Domenica 25 ottobre 1998 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Vicenza 1-1
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25 ottobre 1998 - 1804. Campionato di Serie A 1998/99 - VI giornata
LAZIO: Marchegiani, Pancaro, Fernando Couto, Mihajlovic, Favalli, Sergio Conceicao, Venturin (53' Baronio), Almeyda, Stankovic, Iannuzzi (64' Gottardi), R.Mancini. A disp. Ballotta, Pinzi, Negro, Lombardi, Marcolin. All. Spinosi - DT Eriksson.
VICENZA: Brivio, Diliso, Stovini, Belotti (82' Dicara), Morabito, Schenardi (78' Beghetto), Di Carlo, Zauli, Mendez, Ambrosetti, Otero (68' Melosi). A disp. Ongarato, Mezzanotti, Conte, Luiso. All. Colomba.
Arbitro: Racalbuto (Gallarate).
Marcatori: 30' Schenardi, 55' R.Mancini.
Note: ammoniti Baronio, Almeyda, Mendez, Belotti, Diliso, Brivio. Calci d'angolo: 5-4. Recuperi: 4' più 4'.
Spettatori: 40.000.
Una sola faccia e una sola idea. Così messi, si può rischiare di finire sotto contro chiunque: anche contro il Vicenza. In questo momento, la Lazio non possiede di più. Brutta e monca, si arrangia a stento, evita per un soffio la prima sconfitta del campionato (e all'Olimpico), continua a sperare in un futuro migliore. Le giustificazioni che può esibire l'uomo che la dirige non bastano a coprire tutti i mali: la Lazio di oggi è soltanto palla avanti e pedalare, un ottuso sistema di gioco al quale Eriksson, per tutta la partita di ieri, non ha saputo (o voluto?) porre il più elementare dei rimedi. Palla a Mihajlovic sulla trequarti, lancio del serbo di trenta, quaranta, anche cinquanta metri, respinta della difesa avversaria e azione già finita. Sempre così. Sempre questo. Il Vicenza è andato a nozze, potete immaginarlo. Bel catenaccione a zona, spazi a volontà per il contropiede, Zauli e Schenardi in grande spolvero per far ammattire l'imbambolata difesa biancoceleste. La squadra di Colomba, compatta in difesa e molto ordinata in mezzo al campo, è passata in vantaggio con pieno merito, ma non ci è rimasta molto a lungo, vittima di un piccolo errore del suo portiere Brivio e dell'unico spunto vitale offerto da Roberto Mancini, che in avvio di ripresa è riuscito a pareggiare la prodezza realizzata da Schenardi alla mezz'ora (incornata precisa su cross di Zauli, beato sonno della retroguardia laziale con partecipazione a pieno titolo di Marchegiani). Questa Lazio, così combinata, rimane poca cosa. Eriksson sostiene che è tutta colpa degli infortuni. Vero in larga parte, ma non completamente. Certo, l'emergenza fa spavento, basta scorrere la lista degli indisponibili con Vieri, Salas e Boksic azzoppati, con De la Peña e Nesta convalescenti, con Negro in panchina, mentre Stankovic, Mihajlovic e Mancini sono in piedi quasi per scommessa. Eppure tutto questo non sgrava Eriksson da responsabilità precise. La povertà di idee e di gioco manifestata ieri all'Olimpico è emblematica. Contro un avversario abile nel contenimento, protagonista di una gara estremamente accorta in difesa, la Lazio si è ostinata nel seguire uno "schema" assurdo, indisponente, sterile. Invece di tenere bassa la palla, di insistere con il possesso e con l'aggiramento per vie laterali, sperando così di far salire un po' il Vicenza e poi stanarlo con rapide verticalizzazioni, la squadra di Eriksson ha continuato a dare testate inutili contro un muro enorme. Questa mancanza di un filo conduttore non ha prodotto ovviamente occasioni da gol, e ha finito con l'offendere il tentativo del tecnico di non lasciare troppo solo Mancini davanti, schierando ai suoi fianchi l'affaticato Stankovic (sul centrodestra) e l'acerbo Iannuzzi (sul centrosinistra). Inoltre, ha permesso al Vicenza di giocare una partita perfino comoda, in cui non c'è stato mai bisogno di utilizzare chissà quali risorse psicofisiche. Il vantaggio di Schenardi, dopo un'incornata alta di Iannuzzi (4') e una botta di Zauli (16') deviata da Marchegiani, avrebbe potuto resistere sino alla fine. Se Brivio, impeccabile fino a quel momento, non avesse respinto corto, invece di buttarla in angolo, una palla sporca di Mihajlovic calciata su punizione dai 25 metri. Mancini, dolorante e lamentoso, è stato incredibilmente il più veloce di tutti. Ha bruciato la concorrenza toccando di destro alle spalle del portiere vicentino. La Lazio in qualche modo era salva. Ma non la sua classifica. E non la sua prospettiva futura.
Fonte: La Repubblica