Domenica 19 marzo 2000 - Verona, stadio Marc'Antonio Bentegodi - Verona-Lazio 1-0

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19 marzo 2000 - 2.890 - Campionato di Serie A 1999/00 - XXVI giornata

VERONA: Frey, Diana, Laursen, Franceschetti, Falsini, Brocchi, Marasco, Italiano (64' G.Filippini), M.Melis (74' Seric), Morfeo, Cammarata (86' Adailton). A disposizione: Battistini, Gonnella, M.Cossato, Salvetti. Allenatore: Prandelli.

LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic, Pancaro, Conceição, Stankovic (46’ Ravanelli), Sensini (74’ Simeone), Veron, Nedved, (46’ Mancini), Salas. A disposizione: Ballotta, Couto, Almeyda, Lombardo. Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Sig. Serena (Bassano del Grappa) - Guardalinee Sigg. Ivaldi e Russo - Quarto uomo Sig. Esposito.

Marcatori: 30' Morfeo.

Note: giornata di sole, terreno in ottime condizioni. Ammoniti: Mihajlovic, Morfeo, Italiano, Franceschetti, Mancini per gioco falloso, Diana per comportamento non regolamentare. Angoli 7-3 per la Lazio. Recuperi: 1' p.t., 4' s.t.

Spettatori: 19.246 di cui 10.374 abbonati per un incasso £.563.005.000.


Una domenica difficile per Juan Sebastian Veron
Domenico Morfeo
Dal Guerin Sportivo
La rete gialloblù ad opera di Morfeo
La difesa laziale mal posizionata subisce il gol decisivo
Dal Guerin Sportivo
Il diagonale secco e preciso di Morfeo
Da La Gazzetta dello Sport
Esultanza dei veronesi Brocchi, Falsini e Diana
Da La Stampa
Marcelo Salas prova a sorprendere Frey
Il portiere gialloblù Frey in giornata di grazia
Il centrocampista portoghese in un altro fotogramma della gara
Il litigio tra Mancini e Morfeo
Faccia a faccia tra Morfeo e Mancini
Da L'Unità
Fallo da rigore su Ravanelli, l'arbitro Serena non concede il penalty
Dal Guerin Sportivo
La disperazione dell'attaccante biancoceleste
Dal Guerin Sportivo
Nesta infortunato abbandona il campo
Dal Guerin Sportivo
Tentativo di Salas, al quale sarà negato un netto rigore
Dal Guerin Sportivo
Il Matador a terra
Dal Guerin Sportivo
Delusione sulla panchina biancoceleste
Dal Guerin Sportivo
La festa del Verona, tre punti preziosi per la salvezza
Dal Guerin Sportivo
Eriksson, panchina in bilico
Dal Corriere della Sera
Il tecnico svedese pensieroso al fischio finale
Da Il Tempo

Biancocelesti in scena a Verona in una gara delicata per il prosieguo del Campionato. La partita parte in sordina ma al 15' Cammarata ha la prima palla-gol sventata da Marchegiani in uscita. Dopo tre minuti Salas è atterrato in area da Laursen ma l'arbitro lascia correre. Al 26' grande suggerimento di Veron in profondità per il cileno che entra in area e lascia partire un tiro che Frey blocca. La svolta al 30': discesa di Cammarata che crossa per Morfeo il quale, indisturbato, realizza la rete del vantaggio per i gialloblù. La gara non ha più grossi sussulti fino alla fine del primo tempo. La ripresa inizia con un'azione biancazzurra al 53': Mancini offre un assist in area per Conceiçao ma il portoghese, di sinistro, manda alto sopra la traversa. La Lazio reclama un altro rigore per un intervento in area di Franceschetti su Ravanelli ma anche questa volta l'arbitro lascia proseguire. Poco dopo angolo di Mihajlovic, mischia in area davanti alla linea di porta con Salas che perde l'attimo e Falsini spazza via la palla. Al 34' ancora duello Salas-Frey, con l'estremo difensore che ha la meglio deviando un colpo di testa del cileno. La partita finisce qui ed anche i sogni della Lazio e della sua tifoseria. Sono troppi i nove punti che la dividono ora dalla Juventus vincente nel Derby della Mole. I bianconeri sono infatti a 59 punti contro i 50 della Lazio, mentre l'Inter si porta a 48.


