Calleri Gian Marco
Centrocampista e Presidente, nato a Busalla (GE) il 10 gennaio 1942 (e non il 13 gennaio 1945 come erroneamente riportato dalla maggior parte delle fonti). Scompare a Roma l'8 marzo 2023 per problemi cardio-polmonari.
Come calciatore cresce con il G.S. Bacigalupo e nelle stagioni 1958/59 e 1959/60 è in organico al Novara in serie B. L'Almanacco Illustrato del Calcio Rizzoli del 1959 e del 1960, lo definisce un centravanti e come data di nascita riporta il 10 gennaio 1942. La Lazio lo acquista dal Simmenthal Monza nel novembre 1962, inserendolo nella squadra De Martino nel 1962/63. Prende anche parte ad alcune amichevoli della Prima Squadra, segnando anche il gol della vittoria nella partita Lazio-Inter 2-1 del 27 marzo 1963. La stagione successiva non fa più parte della Lazio ma non si hanno notizie del successivo curriculum calcistico. Nel 1975 ha interpretato il film "Perché si uccidono - La merde" con lo pseudonimo di Marco Reims, un torbido e quasi introvabile film incentrato sul mondo della droga.
Insieme al fratello Giorgio prese la Lazio nel 1986 dal gruppo finanziario di Franco Chimenti. Proprietario di diverse imprese tra cui la più importante era la Mondialpol, entrò nel mondo del calcio nel 1983 con l'acquisto dell'Alessandria. I Calleri avevano un'esposizione di 200 milioni con il gruppo di Franco Chimenti ma, in dissidio con esso, si dimisero per passare all'opposizione. Il loro intento era quello di acquisire la maggioranza del pacchetto azionario. La squadra nel frattempo si salvava a stento dalla Serie C ma si trovò coinvolta in cinque casi di illecito sportivo messi in atto dall'ex napoletano Claudio Vinazzani. Nonostante tutto, consapevoli di non poter comprare la Lazio da soli, trovarono un accordo con il finanziere Renato Bocchi e nell'assemblea del 25 luglio 1986 l'onere venne suddiviso con il 51% a Bocchi e il 49% ai Calleri. Nel frattempo la giustizia sportiva aveva condannato la Lazio per responsabilità oggettiva a 9 punti di penalizzazione da scontare nel campionato di Serie B 1986/87. Dopo drammatiche vicende sportive che videro la Lazio salvarsi dalla retrocessione negli spareggi di Napoli per poi tornare trionfalmente in Serie A nel 1987/88, la Società, grazie all'opera risanatrice ed agli ottimi incassi fatti registrare al botteghino, venne definitivamente acquisita da Calleri (premio Guerin d'Oro per la stagione 1987/88), pur se una quota minoritaria restava a Bocchi.
L'assemblea del 31 ottobre 1989 fece registrare un utile economico e ciò non avveniva da decenni. Il pubblico laziale però non era contento perché i risultati sportivi non erano paralleli a quelli economici a causa di campagne di rafforzamento sempre condizionate dalle esigenze di bilancio. Soprattutto i tifosi della curva nord non perdevano occasione per contestare Calleri, arrivando persino a proclamare anacronistici scioperi del tifo e ad organizzare iniziative di forte contrapposizione. Intanto nella gara Lazio-Juventus del 3 marzo 1991, fece la sua comparsa in tribuna, ospite di Calleri, un rampante finanziere romano e laziale di nome Sergio Cragnotti. Contemporaneamente veniva creato il Centro Sportivo di Formello e veniva diramata dai media una notizia clamorosa: "Paul "Gazza" Gascoigne alla Lazio per 15 miliardi". Il processo di acquisizione della Lazio da parte di Cragnotti era ormai avviato. Inizialmente Calleri cedette il 10% e, dopo aver respinto un tentativo di Bocchi di rientrare nella trattativa, il 20 febbraio del 1992 vendette la Lazio per 25 miliardi al finanziere di Porta Metronia. Uscito dalla Lazio, Calleri comprò il Torino e ne fu il Presidente dal 1994 al 1997 (premio Guerin d'Oro per la stagione 1994/95). Dal 1998 al 2001 fu al vertice della società svizzera del Bellinzona ma senza minimamente avvicinare i risultati conseguiti con la Lazio. Calleri sostanzialmente ebbe il grande merito di aver creato la Lazio moderna e di averla proiettata verso il calcio che conta spogliandola di ogni dimensione provinciale e periferica.
