Domenica 26 aprile 1998 – Roma, stadio Olimpico – Lazio-Parma 1-2
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26 aprile 1998 - 2.791 - Campionato di Serie A 1997/98 - XXXI giornata
LAZIO: Marchegiani, Chamot (32' Grandoni), Nesta, Negro, Favalli, Fuser, Venturin, Jugovic, Nedved (75' Rambaudi), R.Mancini, Boksic (46' Casiraghi). A disposizione: Ballotta, G.Lopez, Marcolin, Gottardi. Allenatore: Eriksson.
PARMA: Buffon, Zé Maria, Thuram, Cannavaro, Benarrivo, Crippa (67' Fiore), Sensini, D.Baggio, Strada (46' Blomqvist), Chiesa (61' Adailton), Stanic. A disposizione: Nista, Mora, Apolloni, Barone. Allenatore: Ancelotti.
Arbitro: Sig. Pairetto (Nichelino).
Marcatori: 57' Nedved, 71' Sensini, 74' Stanic.
Note: ammonito Cannavaro per proteste. Angoli 2-7.
Spettatori: 36.795 per un incasso di lire 1.158.684.369 (abbonati 31.738 per una quota di lire 957.039.369, paganti 5.037 per un incasso di lire 201.645.000).
In tre minuti di smarrimento difensivo, la Lazio allunga il periodo degli affanni e non alleggerisce i brutti presagi raggrumati nel suo calo atletico. E' la sesta amarezza (tre sconfitte e tre pareggi) di questo aprile sconcertante, acuita dal bollettino medico di Chamot e Boksic, forse recuperabili solo a Parigi fra dieci giorni, per lo sprint-Uefa contro l'Inter. Stavolta ne approfitta Ancelotti, bravo nelle correzioni decisive, dopo quel primo tempo sciupato dai parmensi dentro un 4-4-2 troppo statico, dove Stanic si lascia spesso risucchiare dietro, senza soccorrere lo stralunato Chiesa. E' una domenica da gite al mare, ma nell'afa improvvisa i biancocelesti partono sparati, come se volessero dimostrare la validità del titolo Lazio ad ogni potenziale acquirente. Eriksson schiera l'acciaccato Nedved per azzeccare le prove tecniche anti-Milan e, soprattutto, per frenare la caduta libera d'un gruppo che non riconosce più. Effetto Borsa, vagamente jettatorio? Colpa degli annunci anticipati di assi in partenza e in arrivo, secondo le strategie spettacolari del patron Cragnotti? Solo la vittoria, subito cercata grazie al puntuale furore di Nedved, potrebbe placare tante polemiche. Così tocca al propulsore ceko dettare i ritmi o garantire i cambi di marcia, salvo vedersi annullare ingiustamente il gol apripista.
L'azione vede l'avvitamento aereo di Boksic che precede Buffon sul rifornimento di Mancini. Sul retropassaggio, è uno scherzo segnare per Nedved, penalizzato dal guardalinee Provesi mentre sta esultando. L'arbitro Pairetto, sempre distante dai fatti salienti, annulla la rete già assegnata, dando retta all'assistente di destra che visto un fuorigioco del ceko. Qua vacillano le certezze psicologiche della Lazio, aiutata da Nedved a mascherare le carenze energetiche ormai abituali nella ripresa. L'illusorio vantaggio pare dare ragione all'avvento di Casiraghi, che consente la rifinitura di Mancini per il destro imparabile di Pavel, anomalo capocanniere laziale. Chi immagina il ribaltamento? Chi osa prevedere gli strappi provocati dal tonico Blomqvist, che ha rilevato l'evanescente Strada per amplificare la forza d'urto del nuovo tandem d'attacco Stanic-Adailton, assortito fra i mugugni dell'uscente Chiesa? Frana la Lazio dalle parti di Grandoni (oltre a Boksic, pure Chamot s'è chiamato fuori, causa un infortunio muscolare), ma anche l'altro esterno Favalli va in barca quando Zé Maria piazza la progressione trapassante. La centrata esalta lo smash di testa dell'ottimo Sensini, complice il disattento Marchegiani, piazzato proprio sulla traiettoria. La Lazio prende ormai gol su fotocopia, nonostante l'accertato valore di Nesta che cerca di moltiplicare ovunque gli sforzi per puntellare il reparto. Ora s'attende che entrino in partita i centrali Venturin e Jugovic, semplificando i problemi con una reazione orgogliosa.
