Domenica 26 gennaio 1997 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Bologna 1-2
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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 18ª giornata - Lazio-Bologna 1-2
LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Fish, Gottardi, Fuser, Okon, Nedved, Rambaudi (65' Buso), Casiraghi, Signori (76' Protti). n.e. Orsi, Marcolin, Baronio, Piovanelli, Venturin. All. Zeman.
BOLOGNA: Antonioli, Tarozzi, Torrisi, Mangone (90' Cardone), Paramatti, Magoni, Marocchi (55' Shalimov), Scapolo (76' Bergamo), Nervo, Andersson, Kolyvanov. n.e. Brunner, Anaclerio, Fontolan, Seno. All. Ulivieri.
Arbitro: Sig. Bazzoli (Merano).
Marcatori: 42' Andersson, 46' Casiraghi, 59' Nervo.
Note: ammoniti Mangone, Andersson, e Nervo (gioco scorretto), Scapolo per comportamento non regolamentare. Calci d'angolo: 14-4.
Spettatori: 31.460 per lire 985.998.000 (abbonati 26.371 per una quota di lire 805.588.000, paganti 5.189 per un incasso di lire 180.410.000).
La Gazzetta dello Sport titola: "Rischia l'esonero il tecnico biancoceleste dopo il passo falso contro la squadra emiliana. Ulivieri mette nei guai Zeman. Stessi schemi, diverso passo: vola il Bologna, frana la Lazio. Gli emiliani applicano con più umiltà il 4-3-3 - Il k.o. quando i laziali effettuano la pressione maggiore".
Continua la "rosea": E' anche sfortunata, la Lazio. Ma fate bene attenzione all'"anche". Perché sarebbe un errore legare la sconfitta interna a cura d'un lanciatissimo Bologna solo a quella manciata di secondi in cui si sono consumati il palo di Nedved e il gol del definitivo 2-1 di Nervo. Certo, non capita tutte le domeniche di beccare il colpo del ko proprio quando si sta dando il massimo e l'avversario sembra alle corde. Ma se la Lazio che ormai ha sotto di sé solo cinque rivali è la squadra che ha perso più volte in casa, quattro, un motivo ci deve essere. Dopo Udinese, Vicenza e, appena domenica scorsa, la Juventus, è stato il turno del Bologna, che in compenso è la squadra, proprio con la Juve, che vince di più in trasferta e che sette giorni fa aveva fatto bella mostra di sé a San Siro con l'Inter. Segnali sufficienti per suggerire un pizzico di prudenza a Zeman ? Nemmeno per idea. Anche se alla difesa titolare mancano due pedine, anzi tre, Chamot, Favalli e Grandoni, e bisogna ricorrere a Fish e Gottardi, due che non per caso ebbero sulla coscienza lo 0-1 assai imprevisto dell'andata, prima di campionato. Quando la Lazio era una grande e il Bologna era una matricola. Il fatto è che, da allora, nulla sembra cambiato, anche se la classifica sta lì a dire il contrario: la Lazio va avanti pensando d'essere ancora una grande, il Bologna procede con la stessa umiltà e buon senso che ne guidarono i primi passi stagionali. Doti che non impediscono a Ulivieri, badate bene, di schierare lo stesso modulo "aggressivo" di Zeman, il tanto discusso 4-3-3. La differenza è tutta racchiusa nell'applicazione del medesimo: quello del Bologna funziona, quello della Lazio no. Il perché è presto spiegato, ed è racchiuso nella prestazione degli esterni dei rispettivi tridenti. Nervo e Kolyvanov da una parte, Rambaudi (poi Buso) e Signori dall'altra: i primi fanno gli attaccanti, i mediani e quando serve anche i terzini, insieme alla boa Andersson, migliore in campo in assoluto.
