Domenica 5 maggio 2002 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Inter 4-2

Da LazioWiki.

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5 maggio 2002 - 3000 - Campionato di Serie A 2001/02 - XXXIV giornata

LAZIO: Peruzzi, Stam, Fernando Couto, Nesta, Favalli, Poborsky, Giannichedda, Simeone (78' D.Baggio), Stankovic (61' Cesar), Fiore, S.Inzaghi. A disposizione: Marchegiani, Negro, Pancaro, Colonnese, Evacuo. Allenatore: Zaccheroni.

INTER: Toldo, J.Zanetti, Cordoba, Materazzi, Gresko, Sérgio Conceição (60' Dalmat), Di Biagio, C.Zanetti (73' Emre), Recoba, Ronaldo (78' Kallon), Vieri. A disposizione: Fontana, Sorondo, Serena, Guglielminpietro. Allenatore: Cuper.

Arbitro: Sig. Paparesta (Bari).

Marcatori: 12' Vieri, 20' Poborsky, 24' Di Biagio, 45' Poborsky, 56' Simeone, 73' S.Inzaghi.

Note: Giornata calda e terreno in ottime condizioni. Ammoniti Stankovic e Materazzi. Recuperi: 2' pt e 4' st.

Spettatori: 75.333.


Tifosi interisti e laziali mischiati nello stadio
La rete di Vieri del 2° vantaggio Inter
La seconda rete di Poborsky del 2-2
Simeone sigla il 3-2 di testa
La rete di Simeone vista dalla curva
Simeone abbracciato dai compagni
L'esultanza di Inzaghi dopo il 4-2
Il tabellone sancisce il risultato finale
Fernando Couto in marcatura su Christian Vieri
La partita vista dalla tribuna
Il biglietto della gara

In un Olimpico stracolmo di tifosi interisti mischiati per via del gemellaggio a quelli laziali in ogni settore dello stadio, l'Inter perde proprio all'ultima giornata di Campionato lo Scudetto, superata in classifica dalla Juventus vincente ad Udine. I giocatori laziali sono contestati dalla Curva Nord che rimprovera lo scarso impegno nella disfatta per 1-5 nel Derby e quello invece profuso nella partita odierna. Al termine della gara si registra tensione negli spogliatoi tra alcuni giocatori delle due squadre. La Lazio, con questa vittoria, conquista comunque il diritto a partecipare alla Coppa UEFA.

► Dalla Gazzetta dello Sport: “Clamorosa sconfitta per la squadra di Cuper scavalcata anche dalla Roma - L'Inter paga la grande illusione - Nerazzurri frastornati: tutto l’Olimpico è con loro, ma la Lazio rimonta e li travolge. Cuper ha schierato una formazione troppo sbilanciata in avanti”.

Roma - Come si prevedeva era tutto per l’Inter l’Olimpico, ma non lo era la Lazio che ha giocato fino in fondo con onesta professionalità la sua partita e ha così provocato uno di quei ribaltoni che rimarranno indelebili nella storia del campionato. La fatal Verona, la fatal Perugia ed ora questa fatale Roma per un’Inter vittima dei suoi errori, tra i quali, gigantesco, quello di aver creduto che la partita decisiva era vinta prima di giocarla.

Un tonfo terribile stampato sui volti di un Ronaldo piangente in panchina e di un Moratti pietrificato in tribuna. Dal primo posto al terzo nel giro di pochi minuti; dallo scudetto all' obbligo dei preliminari in Champions League. Non è bastato l’errore di Peruzzi dopo 12' che consentiva a Vieri di portare in vantaggio la squadra; non è bastato il colpo di testa rabbioso di Di Biagio a stabilizzare definitivamente la partita sul 2-1: l’Inter era come un secchio senza fondo, l’acqua che raccoglieva in attacco, la perdeva in difesa.

Ogni volta che trovava il gol dei tre punti, cedeva alle lusinghe di un pubblico tutto dalla sua parte e non si accorgeva che in campo c’era chi non era rassegnato alla sconfitta. Dapprima qualche laziale in ordine sparso, Fiore che correva ovunque a concertare manovre ficcanti, poi Stankovic che s' impegnava come da tempo ha fatto in questa sua stagione in controtendenza con la Lazio, infine Poborsky che ci metteva rapidità, opportunismo e rabbia nelle sue realizzazioni facilitate comunque dalla scelleratezza della difesa avversaria.

