Domenica 7 maggio 2000 - Bologna, stadio Renato Dall'Ara - Bologna-Lazio 2-3

Da LazioWiki.

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La partita della Juventus contro il Parma

7 maggio 2000 - 2901 - Campionato di Serie A 1999/00 - XXXIII giornata

BOLOGNA: Pagliuca, Falcone, Bia, Paganin (86' Gamberini), Dal Canto, Binotto (70' Goretti), Ingesson, Marocchi (90' Kolyvanov), Nervo, K.Andersson, Signori. A disposizione: Orlandoni, Wome, Zé Elias, Ventola. Allenatore: Guidolin.

LAZIO: Marchegiani (3' Ballotta), Negro, Nesta, Couto, Pancaro, Conceição, (46' Ravanelli), Simeone (86' Sensini), Veron, Nedved, Salas, Mancini. A disposizione: Favalli, Lombardo, Almeyda, Stankovic. Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Sig. Messina (Bergamo) - Guardalinee Sigg. Ivaldi e Marano - Quarto uomo Sig. Esposito.

Marcatori: 25' Conceição, 39' Signori, 63' Simeone, 75 Salas, 89' Signori.

Note: giornata calda e nuvolosa. Terreno in buone condizioni. Ammoniti: Falcone, Nesta, Bia, Ravanelli per gioco falloso. Angoli 10-4 per la Lazio. Recuperi: 2' p.t., 5' s.t.

Spettatori: 36.317 di cui 13.833 paganti (tutti da Roma) e 22.484 abbonati per un incasso di £. 1.362.696.671.


La curva San Luca stracolma di bandiere biancocelesti
dal Guerin Sportivo
Mancini e Marocchi prima dell'inizio
dal Guerin Sportivo
I calciatori si dispongono in campo, Signori parlotta con Veron
Marchegiani anticpa Nervo. Il portiere biancoceleste, infortunato, è costretto ad uscire
dal Guerin Sportivo
La rete di Sergio Conceicao per il vantaggio biancoceleste
Il gol di Conceicao da altra angolazione
dal Guerin Sportivo
Il centrocampista portoghese festeggiato da Mancini
Alessandro Nesta, ammonito salterà l'ultima di campionato
dal Guerin Sportivo
Beppe Signori pareggia per i felsinei
Il pareggio dell'ex capitano biancoceleste
dal Guerin Sportivo
Juan Sebastian Veron batte una punizione millimetrica alla ricerca del colpo vincente del Cholo
Diego Pablo Simeone raccoglie l'assist di Veron e sigla la rete dell'1-2
L'esultanza del Cholo
La terza rete biancoceleste, firmata da Marcelo Salas
Salas stacca e mette in rete
dal Guerin Sportivo
Pavel Nedved festeggia il "Matador"
L'abbraccio a Marcelo Salas dopo la rete
Una parata di Pagliuca
Tifosi laziali in festa, per qualche secondo l'illusione arriva dalla radio
L'alternanza dei risultati nel duello a distanza con la Juventus
Signori accorcia le distanze
dal Guerin Sportivo
La rete del 2-3 di Beppe Signori

La curva bolognese saluta l'ultima partita di Giancarlo Marocchi
dal Guerin Sportivo
Il biglietto della gara
Simeone saluta i tifosi laziali
dal Guerin Sportivo

Per la partita chiave contro i felsinei si mobilitano da Roma oltre 15.000 tifosi che intasano ancora una volta l'Autostrada del Sole con un lungo serpentone colorato di biancoceleste di auto, pullman e camper. Molti supporters laziali occupano anche i posti riservati a quelli rossoblù, acquistando biglietti della curva di casa. Fortunatamente la sportività del pubblico emiliano fa sì che non ci sia nessun incidente di rilievo. La Lazio parte subito all'attacco ma la prima occasione è del Bologna con l'ex Signori che trova un corridoio libero per Andersson ma Marchegiani, in uscita, para e s'infortuna alla spalla. Neanche 2 minuti di gioco e già la prima sostituzione: entra Ballotta. Al 15' prima grossa occasione per la Lazio con un potente tiro di Veron. Al 25' i biancocelesti passano: Mancini smarca Salas in piena area che viene anticipato da un difensore, ma raccoglie Conceição che insacca. I rossoblù reagiscono ed al 39' Signori, proprio lui, pareggia i conti con un guizzo dei suoi lasciando ammutoliti i tifosi laziali. Il primo tempo finisce in pareggio, come in pareggio a reti bianche è l'incontro di Torino tra Juventus e Parma. La ripresa vede entrare per i biancocelesti Ravanelli al posto di Conceição per dare maggior spinta in avanti.