I secondi fanno malissimo le punte e lì si fermano. Così che il centrocampo, qualitativamente un'altra cosa rispetto a quello del Bologna, regge un'ora ma poi cala per forza di cose, e la difesa, squadra allungata e deficienze dei singoli, finisce col pagare il conto. Due reti più o meno in contropiede, quelle subite dalla Lazio. La prima sul finire del primo tempo, quando il pressing alto di Nervo e Marocchi su Fish e Gottardi ha prodotto un grottesco passaggio all'indietro di questi a...Andersson, libero di trafiggere in tutta tranquillità Marchegiani. La seconda dopo un'ora di gioco su un lungo rilancio, tattica semplice e amatissima da Ulivieri (e Andersson), sul quale Nervo è stato lesto ad incunearsi tra assenti (Gottardi e Fish), fuori posizione (Negro) e distratti (Nesta). Tra l'uno e l'altro episodio, il momentaneo pareggio all'inizio della ripresa, a cura non già di schemi zemaniani quanto d'una sublime invenzione di Casiraghi, che ha scaricato un gran sinistro da fuori area. Poi, sparse qua e là, occasioni a dirotto perché la partita è stata certo vivace e divertente: tante parate di Antonioli, qualche replica sempre pungente del Bologna (Scapolo e Kolyvanov), un sospetto rigore di Mangone su Casiraghi ma proprio mentre Fish sciupava la facile incornata. Ulivieri ha controllato il match rinfrescando il centrocampo (Shalimov e Bergamo per Marocchi e Scapolo), Zeman non ha ricavato nulla dal tentativo di rigenerare l'attacco (Buso e Protti per Rambaudi e Signori, fatto fuori dopo 75') sempre all'insegna d'un 4-3-3 che questa Lazio non può più permettersi. E l'ultima chance è finita sui piedi di Gottardi. Quelli sbagliati.
Dal Corriere della Sera:
Il Bologna attinge la terza vittoria di campionato nel calcio romano e, forse, sopprime gli ultimi rigurgiti d'affetto laziale per Zdenek Zeman, ormai separato in casa con immaginabili turbamenti. Turbolenze biancazzurre che dopo una settimana passata da Sergio Cragnotti a fantasticare su probabili successori (la chimera Sven Goran Eriksson, Giovanni Trapattoni in fuga eventualissima dal Bayern, Emiliano Mondonico), si riflettono dentro una squadra sbagliata, dove certi equilibri quanto meno migliorerebbero vincolando Okon al disastroso quartetto difensivo, senza lasciar fuori Baronio, centrocampista centrale. Nell'atmosfera da sgombero troppo anticipato, scarseggiano però anche le intuizioni del precettore boemo. Se ne giovano i bolognesi, quasi perfetti come sincronia di movimenti, applicati sopra un copione scorrevole, anzi fulmineo, quando i prevedibili ricami biancocelesti lasciano margini alle battute esatte di Marocchi, dominatore dell'assembramento tattico montato in 35-40 metri. Questo significa che ogni risorsa felsinea viene assimilata dall'organizzazione-Ulivieri, mentre quella zemaniana rivive solo a sprazzi dietro le strattonate di Fuser o l'impeto poco assecondato che Casiraghi inalbera fra l'accoppiata di centrali difensivi Mangone-Torrisi, perfino oltre il gol spettacolare del provvisorio pareggio. Cosa resta degli altri zonaroli di Formello, presunti protagonisti e accertati comprimari? Signori latita nonostante la malleabilità di Tarozzi, al rientro dopo una lunga teoria di infortuni; Rambaudi s'imbottiglia nei paraggi di Paramatti né lo soccorrono saltuarie sovrapposizioni tentate da Negro, che via via frana quale anti-Kolyvanov; Nedved appare nullo nel contenimento e sfortunato nell'azione che finalizza sul palo interno; Okon va sotto ritmo; Gottardi, impresentabile, favorisce il blitz firmato Andersson-Nervo, causa memorabili ingenuità.
La Lazio fa pressing alto, ma senza azzeccare mai i tempi d'aggressione sugli oppositori; senza restare concentrata e corta; senza aggiungere velocità ad uno sterile possesso palla, spesso imposto a rischio di ribaltamenti, con temeraria ostinazione. E nei vuoti spalancati, sfrecciano cursori-lanciatori davvero privi di nome altisonante; tutti addestrati alle variazioni in corsa previste dal modulo camaleontico: capzioso 4-3-3, prevalenti ripiegamenti di Nervo per sostenere Scapolo, Marocchi e Magoni; poi l'unica punta fissa, lo svedese Andersson, per gestire mezz'ora i preziosi tre punti regalati dalle sbadataggini degli scudieri di Marchegiani. Pessima concentrazione? Solite carenze dei mediocri Fish e Gottardi, rammendi d'un reparto che non può prescindere dal duttile Chamot ? Nello sterminio degli incauti sogni laziali, diventa arduo quantificare le responsabilità di mastro Zdenek e le omissioni dei suoi interpreti di giornata. Poi, quasi non bastasse, scintilla protervo Antonioli, balzi e piazzamenti rassicuranti, mani interminabili a disinnescare Fuser, le punizioni-Signori, lo sprovveduto tiratore Gottardi, le prodezze balistiche del replicante Casiraghi. Addio allora, con sedici giornate d'anticipo, alle già flebili speranze di confermare Zeman, delegato ad articolare un programma triennale mai decollato, e comunque soffocato anche dalle imperdonabili cessioni avallate durante l'estate scorsa. Il sorprendente Bologna non rimpiange le numerose assenze; lo spartito contempla analoghe trappole scattate una settimana fa a San Siro, identica coralità in campo ancor più avvalorata qui dagli abbagli dei marcatori biancocelesti. Così i progetti cragnottiani precipitano verso i bassifondi. Così sembrano patetici i promotori della raccolta di firme pro-Zeman, dispersi dalla polizia per manifestazione non organizzata. Anche i sentimenti, a queste latitudini, vengono sgominati.
