Giovedì 6 gennaio 2005 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Roma 3-1
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6 gennaio 2005 - 3127 - Campionato di Serie A 2004/05 - XVII giornata
LAZIO: Peruzzi, Oddo, Talamonti, Giannichedda, E. Filippini, A. Filippini, Dabo (89’ Manfredini), Liverani, Cesar, Di Canio (90’ S.Inzaghi), Rocchi (86’ Muzzi). A disposizione: Sereni, Lequi, Oscar Lopez, Pandev. Allenatore: Papadopulo.
ROMA: Pelizzoli, Mexes, Dellas, Ferrari (46’ Corvia), Panucci, Perrotta (58’ Aquilani), De Rossi (79’ Candela), Cufré, Mancini, Totti, Cassano. A disposizione: Zotti, Sartor, Scurto, Mido. Allenatore: Delneri.
Arbitro: Sig. Dondarini (Finale Emilia).
Marcatori: 29’ Di Canio, 68’ Cassano, 74’ Cesar, 84’ Rocchi.
Note: serata non fredda, terreno in buone condizioni. Ammoniti E.Filippini, Liverani, A.Filippini, Cufré, Totti e Aquilani per gioco scorretto, Rocchi, Perrotta, Mancini e Cassano per comportamento non regolamentare. Angoli 8-4 per la Lazio. Recuperi: 1' p.t., 7' s.t.
Spettatori: 65.000 circa di cui 36.074 paganti per un incasso di € 1.031.605,00, abbonati 28.660 per una quota partita di € 389.886,61. Incasso totale di 1.031.605 euro.
La Storia, talvolta, è fatta di situazioni che si perpetuano ciclicamente. Così come nel Derby del 15 gennaio 1989 vinto dalla Lazio per 1-0 grazie ad una rete del giovane Di Canio, anche la stracittadina odierna vede protagonista il "numero nove" biancoceleste così come accadde sedici anni prima. La Lazio arriva a questo Derby da sfavorita per vari motivi: per la classifica (la zona retrocessione è ad un passo), per aver cambiato allenatore (Papadopulo che ha preso il posto di Mimmo Caso), ma soprattutto perché sono dieci le stracittadine consecutive senza successi per la formazione biancoceleste. L'ultimo acuto risale addirittura alla stagione dello Scudetto quando la Lazio si impose, di rimonta, sui cugini per 2-1 il 25 marzo 2000.
Il Derby odierno è appannaggio della Lazio con pieno merito. La partita, come spesso tradizione vuole, è di un'intensità forte che potrebbe degenerare in qualsiasi momento. Dondarini non sempre riesce a placare gli animi perché la partita è fallosa, con reazioni scomposte, con ammucchiate e gesta eclatanti. Ci potrebbero stare le espulsioni per entrambi i fratelli Filippini, a dimostrazione di come la Lazio sia concentrata a non lasciare campo libero alla Roma, o quella di Aquilani graziato anch'esso dall'arbitro. Il direttore di gara grazia anche la Roma quando Antonio Filippini subisce un fallo di rigore non concesso dal fischietto di Finale Emilia. Si accennava a gesta eclatanti: una di queste è compiuta da Paolo Di Canio al momento della sostituzione, quando l'attaccante biancoceleste, nell'uscire dal rettangolo di gioco, mostra a tutto lo stadio il "numero tre" con la mano destra, per ricordare le reti rifilate dalla Lazio alla Roma in quel momento. Un altro fattaccio a metà della ripresa quando Totti si vede esplodere a pochi passi una bomba carta che stordisce per pochi minuti il capitano giallorosso. Cassano è poi fermato da Vito Scala un attimo prima che si scateni una rissa.
La Lazio vince perché interpreta meglio la partita mettendoci il cuore e perché riesce a bloccare, con ogni mezzo, Totti. Di contro la Roma è tutta nell'impegno di Totti perché Cassano e De Rossi deludono. Papadopulo piazza in campo Giannichedda al fianco di Talamonti al centro della difesa. Emanuele Filippini è piazzato inoltre come terzino a sinistra e Pandev è relegato in panchina. Dall'altra parte Delneri deve rinunciare a Montella, squalificato, ma recupera Panucci. La Lazio parte bene: ben tre occasioni da rete per i biancocelesti sono sventate dalla retroguardia giallorossa che, però, al 29' capitola quando Di Canio porta in vantaggio la Lazio, sfruttando un lancio millimetrico di Liverani. L'attaccante del Quarticciolo è abile ad inserirsi tra due difensori giallorossi ed a battere Pelizzoli con un tiro a metà altezza che si insacca in rete.