Niente da fare: avanzato il baricentro, gli emiliani imperversano ancora sull'asse Dino Baggio-Blomqvist e si giunge al patatrac di Negro, anticipato sotto rete dal guizzo di Stanic. Dalla curva Nord, rituale feudo del tifo biancoceleste, giungono bordate di fischi. E se Eriksson, troppo buono e paternalista, fosse davvero un perdente di successo? Una prodezza di Buffon, gigante provvisto anche di piedi "prensili", disinnesca Casiraghi lanciato da Fuser. Poi, nell'accorato finale, rifulge il tentacolare Thuram, contropiedista di complemento a caccia della terza realizzazione. No, non esageriamo, Marchegiani parzialmente si riscatta, rincuorando quasi i compagni protesi nel finale d'azzardo. Però regge attorno a Cannavaro il pacchetto difensivo parmense e Mancini trova lo spazio per scaricare il destro. Ricongiungimento? Buffon, acrobata provvidenziale, dice no e il blitz di Ancelotti va in cassaforte. Da quando ha sentito che l'avrebbero licenziato, s'è messo a volare. I laziali sgomberano mortificati e forse, per mercoledì sera, il Milan può sperare.
La Gazzetta dello Sport titola: "Ancelotti ritorna il re di Roma. Con il suo Parma sbanca la Lazio che protesta per un gol annullato a Nedved. Sul risultato pesa l'errore del guardalinee che convince Pairetto a non concedere una rete regolare di Nedved. La Lazio appare spenta e priva di energie. Ancelotti azzecca le sostituzioni (fuori Chiesa e Crippa, dentro Adailton e Fiore) e porta a casa la vittoria".
Continua la "rosea": Un punto nelle ultime quattro giornate, la Lazio pianta definitivamente in asso il campionato. Finali di coppe alle porte, certo. Ma potrebbe anche esserci dell'altro, leggasi cottura generale. Un'ora dignitosa, un Parma passivo e svogliato, un vantaggio minimo complice anche un guardalinee che non conosce il regolamento. Poi il diluvio. Sotto le spoglie di un Ancelotti ispirato nei cambi e nel mettere a soqquadro le strategie aziendali. Lazio liquefatta dall'uno-due in tre minuti firmato Sensini-Stanic. Per Nedved, cui è stata negata la doppietta, e per Boksic e Chamot, che diserteranno causa infortuni gli appuntamenti con Milan e Inter, una domenica davvero maledetta. Parte bene, la Lazio. Chamot sembra avere finalmente digerito la posizione di laterale destro e recita la parte di Pancaro, con le stampelle in tribuna, assai bene. Lì, sul fronte opposto, si rivede dopo oltre cinque mesi Strada. Giocherà buoni palloni, ma di fiato nemmeno a parlarne. Chamot sciupa così la prima palla gol fornitagli di fino da Mancini. Mira sbilenca. Fa di peggio Mancini sul cross di Nedved: si crede in fuorigioco e scodella di testa tra le braccia di Buffon. E' un gol mangiato. Boksic e Nedved hanno voglia di chiarire coi fatti le divergenze ideologiche e dopo mezz'ora l'azione sembra fatta apposta per loro: sul cross di Mancini partono entrambi in posizione regolare, Boksic sul secondo palo sfrutta l'indecisione di Buffon e piazza l'assist più indietro, per Nedved che depone in rete. Pairetto concede, il signor Provesi, guardalinee numero due, pianta su la bandierina e lo fa recedere.