• Così scrive la Gazzetta dello Sport online alla notizia della scomparsa di Gian Marco Calleri:
Dal colpo Gascoigne al fallimento di Torino, le tre vite (più una) di Calleri. Si è spento oggi a 81 anni, è stato calciatore, imprenditore, dirigente: dall’idea del centro di Formello alla scommessa (persa) di 150 mila euro con Pelé alla cessione del Filadelfia, storia di un presidente che ha lasciato il segno.
Gianmarco Calleri ha vissuto tre vite. Calciatore, imprenditore e dirigente calcistico. Ed è stato certamente quest’ultimo il mestiere che lo ha rivelato alla scena pubblica e che oggi - nell’ora del congedo: se n’è andato a 81 anni - torna prepotente al centro del quadro del suo percorso, umano e professionale. Sono quattro i club che ha guidato: Alessandria, Lazio, Torino e Bellinzona.
La carriera. Classe 1942, era nato a Busalla, comune della città metropolitana di Genova. La sua carriera da calciatore è stata breve, pochi anni dall’adolescenza fino al 1963. A ventuno anni aveva già smesso. Era un centrocampista offensivo, vestì la maglia di due squadre, il Novara e il Monza con il marchio Simmenthal, sempre in Serie B. A vent’anni finì anche alla Lazio, ma giocò solo qualche amichevole e il campionato De Martino, quello riservato ai giovani. Il calcio gli stava stretto, aveva grandi ambizioni. Dopo alcuni tentativi imprenditoriali e addirittura una escursione al cinema - aveva in effetti una faccia molto cinematografica e nel 1975 recitò con lo pseudonimo di Marco Reims nel film "Perché si uccidono" (in Francia uscì come "La merde" e più avanti venne riproposto come "Percy is killed") di Mauro Macario - non ancora trentenne si mise in società con il fratello Giorgio e nel 1972 fondò la "Mondialpol", un istituto di vigilanza che nel giro di pochissimo tempo - erano gli anni ’70, i grandi imprenditori del Paese temevano le rapine e i sequestri; uffici postali e banche necessitavano di sorveglianza continua - fece fortuna. Raccontano che l’idea di ispirarsi alla polizia americana fu proprio di Gianmarco. Fu lui a volere per i suoi "vigilantes" - si chiamavano così, fino a poco tempo prima erano i "metronotte" - il tipico berretto a cinque punte simile ai "Cops" di San Francisco.
Il presidente. Dopo una decina d’anni acquistò la prima società di calcio, che in fondo era rimasta la sua passione. Rimase presidente dell’Alessandria per due stagioni, dal 1983 al 1985. I "grigi" disputavano il campionato di Serie C ed entrambi gli anni chiusero al terzo posto in classifica. A parlarvi per primo della possibilità di acquistare la Lazio fu l’amico e consigliere Renato Bocchi, con cui condivise l’avventura a Roma. Calleri sapeva leggere i bilanci e individuarne le crepe e le vie di fuga. Rilevò la Lazio dal gruppo finanziario che faceva riferimento a Franco Chimenti nel luglio del 1986, dopo una trattativa lunga e tormentata, cominciata poco prima del Natale dell’anno prima. Risanò i conti e cominciò la nuova avventura. Con lui, anche il fratello Giorgio. Il primo allenatore della sua gestione fu Eugenio Fascetti. Da Alessandria portò i due ragazzi più meritevoli: Angelo Gregucci e Giancarlo Camolese. Il primo anno gli riservò emozioni che durano una vita. Era la Lazio del -9 in classifica che dopo una epocale rimonta si salvò e si garantì la permanenza in Serie B, piedistallo per la promozione, che sarebbe arrivata l’anno successivo. Portò alla Lazio, molti eccellenti calciatori dell’epoca. Il cannoniere tedesco Karl Heinz Riedle, l’ex Germania Est Thomas Doll, il brasiliano Amarildo che regalava le Bibbie agli stopper avversari e l’ala uruguagia Ruben Sosa. Ma più di tutti fu il colpo Gascoigne (pagato 15 miliardi di lire) ad infiammare la tifoseria. Il 22 agosto del 1991 a Fiumicino erano in duemila ad accogliere Gazza. "Ringrazio il presidente Callieri", disse Gascoigne nel tripudio generale, aggiungendo una vocale pescata chissà dove.