Così come sedici anni prima, Di Canio torna a festeggiare nei pressi della Curva romanista, suscitando rabbia e qualche reazione in più di un giocatore giallorosso. Termina così il primo tempo. La ripresa, nonostante alcune variazioni tattiche adottate da Delneri, è sulla falsariga della prima frazione di gioco. La Roma, nonostante non crei pericoli eccessivi dalle parti di Peruzzi, riesce a pareggiare a metà della ripresa quando Panucci mette in area un cross sfruttato da Cassano con un colpo di testa che batte l'estremo difensore biancoceleste non apparso esente da colpe sull'uscita. Ma l'esultanza per il pari raggiunto dura poco per la formazione giallorossa: dopo un'occasione fallita da Cesar che tira fuori, sei minuti dopo la rete di Cassano, un cross di Oddo dalla destra è spizzato di tacco da Di Canio, la sfera giunge sempre al brasiliano che stavolta lascia partire una rasoiata rasoterra che si infila all'angolino opposto senza che Pelizzoli possa intervenire. La Lazio vede così la vittoria e l'ultima emozione, condita dalla rete, la regala Rocchi che in contropiede è abile a sfruttare un preciso lancio del solito Liverani. L'attaccante veneziano, supera il portiere giallorosso in uscita allungandosi il pallone di testa e realizza la rete del tre ad uno a porta vuota per la gioia dei tifosi biancocelesti. La partita termina qui, con la Roma che, tolta la rete di Cassano, ha prodotto ben poco e la Lazio che prende una bella boccata di ossigeno.
Le dichiarazioni di Paolo Di Canio al termine della gara: "Non pensavo potesse essere così bello tornare a vincere il derby. E' una serata incredibile, non speravo di vivere emozioni come questa. Con questa maglia non mi fa paura niente. Sono tornato vecchio e ho cercato di rivivere questo momento dopo la vittoria di sedici anni fa. Ho voluto questo successo con tutte le mie forze, l'ho trovato e ora sono un uomo felice. La mia esultanza sotto la Sud? Non ho fatto nulla di male, non ho offeso nessuno. Vorrei ricordare che anche Totti, qualche tempo fa, festeggiò in un derby offendendo la nostra tifoseria. Quanto agli sfottò, ci devono essere in un derby."
L'allenatore della Lazio Papadopulo: "I miei giocatori hanno interpretato la gara nel migliore dei modi. Nella ripresa abbiamo un po' sofferto il ritorno della Roma, ma poi abbiamo ripreso coraggio. Credo che alla fine la vittoria sia meritata. Nelle difficoltà ci siamo esaltati. Avevo pensato di mandare in campo una formazione diversa. Se avessi avuto a disposizione Couto, Giannichedda avrebbe giocato a centrocampo e in attacco avrei schierato le tre punte. Così abbiamo invece dovuto fare di necessità virtù."
Il Presidente biancoceleste Claudio Lotito: "Grandissima Lazio. In campo ho visto undici eroi, la Roma non è mai entrata in partita. Di Canio è stato eccezionale, lui è un tifoso prima ancora che un giocatore, ma questa è stata la vittoria di tutto il collettivo."
L'allenatore giallorosso Delneri: "Io dico sempre che bisogna giocare con un certo agonismo, ma la Lazio ha esagerato. Soprattutto su Totti, con alcuni falli nel primo tempo. Mi dispiace, ma stasera non è stata una partita di calcio, per me si è giocato a rugby. Mi dispiace, ma non ha vinto lo sport." Sulla partita aggiunge: "Il risultato finale è giusto. Noi siamo stati poco attenti, loro, invece, hanno sfruttato meglio i nostri errori. Nel primo tempo, soprattutto, non siamo riusciti a giocare, ci mancava un punto di riferimento davanti. L'assenza di Montella è stata importante. Poi, nella ripresa con l'inserimento di Corvia è andata molto meglio. Peccato, eravamo riusciti anche a recuperare il risultato. Mi dispiace anche per il nostro pubblico che è stato fantastico."
Il difensore giallorosso Dellas: "Di Canio ha dimostrato di non essere un uomo, mentre abbandonava il campo gli ho urlato che i nostri tifosi meritano rispetto come i suoi."
► La Gazzetta dello Sport titola: “L’uomo-derby resta Di Canio”. “Gara tesa: Lazio super, la Roma non c’è. Apre il numero 9 laziale. Cassano risponde, poi Cesar e Rocchi fissano il 3-1”.
