Morrone Juan Carlos (Giancarlo)
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Biografia[modifica | modifica sorgente]
Attaccante e allenatore, nato a Buenos Aires (Argentina) il 5 febbraio 1941. Noto in Italia come Giancarlo Morrone. Detto "El Gaucho"
Di origini italiane, essendo il nonno paterno nato a San Gregorio di Ippona in provincia di Catanzaro, Juan Carlos Morrone iniziò a giocare nella Platense dove esordì in prima squadra, in Serie B, a soli diciassette anni.
Calciatore[modifica | modifica sorgente]
Nella Platense rimase due anni segnando ben 46 reti. A diciannove anni non ancora compiuti, il procuratore Felix Latronico si accordò con la Lazio ed il calciatore iniziò la sua avventura italiana. L'arrivo a Roma coincise con la prima retrocessione biancoceleste nel 1960/61. Era quella una Lazio povera e male organizzata e Latronico accettò di dare il giocatore in prestito gratuito per quanto era sicuro che avrebbe comunque sfondato. In quel Campionato disputò 17 gare segnando 4 reti. L'anno seguente la Lazio decise di rispedire il giocatore in Argentina anche per non dover pagare il costo del cartellino. Fortunatamente la decisione trovò la forte opposizione del nuovo allenatore Paolo Todeschini e Morrone diventò in breve il vero gioiello di quella formazione che, dopo due stagioni di purgatorio, risalì in Serie A (suo il goal-promozione in Lazio-Pro Patria) ed in cui l'attaccante con 66 gare disputate e 23 reti complessive risultò il miglior realizzatore.
Nel 1963/64 l'allenatore Juan Carlos Lorenzo, artefice della promozione, in previsione del Campionato di Serie A, decise di trasformare l'ariete Morrone in attaccante d'appoggio alle punte Orlando Rozzoni e Mario Maraschi. Nel nuovo ruolo Morrone dette prova di grandi capacità ma furono gli attaccanti preposti alla finalizzazione a non risultare decisivi, tanto che con soli 5 goal l'argentino fu il miglior realizzatore. L'anno successivo coincise con il trasferimento improvviso di Lorenzo alla Roma. La Lazio assunse il livornese Umberto Mannocci che non si oppose al passaggio di Morrone alla Fiorentina per la cifra considerevole di 300 milioni più due elementi come Can Bartu e Giampiero Vitali.
Fu il vero colpo del mercato e la fama del "Gaucho", come era chiamato dai tifosi laziali, aumentò a dismisura. Nella squadra viola, allenata da Chiappella, Morrone giostrò nello stesso ruolo che aveva ben intuito Lorenzo e divenne una spalla utilissima per il forte attaccante "uccellino" Hamrin. Morrone raramente si concesse iniziative personali e i suoi famosi tiri da fuori furono sporadici ma sempre micidiali. Nelle due annate che Morrone giocò a Firenze scese in campo 61 volte e mise a segno 13 reti complessive. La sua partita più bella la gioco però in Coppa delle Fiere a Barcellona dove la Fiorentina si impose con un goal di Hamrin, ma il vero protagonista fu un irresistibile Morrone che da solo travolse l'intera difesa catalana.
A Firenze il "Gaucho" non riuscì mai veramente ad ambientarsi e sebbene è lì che conobbe sua moglie Gigliola, il suo cuore lo spinse di nuovo a Roma, naturalmente sponda biancoceleste, a cui era legatissimo. Mannocci lo volle a tutti i costi nel 1966/67 e con lui arrivarono anche i suoi compagni Sergio Castelletti e Rino Marchesi. Rimase con l'Aquila sul petto fino al 1970/71 e disputò 125 gare tra Serie A e Serie B segnando 16 reti. Non molte, ma il rendimento fu sempre altissimo e non mancò mai l'apprezzamento dei vari allenatori che sedettero sulla panchina laziale e soprattutto dei tifosi che per lui stravedevano. Nel 1971, ritenuto in declino, viene lasciato libero (insieme a Nello Governato e Marchesi): la Lazio gli regala la lista. Si allena con la Roma (disputando anche un tempo nell'amichevole al Flaminio contro la Stella Rossa il 13 ottobre 1971) ma non viene tesserato. Passa al Foggia in Serie B e rimase nella città dauna fino al novembre 1973, disputando 46 gare con 4 reti. La sua ultima stagione lo vide ad Avellino e giocò 26 incontri. Nell'estate del 1974, durante la preparazione estiva, subì il distacco del tendine rotuleo che lo costrinse ad abbandonare il calcio. Con la Lazio colleziona 239 presenze e 48 reti in Campionato. Inziò così la carriera di allenatore nel 1975.