Il Messaggero titola: “Lazio sparita”. Continua il quotidiano romano: “Morfeo spinge i biancocelesti nel baratro: Londra diventa l’ultima spiaggia della stagione. La sconfitta di Verona sancisce l’addio ai sogni scudetto. I tifosi contestano squadra e tecnico. Nesta infortunato, salterà Chelsea e derby. Mihajlovic sarà squalificato: niente Roma anche per lui”.

Verona - Suona la ritirata. I celebrati campioni biancocelesti guadagnano in fretta il pullman che li porta verso un'Europa ora meno probabile. La gente laziale in trasferta, almeno tremila quelli di curva, urla "mercenari", insulta Mancini che tarda a salire: è l'addio mesto ai flebili sogni di scudetto. Fatal Verona anche per Eriksson e la sua truppa sbandata, arruffona, nervosa, a tratti imbelle. Una metamorfosi imbarazzante rispetto alle ultime prestazioni, quanto meno di carattere anche se non lucidissime. È bastato un avversario pimpante, un bel gruppo di corridori, sempre primi sulla palla, via via liberatisi dal cruccio di trovarsi al cospetto di una Lazio gigante: tutti, anche in tribuna, a stropicciarsi gli occhi di fronte a tanta inconsistenza. Arrivano gli echi della contestazione, per proteggere la squadra raddoppia la scorta della polizia. Insulti anche per Eriksson che parla di Londra come ultima spiaggia. Neanche il tecnico poteva prevedere forse tanta mollezza. Una sola punta, Salas, avrebbe dovuto garantire l'assoluto dominio del centrocampo.

E invece, dopo un inizio spigliato, culminato in un rigore negato al cileno, colpito con una manata al collo da Laursen, e nella più nitida occasione da gol (corridoio di Veron sempre per Salas, che ha trovato il piazzatissimo Frey sul non irresistibile diagonale), la Lazio ha assistito attonita alla crescita del Verona, rassicurato dalla rete di Morfeo. Il fantasista ha capitalizzato, solitario in mezzo all'area per la latitanza di Pancaro, un cross da sinistra di Cammarata, azzeccando il diagonale basso. E per vedere una reazione si è arrivati al 9' della ripresa, quasi venti minuti senza costrutto. Merito dei tonici veronesi, bravissimi Marasco e Brocchi, superlativo Falsini, pezzo pregiato del prossimo mercato, nel contenere le velleità di Sergio Conceicao e proporsi all’arrembaggio. E discreta anche la figura della terz’ultima difesa del campionato, pur priva dell'esperto Apolloni, al cospetto di un attacco laziale cosi ingrigito.

Eriksson ha pensionato nell'intervallo Stankovic e Nedved (il ceko non lo meritava, alla luce dell'andamento successivo) per affidarsi all'esperienza di Mancini e Ravanelli. Che una fiammata l'hanno avuta, liberando in fraseggio Sergio Conceicao ad uno sballatissimo sinistro. Il resto è stato un mini-duello fra Salas e Frey, col promettente francesino ad esaltarsi con due miracoli sulla linea, che un Matador appena decente avrebbe trasformato, prima in mischia e poi di testa, in altrettanti gol: ispiratore sempre Mihajlovic dalla bandierina. Il Verona si è chiuso ma non ha mai rinunciato al contropiede, sprecandolo nell'ultimo passaggio: Marchegiani ha dovuto solo opporsi di piede all'unico rasoterra centrato di Cammarata. Penna Bianca ha protestato per un intervento sul piede di Franceschetti, ma l'arbitro Serena, incerto e spesso in balia dei giocatori, non se l'è sentita neanche stavolta di fischiare il rigore. La Lazio non l'avrebbe neanche meritato, scomposta e velleitaria come si è mostrata, con un Veron sbiadito, un Mancini defilatissimo, un Mihajlovic nervoso fino all'ammonizione che gli farà saltare il derby. Nesta si è stirato nell'ennesimo disperato recupero ed è una tegola anche peggiore in vista delle prossime tre partite, disperata quella di mercoledì a Londra. Eriksson aveva esaurito i cambi, con Simeone al posto di Sensini, e in dieci la squadra non ha trovato la forza nemmeno per un più convinto assalto finale.

