Calcioscommesse 1980
► Storia
► Un mondo del calcio torbido, fra scommesse clandestine e partite truccate
► La Lazio coinvolta da Montesi
► Massimo Cruciani e Alvaro Trinca, i grandi accusatori
► 23 Marzo 1980, manette negli spogliatoi
► Il processo e le sentenze di prima istanza
Storia[modifica | modifica sorgente]
Negli anni '70, più di una volta si era ventilata l'ipotesi che alcuni risultati di partite fossero "pilotati" per opera del cosidetto "totonero", una serie di allibratori clandestini per lo più legati alla malavita organizzata che operavano illegalmente su tutto il territorio nazionale riscuotendo giocate sulle partite di calcio italiane di Serie A e Serie B, sul modello delle giocate che si operavano già da decenni nel Regno Unito dove erano legali e gestite da bookmaker riconosciuti dallo Stato.
Un mondo del calcio torbido, fra scommesse clandestine e partite truccate[modifica | modifica sorgente]
In Italia esisteva, all'epoca, solo il Totocalcio e fare 13 non era impresa facile. Anche se illegale e rischioso, molte persone preferivano puntare qualcosa sul totonero. La maggior parte puntavano 5.000 o 10.000 lire per vincerne al massimo 500.000 o un milione che all'epoca voleva dire 2/3 stipendi medi. Ma ai livelli alti le cose andavano diversamente e le giocate potevano arrivare a sfiorare il centinaio di milioni di lire, specialmente se a scommettere c'era qualcuno dell'ambiente calcistico, che potesse in qualche modo pilotare un incontro. Comunque nessuna prova e nessun indizio del coinvolgimento di giocatori o dirigenti uscirono mai allo scoperto, se non i tentativi di illecito sportivo operati da Verona e Foggia nel 1974, puniti con la retrocessione per entrambe e due assoluzioni che colpirono la Lazio nel 1973, per un mai provato tentativo di premio a perdere operato a Bologna e nel 1976 a Cesena, quando furono saldate delle pendenze agli ex giocatori Giancarlo Oddi e Mario Frustalupi poco prima dell'inizio della gara, scambiate per "mazzette" date ai giocatori. Questi fatti non erano comunque legati in alcun modo alle scommesse.
La Lazio coinvolta da Montesi[modifica | modifica sorgente]
Le voci, durante il campionato 1979/80, si fecero però più insistenti del solito ma non c'erano prove di nessun genere e l'omertà regnava sovrana. Domenica 24 febbraio 1980 la Lazio è di scena a Cagliari, dove pareggerà per 1-1. Al 18' il giocatore laziale Maurizio Montesi viene colpito duro alla gamba che gli si spezza. Viene portato subito fuori dal campo e successivamente all'ospedale dove il responso non lascia molte speranze per il prosieguo della sua carriera. Montesi è un ragazzo atipico per il calcio: è impegnato politicamente tanto da essere soprannominato Lotta Continua e molte volte le sue idee contrastano con quelle di altri compagni di squadra. Nulla, però fa presagire quello che invece accadrà nei giorni seguenti quando, nel suo letto d'ospedale ed incalzato dai cronisti, racconta i retroscena ed i "sentito dire", che erano accaduti nello spogliatoio biancazzurro negli ultimi mesi.
Montesi parla apertamente di partite "vendute", di strani intrallazzi e indica, come a capo di tutto, il capitano Pino Wilson. Le sue affermazioni escono su alcuni giornali, specialmente La Repubblica e la Federazione apre un'inchiesta che però non porta apparentemente a nulla. Siamo intorno al 4 marzo ma nel palazzo sportivo ed in quelli giudiziari è già partita un'altra indagine, ben più vasta, che nasce da un esposto in Procura fatto da due commercianti romani e di cui in pochi conoscono l'esistenza.