La Lazio assale così la metà campo del Bologna schiacciandolo in difesa. Al 60' arriva la notizia del vantaggio juventino, ma 3 minuti dopo anche la Lazio si riporta in vantaggio: Veron crossa per Simeone che non sbaglia. Al 75' Salas chiude la partita sfruttando un preciso cross di Pancaro dalla sinistra tra il tripudio dei giocatori e dei tifosi. Ininfluente all'88' la rete di Signori che, dopo aver dribblato Negro e Nesta, batte Ballotta segnando il suo 150° goal in Serie A. Un minuto dopo un urlo di gioia viene subito soffocato sugli spalti. Il Parma pareggia con Cannavaro ma la rete viene inspiegabilmente annullata. La rabbia monta fra i tifosi e la vittoria ha un sapore di beffa atroce. Le polemiche nel dopogara e le discussioni nelle varie trasmissioni televisive saranno furiose. A 90 minuti dalla fine del Campionato la Juventus è prima con 71 punti e la Lazio seconda con 69.


Il Messaggero titola: “Lazio, 3 gol amari”. Continua il quotidiano romano: “I biancocelesti passano a Bologna ma lo scudetto è appeso ad un filo sempre più tenue. Che giornata: Simeone e Veron trascinanti, l’ex Signori due volte in rete, e un urlo che resta in gola. Dopo il sogno, rabbia e sospetti per il gol annullato al Parma”.

Bologna – Dopo i rimpianti, i sogni. Dopo i sogni, la rabbia. L’immagine che resta di Bologna è un urlo subito strozzato, quella della straordinaria curva bianca e celeste, per un gol lontano e vicinissimo, azzerato da un fischio assordante, probabilmente ingiusto, che ronzerà chissà per quanto nelle orecchie di tanti laziali insonni. Signori aveva appena segnato il suo secondo gol, preoccupante ma già inutile, ma quel boato stavolta non era più per lui, portava dritto a uno spareggio rincorso, legittimo, giusto per tutti. E invece l’ultimo dispetto stagionale, anzi di due stagioni filate, si stava già materializzando lasciando attonita per prima la panchina laziale, saltata in aria all’unisono con il pubblico. Annullato? Ma sì, annullato. E come fai a non credere a un perfido disegno? Annullata un’altra impresa fragorosa, perché non era facile, con la Juve passata in vantaggio, aver ragione della resistenza bolognese, di quel Signori (anche tu, Beppe, proprio sotto la curva adorante) bravo di sé, neanche tanto rancoroso.

La Lazio ci ha creduto, quando ha sbandato in difesa, è riuscita comunque a raddrizzare in tempo il volante. Vagli a spiegare adesso a Veron, a Simeone, a Nedved, a Mancini che sta chiudendo la carriera, a quando risale l’ultimo campionato regolare davvero. Loro hanno dato tutto e di più. Dopo un inizio segnato dai nervi, dall’infortunio subitaneo di Marchegiani, la spalla già malconcia girata dall’uscita su Nervo: rigore invocato da Guidolin e dai suoi, palla piena dalla nostra tribuna. Dall’ammonizione di Nesta, in eccesso di scompostezza. Quel Marocchi formato gigante al passo d’addio sembrava una longa manus bianconera, l’impeto di Ingesson poteva frenarlo solo il contrapposto fervore di Nedved. Poi, eccola la partita incanalarsi sul binario giusto: basta uno scatto di Mancini, il cross teso del fuoriclasse, la carambola, il tocco morbido di Sergio Conceicao, desaparecido del gol, da un passo. Segnale di buonasorte, non ci fosse Signori a scappare su uno dei triangoli bassi, dai e vai, imposti da Guidolin: Marocchi lo pesca in corse ed è gol già prima che parta il sinistro implacabile. Che si consumi la temutissima non-esultanza.