Alla fine, tutti i biancazzurri ci hanno messo l’anima, hanno capito che non potevano lasciare quei compagni a battersi da soli. Simeone segnava il gol del sorpasso quasi scusandosi con i suoi vecchi amici interisti, ma sul 3-2 non c' è stata più gara. Da una parte correva e combatteva una Lazio orgogliosa e furente, dall' altra un’Inter a rotoli soprattutto nel morale.

Ed è arrivato il 4-2 di Inzaghi, il palo di Cesar. Si capiva che l’Inter non avrebbe più dato dispiaceri a Peruzzi e che la Juve non sarebbe stata più rimontata come era successo domenica scorsa con i due gol al Piacenza nell' ultima mezz' ora. Adesso è difficile dire dove l’Inter abbia gettato al vento questo scudetto che credeva ormai suo dopo 13 anni di vana attesa. Non l’ha perso soltanto all'Olimpico, questo è chiaro. Forse è stata contro l’Atalanta a San Siro l’occasione veramente mancata.

Poteva chiudere lì il campionato e invece, facendosi superare dagli uomini di Vavassori, ha rimesso in gioco la Juve. E che i bianconeri erano diventati gli avversari più pericolosi era scontato visto il calendario che assegnava all'Inter all' ultima giornata la più insidiosa delle trasferte. Insidiosa perché la Lazio, sebbene reduce da una stagione infelice, era pur sempre avversario di rango e insidiosa proprio in considerazione dello stato di forma precario dei nerazzurri evidenziato in tutto quest' ultimo mese. Anche quando vinceva, l’Inter soffriva le pene dell’inferno e rischiava l’indicibile persino contro il Brescia e il Piacenza in casa.

L' illusione che questa gara dell’Olimpico fosse alla sua portata non poggiava su basi tecniche, ma sulla convinzione, risultata poi terribilmente errata, che Nesta e compagni si sarebbero mostrati arrendevoli, in linea con il loro pubblico. Così non è stato e nell'Inter sono venute alla luce tutte le lacune di questi ultimi tempi nei quali il gioco era andato a rotoli e solo i gol delle sue grandi individualità tenevano in corsa la squadra.

Ha sbagliato anche Cuper all'Olimpico partendo subito con una formazione altamente offensiva e a rischio se la partita, come è avvenuto, fosse stata «vera». Due punte come Ronaldo e Vieri corredate ai lati da Conceicao e Recoba, il che inevitabilmente portava i due centrocampisti ad agire molto alti. Se si considera che Di Biagio è stato uno dei più decisi assalitori dell’Inter, si capirà quanto sia rimasta abbandonata a se stessa la difesa nerazzurra. C’era una zona libera davanti a Materazzi e compagni nella quale Fiore e Stankovic hanno fatto sfracelli. E di questo il tecnico non si è preoccupato neppure quando, con Di Biagio al 24', l’Inter aveva rimediato al primo gol di Poborsky arrivato al 20' su cross di Fiore stupendamente smarcato in area nerazzurra da una scucchiaiata di Stankovic. L'Inter non ha serrato le linee, non si è piazzata in posizione più prudente e la Lazio ha continuato a portar minacce.

Il 2-2 è venuto per gentile concessione di Gresko che di testa ha fornito l’assist al ceko, ma già prima c' erano stati segnali di pericolo davanti a Toldo.

Nella ripresa non c' è stata più partita: nerazzurri furenti, ma inoffensivi con Vieri e Ronaldo che si pestavano i piedi, con Recoba che si accentrava troppo e con la Lazio che continuava ad andare via in contropiede (Paparesta graziava Cordoba falloso su Inzaghi lanciato a rete): quasi inevitabile il 3-2 di testa di Simeone, specialista quanto Di Biagio, e poi il 4-2 rendeva i cambi di Cuper inutili: Dalmat era da mandare in campo prima, non sul 3-2: Cesar che aveva sostituito Stankovic infortunato mandava a rete Inzaghi solissimo davanti alla rete di Toldo e colpiva lui stesso il palo. L'Inter aveva già abbassato la guardia e il capo di fronte ad una disfatta, a guardar bene, innescata a miccia lenta da lontano.