Massimo Cruciani e Alvaro Trinca, i grandi accusatori[modifica | modifica sorgente]
Massimo Cruciani era un commerciante all'ingrosso di ortofrutta con molte conoscenze nel mondo del calcio e amicizie con diversi giocatori. Alvaro Trinca invece gestiva un ristorante ben avviato dal nome "Le Lampare". Fino alla fine di febbraio erano due sconosciuti a tutta l'opinione pubblica. Nessuno poteva sospettare che erano gli artefici di un giro di scommesse che coinvolgeva in primis molti nomi noti del mondo del calcio. Il primo marzo la Procura della Repubblica di Roma aveva messo a verbale la confessione fiume di Massimo Cruciani, l'uomo che aveva dato corpo a bisbiglii sempre più inquietanti. Cruciani era un commerciante di frutta romano sull'orlo del tracollo economico le cui disgrazie erano iniziate quando Alvaro Trinca, proprietario del ristorante, gli aveva presentato alcuni dei suoi clienti eccellenti: i calciatori della Lazio Wilson, Manfredonia, Giordano, Cacciatori ed altri giocatori di numerose squadre.
I due commercianti avevano messo in piedi un giochino molto semplice: i calciatori prendevano accordi con colleghi di altre squadre per aggiustare il risultato di una partita, Cruciani puntava anche per conto loro una bella somma al totonero ed alla fine il gruzzolo veniva spartito. Il giro così creato si era ben presto allargato, ma gli eventi erano successivamente precipitati in quanto, talvolta, il risultato pattuito era andato a monte per svariati motivi. I due erano ormai rovinati avendo perso un mucchio di soldi e sicuramente erano anche in balìa di gente poco raccomandabile che pretendeva il saldo delle giocate. Per questo il Cruciani aveva vuotato il sacco dando vita ad uno scandalo senza precedenti. Probabilmente avevano tentato anche di rivolgersi direttamente alle società coinvolte chiedendo soldi per non tirarle in ballo nella vicenda. Qualcuna accettò e non ne fu mai coinvolta (cedendo l'anno successivo i giocatori responsabili, senza subire nessun danno economico), mentre il presidente della Lazio Umberto Lenzini non cedette credendola solo un'estorsione per poi pentirsene amaramente.
Il primo arresto scatta venerdì 7 marzo. Scovato dalla Guardia di Finanza nella sua abitazione di via degli Ammiragli 82, a Roma, finisce in prigione Alvaro Trinca. Cinque giorni dopo è la volta di Massimo Cruciani. Ci pensa lui stesso a costituirsi al Tribunale di Roma passando per un sotterraneo. Coloro che avevano avanzato dubbi sulla loro reale intenzione di confermare le accuse ai calciatori devono ricredersi. Tutti coloro che ritenevano che l'esposto presentato in Procura avesse solo il significato di un avvertimento, e che nelle accuse fossero mescolati fatti veri a semplici sospetti, insinuazioni e voci, devono rivedere i loro convincimenti. I due grandi accusatori, più volte sentiti dai giudici, confermano puntualmente le accuse e allargano il numero di calciatori coinvolti. Per sostanziare quelle che diventeranno requisitorie esplosive contro il mondo del calcio, Cruciani (che il giudice Ciro Monsurrò chiama "l'orologio" per la dovizia di particolari con cui arricchisce il racconto) e Trinca forniscono ai magistrati prove ed indizi incontrovertibili della combutta con i calciatori.
Nel primo interrogatorio, avvenuto il 12 marzo, Massimo Cruciani racconta come è nata l'idea delle scommesse:
"Il primo giocatore di calcio che ho conosciuto è stato l'allora romanista Franco Cordova, cliente del mio negozio di frutta. Cordova mi fece diventare fornitore anche dell'albergo Leonardo da Vinci di cui era titolare o comunque padrone il suocero Marchini e mi fece conoscere altri giocatori della Roma tra cui Giorgio Morini, Sandreani, Negrisolo, Chinellato. Con tutti ebbi rapporti amichevoli: si andò a volte a pranzo assieme, frequentarono la casa mia e qualche volta si servirono del mio deposito. Quando, quattro anni fa, Cordova passò alla Lazio, mi presentò alcuni giocatori di questa squadra, con i quali strinsi rapporti amichevoli. In particolare con Giordano, Manfredonia, Wilson, D'Amico, Garlaschelli, Cacciatori.
