Mercoledì 26 ottobre 2005 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Chievo 2-2
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26 ottobre 2005 - 3.162 - Campionato di Serie A 2005/06 - IX giornata
LAZIO: Ballotta, Oddo, Siviglia, Cribari, Zauri, Manfredini, Liverani, Dabo, Cesar (79' Tare), Pandev (65' S.Inzaghi), Rocchi. A disposizione: De Angelis, Belleri, Stendardo, Firmani, Di Canio. Allenatore: D.Rossi.
Chievo: Fontana, Malagò, Mandelli, D'Anna, Lanna, Semioli, Sammarco, Zanchetta (65' Giunti), Franceschini, Obinna (46' Amauri), Pellissier (84' Scurto). A disposizione: Squizzi, F.Moro, Antonelli Agomeri, Tiribocchi. Allenatore: Pillon.
Arbitro: Sig. Ayroldi (Molfetta).
Marcatori: 21' Rocchi, 48' D'Anna, 66' Pellissier, 90' Oddo (rig).
Note: cielo sereno, terreno in buone condizioni. Espulso al 92' l'allenatore della Lazio Delio Rossi. Ammoniti: Dabo, Malagò, D'Anna e Di Canio (in panchina). Calci d'angolo: 13-2. Recuperi: 0' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 22.000 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "Lazio e Chievo sempre insieme. Altalena all'Olimpico: quattro gol per restare appaiate in classifica".
Continua la "rosea": C'è un arbitro bravo, Ayroldi, quello della strana espulsione di Lucarelli in Fiorentina-Livorno, che ruba la scena a Lazio e Chievo, squadre coraggiose e divertenti. Solo lui in tutto lo stadio riesce infatti a pizzicare in pieno recupero il fallo da rigore che consente ai biancocelesti di acciuffare un 2-2 giusto e meritato, pieno di cose belle e di inspiegabili amnesie. Sul cross da tre quarti campo di Oddo, Ayroldi, molto ben posizionato, coglie infatti il gomito di D'Anna che leva il pallone dalla testa di Simone Inzaghi]. E' il classico super-rigore, tanto istintivo quanto inutile (con quel pallone Inzaghino ci avrebbe fatto poco) che di solito tirano fuori le moviole, perché in campo sfugge a chiunque. Quella di Ayroldi è dunque una piccola prodezza. Ci voleva, un episodio così, per riabilitare una terna altrimenti colpevole nella persona del guardalinee Ambrosino, che non vede il fuorigioco assai influente di Pandev nell'azione del gol di Rocchi che porta nel primo tempo in vantaggio la Lazio. Partita bizzarra, che i biancocelesti dominano per quarantacinque minuti raccogliendo poco, un solo gol e per giunta irregolare, e che poi "gira" completamente, complice un Chievo ordinato e sempre lucido come il suo allenatore Pillon, bravo nel correggere la formazione (Amauri per Obinna) nell'intervallo, muovendo la torre, rivelatrice delle lacune dei centrali difensivi di Delio Rossi. Che nel finale convulso rimedia l'espulsione (insieme all'ammonizione del panchinaro Di Canio) per indebita invasione di campo, oggetto una presunta simulazione di Amauri.
Match divertente e pieno di cose, che conferma il carattere della Lazio (ma quel blackout nella prima metà della ripresa deve essere spiegato) e le qualità in trasferta del Chievo, sconfitto solo dalla Juve e capace di aggiungere un'altra perla ai successi di Reggio Calabria e Genova e al pareggio di Palermo. Lazio senza Di Canio, Behrami (acciaccato dell'ultima ora) e Firmani rispetto a quella che ha cominciato il derby, ma i supplenti Dabo, Manfredini e Pandev, aggiungono nel primo tempo qualcosa anziché toglierla. E' speculare lo schieramento del Chievo, con Malagò terzino destro preferito a Moro nella cura di Cesar, scelta che non si rivela indovinata, vista la prestazione del brasiliano che dall'alto di una ritrovata condizione fisica straripa a lungo, salvo poi scomparire. In attacco, Pillon vara la coppia Pellissier-Obinna, tenendo Amauri in panchina. Cambierà idea e farà bene. Insediatasi subito nella metà campo del Chievo, la Lazio produce un primo tempo di primissima qualità. Chiuderlo con il solo gol di vantaggio di Rocchi, per giunta fasullo anche se in campo non se ne accorge nessuno, è un peccato mortale. All'inizio del secondo tempo c'è Amauri per Obinna, e più in generale un Chievo molto aggressivo (specie negli esterni Semioli e Franceschini). La Lazio, in compenso, sembra rimasta con la testa negli spogliatoi. Non basterebbe a far girare il match, se non ci fossero i paurosi sbandamenti dei centrali di difesa Siviglia e (soprattutto) Cribari, cui Ballotta (ahi Peruzzi!) non viene mai in soccorso.