Bravo Beppe, prof inappuntabile. Lazio di nuovo pesantemente a terra, con Veron ancora primo a rimboccarsi le maniche e cercare i riflessi di Pagliuca. Ed ecco una ripresa che riparte con il solito consulto via cellulare, in perfetta sincronia con Torino. Ecco Ravanelli, fischiatissimo entrare e offrire il primo pallone della riscossa che Simeone calcia e Pagliuca vola a deviare. Un Bologna ora rattrappito, vuoto sulle fasce dove scendono anche Negro e Pancaro. Ecco la radio protagonista: Del Piero segna alle 16 e 19, da spezzare le gambe. Non a Veron, non a Simeone: punizione lunga del primo, il sinistro del secondo che incrocia alla perfezione ed è come schiavare una cassaforte. Lombardo è sotto l’indomabile curva San Luca, di biancoceleste vestita: è lì che si scalda e si sbraccia, che stuzzica migliaia di rinvigorite corde vocali. Ce la fa, la Lazio. Ora gioca bene davvero, non lascia spazi, li sfrutta. Pancaro duetta in velocità e crossa, la palla schizza e Salas la deposita di testa nell’angolo. Dai che si può. Eccolo, il quarto è cosa fatta: Mancini solo è ancora troppo generoso, ma il Matador si addormenta satollo e di testa, subito dopo, farà l’amaro bis. Si risveglierà per girare in gol un cross basso da Negro, che la bandierina del guardalinee appassirà sul nascere. Solo Signori ha ancora voglia, insegue il gol 150 in campionato e lo realizzerà alla sua maniera, sfuggendo alle leve protese di Nesta, vecchio amico, e giustiziando Ballotta come sa. Le 16 e 58 quando l’aggancio lunare scuote lo stadio, esulta perfino qualche bolognese. La Lazio merita rispetto se non affetto. Ma la navetta parmigiana è subito annientata, respinta nello spazio. I laziali ora tremano solo di sdegno, il lancio di magliette alla curva è appena una flebilissima promessa di speranza. C’è ancora una domenica, chissà non sia lunga come questa. E magari compensatrice di troppi torti subiti. Non è una resa, ancora. Una resa non sarà mai. Non è nei cromosomi di questa Lazio.


Il Tempo titola: “De Santis condanna la Lazio”. Continua il quotidiano romano: “L’arbitro di Tivoli annulla il gol del Parma con la Juve e rende amara la bella vittoria biancoceleste a Bologna. Oltre diecimila tifosi spingono Mancini e soci. Segna Conceicao, pareggia Signori, ma nella ripresa arrivano i gol di Simeone e Salas. Nel finale rete del 2-3 dello scatenato ex capitano laziale. Così la nuova beffa viene dall’ennesimo disastro dei direttori di gara”.

Bologna - Immagini già viste, stessa trama, stessi attori ed un epilogo che si confonde con il rimpianto. La Lazio espugna il Dall'Ara, ma il 3-2 finale equivale ad un sorriso solo accennato, perché l’1-0 di Torino alimenta sospetti ed amarezza, il lieto fine è macchiato dal dubbio ed il destino si specchia in una classifica cinica e clamorosamente ingiusta. Eppure la Lazio c'è, eccome. Vince, poi subisce il ritorno felsineo ma alla fine trionfa. Non come la verità probabilmente, ma onorando almeno la sua gente e l'orgoglio di esserci e di provarci. I biancocelesti si presentano con la veste annunciata, sospinti da una Curva colorata di bianco e celeste. Il popolo laziale ci crede, la pioggia non cancella i propositi della vigilia, il viaggio della speranza cela l'affascinante gusto di invertire i fattori. In attacco c'è Mancini, per un amarcord che affonda le radici nella storia, dall'altra parte ecco invece Signori, che gioca contro Signori, perché Lazio è cuore, passione ed orgoglio. Anche per lui. La tribuna bolognese tributa il doveroso omaggio a Marocchi poi arriva lo start che accompagna le prime emozioni. Signori indovina il corridoio per Andersson, Nesta prova ad allontanare la minaccia ma il terreno scivoloso si allea con la sfortuna e regala ad Andersson una clamorosa occasione. Marchegiani esce e sventa l'insidia, ma la spalla fa di nuovo crack. Triste presagio, ma si riparte senza indugi. Il Bologna è vivace, prova ad imprimere i suoi ritmi alla gara, gestendo la fase offensiva con l'esuberanza tipica di chi vuole mettere in soggezione l'avversario. La Lazio stenta a trovare gli equilibri, il Dall'Ara appare largo e lungo, troppo per meccanismi, quelli biancocelesti, ancora in rodaggio. Ne approfittane Nervo e Binotto, che sulle fasce non trovano ostacoli e mettono la freccia. Poche le occasioni degne di nota, anche se Binotto prova la conclusione ad effetto e rimedia applausi a scena aperta. Magra consolazione, perché la Lazio è un diesel che se carbura fa male. Se ne accorge Pagliuca (15') su un velenoso tentativo di Veron.