Li vedevo in albergo durante i ritiri ed anche al ristorante La Lampara di Alvaro Trinca. Essendo amico del Trinca, frequentando il ristorante e passando a volte di lì, ho avuto modo di parlare con qualcuno di loro e precisamente con Manfredonia e Giordano; Wilson, Cacciatori, Garlaschelli e D'Amico non li ho mai visti alla Lampara; Manfredonia e Giordano erano anche clienti del mio negozio. La mia amicizia con Trinca risale a circa tre anni fa quando cominciai a vendere la frutta al suo ristorante. Da circa un anno ero a conoscenza dell'esistenza del fenomeno delle scommesse clandestine sulle partite di calcio. Qualche volta avevo giocato somme non superiori alle 100-200.000 lire, a volte da solo, a volte con il Trinca.
La prima volta che seppi della possibilità di "truccare" le partite fu in occasione dell'amichevole Palermo-Lazio, quando insieme a Trinca mi recai all'aeroporto di Fiumicíno per salutare i giocatori della Lazio che partivano. Alla biglietteria Wilson mi disse, e gli era vicino Giordano, che il risultato era combinato per il pareggio e dovevamo cercare di scommettere una somma per noi e per loro. In genere, le scommesse non si fanno sulle partite amichevoli o, meglio, sono fuori dal grosso giro. Mi disse anche che aveva parlato con il giocatore del Palermo Magherini, ma non mi precisò la somma che intendeva puntare e lasciò decidere a me: dato il tipo di partita, non poteva trattarsi di grosse somme. La partita fu poi disputata con ritardo, senza arbitro federale e non fu valida per la scommessa.
Le puntate (massimo 6-7.000.000) che avevamo fatto sull'amichevole Palermo-Lazio non ci furono restituite dagli allibratori (intendo dire la somma in contanti, poiché le somme grosse in genere venivano puntate per telefono) in quanto rimanemmo d'accordo che le avremmo mantenute per una prossima scommessa. Wilson e Giordano nel primo ritiro della squadra dopo l'amichevole, all'albergo Villa Pamphili mi comunicarono il numero di telefono di Magherini che non mostrò nessuna meraviglia alla mia prima telefonata. Ritengo che fosse stato messo al corrente dai giocatori laziali. Rimasi d'accordo che mi avrebbero avvisato non appena fosse stato possibile truccare un'altra partita. Infatti, tempo dopo, Magherini mi telefonò dicendo che si poteva garantire il pareggio della partita Taranto-Palermo, poiché conosceva alcuni giocatori del Taranto.
C'erano coinvolti un po' tutti, oltre la Lazio, il Milan, il Bologna, il Perugia, e giocatori importanti come Paolo Rossi, Giuseppe Savoldi, Enrico Albertosi, oltre ai laziali Giordano e Manfredonia, all'apice della carriera. Le partite che vedono il coinvolgimento della Lazio sono due: la gara Milan-Lazio (2-1) del 6 gennaio e l'incontro Lazio-Avellino (1-1) della domenica seguente.
Al riguardo il Cruciani, spiega come andarono i fatti:
Nella prima settimana del gennaio scorso, il Magherini si rimise in contatto con me e mi disse che aveva già preso accordi con Merlo circa la possibilità di assicurare la vittoria del Vicenza nell'incontro Vicenza-Lecce del 6 gennaio. Mi diede il numero telefonico di Merlo, che disse di avere l'appoggio di tre o quattro giocatori del Lecce. Concordammo un compenso di 30.000.000 e ci demmo appuntamento per domenica mattina nell'albergo del Lecce a Vicenza. Nel frattempo, assieme a Trinca, avevo concordato il risultato della partita Milan-Lazio, che sarebbe stata giocata a Milano sempre il 6 gennaio. Il martedì precedente l'incontro, Trinca prese contatto con i giocatori della Lazio che si allenavano a Tor di Quinto. Mi telefonò per prendere un appuntamento al mio deposito in via Portuense.
