessie, altrimenti il Milan l'avrebbe chiusa all'intervallo.
Chiave. Se la Lazio pensava di attaccare, Pioli l'ha vinta rubando l'idea a Sarri, con stile decisamente più italiano e redditizio. Ha persino tolto Bakayoo, appena entrato, perché avrebbe meritato il rosso. Brahim Diaz e Rebic si sono sacrificati nel coprire le linee di passaggio ad Acerbi, Leiva e Luiz Felipe. Tonali è stato fantastico nella gestione della palla e nel pressing su Luis Alberto, soffocato per l'intera partita. Kessie ha cancellato Milinkovic, gli ha tolto anche l'anima. Mai visto il Sergente così in difficoltà nel corpo a corpo. La Lazio, anche con Reina, insisteva nel cercare i suoi due interni di centrocampo. Ogni uscita dalla difesa si è trasformata in una palla persa, in un pericolo o in un passaggio avventuroso. Perché non ambiare nonostante Tonali e Kessie stessero dominando? Leao, sgommando, ha fatto la differenza a sinistra. Sarri, dopo venti minuti, ha scambiato Felipe con Pedro provando a mettere un freno su quella fascia senza ottenere vantaggi. La Lazio ha preso malissimo, completamente sbilanciata, il primo gol a un sospiro dall'intervallo. Il portoghese, saltato Leiva, ha freddato Reina dopo lo scambio con Rebic: 4 rossoneri contro 3. Quasi identico il raddoppio, nato da un lancio di Bakayoko e dalla scioltezza di Rebic. Acerbi e Luiz Felipe ipnotizzati dal croato e dalla palla. Ibra era in agguato per segnare, a porta vuota, il gol della sicurezza.
► Il Messaggero titola: "Lazio sparita. Sarri nervoso. Il Milan vola. I biancocelesti sbagliano partita e cadono sotto i colpi di Leao e Ibrahimovic. L’allenatore espulso nel finale dopo aver sfiorato la rissa. Rossoneri a punteggio pieno. Lenta e prevedibile. Fallito il primo esame stagionale".
Prosegue il quotidiano romano: Galoppo contro trotto. Pioli è il peggior cavallo di ritorno che Sarri e la Lazio potessero trovarsi da avversari al terzo turno. Perché l’ex tecnico biancoceleste mette Kessie su Milinkovic e annulla il centrocampo. Perché il suo Milan al momento corre il doppio. Esame di maturità biancoceleste al momento rimandato. Perché quando si alza il livello, fra i biancocelesti diventano letali le voragini dietro ed esplode pure il nervosismo. Anche il maestro Sarri alla fine casca nel tranello e non dà ai suoi l’esempio. All'inizio si sgola solo per chiedere alla Lazio di mantenere il baricentro alto, poi rimane tutta la ripresa braccia conserte, in silenzio. Fino a quando al novantesimo non va a riprendere a brutto muso Saelemaekers per aver esultato troppo, "senza rispetto", e viene espulso. Dopo, sussurra pure a Ibra qualcosa all'orecchio, ma non cambia certo il risultato. Restano i due passi indietro, il cantiere aperto e San Siro ad ora saldamente rossonero.
Centrocampo annullato. Nel prepartita Pioli aveva giurato di non temere nulla della Lazio. E in effetti il suo Milan si stringe a cerchio e al fischio parte all’arrembaggio, con Leiva che tampona ma fa poco schermo. Non solo. Passaggio o lancio lungo, Felipe Anderson e Marusic si fanno superare come birilli da un Rafael Leao indemoniato. Pedro ripiega addirittura in difesa per dare una mano, ma mancano sopratutto idee, filtro e interdizione a centrocampo: Brahim Diaz blocca Leiva sul primo passaggio, Kessie marca Milinkovic fisso a uomo, Luis Alberto perde palla e rallenta persino il gioco. Sarri invoca ancora il pressing alto, ma è il Milan a schiacciare in trenta metri la Lazio. La prima sgommata di Hysaj è un misero lampo, fra il 23' e il 25’ Calabria e Leao sparano sul fondo, ma è il preambolo del gol del portoghese a fine primo tempo. Rafael fa tutto solo: supera Leiva, sfrutta la sponda di Rebic e spiazza Reina al lato. Immobile è isolato e nel recupero scalcia Kessie in ripiegamento: Chiffi viene richiamato al Var e concede il penalty fra le proteste infinite della Lazio. Il rigorista rossonero colpisce la traversa dal dischetto, Luis Alberto va minaccioso a inveire con l’arbitro e si becca il giallo prima dell'intervallo.
