Domenica 5 ottobre 2003 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Chievo 1-0
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5 ottobre 2003 - 3061 - Campionato di Serie A 2003/04 - V giornata -
LAZIO: Peruzzi, Stam, Couto, Mihajlovic, Favalli (54' Zauri), Fiore, Dabo, Liverani, Stankovic (82' Giannichedda), Muzzi (46' S.Inzaghi), C.Lopez. A disposizione: Casazza, Negro, Oddo, Corradi. Allenatore: Mancini.
CHIEVO: Marchegiani, Moro, Sala, D'Anna, Lanna, Semioli (58' Franceschini), Perrotta, Zanchetta, Santana, Cossato (46' Pinilla), Amauri (69' Sculli). A disposizione: Frezzolini, Mensah, Barzagli, Morrone. Allenatore: Del Neri.
Arbitro: Sig. Collina (Viareggio).
Marcatori: 64' Mihajlovic.
Note: espulso al 91' Liverani per doppia ammonizione. Ammoniti Zanchetta, Mihajlovic, Perrotta.
Spettatori: 5.104 paganti per un incasso di 111.872,00 euro, abbonati 41.056 per una quota di 521.111,22 euro.
La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio celebra il Mihajlovic-day. Il serbo rimette in carreggiata la squadra di Mancini, ma è una punizione severa per il Chievo. Il tiro del difensore biancoceleste finisce in gol dopo una deviazione di D'Anna: il tabù è sfatato Mancini cambia formula e uomini, ma ancora non trova l'assetto giusto per l'attacco".
Continua la "rosea": Tre punti che valgono oro. Sofferti, come si conviene a chi realizza una cosa che mai gli era riuscita. E' il caso della Lazio col Chievo, cinque precedenti e nessuna vittoria, e di Roberto Mancini con Gigi Del Neri, tre precedenti e nessuna vittoria. In un match non bello ma tatticamente assai interessante, decide una punizione di Sinisa Mihajlovic sporcata in modo determinante da capitan D'Anna. L'1-0 e il modo con cui viene conseguito riassume fedelmente i temi della sfida, che passa attraverso un grande equilibrio rotto dalla capacità di usare meglio le più che mai fondamentali palle inattive. Ecco perché alla fine Mihajlovic, tra punizioni e corner (di questi ne ha calciati addirittura tredici) si laurea migliore in campo, mettendo la Lazio in condizione di vincere meritatamente "ai punti". A mettere lui in condizione di tornare a recitare, come nel preliminare d'andata di Champions col Benfica, il ruolo di goleador e di protagonista in positivo, dopo una serie recente di problematiche apparizioni, pensa Mancini. Che ridisegna la squadra a lungo in balìa dello Sparta Praga, toglie Conceicao, Albertini, Corradi e Oddo e blinda la difesa tornando all'antico, cioè a Stam terzino destro e Couto centrale, così da assicurare a Miha due uomini (oltre a Favalli poi rilevato da Zauri) di sicuro affidamento nella cura della fase difensiva.
Dispiace ne esca sacrificato un giocatore moderno come Oddo, ma non c'è dubbio che la vecchia/nuova formula tolga la Lazio dagli impicci di una serie grigia coincidente con un numero esagerato di reti subite. Il fatto che per la prima volta in campionato la porta di Peruzzi resti inviolata la dice lunga sull'affidabilità dell'impianto, anche se gli attaccanti del Chievo, impalpabili dal primo all'ultimo, cioè da Cossato e Amauri per passare poi a Pinilla e Sculli (Del Neri le ha provate tutte), ci hanno messo certo del loro. E' un successo importante, quello della Lazio, perché arriva in un momento di apparente involuzione tecnica e agonistica, che la sconfitta col Parma e i successivi pareggi con Empoli e in Champions avevano messo a nudo. Coinvolgendo nelle generali perplessità anche l'uso dei propri titolari a cura di Mancini, profeta vincente della passata stagione. Già bravo a raddrizzare la barca con lo Sparta, l'offensivista Mancio ha invece ribadito ieri di saper fare, quando è il momento, di necessità virtù. E allora eccolo varare una difesa a doppia mandata, che rischierà solo su un colpo di testa in avvio di Sala (anche lì da palla inattiva) e nel concitato finale in cui il Chievo, più tonico della Lazio, chiude i biancocelesti nella loro area alla vana ricerca del pari.
Eccolo anche varare sostituzioni ad hoc, quale quella di Giannichedda per lo spento e fischiatissimo Stankovic che con l'arretramento di Lopez trasforma il 4-4-2 in un più prudente 4-5-1, utile per giunta ad ammortizzare nei minuti di recupero l'espulsione dell'ingenuo Liverani, fattosi cogliere in fallo (di mano) dall'inflessibile Collina. Che Mancini invece non abbia ancora le idee chiarissime su quale possa essere la chiave giusta per l'attacco, lo dimostra il nuovo esperimento tentato davanti, col varo dell'inedita coppia Muzzi-Lopez. L'idea di penetrare la difesa del Chievo, che gioca solitamente alta, con due velocisti, non era male, ma è da considerare fallita. Vuoi perché i veneti portano sì il pressing nell'altrui metà campo ma si sono fatti (per ora) meno corti che nelle due passate stagioni, vuoi perché gli speculari schieramenti tattici hanno sottratto al match le tradizionali figure dei liberi. Con tutto il viavai di esterni caro a Del Neri, che ha presto scambiato di corsia Santana e Semioli poi rilevato da Franceschini, le due coppie di attaccanti hanno finito così col gravitare per lo più nella zona di competenza dei centrali difensivi, cosa che sul fronte Lazio ha svuotato l'esperimento di parte dei suoi contenuti, anche se Muzzi può reclamare un rigore per trattenuta di Sala che a prova di moviola poteva pure starci.
Una distorsione alla caviglia ha poi tolto di mezzo Muzzi. Così che all'inizio della ripresa, dopo avere nel primo tempo annotato una parata di Marchegiani, ex giustamente festeggiato, su punizione di Stam, e un salvataggio sulla linea di Santana relativo al tap in di Lopez, Mancini si è visto costretto ad inserire Inzaghi, lasciando in panchina l'azzurro (sbiadito) Corradi. Il temperamento di Inzaghino asso di coppa rappresenta in questo momento particolare della Lazio un irrinunciabile valore aggiunto e poco importa che quasi a metà ripresa la punizione decisiva (sulla cui reale esistenza si potrà discutere all'infinito) sia scaturita da un contatto al limite dell'area tra Franceschini e Fiore. Inzaghi ha dato la scossa a tutta la squadra, che gli deve molto se alla fine la domenica del maglia-day, con tutto lo stadio vestito di bianco e celeste, si è degnamente conclusa. Quanto al Chievo, corre tantissimo e gioca già quasi a memoria. Ma dai nuovi esterni di Del Neri, specialista nello sfornarne a getto continuo, ci aspettavamo, lo confessiamo, molto ma molto di più.