Due palle inattive, un corner in avvio e una normalissima punizione laterale da tre quarti campo a metà del tempo, provocano il ribaltone. D'Anna di testa e poi Pellissier col destro firmano il sorpasso. La Lazio ha la capacità di destarsi. Rossi muove anche lui le sue torri, prima Inzaghi e poi Tare all'esordio (per Pandev e Cesar, mentre Pillon ha tonificato il centrocampo con il vecchio Giunti per Zanchetta) e riesce a rimettere all'angolo il Chievo. Proprio come nel primo tempo, solo che ora ci sono i lunghi a tenere in apprensione Fontana, che su Rocchi ha frattanto compiuto un mezzo miracolo. Non c'è quindi niente di casuale nel rigore che D'Anna provoca e Ayroldi coglie con tempestività. Per fissare il 2-2, Oddo deve tirare due volte, causa ingresso in area di Tare. La seconda viene meglio della prima.
Il Corriere della Sera racconta così la gara:
Ogni anno, con la superficialità che riempie il calcio di luoghi comuni, si parla di "miracolo Chievo". Anche la formazione attuale - voluta dal presidente Campedelli, allestita dal d.s. Sartori e affidata al tecnico Pillon - difficilmente sfuggirà a questa sorte: ieri è stata raggiunta dalla Lazio, al 91' su calcio di rigore nettissimo, ma resta al quinto posto con la stessa Lazio, il Livorno e il Palermo. Un risultato fantastico, visto il bilancio a disposizione e quello che, con una parola orribile, viene chiamato "bacino d'utenza". Quello gialloblù all'Olimpico, ieri, era formato da una ventina di fedelissimi dietro un unico striscione. Il Chievo, invece, è tutto tranne che un miracolo. È organizzazione di gioco. È serietà nella gestione aziendale. È capacità di innestare ogni anno poche ma buone pedine in un organico collaudato: particolarmente interessante, tra i nuovi, Sammarco. È bravura nel surrogare i singoli con il collettivo. Ieri, ad esempio, la squadra non ha avuto nulla da Obinna, il suo giovane più promettente. Capita a tutti, anche ai migliori. Bravo e pragmatico è stato Pillon a toglierlo alla fine del primo tempo con Amauri. E lì la partita è cambiata. La Lazio aveva giocato 45 minuti pieni di corsa e di occasioni, quasi avesse ripreso senza interruzioni il secondo tempo del derby di domenica sera.
Guidata in modo perfetto da Liverani, aveva trovato il gol al 31' con Tommaso Rocchi: cross di Cesar, sponda di Pandev e l'attaccante (quinto gol in campionato) beffava il suo colpevole marcatore, Lanna, prendendo posizione davanti a lui e facendo quello che, nel basket, si chiama "tagliafuori". Il tocco in porta, a quel punto, non era difficile. Ma la Lazio non era stata soltanto il gol. Aveva manovrato meglio, sfruttando bene le fasce laterali, e lasciato l'impressione che il record storico delle cinque vittorie consecutive in casa fosse ormai a un passo. Così non è stato. La ripresa, infatti, ha completamente ribaltato il copione. Solo Chievo, sempre Chievo. Prima il pareggio su azione da calcio d'angolo, con D'Anna in gol di testa mal marcato da Zauri e Siviglia. Poi il vantaggio con Pellissier, di destro in area, dopo che la difesa della Lazio aveva commesso il gravissimo errore di stringersi tutta, in linea orizzontale, in pochi centimetri. Un rimpallo ha così liberato l'attaccante da ogni possibile marcatore. Un errore di "spaziatura" del reparto, che Delio Rossi in settimana farà sicuramente rivedere ai suoi. Merito del tecnico, invece, è stato rischiare tutto nel finale, con un 3-4-3 inedito. Da una mischia è venuto il rigore (fallo di mani di D'Anna), ma la pressione biancoceleste era salita da un po'. La Curva Nord, il cuore del tifo organizzato della Lazio, ha più volte alzato cori contro il presidente Claudio Lotito. Il resto dello stadio, ieri pieno per un terzo, li ha coperti con i fischi. Per Lotito è stata, almeno questa, una vittoria intera.