Cosa succederà adesso è difficile da prevedere. Il campionato è andato, la Champions sempre in pericolo, i tifosi sono furibondi per l'obiettivo mollato sul più bello, alla vigilia di due match comunque carichi di aspettative. La squadra è sotto choc e, senza il capitano, perde l'unico punto di riferimento reale. Col Chelsea una Lazio così non avrebbe speranze di vittoria e forse neanche di pareggio. Chissà che Boksic e Inzaghino, ora i più freschi, non possano cambiare almeno la sorte europea. E dare un nuovo senso a una stagione che sembra davvero compromessa.


Il Tempo titola: “Lazio, che hai combinato?”. Continua il quotidiano romano: “Decisiva sconfitta a Verona, addio speranze scudetto. Nesta salterà il Chelsea, niente derby per Mihajlovic”. “Eriksson decide di schierare solo Salas in attacco, e il cileno fallisce due occasioni. Male Veron e Nedved, centrocampo in panne. Il capitano costretto a uscire per infortunio dopo una superba prestazione. Scaligeri vittoriosi grazie a una rete di Morfeo”.

Verona – Allo stadio Bentegodi la Lazio dice definitamente addio al sogno scudetto. La sconfitta subita contro il Verona grava più di un macigno, appesantito ancora di più dalla contemporanea vittoria della Juventus nel derby della Mole. A questo punto per Eriksson e i suoi uomini diventa determinante la partita di mercoledì in Champions League contro il Chelsea di Gianluca Vialli, una gara da vincere a qualsiasi costo. Uscire di scena anche in Europa significherebbe una stagione da gettare alle ortiche. La Lazio vista a Verona è stata si troppo opaca, è apparsa stanca, deconcentrata, assolutamente fuori fase ma, cosa più grave di tutte, ha di nuovo evidenziato un Veron in ombra. La scelta di Eriksson di schierare in attacco il solo Salas non risulta particolarmente felice. L’inizio della partita si tinge di biancoceleste: due minuti e Salas già si invola solo verso Frey dopo un perfetto assist di Nedved, ma il suo gol viene annullato per una plateale spinta sul danese Laursen. Al 4’ Veron parte dalla metà campo e allarga per Conceicao, sul cross del portoghese Salas cerca di beffare Frey sul palo più lontano ma la mira risulta imprecisa. Gli scaligeri rispondono dopo dieci minuti grazie ad una percussione centrale di Morfeo che, dopo una serie di rimpalli vinti, serve Cammarata che però viene anticipato in modo decisivo dalla coraggiosa uscita di Marchegiani.

La difesa biancoceleste sembra lucida e ben disposta in campo e per gli attaccanti scaligeri le occasioni scarseggiano. Dopo una protesta laziale per una sospetta manata di Laursen sul volto di Salas in piena area di rigore, i biancocelesti hanno una ghiotta occasione con lo stesso cileno, ottimamente innescato da Veron; appena entrata in area, la punta colpisce a botta sicura ma Frey si supera sventando a terra la minaccia. Il ritmo dell’incontro rimane accettabile ma la Lazio, pur cercando con insistenza varchi disponibili, non riesce a sfondare l’attentissima difesa scaligera, pronta a rilanciare veloci contropiedi sfruttando la rapidità di Brocchi e Falsini. Al 29’ minuto arriva a sorpresa il gol decisivo di Morfeo: cross dalla sinistra di Cammarata e grave indecisione di Pancaro che non riesce a controllare il pallone; per l’accorrente centrocampista veronese è così un gioco da ragazzi infilare l’incolpevole Marchegiani.