Roma - Il derby se lo prende la Lazio. Con pieno merito. Perché finisce 3-1, perché se la Roma può discutere su un paio di rossi risparmiati ai gemelli Filippini, la Lazio può mettere sul piatto un rigore negato e la mancata espulsione di Aquilani. Match di intensità terribile, che diverse volte rischia di degenerare. L’arbitro Dondarini ne diventa vittima prima ancora che responsabile, anche se avrebbe fatto meglio ad indicare anzitempo la via degli spogliatoi ad almeno un paio di giocatori.
Sono loro i veri protagonisti. Cinquantacinque falli fischiati, un crescendo di entrate bruttissime, di reazioni scomposte, di ammucchiate. Finisce con Cassano che viene placcato da Vito Scala un attimo prima che si scateni la rissa, mentre pochi minuti prima Di Canio, protagonista nel bene e nel male, ha lasciato il campo con una scena delle sue, contribuendo ad accendere ulteriormente gli animi. Finisce anche con Totti, che a metà del secondo tempo si è visto esplodere una bomba carta a non più di tre metri, che abbraccia Peruzzi e corre a scusarsi sotto la curva sud. Un bel modo di chiudere, che non basta tuttavia a placare gli animi, visto quel che succede subito dopo fuori dallo stadio, dove la polizia si vede costretta a caricare.
Vince la Lazio perché, al di là degli eccessi, interpreta la partita nel modo giusto. Temperamento, cuore, malizia. La Roma non offre niente più che l’impegno di Totti. E allora ci sta lo splendido gol di Di Canio che fissa il risultato nel primo tempo. E, subito dopo l’insperato e immeritato pareggio del dimesso Cassano a metà ripresa, il tremendo uno-due di Cesar e Rocchi. Su tutti, un sontuoso Liverani, autore degli assist per Di Canio e Rocchi. E un tecnico esordiente sulla panchina della Lazio, Giuseppe Papadopulo, che vede giusto e ha il coraggio delle proprie scelte.
La sua sorpresa “annunciata” si conferma infatti tale. C’è Giannichedda, un mediano, al fianco di Talamonti al centro della difesa. E c’è Emanuele Filippini, altro centrocampista d'assalto, terzino sinistro, per una Lazio operaia, schierata col 4-4-2, da cui la rinuncia al tridente e a Pandev. Nel momento del bisogno, insomma, fiducia al calcio indigeno e agli italiani di sicuro temperamento. Del Neri, per contro, non deve perdersi dietro a tutti questi complessi ragionamenti ma mostra di non curare a sufficienza le insidie della pausa natalizia. Sa di dover rinunciare a Montella squalificato, ma non abdica al modulo (3-4-3) finalmente individuato dopo molto sperimentare come quello giusto. Il recupero in extremis di Panucci lo aiuta. Così che Mancini può fare il terzo uomo (naturalmente a destra) del tridente offensivo.
La tattica è una gran bella cosa, ma in partite come il derby è il temperamento che fa la differenza. La Lazio entra subito nella parte giusta. Povera, sfavorita, a un solo punto, alla luce dei risultati del pomeriggio, dal terzultimo posto che vuol dire serie B. Giannichedda stopper è solo l’ultimo anello di una catena di Sant’Antonio finalizzata a neutralizzare Totti. Con le buone o, spesso e volentieri, con le cattive. Il giochino funziona perché i biancocelesti sono concentrati in modo feroce.Di Canio recita all’inglese, e lascia agli altri il lavoro sporco. Ci potrebbero stare due rossi per i fratelli Filippini già prima della fine del primo tempo, ma è l’unica cosa cui la Roma può aggrapparsi insieme allo stoicismo di Totti. Che non replica alla sequenza di interventi fallosi che gli vengono riservati e si issa sulle spalle una Roma sbiadita. Il panettone, che Caso non ha mangiato, sembra avere avuto effetti devastanti dalle parti di Del Neri. Cassano e De Rossi, due uomini-chiave, sono i più indiziati d’aver impiegato non proprio al meglio la lunga pausa natalizia.
Conseguenza persino ovvia, la Lazio domina (specie a centrocampo con Liverani e Dabo) e chiude in vantaggio il primo tempo con il bellissimo gol di Di Canio che arriva dopo altre tre chiare situazioni da rete, sbrigate alla meno peggio, nell’ordine, da Pelizzoli, Panucci e Dellas. La Roma oppone poco o niente, e Del Neri cerca di correre ai ripari nell’intervallo. Dentro Corvia e fuori Ferrari, Panucci scala terzino e Mancini centrocampista di destra, mentre in mezzo Aquilani prende presto il posto di Perrotta stirato. Ma c’è solo Totti, e di vere occasioni da rete nemmeno l’ombra fin quando Panucci non mette in mezzo il pallone sul quale si materializza Cassano, che di testa mette dentro.
