Domenica 6 novembre 2022 - Roma, stadio Olimpico - Roma-Lazio 0-1
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6 novembre 2022 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XIII giornata - inizio ore 18,00
ROMA: Rui Patricio, Mancini (46' Celik), Smalling, Ibanez, Karsdorp (63' El Shaarawy), Cristante, Camara (73' Matic), Zalewski (73' Belotti), Zaniolo, Pellegrini (53' Volpato), Abraham. A disposizione: Boer, Svilar, Shomurodov, Vina, Kumbulla, Bove, Tripi, Tahirovic, Cherubini, Faticanti. Allenatore: Mourinho.
LAZIO: Provedel, Lazzari (68' Hysaj), Casale, Romagnoli, Marusic, Vecino, Cataldi, Luis Alberto (71' Basic), Pedro (68' Cancellieri), Felipe Anderson, Zaccagni (84' Romero). A disposizione: Maximiano, Adamonis, Patric, Gila, Radu, Kamenovic, Marcos Antonio, Immobile. Allenatore: Sarri.
Arbitro: Sig. Orsato (Schio - VI) - Assistenti Sigg. Meli e Peretti - Quarto uomo Sig. Colombo - V.A.R. Sig. Mazzoleni - A.V.A.R. Sig. Pesaresi.
Marcatorie: 29' Felipe Anderson.
Note: in panchina presente anche Immobile che non figurava nella lista dei convocati. Espulso al 68' il vice allenatore della Roma Foti per proteste. Ammonito all'8' Mancini, al 25' Lazzari ed al 50' Vecino per gioco falloso, all'87' Rui Patrucio e Radu per comportamento non regolamentare. Angoli 4-2. Recuperi: 2' p.t., 10' s.t.
Spettatori: 63.057.
► I calciatori convocati per la partita odierna
• Il Corriere dello Sport titola: Sarri si mette Mou alle spalle. Mau imbriglia i giallorossi, un erroraccio di Ibañez favorisce il gol decisivo di Felipe Anderson: la Lazio scavalca una Roma deludente. E Pellegrini va ko. Senza Immobile e Milinkovic, i biancocelesti vincono un derby combattuto ma poco spettacolare. José assiste alla sterilità offensiva della sua squadra: solo una traversa di Zaniolo".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: La Lazio vince un derby complicato, con un gol regalato dalla Roma. La Lazio ha meritato di vincere, è sembrata più squadra della Roma, ha saputo difendersi con ordine, senza concedere niente all’attacco spuntato di Mourinho nel secondo tempo durante il tentativo di rimonta. Il gol che ha deciso un derby dove lo spettacolo si è consumato soprattutto sugli spalti con coreografie da parte delle due tifoserie mai viste prima, è stato firmato da Felipe Anderson, al terzo gol contro la squadra giallorossa. La Lazio ha vinto il derby degli assenti. Senza Immobile e Milinkovic Savic è riuscita a cambiare pelle per complicare i piani di Mourinho, che mai come in questa partita ha avvertito l’assenza di Dybala. La Lazio ha snaturato il suo modo di giocare, è rimasta bassa e alla fine ha vinto il derby degli italiani. Sei in campo dall’inizio, più Cancellieri entrato nella ripresa. Nella Roma quattro titolari, più Belotti ed El Shaarawy. Non è facile vedere così tanti italiani in campo in serie A come nel derby capitolino. La Lazio ha scavalcato nuovamente la Roma in classifica e adesso è al terzo posto con l’Atalanta: l’eliminazione dall’Europa League fa meno male con questo successo che pesa.
