Domenica 25 gennaio 1998 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Bologna 1-0
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25 gennaio 1998 - 2.770 - Campionato di Serie A 1997/98 - XVII giornata
LAZIO: Marchegiani, Pancaro, Nesta, Negro, Chamot, Rambaudi (77' Marcolin), Fuser (93' G.Lopez), Venturin, Nedved, Gottardi, R.Mancini. A disposizione: Ballotta, Laurentini, Di Lello, Grandoni, Casiraghi. Allenatore: Eriksson.
BOLOGNA: Sterchele, Paramatti, Torrisi (54' Paganin), Mangone, Carnasciali, Magoni, Marocchi, Tarantino, Nervo (61' Fontolan), Andersson, Kolyvanov (42' Baggio). A disposizione: Brunner, Dall'Igna, Pavone, Gentilini. Allenatore: Ulivieri.
Arbitro: Sig. Pairetto (Nichelino).
Marcatori: 42' Nedved.
Note: ammoniti Magoni, Andersson e Paramatti per gioco scorretto, Nesta e Nedved per proteste.
Spettatori: 40.698 per un incasso di Lire 1.273.999.369 (abbonati 32.238 per una quota di Lire 962.039.369, paganti 8.460 per un incasso di Lire 311.960.000).
Forse è troppo tardi per una storica rimonta, rincorrendo lo scudetto marchiato Juve/Inter, ma la gente laziale sembra comunque pronta a puntare qualsiasi cifra sullo stellone di Eriksson, che sa ormai vincere con qualsiasi schieramento. Stavolta ci rimette il Bologna, senza nemmeno accertare l'inferiorità organizzativa; senza capire quali fluidi semplifichino i disagi d'assetto degli oppositori rattoppati causa cinque assenze pesanti. Sven Goran presenta un centrocampo sofferente e dalle visibili anomalie (Mancini scollegato, Gottardi saltuario propositore esterno, Nedved spesso risucchiato dietro) ma ricava quanto basta per girare al quarto posto, laddove si possono vagheggiare prossime emozioni da lotta scudetto. Tre tiri a metà tragitto, ma l'azione decisiva riassume in maniera didascalica la praticità acquisita: Venturin impone l'alleggerimento; Fuser prosegue nel varco sguarnito, eludendo Paramatti e cercando Rambaudi dall'altra parte; arresto di palla e retropassaggio significano scatenare le virtù balistiche dell'irrompente Nedved, che fissa in diagonale lo striminzito vantaggio. Chi l'avrebbe immaginato qualche attimo prima, quando Roberto Baggio s'era affacciato al proscenio come sostituto di Kolyvanov, uscito malconcio dalle grinfie di Pancaro? L'allenatore Ulivieri fa di necessità virtù, rimpiangendo probabilmente la compattezza precedente, garantita da una siepe di guastatori protesi sull'osso del pareggio scacciacrisi.
Linee protettive strette fra loro; un 5-4-1 equilibrato dall'accoppiata Magoni-Marocchi, che non contempla sortite verso Marchegiani. Sì, ecco il segnale fulmineo per quanti ritengono l'artista di Caldogno sempre più distante dalla sua epopea: Ulivieri s'affloscia come folgorato, dal suo osservatorio l'inserimento del "divino panchinaro" non può che rappresentare ancora una sciagura. Poveri bolognesi, abituati a vedere le streghe: Roby alza a tratti la qualità felsinea, attacca d'impeto il muro difensivo laziale, ma gli servirebbe un arbitraggio meno approssimativo per riscuotere i diritti di un lampo scoperchiante, oltre le sentinelle Nesta-Negro. Il suggerimento di prima intenzione, destinazione Nervo, viene mortificato in area da un braccio di Negro, che sottrae al finalizzatore l'unica occasione disponibile. Il signor Pairetto non se ne accorge, come capita ai direttori di gara appesantiti e tagliati fuori dalla velocità del gioco. Serve frenare là davanti Mancini o disinnescare le avanzate di Fuser, proposto senza squilli come centrocampista centrale e non sulla fascia? Chiusa lungo le corsie laterali dall'abnegazione di Carnasciali, Mangone e Tarantino, la Lazio sceglie d'esprimersi di rimessa nel prosieguo; o almeno questi sono i propositi che Gottardi vanifica portando palla. Risulterebbe preferibile Marcolin (innestato troppo tardi) per caratteristiche distributive, ma Eriksson è attualmente un allenatore che può permettersi ogni stravaganza.
Ha modulato nel buon senso una Lazio capace d'ottenere il massimo dal minimo sforzo. Otto successi (piu' un pareggio) consecutivi gli spalancano orizzonti suggestivi, prescindendo dai limiti del suo gioco troppo arruffato e attendista. Provvedono le squisite individualità. Provvede il redivivo Mancini a smarcare nel ribaltamento Gottardi (provvidenziale Sterchele in uscita), mentre tutte le iniziative felsinee svaniscono nei paraggi di Andersson, cui s'aggiunge Fontolan, altrettanto lento e prevedibile, nell'accorato finale. Bologna a testa bassa, a caccia d'impossibili soddisfazioni. Né può dipendere da Roby Baggio, abbastanza tonico dietro le due punte dell'assalto inconcludente. Chamot, risolti i guai ai tendini, è un baluardo. Nesta detta legge senza scomodare lo sfaccendato Marchegiani, allertato giusto all'inizio su corner di Kolyvanov. Gli sfugge il pallone e Paramatti non approfitta. Chi se ne ricorda adesso? La Lazio sfreccia, sospinta dai venti favorevoli.