L’amore. Era una Lazio che finiva sempre a metà classifica, attorno al 10° posto; ma fu una squadra molto amata. Calleri riceveva colleghi e giornalisti nell’ufficio presidenziale di via Margutta, in pieno centro a Roma e fu lui ad acquistare i terreni dove poi sorse il centro sportivo di Formello. Per certi versi fu un precursore, immaginando - pioniere in Italia - uno stadio di proprietà. Da condividere, però, con la Roma. Fu nel 1986 - appena arrivato alla Lazio - che Calleri studiò con Dino Viola il progetto per uno stadio nuovo, da costruire in luogo dell’Olimpico. Vennero individuate due zone, la Magliana e la Romanina. Il progetto prevedeva un’idea moderna di stadio, con ristoranti, un centro commerciale, cinema e alberghi. Ne parlarono con il presidente del Coni, Franco Carraro. Venne fissata addirittura una data per l’inizio lavori, nel dicembre 1988. Ma incombevano i Mondiali in Italia, stava partendo un restyling generale degli stadi e il progetto venne accantonato. Nel marzo del 1991 cominciò a parlare della cessione del club con un rampante finanziere romano di fede laziale, era Sergio Cragnotti dal quale intascò - per la vendita della Lazio - 25 miliardi di lire.
Col Torino. Più avanti - nel 1994 - salvò dal fallimento il Torino. La situazione del club granata registrava un bilancio con 26 miliardi di lire di debiti, 20 miliardi coperti dalle fidejussioni e 5 di multe fiscali. Ma l’avventura a Torino fu decisamente meno felice di quella a Roma. Chiuse definitivamente il Filadelfia, cedette molti giovani (anche Christian Vieri) di un vivaio che per anni era stato il fiore all’occhiello del club. Il salvataggio non gli bastò - subito dopo - per evitare una retrocessione in B e l’inevitabile contestazione, tanto da spingerlo a cedere la società - era il marzo del 1997 - a Massimo Vidulich. A Torino portò uno dei più grandi campioni africani di sempre, il ghanese Abedì Pelé. Bizzarra la trattativa che vide coinvolto Calleri con il procuratore di Pelé, Papa Diouf. Nell’incontro decisivo a Montecarlo, l’agente disse a Calleri. "Lei sta prendendo un calciatore che segnerà 10 gol". Calleri sorrise. Non lo pensava affatto. Così alzò la posta. "Magari avesse ragione lei" - disse all’agente - se andrà così gli regalerò 150.000 dollari". Pelè quell’anno segnò esattamente 10 reti, Calleri lo ripagò con i 150.000 dollari promessi. Il quarto club che ha presieduto è stato il Bellinzona, preso nel 1998 e ceduto nel 2001. Non fu una grande avventura, tutt’altro. Ad un certo punto i giocatori scioperarono, per protesta contro Calleri. Non ricevevamo da mesi gli stipendi. Più avanti provò a trattare il Genoa e la Lazio ma entrambi i tentativi - parliamo di vent’anni fa - naufragarono. Così si era ritirato, sfilandosi dal mondo che per due decenni aveva riempito la sua vita di dirigente calcistico.
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