Nella ripresa la Lazio si ripresenta in campo in versione decisamente più offensiva con Mancini e Ravanelli al posto dei deludenti Stankovic e Nedved. I risultati si vedono subito: passano 7’ e Conceicao inventa uno dei suoi famosi cross per la testa di Salas; la retroguardia scaligera riesce ad allontanare il pallone, ma dal limite Pancaro scarica un destro di poco a lato. Un minuto più tardi è ancora Mancini a imbeccare con un passaggio preciso Conceicao in piena area di rigore ma il portoghese calcia oltre la traversa di Frey. Per gli uomini di Eriksson dopo il danno, anche la beffa: Mihajlovic viene ammonito dall’arbitro Serena e, essendo diffidato, salterà il derby di sabato prossimo. Al 61’ minuto il serbo prova a riscattarsi su punizione ma il tiro accarezza il palo alla sinistra di un Frey immobile. Altro episodio sospetto in area scaligera con Franceschetti che mette giù Ravanelli lanciato a rete. L’ultima occasione per i capitolini arriva da un angolo del solito Mihajlovic con Salas lesto ad anticipare tutti ma prima l’estremo difensore francese e poi Falsini gli negano il gol del pareggio.


La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio saluta lo scudetto. Decide Morfeo, ma tutto il Verona incanta". Continua la "rosea": "La squadra di Prandelli dà alla Lazio una lezione che va ben al di là del risultato. Incassato il gol, i biancazzurri hanno un'ora di tempo per reagire ma falliscono la prova. E chiudono in 10 per l'infortunio di Nesta".

Al Bentegodi si scende. Già fatale al Milan, lo stadio di Verona si rivela il triste capolinea anche per i sogni tricolori della Lazio. Giù tutti dal treno che avrebbe dovuto condurre Veron e compagni a un'ardua rimonta. Le ultime otto fermate del giro d'Italia biancazzurro serviranno soltanto per evitare almeno i preliminari di agosto, come anticamera della Champions League. Ma proprio pensando al futuro internazionale, ci chiediamo con quale spirito la Lazio arriverà a Londra, per affrontare dopodomani il Chelsea in una gara decisiva. Perché al di là della grave perdita di Nesta, la squadra di Eriksson si presenta al bivio della stagione, battuta nel punteggio, ma soprattutto nel gioco, senza alcuna attenuante. Chi ha visto la partita dal vivo, e non attraverso gli spezzoni delle varie moviole, non può infatti sollevare il minimo dubbio circa la legittimità del successo del Verona. E allora giù il cappello davanti a Prandelli e al suo "vice" Fanna, guarda caso autore del gol dell'ultimo successo gialloblù sulla Lazio, nel 1985. Alla fine di aprile di quindici anni fa, gli applausi del pubblico accompagnavano l'ultimo sprint verso uno storico scudetto. L'ovazione di ieri, invece, saluta la vittoria di una squadra più che mai lanciata verso una meritatissima salvezza. Sette giorni dopo aver raggiunto il Milan sul 3-3, il Verona stavolta va addirittura oltre, regalando scampoli di gioco da squadra vera, nel senso più completo del termine, come dimostra il fatto che è impossibile trovare "il" migliore in campo, perché in molti, dal solito grande Frey al goleador Morfeo, passando da Brocchi a Cammarata, si esprimono a un identico, altissimo, livello. Mentre la Lazio si illude di imporsi soltanto grazie al proprio superiore tasso tecnico individuale, dopo i primi 10' di apparente predominio, il Verona gioca con umiltà e soprattutto con un ritmo superiore, sfruttando alla perfezione le fasce laterali, con tutti gli ingredienti del cosiddetto calcio moderno: dal pressing alla velocità, senza dimenticare quella sanissima grinta, da sempre la prima qualità di chi lotta per salvarsi.