Lazio insolita. Mourinho ha preferito Camara a Matic, con Karsdorp a destra e Zalewski a sinistra ha messo in difficoltà Sarri, che ha tenuto bloccata la linea difensiva e quindi ha concesso spazio ai due esterni giallorossi. La Lazio con Luis Alberto dall’inizio ha dato fastidio alla Roma, ma ha fatto fatica a salire senza un centravanti sul quale giocare. Immobile è andato in extremis in panchina, ma non era in grado di scendere in campo. Più compatta la squadra biancoceleste, che ha tenuto il baricentro più basso del solito e ha lasciato il possesso palla alla Roma. Marcature personalizzate a centrocampo: Cataldi ha fatto da schermo a Pellegrini (meno ispirato rispetto a giovedì scorso e condizionato dal problema muscolare che lo ha costretto alla resa all’inizio della ripresa), Cristante ha aspettato Vecino e Camara ha arginato Luis Alberto. La Roma ha attaccato dall’inizio, con Abraham troppo lontano dalla porta, in difesa ha concesso poco, ma un errore è stato fatale. Da una rimessa dal fondo Ibañez ha perso il pallone sulla pressione di Pedro, che lo conosce e gli ha rubato palla. Per Felipe Anderson è stato un gioco da ragazzi arrivare in corsa e battere Rui Patricio. Dietro anche Mancini ha faticato. Ammonito dopo 9 minuti, ha rischiato il rosso e Mourinho è stato costretto a lasciarlo negli spogliatoi nell’intervallo, inserendo Celik. Al 33' l’unica vera occasione dei giallorossi: Zaniolo, liberato da Abraham, ha centrato la traversa, dopo la deviazione di Marusic.
Senza idee. La Roma, costretta a inseguire come a Verona e con il Ludogorets, non è stata arrembante come giovedì scorso e una volta perso Pellegrini per infortunio è mancata creatività. Mourinho ha ridisegnato la Roma, finendo con un 3-4-1-2 molto offensivo, con Zaniolo ed El Shaarawy sulle fasce, Volpato trequartista dietro ad Abraham e Belotti. La Lazio si è difesa con ordine, i tanti attaccanti giallorossi non hanno mai visto la porta. Al 27' la Lazio ha avuto anche l’occasione di raddoppiare, con Rui Patricio che ha negato la doppietta a Felipe Anderson. L’assedio giallorosso finale è stato sterile, Provedel non è mai stato impegnato seriamente. Abraham ancora una volta è stato inutile. E adesso l’inglese diventa un caso.
• Il Messaggero titola: "Chiedimi se sono Felipe. Il brasiliano decide il derby sfruttando un errore clamoroso di Ibañez: gode la Lazio. Roger ci ricasca: ancora un flop. Di nuovo harakiri come nel 2021. Sarri sorprende Mou e vince con la difesa. Roma, che delusione".
Prosegue il quotidiano romano: Calcio, mistero senza fine bello. Ma non ditelo alla Roma, oggi non è il caso, e soprattutto non a Mourinho, che esce a orecchie basse, impotente di fronte allo scempio di una Roma esangue, lui stesso responsabile di una sconfitta che brucerà a lungo per quel senso di malinconia che lascia, senza contare che è già la terza caduta in casa dell’anno, e contro tre grandi. Mistero senza fine perché a trionfare, nel derby più grigio e tecnicamente modesto dell’era moderna, è la Lazio di Sarri: quello a cui i critici da birretta e divano danno dell’integralista testardo che pensa solo ai suoi appunti e non guarda il mondo intorno, e invece è un uomo e un tecnico intelligentissimo, sennò non sarebbe arrivato qui partendo dal niente. Senza Milinkovic e Immobile, cioè i migliori, Sarri sceglie di lasciare la palla alla Roma, ben sapendo che ha grossi problemi in costruzione, e di aspettarla, altro che calcio d’attacco e Sarri ball, insomma teoricamente (e di fatto) si snatura e si predispone all’attesa dell’errore altrui. Infatti si prende il derby, grazie al solito regalo alla Lazio dello sciagurato Ibanez: al 29’ perde palla stolidamente in area sull’attacco di Pedro, assist per Felipe Anderson e sinistro leggiadro per l’1-0 che rimarrà scolpito lì, con una difesa di squadra che non farà passare nemmeno gli spilli, Casale-Romagnoli invalicabili e protetti da un Cataldi capitano sontuoso.