Esultanza destinata a durare poco. Il cross di Oddo arriva mentre Cassano (il suo uomo) è fuori a farsi massaggiare, e pesca Cesar, fin lì opaco, pronto a usare il sinistro come una stecca di biliardo. Il contropiede di Rocchi che scarta anche Pelizzoli sigla, tra un calcione e l’altro, l’apoteosi biancoceleste.
► Il Tempo titola: “Lazio da favola”. “Di Canio si riprende il derby. I biancocelesti tornano a vincere la stracittadina dopo cinque anni d’astinenza. L’idolo della Nord segna ed esulta sotto la Sud come nell’’89. Giallorossi in ombra. Apre il campione biancoceleste, nella ripresa pareggia Cassano. Decidono Cesar e Rocchi”.
La squadra di Del Neri sovrastata nei primi 45 minuti. Liverani sontuoso ispiratore della manovra. Partita sospesa cinque minuti per il lancio di un petardo. Totti non lascia il segno.
Ha accenti di gloria, il derby romano, soltanto per la Lazio. Avrebbe dovuto, secondo classifica e organico, la comprimaria, se non una comparsa, si è rivelata assoluta protagonista di fronte a Roma capace soltanto nella parte iniziale della ripresa di esprimersi ai livelli attesi, poi impotente di fronte all'impeccabile interpretazione dei laziali, che Papadopulo ha letteralmente trasformato. Chiuso in vantaggio con Di Canio un primo tempo dominato, raggiunta a metà ripresa, ma poi dilagante nei troppi spazi concessi da una Roma sbilanciata.
Autentico gigante Liverani, assoluto protagonista, ma bravissimi i difensori, anche quelli improvvisati, assidui e sapienti i centrocampisti, capitano degnissimo Paolino Di Canio. Nella Roma, occasionali le fiammate di Totti, trattato duramente secondo aspettative, e di Cassano, gravi lacune dei centrocampisti, difesa troppo spesso sorpresa soprattutto sulla destra, una serata da dimenticare senza nulla togliere ai meriti dei rivali.
Partita intensa, non bellissima, che Dondarini ha diretto con disparità di valutazioni assai poco apprezzabili, senza incidere su un risultato indiscutibile. Secondo logica, niente stucchevoli pretattiche, schieramenti in linea con i propositi espressi alla vigilia dai due tecnici, il modulo romanista propiziatore di successi prima della sosta natalizia con quel 3-4-3 che può diventare, in fase difensiva, in un cauto 5-3-2, quello laziale più classico, il 4-4-2 con le inevitabili improvvisazioni difensive. Una particolarità, la comune rinuncia a una punta di ruolo, certamente non del tutto inusuale per la Roma una volta resosi indisponibile Montella, comprensibile per una Lazio votata a sfruttare il movimento dei due davanti, l'agile Rocchi e il geniale Di Canio, per cercare gli inserimenti da dietro e sorprendere soprattutto gli esterni rivali.
Logico attendersi toni agonistici elevati, ma per fortuna almeno l'approccio alla partita ha risposto alle attese, la fiducia, cioè, accordata alle tifoserie per tentare dii cancellare quel brutto spettacolo del marzo scorso, poco lavoro per l'imponente schieramento delle forze dell’ordine. Lo scambio di sfottò tra i capitani, che avrebbe potuto far registrare qualche risvolto negativo, ha avuto riflessi soltanto sull'immaginazione delle due curve, l'ironia largamente privilegiata nei confronti di messaggi e atteggiamenti sgradevoli. Coreografie meno ambiziose e ricche rispetto al passato, però per un'apprezzabile iniziativa: spese ridotte per destinare fondi a favore delle popolazioni asiatiche colpite dall'apocalittico maremoto, ricordato con un minuto di raccoglimento e con significativi striscioni esposti dalle due curve.
Pressione psicologica sulle spalle della Roma, come accade quando il pronostico diventa un peso, molto più serena e disinvolta la Lazio, consapevole del grande spirito di sacrificio che l'impegno comportava, spirito espresso immediatamente: con l’aggressività, con la puntualità nelle chiusure, con la velocità nell'interpretare le azioni di contrattacco. Un movimento continuo e produttivo, al quale faceva riscontro una singolare staticità da parte dei giallorossi, forse intimiditi e quasi mai in grado di proporsi con manovre significative.