Lì ci incontrammo con Manfredonia e Giordano. Telefonammo ad Albertosi, che conoscevo perché mi era stato presentato da Giorgio Morini. Ad Albertosi parlò Giordano e gli prospettò la vittoria del Milan, allora impegnato nella corsa allo Scudetto. In cambio, Giordano chiese che il Milan contribuisse all'operazione con 60.000.000. Albertosi si riservò di far conoscere cosa ne pensava il presidente del Milan. Prendemmo appuntamento per il venerdì successivo: l'avrei chiamato al suo ristorante a Milano. Giovedì pomeriggio, Trinca si incontrò con Giordano, Manfredonia e Wilson al bar Vanni. Mi telefonò per un appuntamento nello studio di assicuratore di Wilson. Nello studio era presente anche un amico di Giordano. Si riconfermò il compenso di 60.000.000 che avrebbe dovuto pagare il Milan e ci impegnammo a puntare per loro 20.000.000 sulla sconfitta della Lazio.
Venerdì 4 gennaio telefonai ad Albertosi. Mi disse che il presidente in un primo tempo non voleva pagare, ma poi si era convinto a sborsare 20.000.000. Io e Trinca, che avevamo già puntato, decidemmo di coprire la differenza. Avevo già deciso di partire per Vicenza quando, sabato 5 gennaio, all'ora di pranzo al ristorante di Trinca, arrivò una telefonata da Milano dei giocatori della Lazio, con la quale si disdicevano gli impegni presi. Avendo noi già fatto le puntate, cambiai programma e invece di recarmi a Vicenza, intorno alle 20 da Fiumicino partii per Milano, dove i laziali mi avevano prenotato una camera nel loro albergo, il Jolly. Arrivai a mezzanotte. Nella camera di Manfredonia incontrai Cacciatori, Giordano e Wilson ai quali feci presente che avevamo già effettuato le scommesse. Si dissero di nuovo d'accordo per non tornare indietro, precisando che avrebbero contattato Montesi per meglio garantire l'esito della partita. Mi ritirai in camera. Dopo un quarto d'ora, ritornai nella camera di Manfredonia e mi fu riferito che Montesi non era d'accordo. Loro si tiravano nuovamente indietro. Replicai la richiesta di farmi restituire l'importo delle scommesse.
Cacciatori disse: "A questo punto si fa e basta". Consegnai a Cacciatori l'assegno n. 061633973 del Banco di Santo Spirito per l'importo di 15.000.000, lasciando in bianco il beneficiario. Con gli altri giocatori rimasi d'accordo che i rimanenti 45, più l'importo sulla vincita della scommessa, sarebbero stati consegnati lunedì. La mattina successiva, alle 7 partii in treno per Vicenza. All'albergo del Lecce parlai con Merlo, a cui consegnai un assegno di 30.000.000. Gli furono consegnati, anzi, tre assegni di 10.000.000. Prima della partita vidi il giocatore del Vicenza Sandreani, nonché Sabatini, che si dissero del tutto all'oscuro della vicenda. La partita finì in parità contrariamente ai patti e Merlo mi restituì gli assegni. Tornai a Roma. L'indomani, vennero al mio deposito Giordano e Manfredonia, ai quali consegnai tre assegni da 15.000.000 e altri due da 15, tratti tutti dal Banco di Roma. Tali assegni non furono però incassati e vennero restituiti tramite mio padre Ferruccio Cruciani nel mese di febbraio, pochi giorni prima della partita Italia-Romania. Non furono incassati perché avevo detto ai giocatori della Lazio che avrei potuto impiegare i soldi per assicurarci il risultato e l'importo delle relative scommesse della partita Lazio-Avellino in programma il 13 gennaio. Mercoledì 9 gennaio Morini mi portò 20.000.000 in biglietti da 10.000. Lo stesso giorno era pervenuto, come riscosso, l'assegno dato a Cacciatori.