► Il Corriere della Sera titola: L'Inter paga la grande illusione. Nerazzurri frastornati: tutto l'Olimpico è con loro, ma la Lazio rimonta e li travolge. Cuper ha schierato una formazione troppo sbilanciata in avanti. Moratti se la prende con la Lazio. "Ha giocato con tanto impegno, come in una finale di Coppa". Il presidente dell'Inter è amareggiato: "I miei giocatori sono dei poveri cristi, ma spero che la Lazio abbia vinto per sé stessa e non per conto di altri".

Solo un paio di volte, nel calcio, eravamo andati vicini a vedere la fine del mondo. Pensavamo che il massimo fosse quanto accaduto a Perugia, due stagioni or sono, nel giorno del diluvio. Invece dovevamo arrivare fino all'Olimpico, stavolta in un pomeriggio di sole tiepido. In questo stadio, riempito da oltre quarantamila nerazzurri, la società di Moratti, che attendeva da sette anni, e la squadra di Cuper, che ha corso per oltre nove mesi, sono stramazzate al cospetto di un avversario resuscitato in maniera appena decorosa solo all'inizio della ripresa.

A Roma non è stata la Lazio a vincere. E' stata l'Inter a non poterlo fare, le residue energie bruciate nella certezza che l'Olimpico dovesse riservare una passerella e non già un incontro di spessore. A dare retta non solo alla prima mezz'ora, la convinzione dei nerazzurri di trovarsi di fronte ad un avversario assai più svuotato di loro sul piano atletico e nervoso, era fondata. Il vantaggio di Vieri, favorito da un evidente imbarazzo di Peruzzi, sembrava la testimonianza palese di quella teoria (un portiere che commette un errore del genere è come minimo deconcentrato). Così come, sempre per stare ai fatti, pure il secondo vantaggio, stavolta di Di Biagio, di testa e ancora una volta dallo stesso angolo, certificava di una difesa non propriamente imbattibile sui palloni aerei. Tuttavia due episodi contribuivano a inquietare i cuori terremotati dei nerazzurri, ben prima che nel secondo tempo avvenisse l'irreparabile.

Uno: il pareggio, seppure durato l'inezia di quattro minuti, di Poborsky, nettamente il più presente tra i laziali. Due: l'inconsistenza offensiva dei nerazzurri per colpa di Vieri e Ronaldo, entrambi risucchiati dai corridoi centrali dove l'intasamento era colossale. Inoltre, nel finale del primo tempo, e con troppe situazioni in bilico sugli altri campi, l'Inter ha cominciato non solo a vivacchiare sui ritmi blandi della Lazio, ma a concedersi distrazioni clamorose. Per esempio, in occasione del secondo pareggio di Poborsky, è facile scaricare tutta la colpa su Gresko. Lo slovacco è di certo il più colpevole, ma a chi capisca di calcio non sfuggiranno la complicità di Materazzi (che non chiama la palla sull'intervento scomposto, di testa, di Cordoba) e quella di Toldo che avrebbe avuto il dovere di "avvisare" Gresko dell'accorrere di Poborsky. La partita, il confronto, l'atteggiamento in campo e perfino all'interno dello stadio, prima unanimemente schierato a sostegno dell'Inter, sono mutati quando, sul 2-2, la Lazio ha realizzato di avere scacciato l'incubo della Roma bicampione.

Di più: nell'istante in cui Simeone depositava in rete la palla del 3-2, le avvisaglie di un imminente cambio di rotta, anche altrove, avevano già tonificato la Lazio. A questo scarto, l'Inter è parsa del tutto impreparata. Prima ha provato a flettersi, poi si è spezzata. Gol di Simeone, di testa, su assist di Fiore (autore anche del passaggio per l'1-1 a Poborsky), gol di Simone Inzaghi, sempre di testa, e sul secondo palo, a incornare un cross di Cesar. Il quale, subentrato a Stankovic a mezz'ora dalla fine, ha pure graziato l'Inter, colpendo un legno, di nuovo di testa, su macroscopico errore di valutazione di Toldo. Prima delle lacrime inconsolabili di Ronaldo, la Lazio si è abbandonata al fraseggio. Forse non era vero, ma ci è parso che accadesse per non umiliare i mancati campioni d'Italia, destinati addirittura a ripartire, l'anno prossimo dai preliminari di Champions League.