E' un errore molto grave il suo, perché è vero che tra Nedved e la porta c'è solo Buffon, ma Boksic è più avanti del ceko. Il Parma ringrazia, ma fa poco altro. Chiesa non becca una palla, la difesa si stringe intorno a un fantastico Thuram che piazza il gran colpo di testa anche in attacco ma nessuno ne sa approfittare. Si stira Chamot e gli subentra Grandoni. Per la Lazio non sarà più la stessa cosa e se ne accorge subito Stanic, che proprio dalle parti di Grandoni trova l'occasione ma la finalizza male, tra le braccia di Marchegiani. Ripresa con Casiraghi al posto di Boksic, che si saprà poi infortunato e con Blomqvist per Strada. Il biondino ha piedi assai meno raffinati ma una velocità spaventosa. Più che sbandare Grandoni agonizza, ma la Lazio è ancora viva e trova il gol con uno di quei magici colpi (undicesimo della serie) di Nedved. Esterno destro al volo, l'assist è di Mancini ma prima ancora c'è una decisiva torre di Casiraghi dalle parti di Cannavaro. Privo di Crespo, Orlandini, Giunti e Mussi, Ancelotti scruta la propria panca tutto sommato per niente avara. In cinque minuti, dentro Adailton prima e Fiore poi per Chiesa e Crippa, l'uomo che avrebbe dovuto controllare Nedved. Sono scelte non popolarissime (Chiesa, si vede a occhio nudo, non apprezza) e assai coraggiose. Soprattutto, pagano. Nel giro di soli tre minuti. Da Fiore ad Adailton, il cross è lungo sul secondo palo. Da quelle parti dovrebbe esserci Grandoni e spunta invece Sensini, per una incornata delle sue. Arriva senza preavviso e senza grossi meriti, questo 1-1.
Ma per la Lazio ha l'effetto d'un colpo di maglio. E' evidente che la squadra è sparita, prima ancora che Blomqvist inneschi la sesta marcia per sorvolare Grandoni e depositare tra i piedi di Stanic un cross rasoterra sul primo palo non facile da interpretare. Il croato non è stato centravanti per caso e il colpo è da intenditori. Per rialzarsi la Lazio ricorre al cuore ed Eriksson a un improbabile Rambaudi. Prima di vedere Mancini che a tempo scaduto scarica a non più di quattro metri sul corpo di Buffon l'assist di Casiraghi, c'è il mezzo miracolo di Marchegiani su Thuram. Come a dire che a quel punto un 2-2 sarebbe stato più trovato che altro. Ancelotti si riprende l'Europa. Chissà se gli basterà per la panchina. Eriksson l'Europa non può più perderla neanche volendo. Ma in dieci giorni, se va avanti di questo passo, può accadergli molto di peggio.
Da La Repubblica:
Lazio distratta, il Parma ringrazia. Contro il Parma la Lazio era scesa in campo in pompa magna: dentro tutti i migliori, da Nesta a Chamot a Nedved a Boksic, sani o in convalescenza, di buon umore o lunatici. Dovevano dare una dimostrazione di potenza al termine di una settimana con qualche nervosismo e qualche battuta di troppo, avrebbe dato fiducia alla vigilia della seconda partita con il Milan per la finale di Coppa Italia e in attesa dell'altra finale di Parigi. Il bilancio finale di questa sfida è stato disastroso: la Lazio ha perso la sua terza partita in quattro giornate di campionato, Chamot si è bloccato dopo mezz'ora, Boksic non è rientrato dagli spogliatoi per una probabile distorsione al ginocchio che lo terrà lontano sicuramente dalla partita di mercoledì. E ora Parma e Udinese sono a un punto. La Lazio aveva giocato meglio per un'ora, con un minimo di aggressività e pressing che aveva fortemente imbarazzato il Parma alle sue fonti di gioco. Mancini, come al solito piuttosto astratto ma che è entrato in tutte le azioni cruciali della gara, aveva mancato il vantaggio con un colpo di testa centrale su cross di Nedved.