Non inganni, quindi, lo striminzito punteggio finale ché anzi, volendo cercare la perfezione, l'unico vero difetto dei gialloblù è proprio quello di non saper chiudere prima la partita, rischiando fino all'ultimo secondo di sciupare tutto. Sempre viva e ricca di emozioni, la gara si apre nel segno della Lazio, subito sprecona con Salas, che spedisce a lato un bel suggerimento di Nedved. Unica vera punta, davanti a cinque centrocampisti, il cileno si muove molto, ma al di là dell'attento controllo dei due centrali, Laursen e Franceschetti, fa abbondantemente rimpiangere lo squalificato Simone Inzaghi. A questo punto, quindi, non è un caso che nelle ultime tre trasferte (Lecce-Rotterdam-Verona), la Lazio abbia segnato soltanto un gol (con Nedved) e nessuno con Salas. E per restare a Verona, è inutile schierare cinque centrocampisti se poi Conceiçao, Stankovic, Sensini, Veron e lo stesso Nedved non trovano mai il varco giusto e soprattutto si lasciano mettere sotto sul piano della corsa e della continuità dai vari Brocchi, Marasco, Italiano e Melis. La sconfitta della Lazio nasce proprio qui, in mezzo al campo, anche perché conoscendo le intenzioni tattiche di Eriksson, Prandelli indovina la mossa giusta arretrando Morfeo, più trequartista che seconda punta, pronto ad affiancare l'unico vero attaccante, Cammarata, ma soprattutto a rientrare sulla linea dei centrocampisti. Bravi a non lasciarsi schiacciare, i gialloblù incominciano a far capire le loro intenzioni con Cammarata, che al 12' costringe Marchegiani a un'uscita col corpo, e poi con Italiano capace subito dopo di impegnare il portiere con due conclusioni nel giro di pochi secondi. La Lazio risponde con uno splendido lancio di Veron, ma Frey blocca la conclusione non irresistibile di Salas, mentre poco più tardi Marchegiani non può far nulla per fermare il diagonale di Morfeo, libero di girare a rete il cross di Cammarata.

A quel punto manca un'ora alla fine, ma la Lazio non ha più la freddezza, né la forza, per risalire la corrente. E a nulla serve la doppia mossa di Eriksson, che dopo l'intervallo toglie Stankovic e Nedved, inserendo Ravanelli in attacco e Mancini sulla sinistra. Come non detto. Dal 5-4-1 al vecchio, in ogni senso, 4-4-2, in campo si vede soltanto il Verona, bravo a pungere in contropiede ma non a concretizzare. Le occasioni della Lazio sono episodi isolati. Frey, pur senza fare miracoli, para bene quel poco che c'è da parare. E a nulla serve neppure il disperato inserimento di Simeone per Sensini. Invece di avere un uomo fresco in più, la squadra di Eriksson si trova con un uomo in meno per colpa dell'infortunio di Nesta, costretto a vedere gli ultimi 8' dalla panchina. Triste spettatore di una triste resa. Perché la Lazio di Verona sventola bandiera bianca in campionato. Con la speranza di volare a Londra, per rialzare la bandiera biancazzurra. Almeno in Europa.


La Stampa titola: “Verona, città fatale anche per la Lazio”. Continua il quotidiano: “I biancocelesti perdono partita e Nesta (infortunato): Champions League ultima spiaggia. Cragnotti attacca: “Abbiamo giocato senz’anima””.