La Stampa titola “La furia della Lazio gela l'Inter e l'Olimpico - L'orgoglio dei biancocelesti spiazza gli smarriti nerazzurri che vanno in tilt - La squadra di Zaccheroni gioca contro tutti: parte male sotto i fischi dei suoi tifosi, si scatena nella ripresa e conquista un incredibile successo - In vantaggio due volte i milanesi si fanno rimontare da Poborsky e crollano nel secondo tempo: gol di Simeone e di Simone lnzaghi

Roma - Un Olimpico tutto nerazzurro, Peruzzi che regala subito un gol, Lazio più molle che mai sotto i fischi dei suoi tifosi. A questo punto perdere lo scudetto sembra impossibile, l'Inter entra di forza nel libro dei primati con un suicidio perfetto. Il trio delle meraviglie Ronaldo-Vieri-Recoba vive solo con gli spunti dell'uruguaiano e non sono molti. Accanto ad un Cuper-marionetta, Zaccheroni gongola nella giornata più bella da quando è alla Lazio.

Senza Crespo, Lopez, Mendieta la sua è una squadra da mezza classifica. Ha contro l'Inter capoclassifica e tutto lo stadio. La Curva Nord è la prima ad incitare i nerazzurri, a fischiare metà Lazio. Ma a tutto c'è un limite, l'orgoglio dei biancocelesti si risveglia con l'uno-due di Poborsky ed il 4-2 finale ammutolisce gli ottantamila spettatori, fa ammainare mille bandiere nerazzurre.

La Lazio vince con merito, tiene palla senza problemi, conquista una qualificazione Uefa che sembrava impossibile. Profetico uno striscione nella Curva Nord: «Peruzzi scansati». È il 12' quando il portierone, su angolo, agguanta la sfera e la deposita sui piedi di Vieri. Gol da parrocchia. Recoba vola via, consegna a Ronaldo che ciabatta alto. Ancora il brasiliano al tiro, sbagliato di molto. Tra un fischio e l'altro Stankovic inventa un pallonetto da manuale. Fiore non ha il cuore por tirare in porta, palla nel mezzo dell'area e Poborsky la scaraventa in gol.

La Nord si innervosisce: «Mercenari, andate a lavorare» ed esplode di gioia al 25': su angolo Di Biagio indovina la capocciata vincente. Ora è solo Inter. Peruzzi al lavoro, Ronaldo lo aiuta sbagliando mira. A dieci dalla fine del tempo l'Inter rallenta. Due punizioni, di Stam e Stankovic, preoccupano Toldo. Ancora Stankovic che non riesce a centrare la porta ed ecco Gresko alla riballa. Palla che spiove, l'interista appoggia di testa su Toldo. Il portiere, sorpreso, ha un attimo di ritardo, Poborsky fa 2-2. Stadio gelato.

Ripresa. L'Inter non c'è più. Vieri non gioca, litiga con chi gli è vicino. Stankovic spara alto. Nella Nord un altro striscione pro nerazzurri: «Vincete per Prisco».  Ma c'è Stam che ridicolizza chi prova a superarlo, non importa se si tratta di Ronaldo, Vieri o Recoba. Nesta e Couto hanno ritrovalo la giusta grinta, solo Simeone continua a sbagliare, sembra che giochi ancora con l'Inter. Lancio di Fiore, scatto di Inzaghi. Cordoba, superato, lo spinge da dietro. Fallo da ultimo uomo, l'arbitro tace.

Ma il gol laziale sta per arrivare. Punizione di Fiore, Simeone, di testa, mette in gol quasi controvoglia. Non esulta mentre i compagni lo abbracciano. Sulla panchina Zaccheroni sprizza felicità. L'errore è tutto dello Zanetti italiano, che non salta e lascia che l'argentino colpisca indisturbato.