Al 30' la Lazio aveva avuto anche un gol annullato, il guardalinee sbandierava su un cross di Mancini, al quale seguiva un appoggio di Boksic a Nedved che toccava a porta vuota. Alla fine ognuno aveva la sua versione: Nedved ci teneva a dire che gli era stato detto che non era lui in fuorigioco, opposta la testimonianza di Eriksson. Comunque era una Lazio brillante e vivace, anche se aveva già cominciato a perdere qualche pezzo con l'uscita di Chamot e poi, all'inizio della ripresa, con quella di Boksic. Il Parma ha atteso pazientemente gli eventi: la difesa ha traballato pericolosamente per tutto il primo tempo, Strada rientrava dopo cinque mesi e mezzo, Sensini e Crippa apparivano logori, davanti Chiesa giocava un bingo personale che si risolveva nel tentativo di saltare il primo difensore che gli capitava davanti. A sorpresa la Lazio trovava il gol. Al 12' del secondo tempo ricevendo un lungo cross Casiraghi rimetteva la palla in area, c'era un appoggio indietro a Nedved che calciava di collo pieno e con precisione trovava l'angolo lontano. La partita sembrava finita lì, anche se Ancelotti decideva di cambiare le linee, inserendo Blomqvist e Fiore. La Lazio mollava e smetteva di giocare, in tre minuti passava dalla serenità allo sconforto.
Al 25' c'era un cross di Zé Maria dalla destra, saltavano tutti mirando a Stanic, ma dietro c'era Sensini che schiacciava a terra e Marchegiani non poteva trattenere. Al 28' Blomqvist sulla sinistra saltava Grandoni, andava sul fondo e crossava: i centrali laziali erano sorpresi, Stanic anticipava Negro e segnava. Avendo perso voglia di giocare quand'era in vantaggio, ne aveva ancora di meno per reagire ora che era sotto: la Lazio continuava imperterrita, andando avanti come un pugile toccato che ripete gli stessi gesti senza più fare male. Il gigantesco Thuram, cardine della resistenza parmense, dopo un eccitante contropiede al 43' si trovava solo di fronte a Marchegiani che gli deviava il rasoterra angolato. L'ultimo assalto era ancora biancoceleste, al 47', un commando laziale al centro dell'area, una palla divisa per tre, con un tiro ravvicinato di Mancini: ma qui c'era di nuovo la parata di San Buffon, che ripeteva l'impresa di mercoledì in nazionale. Sinceri abbracci con i compagni celebravano l'ennesimo miracolo laico.
Tratte dal quotidiano romano, alcune dichiarazioni post-gara:
Lazio-Parma è finita da mezz'ora. In sala stampa arriva Peppe De Mita, responsabile delle relazioni pubbliche, e dice: "Boksic ha una distorsione al ginocchio destro. Non giocherà né la finale di Coppa Italia né la finale di Coppa Uefa". Stupore generale perché nessuno, durante la partita, si era accorto dell'infortunio. Eriksson spiega: "Alen non riesce a piegare il ginocchio". Mercoledì il croato avrebbe dovuto giocare contro la sua futura squadra, cioè il Milan: l'infortunio (avvenuto, si saprà poi, al 10' del primo tempo) toglie ogni dubbio a Eriksson, che comunque era orientato a schierarlo. Fuori dalla sala stampa c'è Felice Pulici, dirigente biancoceleste, che difende tenacemente la versione ufficiale: "Alen ha un ginocchio grosso così", urla, e le mani disegnano le misure di un pallone.
La società è compatta: non esistono i presupposti per un "giallo", vietato fare illazioni. Il dottor Bartolini ricorre alla legge sulla privacy ma sostanzialmente conferma la diagnosi annunciata da De Mita. Oggi il croato sarà sottoposto agli esami radiografici. Soprattutto, oggi (o al massimo domani), Boksic parlerà con Cragnotti del suo futuro già colorato di rossonero. L'industriale è infuriato per la sconfitta, per la vicenda-Boksic e per la pessima immagine fornita alla vigilia dell'ingresso in Borsa (oggi parte l'offerta pubblica delle azioni). La domenica di Boksic è stata un tormento come quella dei laziali, preoccupati dallo stato di forma della squadra a pochi giorni dalla finale di Coppa Italia. I tifosi lo hanno fischiato subito, quando l'altoparlante ha annunciato il suo nome. Applausi e cori, invece, per il "rivale" Nedved. Nell'intervallo il croato ha chiesto il cambio a Eriksson per la distorsione al ginocchio.