Per la partita Lazio-Avellino, che doveva terminare secondo gli accordi con la vittoria della squadra di casa, presi nuovamente contatto con Stefano Pellegrini. Gli telefonai e lo vidi all'hotel Fleming dove era in ritiro l'Avellino, sabato 12 gennaio. Fu concordato un compenso di 80.000.000 che sarebbe stato consegnato lunedì. Pellegrini mi disse che erano d'accordo Di Somma e Cattaneo. Mentre parlavo con Stefano Pellegrini, in camera era presente il fratello Claudio, che però tacque. Vidi in televisione che Stefano Pellegrini, dopo aver segnato la rete del vantaggio, non manifestò la consueta esultanza. Lunedì 14 gennaio, Stefano Pellegrini venne al mio deposito e mi riferì che durante la partita aveva invitato i giocatori della Lazio a farsi avanti per segnare, ma che questi non si erano impegnati. Qualche giorno dopo passarono dal mio deposito Manfredonia e Giordano. Mi chiesero se avrebbero potuto incassare gli assegni. Avevamo scommesso su Lazio-Avellino oltre 200.000.000 (80 per pagare l'Avellino, 80 per la Lazio e il resto per guadagnare qualcosa noi). Gli spiegai che gli assegni erano scoperti. Da quel momento cessarono i rapporti con i giocatori della Lazio.
Alvaro Trinca il 10 marzo aveva invece rilasciato ai giudici questa dichiarazione:
Nel mio ristorante sono venuti spesso i giocatori della Lazio Manfredonia, Giordano, D'Amico, Agostinelli (quando quest'ultimo giocava nella Lazio) e alcuni della Roma, tra i quali Santarini, Paolo Conti, Bruno Conti, Chinellato. Invece nel mio locale non ho mai visto Cacciatori (negli ultimi 4-5 mesi ho lavorato molto in cucina e mi si vedeva poco nella sala da pranzo). Wilson è venuto solo due o tre volte. Inoltre, dato il mio tifo per la Lazio, ho visitato spesso tutti i giocatori della Lazio presso l'albergo di Villa Pamphili, dove sono in ritiro prima della partita domenicale. Sono stretto amico del Cruciani da circa due anni, da quando ha cominciato a rifornirmi di frutta all'ingrosso. Per mio tramite Cruciani ha approfondito la conoscenza di Manfredonia, Giordano e Wilson, che gli erano stati presentati dall'ex-giocatore della Lazio Cordova.
Cruciani era molto amico di Cordova, tanto che Cordova gli scontava spesso delle cambiali. Anch'io ho conosciuto Cordova. Sono anche stato invitato ai matrimoni di Giordano e Manfredonia. Da circa tre o quattro anni punto clandestinamente sulle partite di calcio. Non ho mai sentito parlare i giocatori della Lazio della possibilità di truccare le partite. Fu Cruciani che l'estate scorsa, prima che iniziasse il campionato, mi accennò a questa possibilità. Espressi le mie perplessità sull'effettiva possibilità di operare simili trucchi. Cruciani replicò che mi avrebbe fatto conoscere un giocatore del Palermo, Magherini, che conosceva tutti i giocatori. Il giorno prima della partita Taranto-Palermo del 9 dicembre 1979, Cruciani telefonò dal suo deposito in via Portuense, in mia presenza, al Magherini e offrì di farmi parlare con il giocatore. Declinai l'invito. Sentii che prendeva appuntamento per l'indomani a Taranto. Cruciani diceva alla cornetta: "Allora va bene per il pareggio".
Poi Cruciani mi illustrò i termini dell'accordo: alcun giocatori del Taranto (non so quali) puntavano 50.000.000 sul pareggio. Uguale somma veniva puntata, sempre per il pareggio, per conto dei giocatori del Palermo, tra cui Magherini. Io, Cruciani e altri giocatori, puntammo per conto nostro circa 100.000.000. Le scommesse avvenivano sulla parola. Gli allibratori venivano da Milano, Torino, Genova, Firenze, Bologna e Roma. Mi telefonavano per comunicarmi le quote e poi mi mandavano degli intermediari per ricevere le puntate. Non ho conosciuto gli allibratori, ma solo gli intermediari. Non voglio dare però indicazioni più precise perché ho paura. Negli ultimi tempi sono stato minacciato più volte."