La Lazio si stropiccia gli occhi, incredula. Poborsky sbaglia il tris. Fiore sbaglia mira. L'Inter cerca l'assalto disperato e per dieci minuti fa paura. Nesta salva a porta vuota (tocco di Vieri), Peruzzi si salva a stento sulla punizione bomba di Di Biagio, Recoba infila cinque dribbling vincenti, poi si vede deviare il tiro in angolo. Ancora una punizione inutile dell’uruguaiano segnala la resa nerazzurra. Se ne va in contropiede Inzaghi, poi non ha la forza per tirare, ma si rifà dopo un paio di minuti. Cross di Cesar (unica cosa buona della partila) e la testa del centravanti mette il pallone dove Toldo non può arrivare. È un gol che manda la Lazio in paradiso. Adesso giocano tutti bene, fosse sempre così questa squadra varrebbe lo scudetto.

La Lazio ha in mano la partita. Cesar mette sul palo con Toldo ormai out per l'uscita a vuoto. Manca un quarto d'ora alla fine, nessun problema per i biancocelesti. L'Inter non c'è più, viene irrisa da passaggi in serie.

L'Olimpico muto aspetta invano la riscossa. La Nord si sfoga urlando insulti a Zaccheroni, ma la Lazio ha vinto e va in Uefa.


► Tra Materazzi e Nesta finisce in rissa. L'ex perugino: «Hai dimenticato che ti ho fatto vincere un titolo»

Roma - Fine gara rovente all'Olimpico. Niente in confronto a Roma-Galatasaray, ma il clima al rientro delle due squadre negli spogliatoi è quello di un saloon di Far West. Materazzi e Nesta protagonisti principali della lite, ma il nervosismo contagia tutti. «Vi ho fatto vincere lo scudetto...», ha sussurralo in campo Materazzi, ripreso dalle telecamere mentre si riferiva sconsolalo a quel Perugia-Juve 1-0 di due anni fa. Poi, secondo testimoni diretti, molti giocatori delle due squadre hanno cominciato ad alzare la voce e inveire, qualcuno è rimasto in silenzio.

Gli interisti hanno rivolto ai colleghi biancocelesti offese piuttosto pesanti. In particolare, Materazzi avrebbe usato parole dure all'indirizzo di Poborsky, Cesar e Nesta. Sempre all'interno del tunnel qualcuno ha provato a rispondergli da lontano, ma Materazzi ha proseguito senza fare marcia indietro. «Se c'è stato qualcosa tra me e Poborsky? Sì, qualcosa in effetti c'è stato, ma sono episodi che dopo ima partita di calcio possono accadere», il serafico commento del difensore interista sull'argomento.

Lo scontro tra alcuni giocatori della Lazio, Materazzi e anche Kallon è stato più verbale che fisico. Il tutto è durato più o meno 10 minuti, con l'arrivo di alcuni agenti all'interno degli spogliatoi quando lo «scontro» era già terminato. In precedenza, alcuni compagni di squadra avevano tentato di placare Materazzi, come Vieri e Conceicao, non a caso due ex laziali.

Alcune scaramucce erano iniziale già sul terreno di gioco con l'Inter in evidente affanno nel secondo tempo e con alcuni giocatori della Lazio, vedi Cesar, che correvano e spingevano sulla fascia come forsennati. «L'Olimpico? Un clima surreale». Fa presto Stefano Fiore a raccontare i 90' di Lazio-Inter: incredibili per i nerazzurri che hanno visto volar via uno scudetto a portata di mano, inverosimili per i giocatori di casa.

Fischiati e vincenti. I tifosi biancocelesti durante la settimana avevano dichiarato più volte che avrebbero sostenuto la squadra avversaria, cioè l'Inter, e fischiato la loro. Detto, fatto. Nonostante le accuse di provincialismo lanciate da Cragnotti. «Sinceramente non so come descrivere l'atmosfera - spiega Fiore - Roma è unica, soprattutto per quanto riguarda il tifo, ma è così e va accettata».