La sua avventura nella Lazio è ormai finita. Continua, invece, quella di Nedved, autore di un gol bello ma inutile: "Ne avevo segnato un altro, nel primo tempo, ed è stato ingiustamente annullato. Era regolarissimo, nessuno era in fuorigioco. Perché abbiamo perso? E' un problema di testa. Ma contro il Milan, vedrete, ritroveremo la concentrazione". Eriksson è deluso: "La svolta negativa è stata la partita con la Juve: da quel giorno in campionato abbiamo mollato. Anche contro il Parma abbiamo subìto gol assurdi, non c'era la giusta determinazione per mantenere l'1-0. Però fino al pareggio di Sensini ho visto una bella Lazio. Questo è confortante per mercoledì. Ma contro il Milan servirà ben altra cattiveria sotto rete". Eriksson ha perso pure Chamot, che ha riportato uno stiramento agli adduttori della coscia sinistra: anche lui è fuori dalle finali. Intanto stamattina alle 9 verranno messi in vendita ai botteghini della curva Nord dell'Olimpico gli ultimi 1000 biglietti per la finale di Parigi: molti tifosi hanno trascorso la notte davanti al botteghino. Sarà ressa - sul posto pronti polizia e un ambulanza - perché le richieste sono 6000.
Dalla Gazzetta dello Sport:
Aprile dolce dormire, recitava un vecchio adagio preso alla lettera dalla Lazio che in questo mese si è assopita sciupando un campionato, esaltante sino alla fine di marzo (prima della sfida contro la Juventus con vittoria dei bianconeri), con un ruolino sconcertante: 4 sconfitte e 2 pari; con soli 3 gol fatti e ben 6 subiti. Dati preoccupanti perché si entra nella settimana decisiva che porta da una Coppa all'altra. Eriksson cerca di essere ottimista, ma fa fatica anche in questo: "Purtroppo nelle ultime partite di campionato è diventato facile per i nostri avversari far gol. In avanti, invece, dobbiamo costruire tante occasioni per segnare. Poi ci annullano anche i gol regolari come quello del primo tempo...". Ma il tecnico non si rifugia nella polemica arbitrale e guarda avanti con fiducia, anche perché ci sono due traguardi da centrare: "Tutto questo è avvenuto in campionato, quando sono venuti a mancare gli stimoli. Ricordo un mese fa che mi chiedevate sempre di mollare da qualche parte. Dopo la Juve è stato automatico, però è un peccato mollare così. Inutile negarlo: in campo non mettiamo la stessa cattiveria. Al tempo stesso credo che nelle finali di coppe la concentrazione e la convinzione della squadra sarà differente. Contro il Parma abbiamo subito due gol per disattenzione, in un periodo di una decina di minuti che ci sono stati fatali: due contropiedi, altrettanti gol. Semplice per loro. Fino all'1-0 abbiamo giocato meglio dei nostri avversari. E voglio ripartire proprio da questo dato, perché sono sicuro che contro il Milan i ragazzi daranno proprio tutto. Peccato per Chamot, che aveva disputato un'ottima mezz'ora, ed anche per Boksic. Ma mercoledì in coppa Italia, contro il Milan, la butteremo dentro. Anche perché, per nostra fortuna, non avremo sempre davanti un portiere come questo Buffon".
Pavel Nedved non riesce a sorridere per il suo undicesimo gol in campionato e per il primato di capocannoniere della squadra di Eriksson. "Sì, perché nel primo tempo mi è stato negato un gol regolare e l'altro segnato non è servito a vincere. E' un problema di testa, perché sull'1-0 abbiamo smesso di giocare. Non siamo stati capaci di tenere alta la concentrazione. Ma ancora in campionato siamo terzi. E mercoledì possiamo alzare una coppa. Speriamo sia la volta buona". Roberto Mancini si sofferma sugli episodi decisivi della partita: "Sul gol annullato a Nedved hanno sbagliato sia il guardalinee che l'arbitro Pairetto, sostenendo che Pavel era in fuorigioco. Invece non era possibile, perché Boksic ha passato il pallone indietro. Peccato poi nel finale, perché potevo segnare il 2-2. Ma ho tirato quasi addosso a Buffon e lui è stato bravo a respingere. Però ho sbagliato io, non cerco scuse".
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