l biancocelesti sistemano l'assetto e propongono i temi della giornata. Nedved è ispirato ma non è certo una novità. Nesta rimedia un giallo e chiude a Bologna il suo campionato. Da Torino silenzio totale, la San Luca laziale prova allora a regalare la spinta in più. Mancini tira fuori dal repertorio uno scatto d'altri tempi e consegna a Salas la palla del vantaggio. Il Matador è anticipato, in agguato c'è però Conceicao, che sigla (24') con il più facile dei tap-in l'1-0. Il Bologna reagisce senza esitazioni. Signori ne fa una questione personale, prima angola troppo la battuta (26') poi trova il guizzo del pareggio. Beppe fa saltare il dispositivo centrale biancoceleste e poi irride con un sinistro liftato l'incolpevole Ballotta. Si riparte da zero. Eriksson spedisce nella mischia Ravanelli, da Torino arriva la notizia del vantaggio juventino ma ci pensa ancora lui, l'emblema della speranza, al secolo Simeone, a dire no, i giochi sono ancora aperti. Corre il 24', il 2-1 nasce sull'asse Veron-Cholo, che stavolta riaccende gli entusiasmi di sinistro. Corre sotto la Curva, la Lazio c'è ancora. Salas chiude la pratica al 29', Signori si regala il 150° sigillo in serie A, ed è storia nella storia. Il resto è affidato alle radioline. La San Luca esplode, l'effimero gusto dell'illusione ammalia lo sguardo dei protagonisti. Dura un attimo, quanto basta per capire che anche oggi, come ieri, c'è un fischietto dispettoso a tarpare il volo verso l'infinito biancoceleste.


► Il Corriere della Sera titola: “La Lazio sbanca Bologna e si arrabbia”. Continua il quotidiano: “A bersaglio Conceicao, Simeone e Salas. L’uno-due di Signori. Cragnotti: “Non c’è lealtà: da due anni meritiamo lo scudetto e lo perdiamo per colpa d’altri””.

Bologna - Più di tutto rimane l'urlo strozzato in gola. Alla fine, quando qui non c'era più niente da vedere e a Torino ogni sospiro ancora da ascoltare. Rimane lo sguardo sbarrato dei laziali, le orecchie bollenti incollate alle radioline, la voce di Riccardo Cucchi, a “Tutto il calcio”, che prima s'impenna per raccontare il gol del pareggio-spareggio di Cannavaro e poi vira in direzione opposta per aggiungere che quel gol era stato annullato. La cosa più stupefacente, forse, è che a un anno esatto di distanza nulla sembra essere cambiato per la Lazio. Dallo choc di Firenze, il 15 maggio del '99, col sorpasso del Milan appena consumato, a quello di Bologna di ieri pomeriggio, con l'aggancio alla Juve appena svanito, tutta l'acqua passata sotto i ponti in questi mesi è finita ancora nello stesso mare. Ora si teme solo che dalle lacrime dell'Olimpico contro il Parma, dopo l'inutile vittoria all'ultima giornata, si debba passare a quelle di domenica prossima contro la Reggina. La Juve andrà a Perugia proprio come il Milan 12 mesi fa. Ricordiamo tutti come andò a finire allora: perciò credere che i bianconeri possano fermarsi proprio lì, è come credere alla Befana.

A Bologna la Lazio ha fatto il suo dovere, e almeno sotto questo profilo può ritenersi con la coscienza a posto. Non è risultata brillante e convincente nel primo tempo, quando, già perso Marchegiani per un infortunio alla spalla destra, si è fatta raggiungere da Beppe Signori, il suo vecchio capitano (38', difesa biancoceleste quasi immobile), dopo essere passata in vantaggio con Conceicao (24', respinta corta di Pagliuca su un tiro-cross ravvicinato di Mancini). Ma ha preso il sopravvento nella seconda metà, trascinata da Simeone. Il sinistro del centrocampista argentino, a correggere una punizione lunga dell'amico Veron (19', sesto gol della stagione, il primo di piede dopo due anni), ha spianato la strada alla vittoria biancoceleste. Il sigillo è stato messo da Salas, finalmente tornato al gol in campionato dopo due mesi e mezzo. Di testa (31'), con uno stacco imperioso su un cross di Pancaro.