Capace di esercitare assidua pressione in centrocampo, la Lazio ha fatto subito vedere di poter affidarsi ai lanci lunghi: cosi che, dopo appena quaranta secondi, Rocchi per poco non ha sfruttato una incomprensione tra Dellas e Pelizzoli in incerta uscita. Sono passati quasi venti minuti prima che la Roma, nettamente sottotono, riuscisse a esprimere un'azione pericolosa, quando Totti ha alzato alle stelle il tocco all'indietro di Mancini, lanciato a destra da Cassano. Ma, prima, era stata la Lazio, forse troppo nervosa e aggressiva nei fratelli Filippini, entrambi ammoniti, a rendersi minacciosa con Cesar, efficace anche se non perfetto Pelizzoli nella deviazione in angolo, e con Rocchi fermato in anticipo da Ferrari su iniziativa di Liverani, forse il più bravo dei suoi.
Partita nelle mani della Lazio per tutto il resto del primo tempo, pericoli costanti per la difesa romanista, bravo Dellas nel rimediare proprio a un suo errore recuperando su Rocchi. Era il 29', appena un minuto prima del vantaggio laziale, più che legittimo: e siglato, proprio come sedici anni fa, da Paolino Di Canio che, dopo un avvio penalizzato dalla voglia di strafare, aveva preso a giocare da protagonista.
Alla mezz’ora, dunque, quando la Roma ha perduto l'ennesimo pallone in centrocampo, Liverani ha firmato un piccolo capolavoro con il lancio centrale per Di Canio, in anticipo su Mexes e Panucci e anche sull’uscita non impeccabile del portiere, per il pallonetto vincente. Quasi Impalpabile la reazione romanista, anche se un brutto fallo di Antonio Filippini sarebbe stato ampiamente meritevole del secondo giallo, qualche scintilla in campo, ma nulla da consegnare alla cronaca se non un destro di Totti fuori misura, subito prima dell’intervallo.
Secondo tempo con una novità importante. Del Neri ha tolto Ferrari disegnando una difesa a tre con Panucci, retrocedendo Mancini in centrocampo e tentando di offrire alternative profonde con l'ingresso di Corvia. Roma più sveglia, anche se con qualche rischio in retroguardia, e immediata occasione con il tuffo di testa di Cufrè su cross di Totti e fortunoso salvataggio di Oddo. Aquilani in campo per Perrotta, guai muscolari, altra occasione per Cufrè, difficile girata a porta vuota dopo mischia su punizione di Totti, poco dopo stordito da un petardo, con Di Canio proteso a calmare gli umori del suo stesso tifo.
In un'atmosfera incandescente è arrivato il pari, al 25‘: punizione a sorpresa di Totti, da Mancini a Panucci, cross veloce, splendida intuizione di Cassano, gol di testa sul primo palo in anticipo su Peruzzi.
Ma l’equilibrio è durato quattro minuti: l'ennesima discesa di Oddo a destra, il tocco volante di Di Canio, liberissimo Cesar per il controllo e il sinistro angolato, preciso. Rocchi ha poi sbagliato a porta vuota il gol della tranquillità, su assist del solito Liverani, ma ha messo la partila in ghiaccio al 40'. Ancora Liverani nel cuore di una difesa stracciata, testa di Rocchi in anticipo su Pelizzoli, tutti a casa.
► La Stampa titola: “Di Canio re di Roma. Non basta Cassano contro la super Lazio”. “Al vecchio leader biancoceleste il trono della Capitale. In vantaggio con un gol del fantasista, la squadra di Papadopulo subisce il pari del talento danese. Poi Liverani ispira l’uno-due di Cesar e Rocchi. Paura per un petardo scoppiato vicino a Totti”.
L'ultima volta che la Lazio vinse contro la Roma era il marzo del 2000 e da quel successo i biancocelesti trovarono l'energia per costruire la rimonta sulla Juventus fino allo scudetto. Da quel pomeriggio sono trascorsi altri dieci derby e l'iter completo del cragnottismo, e neppure i tifosi più accaniti potevano immaginare che sarebbe toccato di nuovo a loro in una serata del genere, trascinati dai Giannichedda e dai Liverani, da Talamonti e Filippini.
La Lazio del nuovo corso e del nuovo allenatore esce dalle sabbie mobili e si immerge nel delirio, la Roma che pensava di aver sbrigato le formalità del check-in prima dello scontato decollo si schianta nel modo peggiore dopo 5 partite utili, maledicendo la Befana.