Nessun riscatto. Assalto con appena 15 minuti di respiro. Il Milan esce dal tunnel dello spogliatoio nella ripresa con qualche minuto di ritardo, ma ricomincia esattamente come aveva finito. La Lazio invece non mette mai piede fuori dal proprio blocco. Non c’è una marcia in più o un colpo improvviso. Anzi, Pedro è meno lucido. Sull’esterno destro o sinistro, Felipe Anderson vive di fiammate e, quando non vaga per il campo, si limita al compitino. Sarri manda in campo pure il nuovo acquisto Zaccagni, che in effetti avrebbe pure mezzo guizzo sprecato da Luis Alberto. Poco dopo, è proprio lo spagnolo a perdere palla in attacco, Tonali fa partire il contropiede con un lancio: Rebic riceve, punta Luiz Felipe e mette un filtrante orizzontale per Ibra, subentrato al 60’ dopo 4 mesi e mollato completamente da Acerbi al centro. A San Siro è standing ovation, Pioli concretizza così tutta la mole di lavoro fisico e tattico del primo tempo col raddoppio. Soltanto a 10 minuti dalla fine Immobile ha un sussulto d'orgoglio: è il primo tiro nello specchio prima che venga addirittura sostituito. Pesano sicuramente sul centravanti i fantasmi della Nazionale, ma ieri è sparito insieme a tutta la Lazio e ai principi del Sarrismo: "Non è andato quasi tutto, soprattutto il fatto che abbiamo fatto una gara diversa da quella che avevamo preparato. Merito del Milan, ma anche demerito nostro che non siamo riusciti a fare una prestazione in linea con quella che è la nostra mentalità. Siamo stati attendisti e lo abbiamo pagato". Maurizio non ci sarà con il Cagliari, ma intanto testa subito al Galatasaray (debutto in Europa League) giovedì per il riscatto. Leiva ne è certo: "Non è successo nulla, la strada è lunga ma serve un altro spirito". Quello del Diavolo.
► Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
La Lazio indietro tutta di San Siro è una Lazio anti-tutto per Sarri: "Questo è un brutto modo di perdere. La partita preparata non era questa, per me è fonte di delusione". Attendismi, isterismi e non sarrismi, sferragliate e non giocate. Sarri è stato duro con la squadra già nello spogliatoio, poi in tv: "Se perdi la partita non giocando il nostro calcio la sconfitta è più pesante. Le partite vanno marchiate con la nostra mentalità". La sintesi è stata chiara e più chiara non si poteva: "Non è andato quasi tutto. Alla squadra ho detto che c'è modo e modo di perdere, noi abbiamo scelto il peggiore, non abbiamo giocato il calcio che abbiamo nella testa. Se lo giochiamo e perdiamo va bene, la partita è stata completamente diversa da quello che volevamo fare e che proviamo tutta la settimana". Ecco il contrario del sarrismo: "Ci siamo messi ad aspettare gli avversari nella nostra metà campo". Mau, dopo aver bacchettato la squadra, l'ha rincuorata: "Bisogna essere lucidi, so che sto chiedendo cose cui la squadra non è abitutata e certe partite possono essere così. E' chiaro che cambiando il modo di giocare deve cambiare il modo di pensare. In partita mezzo secondo di pensiero, se fa il movimento giusto o se sei nella posizione giusta, ce l'hai e questo porta ad essere in ritardo. La squadra deve aver coraggio di difendere nella metà campo avversaria, se costa qualcosa pazienza". Ha capito subito che sarebbe finita male: "Non avevo grandissime speranze che la partita potesse cambiare, l'andamento era palese, putroppo per noi".
Il rosso. Sarri s'è beccato il rosso dopo il 90', quando è scoppiata una mezza baruffa. Non ci ha visto più perché Saelemaekers s'è permesso di sfotterlo, è intervenuto Ibra, con cui il tecnico ha avuto un confronto prima del rientro nello spogliatoio: "Saelemaekers ha fatto un gesto che a persone più anziane non si fa. Ibra l'ha portato per chiedere scusa, sono cose da campo". Sarri è tornato più volte sul punto dolente dell'attendismo: "Il problema è che se diventi attendista, prima o poi il pallone filtra. Se fossimo andati a coprire il pallone, e avessimo alzato il baricentro, i palloni tra le linee sarebbero stati molto meno". La sosta non ha aiutato la Lazio: "Quando vieni da una sosta c'è sempre l'incognita, quando è una sosta per le nazionali l'incognita è tripla. L'incognita è ancora più forte soprattutto per squadre come noi che non hanno fisionomia e identità ben definite". Sarri ha difeso Ciro dopo il linciaggio: "Per qualcuno contano i numeri, per altri giocatori come Ciro non contano. Per numeri non è attaccabile, Italia e Francia hanno vinto Mondiali con attaccanti che non hanno mai segnato, ad esempi Giroud, ma è stato utile". La Lazio è in fase di costruzione, serve pazienza: "Quando provi a cambiare in toto quello che ha fatto una squadra per nnai questi momenti sono pronosticabili". Un rimpianto lo macera: "La nostra mancanza di aggressività". La Lazio di oggi è ibrida: "Non penso sia un problema di concentrazione, siamo a metà strada tra un pensiero e un pensiero opposto. Non abbiamo mai nascosto che sarà un anno di transizione e costruzione.
Il calendario. Sarri ha rilanciato una sua vecchia battaglia, si gioca troppo. "Le nazionali restituiscono giocatori disintegrati. Che il calendario sarebbe diventato impossibile lo dicevo 5 anni fa, rispondevano che mi lamentavo. Ora se ne accorgono tutti, ma non chi comanda. Associazione calciatori e allenatori stanno in silenio. Io sono un amante del calcio e non mi sta bene".
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