L'ultimo quarto d'ora è parso un lasso di tempo surreale. Passato quasi esclusivamente nell'attesa di buone notizie, sia per la Lazio che per il Bologna, dagli altri campi della serie A. L'attesa ha premiato solo la squadra di Guidolin, salva nonostante la sconfitta con una giornata di anticipo. Nella malinconia collettiva comunque diffusa c'era ancora spazio per festeggiare Giancarlo Marocchi, 35 anni fra due mesi, all'ultima partita con la maglia rossoblù davanti al proprio pubblico: dopo una carriera lunga e ricca, il capitano del Bologna abbandona infatti il mondo del pallone. E per alzare comunque il calice davanti alla seconda prodezza di Signori, messa a segno intorno al 90'. Prodezza che fa toccare quota 150 all'ex bandiera della Lazio, freddissimo al momento di superare Ballotta in quelle due occasioni, e altrettanto gelido nel non dare sfogo pubblico alle sue emozioni. L'unico, forse, da professionista del Bologna e innamorato della Lazio, ad aver vissuto una doppia sconfitta.


La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio sogna per 15 minuti". Continua la "rosea": "La squadra di Eriksson in vantaggio aveva raggiunto la Juve. Gara esemplare, giocata al massimo: di più i biancocelesti non potevano fare. Una doppietta di Signori non frena i romani. La partita è stata giocata molto in campo e un po' alla radio, seguendo quello che succedeva a Torino. In serie A torna a segnare Salas. Il gol del portoghese Conceiçao apre la festa della curva laziale, interrotta dalle notizie da Torino, poi il pari di Signori, quindi la Lazio prende il largo. Marchegiani si fa male, entra Ballotta".

A testa alta sino alla fine: della tiratissima partita contro il Bologna, e soprattutto del campionato. Come un anno fa, però, non bastano gli elogi per consentire alla Lazio di presentarsi in pole-position all'ultimo gran premio del campionato. Perché due erano i punti di ritardo rispetto alla Juventus e due rimangono, mentre le giornate a disposizione per sognare almeno lo spareggio non sono più due ma una soltanto. Difficile, quindi, per Nesta e compagni consolarsi con questo 3-2 ricco di emozioni, ottavo e ineccepibile successo in trasferta, che rischia però di costituire un'inutile pillola per lenire il dolore di un altro scudetto sfumato tra le polemiche. Eppure, se i numeri non consentono ancora alla Juventus di festeggiare il suo ventiseiesimo triangolino tricolore, il merito è proprio di questa penultima prova della Lazio. Determinata, fresca sul piano atletico, ma anche quadrata tatticamente, la squadra di Eriksson riesce persino a far passare in secondo piano la grave assenza dello squalificato Simone Inzaghi, come dimostrano i tre gol segnati e quello annullato per un dubbio fuorigioco a Salas. Non tragga quindi in inganno il punteggio finale, perché in realtà la Lazio è quasi sempre padrona del campo. E stavolta, al contrario di quanto accadde tre settimane fa a Firenze dove il 3-3 finale frenò la rincorsa alla Juve, Nesta e compagni dopo aver regalato a Signori il gol del provvisorio 1-1, e poi quello del definitivo 3-2, non rischiano più di gettare al vento il successo negli ultimi minuti di recupero. Giocata un po' alla radio e molto sul campo, la sfida regala più emozioni che spettacolo consegnando complessivamente l'immagine di un Bologna inferiore, declinante sul piano tecnico, aggrappato soprattutto alla carica di Signori, e agli ultimi bagliori dell'applauditissimo capitan Marocchi.