Di Canio su tutti: firma il vantaggio, aizza i compagni alla riscossa dopo il momentaneo pareggio di Cassano. Così arrivano i tuoni: Cesar, Rocchi. Del Neri ha responsabilità pesanti: nonostante l'assenza di Montella ha sbilanciato inutilmente la squadra. E nella ripresa, con Corvia al posto di Ferrari, ha rifinito l’opera buffa. Totti si è innervosito per le carezze degli operai specializzati di Formello e per un petardo lanciato nella ripresa dalla Tevere nemica e scoppiatogli vicino (sull' 1 -0): è rimasto alcuni minuti fuori dal campo, prima di tornare e accapigliarsi con i nemici. Cassano, oltre alla gemma del pari, non ha avuto spazi né occasioni e dopo il fischio di chiusura è stato trattenuto da una ciurma di dirigenti, intenzionato ad avventarsi sulla panchina laziale. Da pecorella smarrita a rapace predatore, come da statuto.
Visto che Papadopulo non è mago Merlino, se ne deduce che il potere taumaturgico del derby ha trasformato la Lazio in appena dieci giorni. Sull'orgoglio dei propri pedoni il nuovo tecnico ha solo gettato una manciata di pepe: Giannichedda centrale difensivo accanto a Talamonti, E. Filippini terzino mancino, Di Canio accanto a Rocchi nel più compatto 4-4-2 che si potesse immaginare.
Con un tasso tecnico ridotto all’osso, i laziali non avevano alternativa: squadra corta, aggressività al limite (anche oltre, talvolta, tutto compreso si conteranno 10 ammoniti), partita da diluire in mille rivoli così da impedire che i geni di Totti e Cassano prendessero ritmo. La Roma ha abboccato all'amo, Del Neri malgrado la squalifica di Montella non ha rinunciato al tridente (in attacco come in difesa), allungando la mattonella di Mancini (destra) all'altezza di quella di Cassano (sinistra), con il Pupone centravanti troppo arretrato, inciso dai tacchetti dei feroci gemelli Filippini nella propria metà campo.
Meglio la Lazio, da subito. Svelta nell'anticipo, vincente nel tackle. Talamonti teneva al guinzaglio Cassano, Giannichedda anestetizzava il Pupone, Mancini godeva di libertà ma si spegneva nei paraggi della linea di fondo. Era nel mezzo che la Roma mostrava il suo pallore: irriconoscibile De Rossi, Perrotta ha vagato nel ruolo di tappabuchi fino a quando i muscoli sono scesi in sciopero (inizio ripresa, dentro Aquilani).
Il primo squillo della Lazio al 14' (tiro di Cesar, Pelizzoli incerto mandava in angolo) ed è stato proprio il brasiliano, che Mancini sperava di trovare nella calza di Moratti, l'atout che ha sparigliato tatticamente la partita, spuntando come un falco alle spalle dei difensori. Su di lui salvavano prima Panucci (20') e poi Dellas (28’).
L'effervescenza della Lazio finiva per essere premiata un minuto dopo: lancio di Liverani, Di Canio s'infila tra Mexes e Panucci e anticipa con il destro volante l'uscita di Pelizzoli.
La ripresa della Roma cominciava con lo stesso modulo ma con attori diversi: via Ferrari (un difensore), ecco Corvia, il centravanti di peso invocato da Totti e Cassano perché ci fosse un apripista. Mancini passava sulla mediana, era evidente lo sbilanciamento giallorosso. Del Neri osava: o la va o la spacca. Inizialmente andava bene: due occasioni per Cufré (nel secondo caso svirgolava a porta vuota, 13’), fino al pareggio. Sveltina di Totti su punizione. Panucci metteva in mezzo, Cassano anticipava di testa l'uscita di Peruzzi sul primo palo (24').
Papadopulo non cambiava una virgola, la Lazio si sentiva stranamente al sicuro, la Roma aggrediva, allungandosi in maniera incosciente. Infatti segnava la Lazio: cross di Oddo, tocco sporco di Di Canio in mezzo all'area, sinistro diagonale di Cesar, chirurgico (29’). E non era finita: Rocchi gonfiava il petto per le prove generali (fuga, dribbling su Pelizzoli e tiro a lato con la porta sguarnita, 34’), poi le suonava davvero seguendo un lancio di Liverani sul quale Mexes si era nuovamente addormentato. Totti e Cassano si chetavano, definitivamente.
► L'Unità titola: “Di Canio, Cesar e Rocchi. Arrivederci Roma”. “La Lazio vince il derby 3-1. Il pareggio di Cassano regge 5’ poi i biancocelesti dilagano”.