Tanto unica che a fine partita solo il centrocampista, nella squadra biancoceleste, ha voluto affrontare l'argomento. Tutti gli altri hanno preferito non farlo. Cragnotti a parte: il presidente è tornato a parlare di un feeling interrotto con il pubblico: «Sono profondamente deluso dal comportamento dei nostri sostenitori - ha spiegato il patron - Credo proprio di aver perso per sempre questa tifoseria». Ancora Fiore: «In settimana tutte le cose che si sono dette ci hanno dato parecchio fastidio. In campo abbiamo dimostrato che le parole se le porta via il vento. L'Inter in fin dei conti poteva chiudere nella prima mezz'ora, ma si vedeva che nel secondo tempo già non ce la faceva più. Forse in loro ha prevalso la paura di non farcela. Oggi abbiamo giocato per la società, per l’allenatore e per noi stessi».

La Stampa racconta le reazioni delle tifoserie coinvolte dalle vicende del burrascoso finale di campionato: “Inutile il gemellaggio tra i fans laziali e quelli interisti: i sogni vanno in fumo, il mega-concerto preparato da Califano diventa una beffa - Svanisce la grande kermesse e ride l'altra metà di Roma - Gli ultras giallorossi alla fine possono rialzare la testa e scendere in strada - Scontri con i rivali: sassi contro i bus, lacrimogeni, ferito un tifoso interista - Allo stadio si comincia bene ma poi la partita cambia volto e invano dalle curve si invoca «Ronaldo facci un gol» - E la rete di Cassano al Torino completa una domenica terribile E' l'ora della rivalsa per i Capello-boys”.

Roma - Il primo segnale di una festa alla rovescia lo racconta il maxischermo sopra la testa dei quarantamila neroazzurri sbarcati nella Capitale da ogni angolo della penisola. Paparesta apre le ostilità e la Juventus ha già messo la freccia con Trezeguet: un brivido, l'Olimpico tace, ma Vieri, o meglio Peruzzi, rimettono ordine al finale mai visto. Moratti prende posto che la partita è quasi servita, stesso discorso per la coppia Tronchetti Provera con Afef che manda in subbuglio la Tribuna Autorità. Fuori e dentro lo stadio solo i colori dei seguaci di Ronaldo, con un'invasione che rimarrà nelle cronache: i romanisti sono incollati alla radio o davanti alla tivù con eccezione per quelle poche migliaia appena arrivate al Delle Alpi.

I laziali prenotano un posto al concerto-festa di Franco Califano, romano di nascita, interista di professione che si prepara al suo Circo Massimo: in attesa l'ordine è voltare le spalle a Zaccheroni e alla sua truppa. Così va in scena la partita virtuale; fischi ai biancocelesti e applausi agli ospiti neroazzurri. «Chi non salta è della Roma» e gli ottantamila dell'Olimpico rimbalzano sulle poltroncine; «A Roma solo la Lazio», è il coro della curva Sud interista. Comunque vada sarà un successo, sembra lo slogan di un pomeriggio dall'esito già scritto.

Non manca niente, c'è il gemellaggio fra gli ultras (vecchio di dodici anni), c'è la papera di Peruzzi ad aprire le danze, c'è uno scudetto da onorare in novanta minuti di fatica con il freno a mano tirato. «Juventus vaffan...», è il ritornello all'unisono che non mette le ali ai ragazzi di Cuper. Poborsky agguanta la Beneamata per ben due volte e al secondo affondo attacca la curva. «Bast...» spara il giocatore ceco. Destinatari sono gli ultras che urlano: «Andate a lavorare».

Il copione dell'ultimo atto nella volata dei veleni subisce uno scossone: qualcosa non torna. L'Inter doveva vincere a spasso, la Lazio ritrovarsi a sudare in Intertoto con le vacanze a farsi benedire e la Roma finire ultima sul podio che. tradotto, significava preliminari di Champions League.

Siamo all'intervallo e soltanto una rete dei cugini giallorossi non capovolge del tutto lo scenario. Si riparte e l'Olimpico si scopre neroazzurro più che mai con l'intera curva laziale a gridare «Ronaldo facci un gol». Ronaldo stenta, Vieri lo imita. Di Biagio spara a salve: la Lazio pesca il jolly con Simeone che, da ex, si pente di averla messa alle spalle di Toldo; il maxischermo si illumina all'acuto di Cassano in quel di Torino. Apriti cielo! Ouella che doveva essere una festa annunciata si sta per trasformare in dramma. Gli ultras biancocelesti scoprono che il loro voltare le spalle a Nesta e soci si sta materializzando in un aiuto ad una truppa Zaccheroni alla riscossa; che i cugini della Roma tornano in un colpo solo al secondo posto e di diritto nel tabellone principale della Champions League; che gli amici interisti stanno consegnando il titolo nelle mani della Signora.