Nessuna autostrada, comunque, si apre davanti alla grinta di Simeone, autentico propellente di questa irriducibile Lazio, costretta a far tutta da sola, col piede schiacciato sull'acceleratore fino all'ultimo secondo, nella speranza di non dare via libera in anticipo alla Juventus. Già priva dell'infortunato Mihajlovic e dopo soli 3' anche di Marchegiani, rilevato da Ballotta, la truppa di Eriksson non dà l'impressione di correre grossi rischi in difesa, dove Nesta e Couto devono comunque tenere gli occhi sempre aperti su Andersson e Signori, mentre Negro e Pancaro sulle fasce sono molto meno impegnati dai rispettivi, teorici, dirimpettai Nervo e Binotto. La vera differenza tra le due squadre, che si affrontano con un identico 4-4-2, emerge però in mezzo al campo. Perché nel cuore della battaglia Simeone anticipa spesso Marocchi, tamponando e rilanciando con la continuità del grande giocatore, mentre Veron che incrocia Ingesson si vede a intermittenza ma quando si vede si rende sempre pericoloso. Come al solito, inoltre, più di Conceicao, che fatica a seminare Dal Canto, brilla il mobilissimo Nedved, soltanto teoricamente a sinistra e quindi sempre imprendibile per Falcone. Ne consegue che Salas e Mancini non soffrono certo di solitudine, mentre Pagliuca non rischia di annoiarsi, un po' per le incertezze dei due centrali Bia e Paganin, e molto per la vivacità degli avversari, tutti chi più chi meno in grado di arrivare al tiro.

Non a caso, infatti, il primo a trovare la via della rete è Conceicao, che non è un cannoniere ma è bravo a farsi trovare al posto giusto al 25' quando Simeone, dopo aver avviato l'azione, fa velo su un cross di Mancini, servendogli una facile palla gol. Il sogno dell'aggancio in vetta alla Juventus dura appena un quarto d'ora, perché al 39' Marocchi nobilita il suo addio al calcio con uno splendido passaggio smarcante per Signori, che entra in slalom tra Couto e Pancaro e infila Ballotta con un perfetto tocco di sinistro. Di nuovo staccata dalla Juventus, la Lazio risponde bene con un paio di conclusioni di Veron respinte di pugno da Pagliuca, ma visto che il secondo gol non arriva, Eriksson dopo l'intervallo inserisce Ravanelli al posto di Conceicao, come seconda punta al fianco di Salas, con l'arretramento di Mancini sulla sinistra e lo spostamento di Nedved a destra.

Più delle varianti tattiche, però, sono le motivazioni, decisamente superiori a quelle del Bologna, a far decollare definitivamente la Lazio. E soprattutto è Simeone a fare la differenza. Suo è il gran tiro che impegna Pagliuca, e suo è il tocco vincente di sinistro su punizione di Veron, che rovina la festa della Juve, soltanto 3 minuti dopo la rete-scudetto di Del Piero. Invece di afflosciarsi, la Lazio continua a crederci, e lo dimostra la rabbia con cui continua ad attaccare. Tre angoli consecutivi, altre due pericolose punizioni di Veron, e poi al 30' il gol del 3-1 di Salas, che devia di testa un cross di Pancaro, smarcato da Ravanelli e corretto involontariamente da Falcone. Potrebbe bastare così ma la Lazio non rallenta neppure stavolta, fermata soltanto da un guardalinee che nega a Salas la gioia di un altro gol per un dubbio fuorigioco del cileno. Poi quando esce Simeone, rilevato dal connazionale Sensini, guarda caso arriva la seconda rete di Signori, che beffa ancora gli immobili Couto e Nesta. La beffa più atroce, però, arriva dalla radio con quel boato dei tifosi laziali, che in pochi istanti si trasforma in un gelido silenzio. Perché, bene o male, la Juve riesce a battere il Parma. E così adesso la Lazio dovrà fare un pieno di fede, per sperare che a Perugia non finisca come un anno fa.


La Stampa titola: “Grande Lazio, poi il blitz di Cragnotti”. Continua il quotidiano: “Successo a Bologna lungo l’asse Veron-Mancini, il patron urla: “Moralmente lo scudetto è nostro. Assurdo annullare il gol di Cannavaro: è un calcio da rifare””.

