Domenica 9 marzo 1980 - Torino, stadio Comunale - Juventus-Lazio 0-0
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9 marzo 1980 - 2034 - Campionato di Serie A 1979/80 - XXIII giornata
JUVENTUS: Zoff, Cuccureddu, Cabrini, Furino, Gentile, Scirea, Marocchino, Tardelli, Virdis, Causio, Fanna. A disp. Baratella, Brio, Prandelli. All. Trapattoni.
LAZIO: Cacciatori, Pighin, Citterio, Wilson, Manfredonia, Zucchini, Garlaschelli, Manzoni, Giordano, D'Amico (81' Cenci), Viola. A disp. Avagliano, Pochesci. All. Lovati.
Arbitro: D'Elia (Salerno).
Note: ammonito Marocchino al 57', Manfredonia al 61' e Manzoni all'85' tutti per gioco scorretto. Espulso Manfredonia al 88' per somma di ammonizioni. Esordio in serie A per Riccardo Cenci classe 1958.
Spettatori: 30.000 circa, per un incasso di £. 67.000.000 (quota abbonamenti 18.000.000).
La Juventus pareggia anche con la Lazio ed accumula il suo quarto zero a zero consecutivo (nel derby con il Torino, al San Paolo con il Napoli, in Coppa delle Coppe con il Rijeka e con gli uomini di Lovati). Attorno alla partita si respira un'aria strana di attesa. Si gioca per la prima volta in campionato dopo l'ormai nota denuncia dei due commercianti romani, i quali hanno coinvolto, fra l'altro, sei giocatori laziali. Il pubblico, che è più saggio e maturo di quanto si creda, capisce e sa che nessuno è ancora colpevole. Ed allora mostra soltanto segni di comprensione, dispensa gesti di fiducia che sono estesi, naturalmente, al calcio tutto. Verso l'ottavo minuto del primo tempo, dalla curva Filadelfia, si sono levate isolate invettive: «venduti, venduti» viene scandito con poca convinzione. In chiusura della gara, il limitatissimo fenomeno di contestazione si ripete, ma è più che altro un segno di dispetto verso chi è riuscito a strappare un punto alla squadra del cuore. Fra tanta compostezza i laziali, nell'occasione in fiammante divisa rosso sangue, giocano una partita distesa, forse uscendo dai tormenti nei quali la squadra si è forzatamente dibattuta durante una settimana ricca di colpi di scena e di complicazioni. La Juventus gioca senza Bettega ed ha anch'essa i suoi problemi, di natura tecnica però. Ne nasce una sfida neppure aspra (i soli Manfredonia e Marocchino non lasciano mai cadere la tensione che c'è fra loro) ma vivace, anche se mai avvincente e sempre sui limiti di una appena gradevole mediocrità. Il pubblico non si diverte, mostra cenni. di insofferenza, se la prende con qualche giocatore, attende il gol che non arriva e forse invidia quei tifosi latitanti che preferiscono cercare altrove gli incantesimi della primavera. Gli elementi che più divertono sono la cocciutaggine con la quale la Juventus (per opera di Fanna, Gentile, Tardelli e Virdis) cerca il gol liberatore, e la bravura di Cacciatori, il quale si oppone ai tiri con il coraggio, con i pugni, con le tibie. Su questo tema si può sviluppare la partita e su questo motivo si possono ricercare le ragioni dello zero a zero finale. Mancando della disciplina pitagorica di Bettega, i giovani bianconeri si raccolgono attorno alla irriducibile carica agonistica di Furino, alla fantasia di Causio ed alla continuità di Gentile, incredibilmente lasciato libero per lunghi lassi di tempo. E i giovani si impegnano ma deludono, mai possedendo il cambio di marcia necessario per vanificare la marcatura dell'avversario, e mai disponendo di energie bastanti per mantenere lucidità e forza in area avversaria. Sono le scorie del supplemento di Coppa di mercoledì? Rare volte entrano in area di rigore, ed in quelle volte sono respinti dalle ribalderie del sempre bravo Cacciatori. La Lazio si vota totalmente a Wilson ed a Cacciatori, muri importanti di una difesa peraltro ben completata da Manfredonia (implacabile ed anche cattivello, su Marocchino) e da Citterio. Da questo presupposto architetta un lavoro di rimessa che impone dure opere di tamponamento a D'Amico, Manzoni, Zucchini, Viola e che coinvolge perfino il mobile e pericoloso Giordano. Ma se nel primo tempo la squadra di Trapattoni si appella a ben quattro opportunità, nella seconda parte della gara in una sola circostanza potrebbe raccogliere i frutti di tanta sterile animosità. Troppo poco per ottenere ciò che non era stato possibile nei primi quarantacinque minuti. Causio, pur sbagliando molto, e pur portando troppo la palla, suggerisce molti palloni ai compagni, ma lo fa spesso con ritardo, quando cioè la Lazio è una conchiglia chiusa. Non trova sbocchi Fanna, autore di buoni traversoni solo in avvio; non trova varchi Marocchino, il quale si industria in una guerriglia personale con Manfredonia (che verrà poi espulso per somma di ammonizioni), quasi rifiutando consapevolmente di integrarsi agli schemi dei colleghi. Virdis comincia benino, non ha fortuna in una conclusione, poi si smarrisce nel solito discorso grigio e impersonale. I tifosi lo fischiano quando si allarga il pallone dopo aver dribblato il bravo Cacciatori. Si impoverisce irrimediabilmente il collettivo, diminuiscono le possibilità di forzare la cassaforte custodita da Cacciatori. La Lazio, dal suo canto, se ne sta ben lontana da Zoff, riuscendo ad impegnarlo soltanto a tre minuti dal termine, con un tentativo di Giordano più velleitario che altro, ciò a testimonianza del totale, ancorché sterile, dominio bianconero. Ed eccoci alla morale della storia. La Juventus, dopo lo zero a zero, resta ancora legata alla zona «Uefa», la Lazio compie un importante passo avanti verso una «fascia» di classifica più tranquilla. Il pubblico a queste cose bada, ma vuole di più. E ieri non si è divertito. Si consoli: il calcio italiano, oggi, raramente offre altro.
Fonte: La Stampa