«Abbiamo vinto lo scudetto della sportività; sono orgoglioso di essere il presidente di questa società, di una squadra che ha risposto sul campo a tutta quella serie di cattiverie e illazioni che ci sono piovute addosso durante la settimana», urla Cragnotti quando le lacrime di Ronaldo sono già storia. E' sera e il copione capovolto diventa realtà. Crollano i sogni neroazzurri, crolla il piano di uno stadio che chiedeva il titolo all'Inter e la Lazio fuori dall'Europa, crolla l'ubriacatura di massa per due tifoserie che sulle note di Califano dovevano festeggiare un finale di stagione così diverso.

E a vacillare è anche l'ordine pubblico con un tifoso accoltellato e decine di interisti feriti per un lancio di bottiglie al loro convoglio di autobus che doveva raggiungere la Stazione Tiburtina. Frammentarie le ricostruzioni con racconti di testimoni che parlano di un'aggressione progettata da tifosi romanisti, con il gemellaggio biancoceleste-neroazzurro salvo: fumo, botti e lacrimogeni, lo scenario che spaventa i turisti a Piazza del Popolo e a Piazzale Flaminio con le forze dell'ordine in assetto da guerriglia.

Sono oltre 200 i pullman degli interisti da scortare; decine i treni. La Capitale ostaggio dell'invasione si svuota; a rialzare la testa è la metà di Roma che avrebbe dovuto abdicare senza nemmeno l'ultimo appello. Finisce con la vittoria dei Capello boys e del popolo con la Fenili come madrina: la Roma si porta a casa tanti rimpianti, ma anche una piazza d'onore che gli apre le porte della Champions League e allontana i fantasmi di un'estate di lavoro. A tarda notte il rientro del mini-esodo da Torino con una città senza i segni della festa. «Abbiamo vinto lo scudetto della sportività», tuona Cragnotti; «Non ci resta che piangere», canta lo spogliatoio neroazzurro: il copione è capovolto.


► Le reazioni dagli spogliatoi sulle pagine de La Stampa: “Ronaldo e Vieri in lacrime e senza parole - Di Biagio: anche colpa nostra”

Roma - Negli spogliatoi interisti c'è pochissima voglia di parlare. «Mi dispiace per il presidente Moratti e per i nostri tifosi, adesso andiamo a piangere un po'» si limita a dire Clarence Seedorf uscendo dallo spogliatoio a testa bassa. In un angolo piange Ronaldo accasciato su una panchina consolato da Conceicao, a due passi sono in lacrime anche Materazzi e Vieri. L'Inter è rimasta nello spogliatoio per oltre un'ora, non si può escludere che tra qualche giocatore siano volate pure delle accuse, anche velenose.

«Il dispiacere è enorme - mormora Materazzi - da probabili scudettati ci vediamo costretti a giocarci un posto in Europa ad agosto. Avremmo anche potuto immaginare la vittoria della Juventus, ma che venisse così presto era difficile pensarlo. Addirittura, ci sono riusciti dopo 40 secondi. Spero che almeno la palla a centrocampo fosse della Juventus».

L'incredibile giornata dell'Olimpico riporta i ricordi di Materazzi a quel fatidico Perugia-Juventus di due anni fa: «Con la maglia del Perugia contro la Juventus due anni fa mi sono impegnato tantissimo, forse questa è stata una giustizia divina per me». Lo scudetto l'ha perso l'Inter? "A metà. C'è il merito della Lazio, ma anche le nostre colpe". Tanta amarezza esprime anche Di Biagio: «La delusione è troppa. Peccato, la Lazio ha fatto il suo dovere. Purtroppo, non siamo stati in grado di chiudere la partita. Il 2-2 ci ha reso tutto più difficile». Ecco Dalmat: «Lo scudetto l'abbiamo perso a casa nostra con l’Atalanta».