Roma - È il derby di Di Canio e Totti, moderni gladiatori dalla lingua avvelenata, quello che riporta Lazio e Roma indietro di una ventina d’anni quanto a peso dell’evento sulle sorti del campionato. Una spremuta amara ma onesta dell’attuale stato di salute dei due club della capitale, costretti a giocarsi la stracittadina come fosse una finale di Champions League. Vince la Lazio (3-1) che ci crede di più, e che inframezza i soliti capannelli da bulletti in procinto di darsele (da cui il derby romani non riesce proprio a prescindere), con sprazzi di bel gioco, culminati nello splendido gol con cui Di Canio ha steso la Roma, a cinque anni di distanza.
Ad accogliere in campo le squadre (capaci, prima del via, di raccogliere, in due, i punti della Juve capolista…), la solita spasmodica attesa di tifoserie innamorate “a prescindere”. Da sempre disposte a perdonare un po’ tutto e tutti: sfottò, striscioni e i tanti (troppi) “botti” messi da parte a Capodanno; di tutto un po’, tanto per scacciare la paura di perdere (unica circostanza che unisce tutti) e “far finta di essere sani”. Almeno per una notte.
Già dal “riscaldamento” l’Olimpico è una bolgia. Mezzo mondo (quello ricco e non alle prese con faccende un po’ più serie) è davanti alla tv, le facce di Totti e Di Canio somigliano a quella leggermente corrucciata di Russel Crowe un momento prima di “scatenare l’inferno”. Ma i due gladiatori “romani de Roma” sembrano improbabili almeno quanto quello di plastica “made in Usa”. Prima del via le due tifoserie si uniscono in un paio di minuti di silenzio in segno di rispetto per le vittime del Sud Est asiatico e il fatto resta uno dei gesti da ricordare della serata.
Papadopulo dimostra di aver già capito che aria tira a Formello e manda in campo una Lazio attenta, pronta ad avvalersi dei piedi buoni di Liverani e Dabo; Del Neri risponde affiancando De Rossi a Perrotta in mezzo, contando sulle capacità di corsa di Cufrè, chiamato a dare una mano a centrocampo e ripiegare, quando necessario, sulla linea di Ferrari, Dellas e e Mexes. In campo regna un discreto equilibrio e l’arbitro Dondarini, alle prese col primo derby della sua altalenante carriera, non fa troppa fatica a smaltire l’emozione nel far rispettare la legge. La Roma “muove” di più il pallone ma il primo tiro in porta è di Cesar dopo 13’ e Pelizzoli mette in angolo con qualche imbarazzo. Sette minuti dopo, Di Canio, deposita sulla testa dello stesso Cesar un pallone d’oro a tre metri dalla porta che costringe Panucci ad un salvataggio che vale mezzo gol.
Il gol, quello intero, per la Lazio è solo rimandato: arriva alla mezz’ora, quando Liverani inventa un lancio bellissimo e Di Canio anticipa con irridente facilità Mexes e Panucci bucando la Roma 16 anni dopo, sotto la stessa curva.
La Lazio stramerita il vantaggio perché la Roma è assente ingiustificata. Cassano vaga per il campo, Totti lo imita e in difesa le amnesie sono quelle che hanno reso tristemente famosa la retroguardia giallorossa. Per il secondo tempo Del Neri “rinuncia” a Ferrari e inserisce Corvia: cambia poco. La Lazio gode di spazi notevoli e della serata di grazia di Talamonti (insuperabile) e Giannichedda. La Roma si intestardisce in giocate troppo individuali e la partita è tutt’altro che bella. Al 15’ poi i soliti imbecilli, senza testa né colori, ci mettono del loro: un petardo piovuto dalla tribuna Tevere stordisce Totti costringendo l’arbitro ad una lunga sospensione. La partita sembra addormentarsi mentre i calci prendono lentamente il sopravvento sul gioco.
Sembra. Perché dal nulla assoluto, dal non-calcio più guardato che giocato, al 25’ spunta il colpo di testa vincente di Antonio Cassano, fino a quel momento spettatore non pagante che riequilibra d’improvviso la sfida. La Lazio torna per un attimo sulla terra e rivive l’incubo di un derby regolarmente consegnato ai “cugini” negli ultimi anni.
È solo questione di minuti. Ne passano appena 5’ dal pari giallorosso prima che Cesar e Rocchi (tra i migliori in campo) restituiscano in rapida successione alla Lazio una vittoria pienamente meritata e attesa ormai da cinque, lunghissimi anni.
► La Repubblica titola: "Il gruppo Papadopulo batte la Roma per 3-1. L'attaccante segna e, al termine, irride i tifosi giallorossi. Di Canio trascina la Lazio: il derby è tutto biancoceleste. Totti non si vede, nervi in campo. Incidenti fuori dallo stadio".