23 Marzo 1980, manette negli spogliatoi[modifica | modifica sorgente]
I giocatori biancazzurri negarono ogni loro coinvolgimento dichiarando che i due si erano inventati il tutto per ricattarli, ma non furono creduti. Anche i tifosi furono sgomenti nell'apprendere che i loro idoli si erano macchiati di un simile fatto. La domenica più orribile nella storia del calcio italiano, cominciò in pratica alle cinque della sera del 23 marzo, quando le gazzelle della Guardia di Finanza arrivarono negli stadi per arrestare i protagonisti di quello che si configurò subito come il più grave degli scandali che avessero mai colpito il nostro sport più popolare. L'irruzione dei Carabinieri negli stadi non fu un fulmine a ciel sereno. Infatti i giornali avevano pubblicato l'elenco dei ventisette giocatori coinvolti alludendo però che potevano essere molti di più.
Sicuramente la lista non era completa e qualcuno ne era uscito fuori pagando il silenzio. La Lazio era di scena a Pescara in una gara persa 2-0, dove i giocatori coinvolti avevano giocato una partita con la testa da un'altra parte. L'arresto avenne dentro gli spogliatoi, tra lo stupore dei compagni di squadra e dell'allenatore Lovati. In contemporanea altri undici giocatori venivano fermati e condotti in commissariato in altre città. I quattro giocatori della Lazio furono messi dentro delle macchine che, a tutta velocità, imboccarono la strada per Roma dove arrivarono poche ore dopo. Giunsero in via della Lungara e quindi al Carcere giudiziario di Regina Coeli dove furono rinchiusi per dieci giorni con altri detenuti. Il primo a dare la notizia degli arresti fu Paolo Valenti, popolare conduttore della seguitissima trasmissione 90° Minuto, che si collegò coi vari campi dove di fuori stazionavano le gazzelle della Finanza e dei Carabinieri. Tra le squadre coinvolte c'erano il Milan, il Bologna, l'Avellino, il Perugia la Juventus. Erano colpite sia la Serie A che la Serie B.
Uno scandalo nazionale[modifica | modifica sorgente]
Gli arresti, con il conseguente scandalo, è di livello nazionale e senza precedenti. Sono coinvolte molte squadre di primo piano e moltissimi calciatori dal presente e passato luminoso. Fra tutti spiccano i laziali Giordano e Manfredonia ed il perugino Paolo Rossi. Ma ci sono anche altri giocatori, come Albertosi, Petrini, Merlo, Savoldi, Cordova, Chiodi e Zecchini. Anche il presidente del Milan e quello del Bologna vengono fermati. Moltissime le partite considerate "pilotate" cui la giustizia sportiva, ed il procuratore Manin Carabba, devono fare luce. Tutti gli interessati negano ogni addebito ma per loro si profila il reato di "truffa" e vari illeciti sportivi. I giornali escono con titoli cubitali ed i fotografi fanno a gara per immortalare i giocatori rinchiusi durante l'ora d'aria. La Federazione sospende tutti i tesserati coinvolti e le squadre devono ricorrere ai giocatori della Primavera per completare gli organici per poter scendere in campo nelle partite successive. Trinca e Cruciani ricevono poi minacce di ogni genere e cercano di ritrattare le proprie dichiarazioni ed i loro avvocati, stufi di tale comportamento, rimetteranno il mandato. I tifosi sono allibiti ed inviperiti. La struttura del calcio rischia il collasso definitivo.
Il processo e le sentenze di prima istanza[modifica | modifica sorgente]
Il processo sportivo che si svolge nel mese di Maggio, vede contrapposti i giocatori ai due accusatori che il più delle volte si contraddicono o mettono a verbale il classico "Non ricordo" per salvare qualcun'altro che, nel frattempo, ha pagato per il silenzio fior di milioni. L'impressione è che si voglia sacrificare qualche grosso nome per salvare la faccia e mettere la parola fine a questa terribile storia. Ed alla fine chi paga più di tutti è il Milan retrocesso in Serie B. Per i quattro laziali ci sono squalifiche pesanti che determinano un danno economico per la Società. Alcune squadre ne escono incredibilmente pulite o con pene lievi. L'impressione generale è che non tutto sia emerso e che più di un'ingiustizia sia stata fatta. Le sentenze di primo grado furono rese pubbliche dalla Commissione Disciplinare il 18 maggio 1980 a campionati conclusi:
Società:
- Milan: retrocessione in Serie B;
- Lazio: assolta;
- Avellino: 5 punti di penalizzazione nel campionato 1980/81;
- Bologna: 5 punti di penalizzazione nel campionato 1980/81;
- Perugia: 5 punti di penalizzazione nel campionato 1980/81.