Gioia, paura, felicità e rabbia infernale. Con un'altalena da infarto la Lazio ha stremato i suoi tifosi al Dall'Ara, poi le notizie da Torino hanno distrutto la bella vittoria biancazzurra e scatenato feroci polemiche. Contro la Juventus e contro gli arbitri. Perché la Lazio sente di aver meritato lo scudetto, anzi è convinta di aver subito due scippi. Questo dalla Juve e quello della passata stagione dal Milan. Il presidente Cragnotti, che non si era recato in Emilia per scaramanzia, sbarca a Roma in serata ed è circondato dai cronisti. Non trattiene la sua furia: “Lo scudetto lo abbiamo vinto noi, siamo i vincitori morali. Ho visto a Bologna una grande squadra: mi ha emozionato. È la Lazio che desideravo. Siamo stati superiori a tutti, lo dimostrano anche gli scontri diretti. Ho visto in tv anche la partita della Juve. Mi faceva quasi tenerezza quel cronista di Tele+ che non aveva il coraggio di rimandare alla moviola l'episodio incriminato. Il gol incredibilmente annullato a Cannavaro”. “Questi sono i nostri arbitri - incalza Cragnotti -. Aveva ragione Bartali quando diceva che era tutto da rifare. Questo deve essere lo spirito se vogliamo salvare il nostro calcio. Io sono fiero della mia società, di quello che abbiamo fatto, gli altri non so. Quell'arbitro a Torino deve aver visto un'altra azione... Non capisco proprio perché abbia annullato il gol di Cannavaro”. E poi l'attacco ai vertici del calcio: “Ci faremo sentire, in Lega e in Figc. Bisogna ritrovare quel concetto di lealtà sportiva che oggi manca. E rivedere la professionalità di persone che occupano certe cariche. Prima o poi nascerà il campionato europeo e dimenticheremo queste miserie. Avremo arbitri internazionali. Ma adesso dobbiamo cambiare, altrimenti continueranno a vincere sempre gli stessi”. Ed Eriksson? “Non si mette in discussione un allenatore che ottiene i suoi risultati”.

Al Dall'Ara la Lazio vuole vincere, il Bologna cerca almeno un punto per la salvezza. Ne esce una partita vibrante con tanti protagonisti. Veron si conferma leader indiscusso, Simeone diventa un idolo segnando un'altra rete vitale, ritorna al gol Salas (un “matador” che non faceva centro da febbraio). Vive un piccolo dramma Conceicao che prima segna e poi deve lasciare la maglia a Ravanelli. Signori si toglie la soddisfazione di segnare due gol alla sua ex squadra. Doppia gioia perché il Bologna è salvo anche perdendo e perché la Lazio ha ancora una speranza di scudetto. Si toglie subito dalla mischia Marchegiani, spalla dolorante dopo un'uscita su Nervo al limite del rigore. Entra Ballotta e fa il suo. Anzi nel primo tempo, nei difficili momenti prima e dopo il gol di Conceicao, sono i suoi lunghi rilanci una soluzione per ridare fiato ai biancazzurri. Mancini ha gambe di piombo ma la testa è sempre quella. Un paio di volte annichilisce con lo sguardo chi gli chiede scatti impossibili. Poi la magia. Veron verticalizza e oltre a tutti, solissimo, appare Mancini. Dalla linea di fondo prende la mira e spara su Simeone, Pagliuca ribatte appena, arriva Conceicao ed è gol. Signori decide di fare il guastafeste, salta Nesta e, di destro, mette fuori.

Poi è il capitano laziale a fermare all'ultimo secondo l'ex biancazzurro. E ancora Signori, su splendido tocco di Marocchi, si infila tra Pancaro e Couto. Stavolta palla sul sinistro e gol bello. Il motore di Veron adesso va al massimo dei giri, sono sgroppate e tiri che impegnano severamente Pagliuca. Un brutto fallo di Ravanelli su Pagliuca apre la ripresa. Entra duro anche Veron, la Lazio vuole proprio vincere e non la ferma neanche la notizia del gol di Del Piero. Nesta diventa diga insormontabile e sprona i suoi. Arriva il raddoppio, punizione di Veron che taglia l'area. All'ultimo istante si materializza Simeone che di sinistro, di controbalzo, mette in rete. Ancora Veron brucia le mani a Pagliuca e l'argentino alza le braccia, chiede al pubblico la spinta decisiva. I diecimila laziali lo accontentano con un boato. Al 30', dopo aver qualche perso qualche occasione e sbagliato tutti i passaggi, ecco Salas rinascere. Azione splendida, tutta in velocità. Taglio di Veron di trenta metri per Mancini, lancio per Pancaro che dal fondo crossa e trova la capocciata vincente del cileno. C’è ancora un'emozione al 90'. Signori scappa a Negro, Nesta non lo stende, l'ex brucia Couto sullo scatta e batte Ballotta.