La Lazio è un pallone colorato che per mezz'ora svolazza davanti a Frey, poi arriva lo “spillone” Morfeo e addio sogni. La ciurma miliardaria raccolta da Sergio Cragnotti in giro per il mondo si arrende a un Verona ricco solo di volontà. Questa partita è un capolavoro di Prandelli che ottiene il massimo da un pugno di “ragazzotti” al primo campionato in serie A e da due mini-stelle: Frey e Morfeo. Che nella passata stagione dormivano sulle panchine di Inter e Fiorentina. Insomma, la solita Lazio e il solito Eriksson: al momento decisivo vanno in pezzi. Nei dodici turni del Duemila, i biancocelesti hanno perso undici punti nei confronti della Juventus: da più due a meno nove. Il tecnico svedese si limita a un sussurro: “Dobbiamo lottare ancora”. Poi confessa: Mercoledì a Londra giochiamo la partita della vita”. “Addio scudetto, 9 punti sono troppi. Lazio senz'anima - detta il presidente da Roma – mi auguro che con il Chelsea si trasformi. Voglio la Champions League. Sabato, sarà il derby delle depresse. E' il limite della capitale: quando c'è da fare il salto di qualità, scompare”. Il “repulisti” comincerà da Eriksson. Al suo posto, Sacchi: “un grande allenatore con la mentalità vincente” (Cragnotti dixit). Si riparte da Nesta, capitano vero. Il prode Alessandro, prima di lasciare il campo per uno stiramento alla gamba destra, ciao Chelsea, ciao derby, non sa trattenere un gesto di stizza verso la panchina.

Pure stavolta Eriksson s'incarta e sbaglia tutto. Tradito dalla paura, in una partita da vincere ad ogni costo presenta una sola punta, quel Salas che non ne imbrocca una. Strada facendo arriva a tre (Ravanelli & Mancini) con Veron alle spalle. Come non detto. I moduli non c'entrano, La realtà è che la Lazio non corre più. La rosa faraonica non è servita neppure quest'anno. Alla Lazio non resta che l'Europa, ma non si capisce come possa risorgere una squadra così cotta. Il derby di sabato è già un incubo, anche se la Roma non sta meglio. Senza Mihajlovic (squalificato) e Nesta (infortunato) può essere l'inizio della fine, esattamente come due stagioni fa, quando la Lazio chiuse con sette sconfitte e un pari. Dal naufragio laziale spunta un pizzico di sfortuna. Il Verona trema in avvio, messo sotto assedio. Al 16' Salas va giù in area, travolto da Laursen: Serena tace. Poi uno splendido lancio di Veron, venti metri di palla rasoterra: Salas si fa ipnotizzare da Frey. Qui finisce la Lazio e comincia Morfeo. Sul cross di Diana (Pancaro a vuoto) il piccolo fantasista controlla e mostra come si tira in diagonale. Il gol centuplica le forze dei veronesi e taglia le gambe ai laziali. Diana domina la sua fascia, a centrocampo Brocchi, Italiano, Marasco e Melis fanno pressing e sradicano palloni su palloni che, puntualmente consegnano a Morfeo. Fa uno strano effetto vedere Veron cercare il contrasto e perderlo. Lui che con una finta saprebbe saltare avversari a grappoli. Stankovic è una statua di marmo, Nedved si annulla da solo. Salas sbaglia anche il suo numero preferito, il colpo di testa.