Dirigenti:
- Felice Colombo (presidente Milan): radiato;
- Tommaso Fabbretti (presidente Bologna): 1 anno di inibizione.
Calciatori:
- Enrico Albertosi (Milan): radiato;
- Massimo Cacciatori (Lazio): radiato;
- Giuseppe Wilson (Lazio): radiato;
- Stefano Pellegrini (Avellino): 6 anni di inibizione;
- Mauro Della Martira (Perugia): 5 anni di inibizione;
- Bruno Giordano (Lazio): 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Lionello Manfredonia (Lazio): 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Carlo Petrini (Bologna): 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Giuseppe Savoldi (Napoli): 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Paolo Rossi (Perugia): 3 anni di inibizione;
- Luciano Zecchini (Perugia): 3 anni di inibizione;
- Giorgio Morini (Milan): 1 anno e 10 mesi di inibizione;
- Franco Cordova (Avellino): 1 anno e 2 mesi di inibizione;
- Stefano Chiodi (Milan): 6 mesi di inibizione;
- Maurizio Montesi (Lazio): 4 mesi di inibizione;
- Franco Colomba (Bologna): 3 mesi di inibizione;
- Oscar Damiani (Napoli): 3 mesi di inibizione.
Società:
- Palermo e Taranto: 5 punti di penalizzazione nel campionato 1980/81.
Calciatori:
- Guido Magherini: 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Lionello Massimelli: 3 anni di inibizione;
- Claudio Merlo: 1 anno di inibizione.
La sentenza d'appello[modifica | modifica sorgente]
Nel processo d'appello la Commissione di Appello Federale (C.A.F.) confermò la maggior parte delle decisioni di primo grado, ma retrocesse la Lazio in Serie B ed aumentò, in alcuni casi le squalifiche ai giocatori. Il 22 dicembre 1980 la Giustizia penale assolse tutti gli imputati, perché il "fatto non sussiste", smentendo quella sportiva.
Società:
- Milan e Lazio retrocesse in Serie B;
- Avellino, Bologna e Perugia: 5 punti di penalizzazione nel campionato di Serie A 1980/81.
Dirigenti:
- Felice Colombo (presidente Milan): radiato;
- Tommaso Fabbretti (presidente Bologna): 1 anno di inibizione.
Calciatori:
- Stefano Pellegrini (Avellino): 6 anni di inibizione;
- Massimo Cacciatori (Lazio): 5 anni di inibizione;
- Mauro Della Martira (Perugia): 5 anni di inibizione;
- Enrico Albertosi (Milan): 4 anni di inibizione;
- Bruno Giordano (Lazio): 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Lionello Manfredonia (Lazio): 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Carlo Petrini (Bologna): 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Giuseppe Savoldi (Napoli): 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Giuseppe Wilson (Lazio): 3 anni di inibizione;
- Luciano Zecchini (Perugia): 3 anni di inibizione;
- Paolo Rossi (Perugia): 2 anni di inibizione;
- Franco Cordova (Avellino): 1 anno e 2 mesi di inibizione;
- Giorgio Morini (Milan): 1 anno di inibizione;
- Stefano Chiodi (Milan): 6 mesi di inibizione;
- Maurizio Montesi (Lazio): 4 mesi di inibizione;
- Franco Colomba (Bologna): 3 mesi di inibizione;
- Oscar Damiani (Napoli): 3 mesi di inibizione.
Società:
- Palermo e Taranto: 5 punti di penalizzazione nel campionato di Serie B 1980/81.
Calciatori:
- Guido Magherini: 3 anni e 6 mesi di inibizione;
- Lionello Massimelli: 3 anni di inibizione;
- Claudio Merlo: 1 anno di inibizione.
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