L’Unità titola: “Un amaro successo che ha il sapore di una vittoria di Pirro”.

Bologna - La Lazio mette in cassaforte l’ennesima vittoria di questo suo travolgente finale, ma senza ricavarne assolutamente nulla. Il 3-2 rifilato al Bologna è una vittoria di Pirro. Il successo della Juve ha vanificato l’impresa, fino ad avere quasi il sapore di una beffa. Anche per quel gol annullato al Parma nel finale che la curva San Luca, stracolma di laziali aveva salutato con un boato liberatorio. Sembrava che l’aggancio fosse cosa fatta. Invece, tifosi e giocatori hanno dovuto ingoiare il rospo di una profonda amarezza. Il sogno è durato un attimo, la delusione un’infinità. Delusione che Eriksson ha cercato di stemperare con un elogio generale ai suoi giocatori. “A questa squadra non posso rimproverare assolutamente nulla”. Sì, a questa Lazio, almeno alla Lazio del dopo Verona e del dopo Valencia, cioè dopo due cocenti sconfitte, non si possono muovere appunti. Se errori sono stati fatti, vanno ricercati in tempi lontani. Che sono stati decisivi.

È stata brava la Lazio vista contro il Bologna. Ha cercato con grande caparbietà la vittoria nella ripresa, ottenendola attraverso un calcio di buona qualità. I gol di Simeone e Salas, che aveva siglato anche il possibile poker biancoceleste cancellato però dall’arbitro per un dubbio fuorigioco, sono nati da azioni molto belle per rapidità e precisione. Segno che la squadra è in salute e quello che sorprende e che continua a correre come un treno. Chi l’aveva definita morta e sepolta a marzo è stato smentito in maniera clamorosa. Lo stesso Bologna non è riuscito a frenarne gli slanci, scoppiando letteralmente nella ripresa di fronte al suo incedere. Va detto che i padroni di casa non hanno fatto assolutamente la figura degli sparring partner. Signori, l’ex tanto amato e acclamato anche ieri dai suoi ex tifosi, gli ha anche creato un grande imbarazzo. Prima rispondendo al 39‘ al gol del primo vantaggio laziale realizzato al 25‘ da Conceiçao, pronto a riprendere una respinta della difesa rossoblù, dopo una splendida iniziativa di Mancini (il vecchio Mancio sa ancora essere un protagonista), poi accorciando le distanze nel finale al 44‘ alla sua maniera, in slalom con Nesta e Couto beffati come pivelli. Ma soprattutto nella parte iniziale del primo tempo il Bologna s’è reso pericoloso, grazie alla saggezza tattica di un bravissimo Marocchi, ieri alla sua ultima esibizione casalinga con la maglia rossoblù (a fine stagione lascia) e al tignoso comportamento di Kennet Andersson che ha giocato con una caparbietà esagerata (lui che è un gentleman in campo ha mollato calci e spinte a qualsiasi laziale gli capitasse a tiro).

La Lazio imballata e eccessivamente paurosa ha tremato di fronte all’incalzare dei rossoblù, rischiando di fare harakiri. C’è stato anche un contatto sospetto tra Marchegiani in uscita e Nervo che puntava la porta laziale dopo appena due minuti. Nell’occasione il portiere laziale s’infortunava di nuovo alla spalla ed era costretto a cedere il posto a Ballotta. Il Bologna ha reclamato il rigore, l’arbitro vicino all’azione ha lasciato proseguire. Lo scampato pericolo ha fatto suonare il campanello d’allarme in casa laziale, che si è liberata degli inutili timori e ha preso a macinare gioco. Veron e Simeone sono saliti in cattedra, Pancaro sulle fasce apriva varchi importanti, Nedved era un moto perpetuo. Il Bologna ha cominciato a soffrire, la Lazio è salita in cattedra, straripando nella ripresa. Il raddoppio al17’. Perfetta la punizione di Veron, che Simeone ha trasformato in gol. Il 3-1 al 30’. Lo ha firmato di testa Salas, che non segnava in campionato dal 26 febbraio (Lazio-Udinese 2-1). A quel punto si è aspettato con ansia il miracolo del Parma. Che è arrivato. Ma è stato un pari virtuale, che ha lasciato ancor di più l’amaro in bocca ai biancocelesti.


La partita della Juventus contro il Parma