Morrone non ha mai abbandonato l'Italia e vive a Roma dove segue da appassionato tifoso le vicende della sua amatissima Lazio. Giancarlo Morrone è stato un calciatore di classe limpidissima. Di complessione media, m 1,76 per kg 74, dotato di una velocità sullo spunto eccezionale, in possesso di un dribbling irresistibile fatto di finte e rapidi cambi di passo e di un tiro forte e preciso, aveva la capacità di attrarre i difensori avversari sulla linea di fondo e, dopo averli saltati in pochi centimetri di terreno e con il pallone incollato al piede, trovava sempre la lucidità di centrare preciso per i compagni smarcati al centro. In lui era riconoscibilissima la scuola argentina ma seppe mettere la raffinata tecnica al servizio della squadra assimilando i concetti basilari del calcio italiano. Di lui si ricorda la prestazione nella gara Lazio-Mantova del 1963 quando, marcato dal celebre difensore tedesco Schnellinger, diede vita ad un duello memorabile che lo vide artefice di tutto il miglior repertorio tecnico che rende il calcio sport affascinante. Il suo unico rammarico, nell'ambito di una carriera splendida, fu quello di non essere mai stato convocato nella Nazionale italiana a causa della miopia dei tecnici e, probabilmente, per certe ineliminabili contingenze geo-politiche.
Allenatore[modifica | modifica sorgente]
Giancarlo Morrone iniziò la sua carriera di tecnico nel 1975 diplomandosi allenatore di base a Coverciano. Nella Lazio cominciò con la squadra Giovanissimi, in cui giocava Massimo Piscedda, che gli fu affidata dal dirigente Fabrizio Di Stefano, per poi passare alla squadra Berretti che, nel 1978, si aggiudicò il titolo italiano e in seguito, fortemente voluto da Enrico Flamini, nella squadra Primavera dove prese il posto di Paolo Carosi passato ad allenare l'Avellino. Valorizzò giovani calciatori come Ernesto Calisti, Mauro Meluso, Giancarlo Marini, Mario Ielpo ed altri. Nel frattempo aveva superato anche gli esami di allenatore di prima categoria dove era stato compagno di corso di Eugenio Fascetti. Dopo aver raggiunto e perso in due occasioni, 1984/85 e 1985/86 la finale assoluta, otterrà il titolo italiano Primavera nella stagione 1986/87. Vero maestro nell'insegnare il calcio e provvisto di doti umane e didattiche non comuni, Morrone è riuscito a capire in anticipo i mutamenti tattici e tecnici che il calcio, evolvendosi, man mano proponeva. Ha sempre privilegiato il gioco offensivo e privo di ostruzionismi ma sempre in un ambito pragmatico e di attenzione al risultato.
Spesso è stato allenatore in seconda della prima squadra con Ilario Castagner e il suo grande amico Bob Lovati. Nelle ultime cinque partite del Campionato 1982/83 di Serie B fu chiamato a sostituire l'esonerato Roberto Clagluna. Riuscì a centrare la promozione, che stava pericolosamente sfuggendo di mano dopo una serie di risultati deludenti, e ciò gli valse la riconferma a furore di popolo l'anno successivo. I big della squadra tuttavia gli remarono contro e a Natale 1983 il presidente Giorgio Chinaglia lo esonerò. Tornò, senza alcuna polemica e con molto entusiasmo e spirito di servizio, alla Primavera dove, come si è detto, raccolse grandi successi, divenendo uno dei più accreditati allenatori giovanili a livello nazionale. Con l'avvento di Gian Marco Calleri la stella di Morrone allenatore cominciò a decadere e lui stesso decise di fare nuove esperienze allontanandosi progressivamente dalla società biancoceleste. Allenò così la Primavera del Napoli (per quattro anni dal 1987/88 al 1990/91), la Lodigiani, il Monterotondo, la Viterbese, il Crotone, il Catanzaro, il Lanciano, di nuovo il Monterotondo e la Tivoli lasciando in tutte queste società il segno distintivo del proprio insegnamento.
Palmares[modifica | modifica sorgente]
- 1 Coppa delle Alpi (Lazio) nel 1971
- 2 Campionati De Martino 1967/68 e 1970/71
- 1 Coppa delle Alpi (per nazioni) nel 1961
Una delle più belle prestazioni di Morrone con la Lazio fu senza dubbio quella di Lazio-Mantova nel campionato 1963/64. Annichilì quello che era considerato il miglior terzino del mondo, il tedesco Schnellinger
L'arrivo a Roma
dal Corriere dello SportDa Il Calcio Illustrato del 1 settembre 1963
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