Domenica 1 novembre 1998 - Salerno, stadio Arechi - Salernitana-Lazio 1-0
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1 novembre 1998 - 1804. Campionato di Serie A 1998/99 - VII giornata
SALERNITANA: Balli, Del Grosso, Tosto (73' Bolic), Fusco, Fresi, Breda, Gattuso, Vannucchi, Giampaolo (75' Tedesco), Di Vaio, Belmonte (78' Di Michele). A disp. De Vito, Song, Ametrano, Bernardini. All. Rossi.
LAZIO: Marchegiani, Negro, Mihajlovic, Fernando Couto, Pancaro, Sergio Conceicao, Venturin, Baronio, Stankovic (60' Boksic), Favalli (46' Gottardi), R.Mancini. A disp. Ballotta, Pinzi, Sbaccanti, Iannuzzi, Lombardi. All. Spinosi - DT Eriksson.
Arbitro: Treossi (Forlì).
Marcatori: 88' G.Tedesco.
Note: ammoniti Negro, Tosto, Favalli, Giampaolo, Baronio e Couto. Calci d'angolo: 2-5. Recuperi: 1' p.t. 4' s.t.
Spettatori: 30.000 circa.
Primo tonfo della Lazio, quasi un cult di calcio scellerato da accostare agli harakiri leccesi e alle altre elargizioni che Eriksson promuove spesso per i poveri. Prima vittoria dei salernitani, proprio all'ultimo, proprio quando nello stadio stracolmo stanno imprecando contro il misero fatturato dell'organizzazione di Delio Rossi: due occasioni incenerite sotto misura dall'accoppiata Belmonte-Di Vaio, come se nelle strattonate finali non credesse al crollo biancoceleste. Mai dire mai, sembra gridare Di Michele (appena subentrato a Belmonte), forse confidando pure nell'effetto Halloween, mentre stanato Pancaro azzarda l'americanata sulla corsia destra. Travestimento riuscito: all'accorrente Mihajlovic, quel guastafeste che vorrebbe accentrarsi ricorda Garrincha e difatti lo mette giù senza riflettere. Ecco l'attimo evangelico; bussate ai ricchi e vi sarà aperto, basta calibrare la punizione defilata verso l'angolo più lontano che Marchegiani non copre. Sì, nel tripudio successivo diventa perfino arduo stabilire la paternità del prodigio. Gol realizzato direttamente da Tedesco? Le moviole ronzano poco chiarificatrici sull'area affollata. Per Delio Rossi, che vorrebbe caricare il bomber tascabile, il gol è di Di Vaio, velocista talentuoso cresciuto nell'habitat laziale e poi ceduto perché lo chiudevano troppi campioni. Né Tedesco, l'autore della bravata secondo le nostre impressioni, osa reclamare lo scippo familiare, a bocce fredde. Eppure il gol pare proprio suo. Prevale comunque l'emozione accecante d'aver catturato l'intera posta, dopo tanti riti scaramantici provati su piazza per liberare dal malocchio questa Salernitana zonarola. Delio Rossi insiste spericolato nel 4-3-3, che prevede lo scatto contemporaneo di Giampaolo, Belmonte e Di Vaio a beneficio dei suggerimenti verticali timbrati soprattutto Gattuso. Tuttavia la Salernitana sciupa mezza partita sui ritmi bassi, un andamento lento fatto apposta per non scoperchiare oppositori troppo rattoppati e prudenti. Così l'iniziativa, sprovvista d'accelerazioni, nega ai padroni di casa il piacere d'inquadrare fino all'intervallo la porta laziale. E incapsulato Mancini fra Fresi e Fusco, diventa Stankovic il terminale d'un paio di ribaltamenti buttati via. La Lazio paga le ruggini del giovedì di Coppa Italia e la solita avversione ad aggredire con il gioco le piccole squadre. Presenta una squadra priva di punte vere e con molti elementi fuori ruolo. Come il rientrante Negro, che riciclato terzino destro, rimedia brutte figure e non sa offrire sbocchi avanzati. Come Pancaro. sull'altro versante, che pasticcia insieme all'omologo Favalli, improvvisato centrocampista esterno. In panchina aspetta Boksic, però Sven Goran preferisce dapprima sperimentare l'avvicendamento Favalli-Gottardi, una trovata da tira a campare che sfilaccia ancora di più reparti già scollegati. Adesso si tratta d'accertare se l'orgoglio salernitano saprà generare il miracolo dei tre punti, dopo la noia precedente. La Lazio si contrae e cede spazi invitanti. La Salernitana inalbera Gattuso, uomo ovunque su cui lotta davvero solo Venturin e non sempre con esiti felici. Proprio Gattuso rincuora i compagni, attiva Di Vaio e la rifinitura è un ben di Dio sperperato in corsa da Belmonte. Quando si sbloccheranno gli zonaroli di Rossi, zavorrati dalle paure accumulate in cinque sconfitte? La gente accompagna le fiondate con il cuore in gola. La gente strilla invano al gol sul tiro ravvicinato (Di Vaio) che Marchegiani disinnesca di destrezza. Girano i fantasmi e le streghe di Halloween, non appena Tedesco e Di Michele garantiscono maggiore peso laddove soffrivano tanto Giampaolo quanto Belmonte. Se ne accorge Mihajlovic, che s'è staccato dai tormenti difensivi per stangare tre calci piazzati comunque prevedibili. Non se ne accorgono Marchegiani, Negro e Couto, attendenti scavalcati dalla traiettoria decisiva. E' un gol in comproprietà, un gol fantasma e privo di marcatore certo, nonostante le pretese di possesso rivendicate da Di Vaio, davanti allo sguardo approvante del suo allenatore. Piace che la storia del riscatto salernitano dipenda dal ragazzino costato sei miliardi, con buona pace di Cragnotti. I rimorsi laziali non hanno fine.
Fonte: La Repubblica