Eriksson cambia tutto nella ripresa. Ripesca Mancini. Brutta idea. Prandelli gli mette alle costole Filippini e il divo Roberto non tocca più palla. Dentro anche Ravanelli che non riesce a tirare in porta, ma al 20' cade in area e invoca il rigore (non a torto, forse). L'arbitro, cuore d'oro, non ammonisce lo smoccolante Ravanelli. Se Morfeo spreca il raddoppio di testa, Frey è splendido nel tenere fuori dalla porta un pallone velenoso di Mihajlovic. E Salas, da buon gatto di marmo, resta fermo e non mette in rete da due passi. Squadre senza fiato. Si recita a soggetto. Simeone sventa su Brocchi, Frey ancora su Salas. Esce Nesta, Lazio in dieci ma sempre avanti. Frey rintuzza la punizione di Mihajlovic, Cammarata “grazia” Marchegiani. Ancora Frey su Ravanelli, ed è finita. La Lazio imbocca la strada che porta all'inferno. Tifosi inferociti. Polizia in assetto di guerriglia. Scaramucce e insulti. Un film già visto.


► Il Corriere della Sera titola: “Verona, capolinea della Lazio da scudetto”. Continua il quotidiano: “Decisiva la rete di Morfeo alla mezz’ora del primo tempo. Restano molti dubbi per due interventi in area su Salas e Ravanelli. Sabato il derby senza Nesta e Mihajlovic. Distrazione alla coscia per il capitano, ammonizione “pesante” per il serbo: i biancocelesti precipitano a meno nove dalla capolista”.

Verona - Se questa era la squadra che doveva inseguire la Juve, allora il campionato non ha mai corso il rischio di essere riaperto. E se questa sarà la squadra che vedremo a Londra contro il Chelsea, dopodomani, diventerà ben difficile immaginare un futuro luminoso anche nella Champions League. Che cosa stia accadendo, o che cosa è accaduto, probabilmente lo saprà Eriksson. Di sicuro una Lazio come quella di ieri promette solo di non andare da nessuna parte. Finito il campionato con due mesi di anticipo (solo un folle può pensare di recuperare 9 punti alla Juve in queste ultime 8 giornate e in queste condizioni), la formazione biancoceleste sembra essere stata scaraventata sull'orlo di un baratro. Se non passerà il turno in Europa, se fallirà pure i quarti della Champions League, consegnerà agli archivi una stagione inaspettatamente fallimentare.

Il Verona ieri ha vinto bene e meritatamente. Poteva persino schiantare la Lazio con un punteggio più largo se si fosse mostrato maggiormente lucido e determinato in zona gol e se in alcune occasioni non avesse trovato pronto Marchegiani, l'unico laziale a meritare la sufficienza. La squadra di Prandelli, forse, per un certo periodo di tempo nemmeno ha creduto ai suoi occhi: dopo il quarto d'ora iniziale, giocato in maniera decente, la Lazio è franata sul piano dell'agonismo, cedendo il passo alla brillantezza del Verona, e verso il finale anche sotto il profilo psicologico. Restano molti dubbi per due atterramenti in area di Salas e Ravanelli, ma non si può sempre prendersela con l'arbitro, che pure ha sbagliato.

Il crollo dei biancocelesti si è concluso con un doppio colpo: l'infortunio a Nesta, uscito dieci minuti prima del termine per uno stiramento ai flessori della coscia destra (se la diagnosi dovesse essere confermata oggi, il capitano rischierebbe di saltare sia Londra, sia il derby di sabato prossimo, sia la Juve) l'ammonizione rimediata da Mihajlovic, diffidato, che salterà per squalifica la sfida contro la Roma. Molto attento in difesa, insuperabile in Frey, bravissimo a opporsi alle due sole conclusioni pericolose della Lazio confezionate da Salas, il Verona ha stravinto il match a centrocampo. Con Brocchi e Melis, Marasco e Italiano a triturare i dirimpettai biancocelesti. Il bel gol di Morfeo al 29' - ancora determinante per i veneti che hanno raggiunto il Toro al quartultimo posto - scaturito da un cross dal fondo di Carnmarata, ha condannato giustamente la Lazio alla sua insipienza e alla sua sciatteria.


L'Unità titola: “Verona, finisce il sogno della Lazio”. “Decisiva una rete di Morfeo. Pessima prova di Veron”.