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Moduli pressoché identici. Bologna aggressivo come la Lazio. Ma Ulivieri pratica l'umiltà, mentre la squadra di Zeman pensa di essere sempre tra le grandi. Ulivieri: "Io faccio il tecnico. I giocatori fanno i giocatori. Chi va in campo lo decido io e loro stanno zitti. Così siamo risaliti, dopo il calo. Con la Lazio ho detto ai miei tre attaccanti: andate avanti e tornate a difendere. Noi non ci possiamo permettere tre fissi lì davanti". Una critica a Zeman, a Signori e compagnia? Ulivieri nega e difende il collega: "Alla Lazio i recuperi difensivi degli attaccanti non sarebbero serviti. Ho studiato parecchio la partita. Noi da Torrisi mandavamo il pallone su Andersson. Quando Andersson è ispirato come contro la Lazio, c'è poco da fare. Noi abbiamo trovato il gol per primi anche se la Lazio giocava bene. Hanno pareggiato proprio all'inizio della ripresa. Ce la siamo vista brutta. Ci ha salvati Antonioli e la fortuna. La Lazio ha colpito il palo e noi abbiamo segnato. Sì, Kolyvanov è stato egoista o non ha visto Andersson. C'era un altro gol. Se glielo chiedessi, lo so, mi direbbe che non l'ha visto". Il più concreto in casa Lazio è il portiere Marchegiani: "Adesso bisogna tirarci fuori dal fango. Col Bologna più di altre volte abbiamo pagato gli episodi, ma sarebbe sbagliato parlare di sfortuna. Se abbiamo 23 punti non è certo perché gli avversari contro di noi hanno rubato. Fa impressione parlare di salvezza, ma non dobbiamo essere presuntuosi". Sul discorso si avvilisce capitan Signori: "Siamo una squadra anche sfigata. E non siamo abituati a lottare per salvarci. Dobbiamo risollevarci mentalmente e andare a Udine cercando di non farci prendere dalla paura. Il nostro problema oggi si evidenzia all'Olimpico, dove non riusciamo a imporre il nostro gioco. Purtroppo il ritmo che prima tenevamo con una certa continuità, adesso si vede solo a sprazzi. La sostituzione? L'allenatore è messo lì per decidere cosa sia meglio fare per la squadra. I fischi ? Non so per chi fossero, ma chi paga ha diritto di dissentire". Zeman non batte ciglio, nemmeno sul suo abituale gennaio nero: "Credo sia una coincidenza che negli stessi periodi abbiamo perso delle partite". Per il boemo non è cambiato nulla, solo gli episodi hanno condannato la sua Lazio. Poi ammette: "In questo momento niente ci viene facile. Ma bisogna sfuggire alla rassegnazione". La società intanto non è certo contenta, Zeman però taglia corto: "Cragnotti non l'ho sentito e non lo cerco".
La Lazio ha meno certezze Zeman sempre più lontano. Cinquemilacentottantanove paganti, trentunomila con gli abbonati, la Lazio di Sergio Cragnotti, nella sua storia, non li aveva mai fatti. Un minimo storico che trova riscontro nell'attuale delicatissima posizione di classifica della squadra romana. Un ennesimo passo falso domenica a Udine e parlare di retrocessione non sarebbe più campato in aria. Questo, ad appena due settimane dagli ultimi proclami di Zeman, da quella convinzione di avere in mano una squadra da scudetto sbandierata ancora alla vigilia del match con la Juventus, che ridimensionò definitivamente anche gli illusi. Non sappiamo se tra questi ci fosse anche Sergio Cragnotti, che come tifoso è talvolta accecato, ma che come imprenditore sa far di conto. E comprende come quelli della Lazio siano ormai in rosso fisso ben al di là del modesto incasso di ieri: qui ci sono i miliardi dell'Europa prossima ventura che stanno volando via nell'ambito di un ridimensionamento che la Lazio-Cirio non può assolutamente permettersi in questo momento della sua storia, con alle viste la quotazione alla borsa di Londra. "Ci dormo sopra", ha confessato ieri sera un Cragnotti confuso ma non smarrito: Zoff in panchina e Zeman a casa. Si tratta solo di vedere se prenderà corpo già oggi o se maturerà fra sette giorni a Udine.