La Gazzetta dello Sport titola: "Continua il ciclo positivo dei biancocelesti nonostante le assenze, altra battuta d'arresto per la squadra di Ulivieri. Lazio 1 Bologna 0. Entra Baggio, segna la Lazio. Nedved fa centro e la squadra di Eriksson chiude l'andata al quarto posto. Ma dopo il vantaggio dei laziali, un fallo netto da rigore di Negro su Nervo viene ignorato da Pairetto. Nella ripresa il Bologna fa soffrire la Lazio, ma l'occasione più ghiotta è per Gottardi".
Continua la "rosea": Un urlo degno d'un gol. Così l'Olimpico ha celebrato la punizione che Roberto Baggio ha scagliato oltre la traversa al minuto cinquanta del secondo tempo. Sintesi eloquente di cosa è stata Lazio-Bologna e di quanto abbia sofferto la squadra di Eriksson per centrare con il successo (1-0) il quarto posto in classifica. Match non bello ma molto, molto intenso, che si è consumato tutto nelle fasi finali del primo tempo, coi tre episodi che ne hanno scandito addirittura i secondi: minuto 42, Kolyvanov zoppica da un pezzo, da quando cioè (17') s'è scontrato fortuitamente con Pancaro. Abbandona ed entra, dopo una telenovela durata otto giorni, Roberto Baggio. Passano appena 40 secondi e segna la Lazio. Con Nedved il cui destro perentorio chiude un'azione fatta di cross (Pancaro), controcross (Fuser) e assist (Rambaudi) nel bel mezzo d'una difesa bolognese troppo contemplativa. Minuto 44, c'è un pallone nell'area della Lazio sul quale Negro è in anticipo su Nervo ma sbaglia il tempo, finendo con l'essere costretto ad aiutarsi col mestiere e soprattutto con tutto l'avambraccio destro. Un colpo di mano che mezzo Bologna e mezza tribuna vedono, inorridendo per opposti motivi. I tifosi della Lazio perché capiscono che è rigore netto, i giocatori rossoblu perché capiscono che il pachidermico arbitro Pairetto non se ne è accorto (o peggio, se ne è accorto ma ha ritenuto il tutto involontario).
Un rigore negato della più bell'acqua, insomma, destinato a essere messo a nudo da mille moviole. Nella domenica più difficile, e più gratificante, visto come è andata a Inter e Parma, la dimezzata Lazio raccoglie con destrezza il massimo. Il Bologna, per contro, il minimo d'un generale apprezzamento che non porta punti a una classifica tornata a farsi inquietante. Ulivieri può consolarsi pensando che il pari sarebbe stato più giusto e che Baggio in campo gli ha dato ragione, nel senso che il Bologna è sembrato più pericoloso con Kolyvanov che con l'ex-codino (ed ex tante altre cose ancora). Ma il tecnico sarebbe in errore se cadesse in peccato di presunzione: la Lazio era priva di Jugovic, Almeyda, Favalli, Boksic e Casiraghi (quest'ultimo in panca ma solo a far numero), mancava dunque mezza squadra, mentre il Bologna è questo (forfait di Cristallini a parte). Non brutto ma certo male assortito, privo com'è di centrocampisti esterni tanto da dover schierare nel ruolo Carnasciali e Tarantino, due poco più che terzini marcatori. Il 3-4-3 a cui Ulivieri s'è votato lascia perplessi un po' per questo e un po' perché, al contrario della passata stagione, gli esterni del tridente offensivo (Nervo e Kolyvanov, non parliamo poi di Baggio) sembrano assai meno disposti a sacrificarsi in copertura. La squadra ha perso velocità e umiltà e sembra essersi allungata e imborghesita.
Eriksson ha contato i superstiti. Pochi, ma in numero sufficiente per fare una scelta tecnico-tattica (e fors'anche psicologica) che si sarebbe rivelata felice. Marcolin, che in questo campionato aveva già cominciato quattro volte da titolare, è stato lasciato in panchina e a centrocampo è stato schierato Gottardi, una sola presenza dall'inizio fin qui (contro la Sampdoria) e per giunta da terzino. Nella decisione ha forse giocato l'elemento derby di Coppa Italia di mercoledì scorso, risolto a tempo scaduto con il primo gol laziale di Gottardi. Ma ci riesce più facile credere che Eriksson abbia puntato sull'italo-svizzero e su Rambaudi perché più adatti alle corsie esterne di Marcolin, condizione necessaria per dare maggiore libertà di svariare ovunque a Nedved, quinto centrocampista, che infatti ha finito col segnare calciando il diagonale dal vertice destro dell'area di rigore del Bologna, zona dove il boemo fa capolino piuttosto di rado. Il gol è arrivato quando era già chiaro a tutti che la strada per la Lazio, capace fin lì di mettere insieme solo due mezze occasioni con Nedved e Gottardi, si andava terribilmente complicando. Scampato il pari di rigore, i biancocelesti hanno tuttavia sofferto per l'intera ripresa. A Ulivieri non è stato d'aiuto l'infortunio di Torrisi (rilevato da Paganin) libero che verticalizza a memoria per la testa di Andersson, e anche il tentativo di raddoppiare i lunghi (Fontolan per Nervo) non ha funzionato.