Verona - Lo scudetto? Non è roba per la Lazio. La conferma ieri a Verona, dove la squadra di Eriksson ha scritto una delle più brutte pagine del suo campionato. Una sconfitta pesantissima non per il risultato finale (1-0), ma per gli effetti devastanti della battuta d’arresto. La Juve se n’è bella che andata: 9 punti di vantaggio, un distacco che mette fine al campionato, perché, mentre le altre arrancano, o meglio perdono con incredibile facilità, gli uomini di Ancelotti marciano come treni. E anche le polemiche su arbitri e sudditanze di qualsiasi tipo si liquefanno di fronte ai risultati. Se non si riesce ad imporre la propria legge ad una squadra come il Verona, (comunque in serie positiva da 7 turni), non si possono accampare pretese. La Lazio è stata squadra soltanto nel primo quarto d’ora. Delle buone giocate, qualche possibilità per passare in vantaggio: fallo di Laursen in area su Salas al 17’, il rigore ci può stare o non stare. Dieci minuti più tardi l’attaccante cileno conclude di sinistro su lancio di Veron, Frey blocca in tuffo. Poi il vuoto. Assoluto. Per responsabilità dei biancocelesti che hanno creduto con troppa presunzione dell’avversario. Il Verona, invece, smaltita la paura iniziale, ha saputo rispondere colpo su colpo, conquistando con il tempo sempre più spazi di campo. A favorirne la crescita, l’incredibile friabilità del centrocampo biancoceleste, nonostante Eriksson avesse rinforzato gli ormeggi, presentando cinque centrocampisti ed una punta soltanto, come contro l’Inter sette giorni prima.

Questa volta l’"idea" erikssoniana ha fatto un buco nell’acqua, per la staticità di alcuni giocatori, per la cattiva prova di elementi determinanti come Veron, quello che avrebbe dovuto fare la differenza, e per l’inconsistenza offensiva. In una partita che si deve vincere non si può giocare con una punta soltanto (Salas), se si vuole continuare a coltivare il sogno-scudetto. Veron, per tutto il primo tempo, è stato una palla al piede, soprattutto per i compagni di linea, spesso tagliati fuori dalle sue “papere”. Non era ispirato, e va bene. Ma regalare con una continuità impressionante palloni su palloni agli avversari, è stato a dir poco deleterio. L’argentino non ha compreso che per liberarsi dalla gabbia che gli era stata costruita intorno avrebbe dovuto giocare con più semplicità e con meno ricami. Che poi ricami non erano, ma orrendi sgorbi, che si trasformavano in palle invitanti per le ripartenze degli avversari, guidati da un Morfeo e da un Brocchi in grande spolvero e che costringevano agli straordinari la difesa laziale, brava in Nesta (uscirà all’80’ per uno stiramento lasciando la squadra in dieci), meno brava in Mihajlovic e Negro.

Di fronte a questa situazione è chiaro che il Verona sarebbe passato alla cassa per riscuotere, visto che aveva preso in mano le redini del gioco. Accadeva al 30’. Cammarata crossava bene dalla sinistra e Morfeo, in solitudine, metteva la palla in rete. Nella ripresa, Eriksson giocava le carte Mancini e Ravanelli per Stankovic e Nedved. Soltanto dei palliativi. Le uniche recriminazioni sono un fallo da rigore di Franceschetti al 20’ su Ravanelli, ignorato dall’arbitro, un pallone di Salas salvato sulla linea da Diana e Filippini in tandem al 22’ sugli sviluppi di un corner, un salvataggio di Frey su un bel colpo di testa di Salas al 34’. Troppo poco per pretendere di più, considerando che erano occasione causali, non scaturite da precise geometrie e perché il Verona in contropiede sfiorava il raddoppio in più di un’occasione. Forse sarebbe stato troppo per la Lazio, ma, a questo punto, anche il pari poteva essere un premio eccessivo.