Il digiuno della Lazio nel derby finisce nel primo posticipo del nuovo anno. Dopo dieci stracittadine senza i tre punti, i biancocelesti battono la Roma per 3-1, sovvertendo i pronostici meramente tecnici e regalando il ben arrivato a mister Papadopulo, al suo debutto al posto che fu di Caso. A trascinare sul campo una Lazio caricata a pallettoni da una vigilia animata dagli sberleffi a distanza con Totti è stato proprio Di Canio, che come sedici anni fa assapora il gol nel derby sotto la curva avversaria. E che, durante la standing-ovation finale, fa il gesto del tre ai romanisti: sfottò allo stato puro che può starci, a differenza di un gioco violento alimentato soprattutto dalla 'ferocia' dei gemelli Filippini o del petardo che costringe Totti a stendersi a terra e a restare frastornato qualche minuto. La partita va vista in quattro flash: dopo il vantaggio di Di Canio al 29', la Roma tornava più pimpante per la ripresa ma, trovato il pari con Cassano al 24', ad affondare la sempre tremante difesa giallorossa erano Cesar (29') e Rocchi (40'). La palma del migliore va però a Liverani, che fornisce gli assist del primo e del terzo gol e che, con la nuova gestione tecnica, potrebbe finalmente tornare ad essere il giocatore indispensabile di un tempo.
La cronaca. Come era nelle previsioni, tra gli indisponibili di Papadopulo, oltre a Seric e Zauri (e allo squalificato Siviglia), c'è anche Couto: al posto del portoghese, accanto a Talamonti al centro della difesa, c'è addirittura Giannichedda, mediano di professione e stopper all'occorrenza. Niente tridente per la Lazio: Pandev va a far compagnia a Muzzi ed Inzaghi in panchina, Rocchi è l'unica punta di ruolo perché Di Canio ha anche il compito di inventare. Recupera invece, in casa Roma, Panucci, regolarmente sull'out di un centrocampo che si affida sull'asse centrale Perrotta-De Rossi: Montella è assente per squalifica, Tommasi, Chivu, Dacourt e D'Agostino per acciacchi, Delvecchio, vero uomo-derby, per scelta tecnica. Davanti Delneri non rinuncia al tridente, che ha le facce di Mancini, Cassano e capitan Totti. L'approccio migliore alla stracittadina è quello della Lazio, che trova subito un certo dominio a centrocampo, per via della furia agonistica dei due Filippini (che trattamento al povero Totti) e delle pause dell'emozionato De Rossi. La partita è maschia e nervosa, la prima conclusione degna di nota è di Cesar, che al 14' costringe al goffo intervento Pelizzoli. Di Canio e Rocchi si trovano a meraviglia, Totti non decolla e Cassano trova in Talamonti un ostacolo tenace. Dondarini deve lavorare duro per tenere a bada un match che si sblocca, un po' a sorpresa, al 29'. Il lancio di Liverani è millimetrico, Mexes e Panucci lasciano che il pallone arrivi a Di Canio, che al volo corona il suo sogno personale: gridare alla Sud la sua fede, così come già fece sedici anni fa. Gli avversari in campo non gradiscono molto.
Per avere una Roma più determinata bisogna attendere la ripresa, in cui un paio di buone chance capitano forse all'uomo sbagliato, Cufrè, prima che la Lazio reclami per un presunto rigore (Dellas su A.Filippini) e che Totti venga stordito per qualche minuto da un petardo che lo costringe all'uscita con la barella mobile. La Roma, rientrata in campo subito con Corvia e che poi perde per infortunio anche Perrotta (dentro Aquilani), trova il pari con una torsione di testa di Cassano, al 24', diabolico nell'infilare il primo palo su cross di Panucci. L'1-1 regge però solo cinque minuti, perché la Lazio approfitta ancora di una leggerezza difensiva dei 'cugini' al 29' per passare ancora con un diagonale dello smarcatissimo Cesar. E potrebbe anche fare il tris al 34' se Rocchi, messo in moto ancora da Liverani, non avesse perso l'equilibrio dopo aver saltato Pelizzoli in uscita. Ma l'ex empolese non fallisce al 40', quando, invitato alla fuga al centro dal solito passaggio illuminante di Liverani, beffa di testa Pelizzoli per poi appoggiare comodamente in gol. Sette i minuti di recupero, tanto ancora il nervosismo in campo, che rischia di esplodere del tutto sia per i gesti poco sportivi di Di Canio che per i fallacci di frustrazione di Totti. Almeno per il risultato, stavolta ad aver ragione è stata la bandiera della Lazio. Di Canio continua il suo show. Fuori, forse non a caso, scoppiano incidenti.