Nel mistero del calcio entra anche il paradosso degli attaccanti: la Lazio vince senza Immobile, in panchina da mental coach, ma col falso centravanti Felipe, che oltre a segnare impegna Rui Patricio nell’unica altra occasione per la Lazio nella partita (28’ st); la Roma invece di centravanti ne ha tre, e in tutto ne cava un tiro in porta moscio di Abraham in avvio e una traversa di Zaniolo al 33’, poi nel finale Mourinho li esibisce tutti inserendo anche Belotti in un’ammucchiata senza senso. Al punto che chiunque sia allo stadio ha la sensazione che la Roma non segnerebbe neppure dopo tre giorni e in una porta larga 12 metri. L’estenuante recupero di Orsato dopo il 90’ (10 minuti) è l’ennesima punizione per lo straordinario pubblico dell’Olimpico, che fin dalle commoventi coreografie dedicate ai Padri e alle radici identitarie, avrebbe meritato una recita diversa. Soprattutto i romanisti: tanta attesa, quell’avvicinamento meraviglioso alla gara, lo stadio in amore, i sold out veri e presunti (ieri era assai presunto), e poi? Tutto qui, lo spettacolo calcistico che deve sorbirsi la gente? Qualcuno mediti, altrimenti alla lunga questo afflato si perderà.
Una partita senza qualità. È stato un derby orrido sul piano tecnico, sporco, falloso (32 fischi), governato dall’ansia, o dalle forze declinanti. Prudenza e giudizio, troppi. Piedi buoni, quei pochi, soffocati dal contesto. Trame di gioco apprezzabili o accettabili: zero. Paura: moltissima. La Roma a uomo, fin da Pellegrini su Cataldi e finendo con Mancini su Zaccagni, il rischio più grosso, e infatti Mancini uscirà nell’intervallo, ammonito e in sofferenza costante. La Lazio invece piatta, bassa, quasi a 4-5-1 per tutto il tempo. La gara, una minestra fredda. Camara regista nella Roma, pensate: col suo dinamismo apparente e i suoi passaggi orizzontali, è stato una pacchia per la Lazio, che ha schermato sempre ogni cosa, tranne in avvio per un paio di uscite di palla sbagliate. Roma chiamata dunque all’attacco, ma priva di luce: senza Dybala, chi deve accenderla, Pellegrini, è consumato più degli altri, i muscoli che urlano, pallido, visto afflosciarsi un paio di volte su contrasti non ruvidi, infine fuori nella ripresa per guaio muscolare dopo aver calciato l’ennesimo corner o punizione, ossia l’unica reale possibilità offensiva della Roma, incapace di costruire pericoli, perché attacca sempre con pochi giocatori: infatti, uscito il capitano, i giallorossi hanno passato l’ultima mezz’ora a lanciare bislacchi "up and under" rugbistici, pallonacci in area e tutti dentro. Mah.
La Lazio ha giocato al gatto col topo, sorniona e quadrata, via via più sicura di sé dopo il regalo dell’1-0, compatta anche sul lato di Luis Alberto, a sorpresa in campo e votato al sacrificio, come non si sarebbe pensato: ha corso e tamponato, non ha acceso luci, si è molto seccato quando è stato sostituito (come il tecnicamente disastroso Karsdorp dall’altra parte). La Roma non ha avuto la forza di fare nemmeno il solletico all’avversario. Abraham ancora un fantasma, accasciato in una crisi che preoccupa. Il giovane Volpato, nella ripresa, ancora troppo acerbo. E Zaniolo sempre più in versione Maciste: troppe azioni forzate, sfidando il principio fisico dell’impenetrabilità dei corpi, e non si fa così. Finisce col ghigno perfido di Sarri, che esce masticando le cicche come Braccio di Ferro. Il derby l’ha vinto lui, sorprendendoci. E l’ha perso Mourinho, che ormai da qualche mese, a pensarci bene, ha smesso di stupirci.
• Il Tempo titola: "Suicidio Roma. La Lazio gode. I biancocelesti vincono di misura il 157° derby della Capitale. Decide Anderson bravo ad approfittare dell’errore di Ibanez. Controsorpasso in classifica con la squadra di Sarri ora terza. Altra tegola Mourinho che perde Pellegrini per infortunio".
