Domenica 8 dicembre 1996 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Roma 0-0
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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 12ª giornata - Lazio-Roma 0-0
LAZIO: Marchegiani, Nesta, Fish, Grandoni, Chamot, Fuser, Okon, Nedved, Rambaudi (85' Buso), Protti, Signori. n.e. Orsi, Marcolin, Baronio, Gottardi, Piovanelli, Venturin. All. Zeman.
ROMA: Sterchele, Aldair, Petruzzi, M.Lanna, Statuto (27' Tommasi), Thern, Di Biagio, Carboni, Totti (77' Bernardini), Balbo, Delvecchio (84' Fonseca). n.e. Berti, Annoni, Moriero. All. Santarini. D.T. C.Bianchi.
Arbitro: Sig. Pairetto (Nichelino).
Note: ammoniti Statuto, Nedved, Lanna, Delvecchio, Carboni, Di Biagio, Okon, Aldair. Calci d'angolo: 5-3. Recuperi: 3' più 4'.
Spettatori: 65.000.
Erano suggestive le promesse d'accompagnamento che il derby reale inghiotte, rappresentando dentro l'inutile 0-0 soprattutto scorrettezze e limiti creativi del calcio capitolino, sempre poco attrezzato per ricambiare il grande spettacolo montato sugli spalti. Olimpico a prevalenza laziale, da oltre due miliardi e mezzo d'incasso, ma gli zemaniani votati al possesso palla stentano ad impossessarsi davvero della stracittadina, cercata senza velocità fra gli sbarramenti giallorossi. Roma compatta, nel suo 3 - 4 - 1 - 2 che mura tanto Nesta quanto Chamot lungo i tragitti preferenziali, salvo rinunciare all'apporto costruttivo degli oppositori. In particolare Statuto, usato venticinque minuti come picchiatore, e poi rilevato da Tommasi dopo aver evitato l'espulsione grazie a uno scambio di persona (ammonito l'incolpevole Delvecchio) forse voluto dall'arbitro Pairetto. Bianchi non vuole sbilanciamenti, pure se i raddoppi riservati a bloccare le corsie esterne annullano la superiorità numerica dei suoi centrocampisti, che anzi lo stesso Totti, presunto elastico sulla coda dell'accoppiata Balbo - Delvecchio, arretra stralunato in aiuto di Thern e Di Biagio, per sottrarsi agli anticipi puntuali di Grandoni. Trascurando lo sviluppo offensivo e aspettando capovolgimenti, la Roma lascia almeno un paio d'occasioni nitide fino all'intervallo ai più coraggiosi avversari, vanificate dalla battuta fiacca di Rambaudi e dalla mira imprecisa di Signori, su cui incombe Aldair. Tuttavia manca l'intreccio annunciato d'emozioni, ingegnandosi i giallorossi solo ad occupare meglio ogni spazio, per rendere più gracile e innocuo l'impatto del tridente biancoceleste, dove Protti mima Casiraghi finendo ostaggio di Petruzzi o Lanna, mentre gli altri "bonsai" Rambaudi e Signori devono scalare anche verso Nedved, Okon e Fuser quando, saltuariamente, occorre riconquistare l'iniziativa. Derby piccolo piccolo.
La Lazio lo interpreta con ardore, a passo di carica, rivelando purtroppo un Okon approssimativo negli appoggi e mai propenso ad arricchire di profondità fraseggi troppo elaborati. Invece la Roma distrugge, sacrifica il guastatore Tommasi alle furenti avanzate di Chamot e preferisce scavalcare il pacchetto dei propri mediani, con lanci lunghi mai utilizzabili da Balbo per la felicità del controllore Fish. Certo, spendendo minori energie sul copione catenacciaro, i giallorossi sanno almeno accendere per un attimo l'estro di Totti in apertura di ripresa, srotolando via Thern il contropiede carogna. La prima rifinitura del talentuoso fantasma che si materializza innesca in corsa il sinistro ravvicinato timbrato Delvecchio: sopra la traversa. No, non è il segnale della riscossa romanista, né d'un ribaltamento tattico che sappia addobbare d'apprezzabili contenuti questo derby movimentato giusto dall'orgoglio biancoceleste. La Roma priva d'idee torna a rintanarsi, a menar mazzate in trincea, come risultasse impresa memorabile non soccombere, non sbriciolarsi sotto le cadenze assatanate che gli zemaniani dettano senza raccogliere nulla. Casiraghi, dove sei? Tartassato Signori, stremato Rambaudi, la leggerezza di Protti, corpo estraneo agli schemi zemaniani, diventa sempre più insostenibile. Superfluo attaccare centralmente, che perfino il brevilineo Petruzzi non sfigura nei duelli con l'ex capocannoniere barese. Tuttavia, prima d'arrendersi all'evidenza della comune mediocrità, l'instancabile Chamot consegna a Nedved l'assist-derby, dilapidato nell'esecuzione precipitosa sotto misura. Identica fretta tradisce Balbo, stoppato da Marchegiani nel recupero. Addio alle reciproche ambizioni d'alta classifica e arrivederci al girone di ritorno per stabilire la patetica leadership cittadina.
"Potevamo vincere - comincia Dino Zoff, presidente biancoceleste -. La partita l'abbiamo condotta sempre noi, sicuramente meritavamo di più del punto preso". Franco Sensi, dall'altra parte, non può parlare: il presidente giallorosso, con 39 di febbre, non è potuto andare allo stadio. Così ha visto il derby in tv, con la moglie, signora Maria. L'unica che concede una battuta: "Potevamo vincere". Già. Potevano vincerlo tutte e due, questo derby. E alla fine non l'ha vinto nessuno. Ma è tutto così piatto, tutto standardizzato, già vissuto, che la Lazio non ha neanche tanta voglia di recriminare sull'espulsione di Statuto negata da Pairetto. "Tutti hanno visto - si limita a commentare Zeman -. L'arbitro non poteva sbagliarsi". Invece l'ha fatto. Zeman non riusciva a credere ai suoi occhi, al di là della linea bianca. Per questo si è fatto una bella passeggiata, arrivando a metà della panchina romanista, per protestare con l'arbitro e un suo guardalinee. "Secondo me si è accorto che per Statuto sarebbe scattata l'espulsione, dal momento che il romanista era stato ammonito pochi minuti prima. E allora Pairetto ha preferito cambiare uomo. Non c'è altra spiegazione. Comunque non sta scritto da nessuna parte che con un uomo in più saremmo riusciti a vincere".
Fonte: Corriere della Sera