Domenica 2 gennaio 1977 - Roma, stadio Olimpico – Lazio-Milan 1-2
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1912. Campionato di Serie A 1976/77 - XI giornata
LAZIO: Pulici F., Ammoniaci, Martini L., Wilson, Manfredonia, Cordova, Garlaschelli, Agostinelli A., Giordano, D'Amico, Badiani (I). (12° Garella, 13 Viola, 14 Rossi R.). All. Vinicio.
MILAN: Albertosi, Anquilletti, Boldini S., Morini G., Bet, Turone, Rivera, Capello, Calloni, Maldera (III), Bigon. (12° Rigamonti, 13° Sabadini, 14° Silva). All. Marchioro.
Arbitro: Sig. Barbaresco di Cormons.
Marcatori: 10' Martini L., 48' Maldera (III), 52' Calloni.
Note: giornata molto nuvolosa con pioggia ad intermittenza specie nella ripresa; campo molto allentato. Angolo 12-5 per la Lazio (5-4).
Spettatori: 45.000 circa.
Il Milan ha vinto la partita contro la Lazio, rispettando l'inedito copione suggerito da Marchioro, indotto a rivoluzionare un modulo esteticamente assai piacevole ma scarsamente produttivo ai fini della classifica. Il successo dei rossoneri è stato un modello di praticità e di coraggio in cui tuttavia ha giocato un ruolo rilevante anche la sorte amica. In tante precedenti occasioni la compagine di Marchioro avrebbe meritato la vittoria per la sua manovra elegante, qualitativamente superiore, che però la fortuna non si era mal decise a premiare. Stavolta è accaduto esattamente il contrario. Tuttavia i due punti conquistati dal milanisti sono stati assai sofferti e anche vivacemente contestati dal pubblico romano, convinto di essere stato defraudato di almeno un pareggio a causa delle sviste arbitrali. In particolare si è rimproverato a Barbaresco di aver convalidato il secondo gol rossonero, siglato da Calloni in posizione di sospetto fuorigioco e di non essere intervenuto per punire con un calcio di rigore il fallo in area commesso da Morini su Wilson a circa 20 minuti dalla fine della gara.
Sono stati indubbiamente due episodi importanti che avrebbero potuto sanzionare un risultato di parità, probabilmente più rispondente al valore espresso dalle due squadre. C'è però anche da sottolineare che il Milan, nel complesso, non ha rubato nulla. Semmai è la Lazio che deve recitare il < mea culpa > per non aver saputo approfittare del suo gol di vantaggio, siglato da Martini dopo appena dieci minuti, che aveva creato un vistoso sbandamento nelle file avversarie. Questa prima marcatura del '77 ha preso l'avvio da un cross di Garlaschelli, «bucato» ingenuamente prima da Bet e poi da Morini. E' stato uno scherzo per Martini battere Albertosi da corta distanza. A quel punto i piani di Marchioro, sia di nuova che di vecchia edizione, hanno rischiato di frantumarsi. La Lazio, pur non ottenendo dal rientrante D'Amico il sostegno che si aspettava, dava l'impressione di aver azzeccato la giornata giusta.
Agostinelli e Martini sembravano due fulmini imprendibili; Manfredonia, Wilson e Ammoniaci chiudevano alla perfezione ogni varco: Cordova, Badiani e Garlaschelli si inserivano puntualmente nella vivacità della manovra biancoazzurra, che tuttavia non trovava validi sbocchi offensivi per la totale inconsistenza di Giordano. Colpito a freddo, Il Milan ha corso il pericolo di una disfatta. Tuttavia, pur nella confusione di un gioco che stentava a riacquistare una precisa fisionomia, emergevano a tratti grinta e agonismo degli uomini di Marchioro, decisi a vendere cara la pelle prima di arrendersi. Calloni e Bigon si impegnavano in tenaci duelli con l'euforica difesa biancoazzurra. Turone e Maldera si avventuravano spesso avanti cercando il colpo a sorpresa. Morini, però, stentava a contenere lo scatenato Martini, mentre Capello e Rivera (quest'ultimo apparso sotto tono rispetto alle ultime partite) non riuscivano a trovare il bandolo di una matassa sempre più complicata.
A far squillare ancora più forte il campanello d'allarme, interveniva Garlaschelli che al 43' graziava letteralmente Albertosi spedendo a fil di traversa il pallone del facilissimo secondo gol. Nell'intervallo (lo ha rivelato a fine gara Capello) i rossoneri hanno concertato il piano della riscossa, che dopo appena tre minuti dava i suoi frutti: Turone si proiettava verso l'area laziale, con azione rapidissima « pescava » alla perfezione Maldera che sull'uscita di Pulici insaccava di precisione. Stavolta era la Lazio a farsi prendere dall'affanno e mentre stava ancora cercando di riorganizzarsi giungeva improvvisa al 48' la decisiva mazzata rossonera: Rivera sfruttava alla perfezione il corridoio verso Calloni, il quale scattava rapidissimo e con un preciso rasoterra batteva Pulici per la seconda volta. I laziali protestavano a lungo per la presunta posizione di fuorigioco in cui sarebbe venuto a trovarsi il centroavanti rossonero, ma Barbaresco indicava decisamente il centro del campo.
Il Milan si chiudeva a riccio. Cercava un pareggio, stava per gustare addirittura il sapore della vittoria, che mancava dal lontano 3 ottobre dello scorso anno, appariva quindi comprensibile la sua condotta di gara, con palloni allontanati di forza verso il centrocampo in perfetto stile da provinciale. Intanto la Lazio, smarrita gran parte della sua freschezza, premeva disperatamente ma non otteneva praticamente nulla, eccetto l'episodio del rigore non concesso che contribuiva a rendere elettrica l'atmosfera del finale di gara. Il pubblico si sfogava con il coro di "ladri" rivolto ai rossoneri, ma era un signore particolarmente agitato ad offrire un malinconico show negli spogliatoi. Un giornalista della Rai, Renzo Focolari, dopo aver ottenuto l'ingresso porta il contestatore ad un confronto diretto con Barbaresco. Il giornalista non si faceva pregare e si lanciava con un balzo nello stanzino. L'arbitro ha avuto un attimo di smarrimento. Intanto un paio di dirigenti biancoazzurri si erano finalmente accorti del pericolo e intervenivano energicamente evitando forse il peggio. Adesso bisognerà vedere come ha preso la vicenda il signor Barbaresco, che con il suo sguardo dimostrava di non essersi affatto divertito. Negli spogliatoi Barbaresco è stato duramente attaccato anche da Vinicio, che ha detto: « Se abbiamo perso, la colpa è soprattutto sua. Certe decisioni dell'arbitro mi sono sembrate assurde ».
Fonte: La Stampa