Prosegue il quotidiano romano: La Roma si suicida e la Lazio gode portando a casa il 157° derby della Capitale con un solo tiro in porta: anzi due. Ma basta e avanza per far male a una Roma che non fa molto di più se non attaccare in maniera sterile per tutta la gara senza mai trovare però la qualità giusta o la giocata decisiva per rientrare in partita dopo il generoso regalo di Ibanez alla mezz’ora. È l’episodio che, come spesso accade in una stracittadina, decide la sfida. La Lazio svolta quando il difensore brasiliano commette l’ennesima ingenuità (la quarta stagionale costata un gol per la retroguardia giallorossa) facendosi sfilare dai piedi una palla dolorosissima dall’ex compagno Pedro. Lo spagnolo è rapido e cattivo (tra i migliori dei suoi finché resta in campo), palla a Felipe Anderson e ospiti avanti. Il resto è una partita brutta, spesso interrotta, nella quale si concretizza raramente sotto porta. La Roma attacca e la Lazio che fa quello che deve fare: ribatte colpo su colpo, sta stretta lì dietro e rinuncia al suo solito gioco per portare a casa la pagnotta: e gli riesce. Anzi, avrebbe segnato anche il raddoppio se Rui Patricio non avesse fatto un mezzo miracolo sempre su Anderson. Ma è chiaro che senza Immobile e Milinkovic la qualità davanti cala e i soliti meccanismi faticano a mettersi in moto per trovare la consueta fluidità.
Però va bene anche così, perché dall’altra parte del campo c’è una squadra che non trova mai la lucidità e la concretezza per far male. Troppo poco la traversa colpita da Zaniolo (complice la deviazione di Marusic), così come l’apporto di Abraham: problema che Mourinho prima o poi dovrà affrontare. E, visto che piove sempre sul bagnato, Mou perde anche Pellegrini in vista delle ultime due uscite di campionato prima della lunga pausa mondiale: altro infortunio, ancora una volta all'Olimpico... vorrà dire qualcosa? Il bilancio finale rispetta i pronostici della vigilia che confermano come Orsato sia la bestia nera per la Roma al derby (mai vinto con lui a dirigere) pur non facendo errori clamorosi. E a proposito di scaramanzia, della serie "il pianto paga", ha vinto ancora una volta la squadra che ci è arrivava peggio a questa stracittadina. Tradizione rispettata al netto delle assenze pesanti con le quali entrambe le squadre si sono presentate all’evento dell’Olimpico. Cataldi va sotto la Nord a raccogliere i frutti del suo primo derby giocato con la fascia da capitano, Pellegrini passa in rassegna i suoi provando ad andare oltre perché il controsorpasso in campionato cambia più alla testa e all’umore che non a una classifica ancora tutta da definire. Lazio al terzo posto e Roma quinta agganciata dalla Juve e condannata (Ibanez in primis) a qualche giorno di penitenza cosi come i suoi tifosi costretti ad "abbozzare" alle battute dei rivali di sempre. Anche questo è derby.
• La Gazzetta dello Sport titola: "Regalo Roma, la Lazio è terza. Errore di Ibanez, decide Anderson. Sarri alla Mou: il derby è suo. I biancocelesti vincono con una strategia da... José: raccolti davanti a Provedel. Zaniolo colpisce la traversa".
Continua la "rosea": Per la bellezza, ripassare. Lo spettacolo c’è stato solo sugli spalti, con le coreografie di un Olimpico ancora una volta esaurito. Questo derby non passerà alla storia né per il gioco né per le occasioni. È stato un derby giocato sulla tensione, sulla paura di perdere la chance di allungo e di sorpasso. Lo ha deciso un episodio e quell’episodio ha favorito la Lazio che così ritorna davanti alla Roma e si piazza in zona Champions, al 3° posto. Modo migliore per dimenticare la retrocessione in Conference League non c’era. Forse sarebbe stato più giusto un pari per quel, davvero poco, che si è visto, ma ha avuto la meglio la cinica concretezza della Lazio sulla prudenza iniziale e la confusione finale della Roma. Per certi versi, si può dire che Sarri abbia battuto Mourinho con le sue armi.
