Domenica 26 gennaio 2003 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Reggina 0-1
Turno precedente - Turno successivo
26 gennaio 2003 - 3028 - Campionato di Serie A 2002/03 - XVIII giornata
LAZIO: Peruzzi, Oddo, Stam, Fernando Couto, Favalli, Fiore, Giannichedda (77' Liverani), Simeone (49' S.Inzaghi), Stankovic, Chiesa (59' Castroman), C.Lopez. A disposizione: Marchegiani, Pancaro, Negro, D.Baggio. Allenatore: Mancini.
REGGINA: Belardi, Franceschini, Vargas, Morabito, Falsini, Cozza (93' Mozart), Mamede, Paredes, Nakamura (64' Diana), Bonazzoli (83' Savoldi), Di Michele. A disposizione: Lejsal, Cirillo, Leon, R.M.Veron. Allenatore: De Canio.
Arbitro: Sig. Morganti (Ascoli Piceno).
Marcatori: 46' Bonazzoli.
Note: ammoniti Stankovic, Couto, Castroman, Paredes e Cozza per gioco scorretto. Calci d'angolo: 12 - 4. Recuperi: 0' p.t., 5' s.t.
Spettatori: paganti 8.346 per un incasso di 178.172,00 euro; abbonati 28.431 per una quota di 514.170,32 euro.
La Gazzetta dello Sport titola: "E la Reggina sfiancò la Lazio. Gli uomini di Mancini non riescono a tenere i ritmi dei calabresi. Bonazzoli firma la storica impresa all'Olimpico".
Continua la "rosea": Il mal d'Olimpico pesa sulla Lazio più di quanto il mal di trasferta non faccia con la Reggina. Così, dopo un solo pareggio e sette sconfitte fuori casa, i calabresi si tolgono il preziosissimo sfizio di battere i biancocelesti a domicilio, riaprendo in maniera inequivocabile il discorso salvezza. L'1-0 conclusivo realizzato dopo una manciata di secondi della ripresa dal neoacquisto Bonazzoli, sta persino stretto alla Reggina, che ha letteralmente dominato la partita grazie a uno strapotere fisico che la dice lunga sull'attuale stato generale delle condizioni degli uomini di Mancini. E da qui cominciamo, da casa Lazio. Da quella che, ancora non annunciata nella sua interezza, ha tutta l'aria di essere una crisi strisciante. La Reggina non ha fatto che ripetere quel che il Chievo (3-2) fece il giorno dell'esordio all'Olimpico (15 settembre) con la Lazio, che da allora sul terreno di casa è stata capace di vincere solo tre volte, Perugia, Modena e Udinese domenica scorsa.
Proprio quella sofferta affermazione che sarebbe costata per somma di ammonizioni la squalifica di Corradi, risultata poi decisiva, ha rappresentato un chiaro campanello d'allarme. La Lazio ha il fiato corto, le idee annebbiate e se privata del suo ariete capace di tenere impegnato da solo un reparto e di far salire la squadra col suo altruistico gioco, diventa quasi inoffensiva. Nello specchio della porta dell'inoperoso Belardi due soli tiri, con un palo scheggiato da Lopez a metà del primo tempo nell'unica azione (Stankovic-Fiore-Lopez) degna di questo nome. Chiesa è, e per ora rimane, la pallidissima controfigura del grande giocatore che è stato, e tenerlo in campo un'ora è stato fin troppo. Va detto che stavolta Mancini ci ha messo del suo: pur disponendo di tutto l'organico di metà campo, escluso l'infortunato (e sempre più rimpianto) Cesar, ha nuovamente puntato su Giannichedda-Simeone centrali. Coppia muscolare e male assortita, utilizzata solo col Chievo (sconfitta) a Bergamo con l'Atalanta (risicata vittoria) e in casa col Bologna (brutto pari). La quarta puntata, si spera, dovrebbe essere l'ultima. Che poi la sconfitta sia arrivata per un marchiano errore dell'uomo solitamente più positivo del reparto difensivo (Stam, che ha in pratica mandato in porta Bonazzoli con un maldestro disimpegno cui non hanno posto rimedio né Couto né Peruzzi (a nostro avviso mal piazzato), è l'imprevisto in più. Ma la partita, occorre sottolinearlo, la Reggina l'ha meritata di vincere ben al di là del fortunato episodio.
Chi dice che al mercato di gennaio non si possono fare affari utili si sbaglia. Ed è servito da questo Bonazzoli, chiuso a Parma e arrivato a Reggio insieme a Diana (utilizzato mezz'ora) e Torrisi solo a metà della settimana. I calabresi, cui i piedi buoni non difettano (Nakamura, Cozza e ieri soprattutto Paredes, grande quale centrale davanti alla difesa), avevano proprio bisogno di un ariete, capace di esaltare le doti di una squadra che gioca un buon calcio e che difetta solo nella finalizzazione. Della presenza di un bisonte così si è avvalso anche l'agile Di Michele, cui vanno ascritte non meno di quattro cinque limpide occasioni da rete, fallite d'un niente o sventate, l'ultima, da una provvidenziale uscita di Peruzzi. Talchè il risultato avrebbe anche potuto essere più rotondo. La partita, non bella ma tatticamente molto interessante, è vissuta anche sulle mosse dei due allenatori: Mancini ha cercato di correggere una impostazione sbagliata (anche quel rilancio di Couto al posto di Negro non ha convinto) prima inserendo Inzaghi (reo poi di una spiacevole passeggiata sulla schiena di Franceschini) per Simeone, con l'accentramento di Stankovic, il passaggio di Fiore da destra a sinistra e l'arretramento a destra di Lopez. Poi, fattasi una ragione dell'inutilità di Chiesa, ha inserito Castroman a destra e riportato Lopez, il più vivo, in avanti. Infine, la carta della disperazione Liverani (per Giannichedda) ha finito con l'aprire ulteriori spazi all'altrui contropiede. De Canio, per contro, ha avuto il coraggio di sostenere Bonazzoli con un atteggiamento spregiudicato e con la conferma di Di Michele, Cozza e Nakamura (rilevato con un difensore, Diana, solo dopo oltre un'ora).
L'idea di una marcatura ad personam per Stankovic (Mamede) è stata altrettanto felice e Paredes (che però dovrà saltare il match col Perugia) ha fatto il resto. Così la difesa più perforata del campionato, per la seconda settimana consecutiva è rimasta imbattuta. Alimentando prospettive di salvezza che sarebbe fuori luogo chiamare sogni. Quelli della Lazio rischiano invece di diventare incubi. Domenica sul campo del Chievo, con Corradi ma senza Stankovic, che sarà squalificato, è già spareggio per restare agganciati alla Champions.