La chiave. Chi si aspettava una Roma più offensiva, è rimasto deluso. El Shaarawy in panchina, con Camara preferito al geometrico Matic. Questa scelta di Mourinho, più comprensibile di quella del Faraone, perché in mezzo aveva bisogno di ritmo e brillantezza di fronte ai peperini laziali che provavano a sfruttare la miglior velocità di gambe, e anche di pensiero. Il primo round è stato certamente deprimente sotto il profilo del gioco, con la Roma che nei primi cinque minuti ha fatto due squilli con Zaniolo ma poi si è incartata nei troppi passaggi laterali tra difensori con scarichi sulle fasce o lanci lunghi quando ormai la Lazio era ben posizionata. Una Lazio sorniona, come è stata quella della trasferta di Firenze, attenta a non regalare spazi e provare a pungere in ripartenza. Ma, tranne una bell’azione con l’imbucata di Pedro per Zaccagni, sul cui cross arretrato era ben posizionato Mancini, anche la banda Sarri non è che avesse fatto vedere granché. Aveva qualche giustificazione in più, causa quell’Immobile in panchina portato solo come presenza incoraggiante perché ancora infortunato e Milinkovic in tribuna squalificato. Con quest’andazzo, non era difficile prevedere che soltanto un episodio o un errore avrebbe potuto sbloccare la sfida. E difatti eccolo, l’errore di Ibanez che si faceva contrastare da Pedro mentre stava per cercare l’uscita palla al piede, ma quella palla è finita tra i piedi di Anderson che non s’è fatto pregare ad infilarla alle spalle di Rui Patricio. Il colpo ha dato una svegliata alla Roma che ha cercato di velocizzare la manovra e per poco non riusciva a pareggiare con il tiro di Zaniolo, deviato da Marusic, finito sulla traversa. Ma è stato l’unico acuto, perché la Roma steccava in avanti con un Abraham a dir poco deludente e un Pellegrini ben controllato e in precarie condizioni che non riusciva a inventarsi la giocata.
Inutile assalto. Nell’intervallo Mourinho ha sostituito Mancini (anche lui acciaccato e in difficoltà con Zaccagni) con Celik, adattato per la prima volta a centrale e dopo pochi minuti ha perso del tutto Pellegrini, che ha risentito del problema agli adduttori. Dentro Volpato, nella speranza di avere più fantasia. Via via, dentro anche El Shaarawy per Karsdorp, Matic per Camara e Belotti per Zalewski. Dentro la cavalleria per l’assalto alla fortezza biancazzurra ben sostenuta dai centrali Romagnoli e Casale. La Roma con questi cambi si è posizionata in una sorta di 4-2-1 (Volpato)-3 con il faraone esterno basso. Una squadra votata tutta all’attacco che però ha assediato il pullman (prerogativa di Mou) davanti alla porta di Provedel, bravissimo in uscita nello sventare i pericoli aerei, con tanta confusione. Alla fine, i giallorossi non sono riusciti nemmeno una volta a centrare lo specchio. Mentre la Lazio nell’unica ripartenza ha avuto l’occasione per chiudere il derby. Merito di Cancellieri, entrato per un Pedro che aveva speso tanto, che si è prodotto in una fuga fino all'area con tanto di dribbling e invito a Felipe Anderson, e qui è stato bravo Rui Patricio a compiere la prodezza tenendo viva la partita.
Da rivedere. Un derby resta sempre una partita a parte. Non sarebbe corretto analizzare le squadre per quello che s’è visto all’Olimpico. Però si può dire che alcuni difetti restano. La Roma, rispetto al suo potenziale, troppo spesso resta un passo indietro con il gioco. La Lazio si gode la vittoria e la tattica vincente, di sicuro esce più rafforzata nel morale da questo derby. Ma il flop in Europa League è lì a dimostrare che c’è ancora qualcosa da correggere, sicuramente a livello di continuità. E poi ok il cinismo, ma da Sarri, come da Mourinho, ci si aspetta di più.
• Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
L’amor di bandiera, ha scelto questa tattica per preparare e vincere il derby: "La dedica va al nostro popolo che ci criticherà anche, ma fondamentalmente ci è sempre vicino. Era d’obbligo "sparare" una prestazione di questo tipo". La lazialità ereditata e assorbita da Maurizio Sarri è stata continuamente allenata nei giorni pre-derby: "Ai ragazzi in mattinata ho detto "Oggi non si gioca per i punti, sono un nostro obiettivo, si gioca per il popolo laziale, pretende una prestazione di anima, cuore, personalità, generosità. Finirà come finirà, se daremo questo i tifosi saranno comunque contenti"". Niente calcio sgargiante, tanta forza e tanto sentimento, così Sarri s’è preso il secondo derby su tre contro Mourinho, lavorando su teste e cuori. S’è sciolto anche il maestro del calcio-scientifico, rimasto senza armi: "Vedere giocare i ragazzi con cuore e anima è ancora piu soddisfacente di vedere ordine e applicazione tattica. Questo è uno dei derby più sentiti del mondo, è diverso dagli altri. Io a Londra ne ho giocati tanti, ma non c’è certo la partecipazione emotiva di questo derby. Non è una partita normale e in questa settimana l’abbiamo pagata. La testa era qui".
I romani. Sarri ha insignito Romagnoli e capitan Cataldi, non sono andati in trance agonistica: "Hanno fatto due partite di livello, per loro non è facile giocare queste partite, sono ragazzi romani e sono tifosi della Lazio. Sono stati doppiamente bravi". Sarri ha preparato il derby psicologicamente, ma senza Immobile e Milinkovic è stato un prodigio tattico autentico: "L’avevamo preparata proprio così, con le uscite a tenere dentro i difensori di centrodestra e centrosinistra, attaccandoli con gli attaccanti esterni. La partita dal punto di vista tecnico non è stata di livello, ma di grande dispendio fisico e nervoso. Non era facile per la fisicità della Roma, soprattutto nel finale". Il siparietto con Luis Alberto (uscito sbraitando), al momento del cambio, è finito lì: "Voleva uscire per lo strano movimento fatto dal ginocchio, si è sentito di rientrare ma avevamo già detto al quarto uomo di avviare la sostituzione. C’era il rischio di stare 3-4 minuti fermi e non ce lo potevamo permettere". Sarri si gode un Felipe Anderson alla Immobile: "Gli ho fatto i complimenti come ho fatto spesso, è straordinario". La squadra ha retto a tutto: "Anche nella situazione caotica finale la nostra squadra e la nostra linea difensiva sono rimaste composte".
La risposta a Mou. Sarri ha risposto a Mourinho, ha pesato diversamente le assenze di Dybala e Immobile: "Ho avuto la fortuna di allenarli tutti e due - ha detto Mau - sono giocatori speciali. Paulino ha caratteristiche diverse, è molto meno goleador rispetto a Ciro, ma è un giocatore pesante. Dire che vale più l’assenza dell’uno o dell’altro è sempre difficile". Sarri ha chiuso con una frecciata: "Se la Roma gioca come nel primo tempo Dybala può fare bene, se gioca come nel secondo, con quei palloni alti al limite dell’area, Dybala può sparire dalla partita. Ma parliamo di due fuoriclasse". Sarri chiuderà le feste oggi: "Passi in avanti fatti? Dal punto di vista tecnico no, sotto quello emotivo e caratteriale è stato un passo in avanti enorme perché abbiamo dimostrato di poter vincere le partite anche quando diventano sporche e non sono in linea con le nostre caratteristiche. Io due settimane fa ai ragazzi dissi "abbiamo due partite difficilissime, sono Salernitana e Monza". Giocare e vincere contro di loro, come nel derby, vorrebbe dire che la svolta mentale è definitiva".
► Per questa partita il tecnico biancoceleste Maurizio Sarri ha convocato i seguenti calciatori:
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