Le apprensioni per il popolo laziale sono scaturite dalla palese difficoltà di tutta la Lazio di spostare il boccino del gioco venti metri più avanti, non tanto da autentiche occasioni del Bologna. Che non trovava altri sbocchi che non quello della ricerca della testa dello svedese, nonostante una certa prodigalità di Pairetto, afflitto forse da un qualche senso di colpa. Un tiro da fuori di Marocchi l'unica parata di Marchegiani, un'altra punizione di Baggio fuori d'un niente il pericolo più grosso. A guardar bene l'occasione più ghiotta è ricapitata all'intraprendente Gottardi su uno di quegli assist che hanno reso celebre Mancini. Ma Sterchele s'è mostrato pronto. Con Marcolin e Lopez in campo al posto di Rambaudi e Fuser, la Lazio ha finito tutta raccolta e preoccupata intorno all'ottimo Nesta. A non rovinarle la festa ha poi pensato Baggio, scialando l'ultima chance.
Da La Stampa:
Baggio non fa più i miracoli. Agguato prima della partita: biglie di ferro contro due bus di tifosi bolognesi. Baggio non fa più i miracoli. Entra il fantasista e la Lazio segna con Nedved. L'ex Codino, ora con capelli corti corti, da recluta sfortunata ha bevuto all'Olimpico un bel sorso di fiele. Tempo scaduto, punizione dal limite per il Bologna. E' la grande occasione per il pareggio. Ulivieri si alza in piedi, Baggio è l'indiscusso padrone della palla. Gli si avvicinano tanti rossoblu, una carezza, un incoraggiamento, l'ultimo arriva da Marocchi. Olimpico gelato dalla paura, aspra lotta in barriera con i laziali che vorrebbero buttarsi in avanti e Fontolan che guida i bolognesi nella battaglia per lasciare spazio a Baggio. Finalmente l'ex Codino tira. La magia non c'è, questa volta, il piede colpisce, non accarezza, e il pallone vola alto sulla traversa come se fosse stato scagliato da un giocatore qualsiasi. Ulivieri si siede, l'arbitro Pairetto fischia la fine, ha vinto la Lazio. La domenica di Baggio comincia al 41' del primo tempo. Kolyvanov (contusione al ginocchio destro) gli fa posto. Passa un minuto e arriva il gol: laziale. In mischia Rambaudi trova il varco per servire Nedved: diagonale, Sterchele si arrende. Guarda caso il gol arriva sulla parte sinistra del campo, dove c'è Baggio che non è rientrato in difesa.
Si poteva fare qualcosa per non far segnare Nedved? Ulivieri allarga le braccia: "Si può sempre fare qualcosa e non parlo di Sterchele". Allude a Baggio? Forse sì, perché dopo dirà: "L'infortunio di Kolyvanov ci ha costretti a cambiare. Il russo è molto bravo nei rientri, a Baggio non posso chiedere un simile lavoro e l'ho piazzato a fare la punta vera con Andersson". Non tocca palla, Baggio, nel primo tempo; entrerà in gioco una decina di volte nella ripresa. Mai in modo decisivo. Per due volte parte alla vecchia maniera: avversari saltati in dribbling, ma senza lo sprint finale che prima gli permetteva di ubriacare anche l'ultimo avversario e concludere in gol. Non va così questa volta e allora Baggio prova a sfruttare la torre Andersson, niente da fare, Pancaro e Nesta sono più agili. Quando la difesa laziale va in confusione, Baggio non c'è. Poi qualche tocco a centrocampo, con grande lucidità. Che da sola non basta per vincere le partite. Eppure l'ex Codino fa sempre paura. In avvio di ripresa Eriksson chiama Pancaro a duro colloquio: "Il mio difensore stava lasciando troppo spazio a Baggio. E quello si girava, palla al piede. No, non si può permettere questo a Baggio, lui ha una meravigliosa visione di gioco, va marcato stretto. Senza concedergli respiro. E Pancaro così poi ha fatto". Ma Ulivieri cosa pensa di Baggio? "Uffa, basta. Ha giocato bene - borbotta il tecnico bolognese - come tutta la mia squadra. Fa parte della rosa". Lei cosa ha pensato sulla punizione finale? "Speravo che Baggio mi diventasse tanto simpatico". Il caso comunque è chiuso da Ulivieri: "Parliamo del Bologna, che gioca bene, come ha fatto con la Juve. Ma allora si è discusso di altre cose, si è fatto passare Ulivieri per il mostro di Scandicci".
Il presidente del Bologna, Gazzoni, ne ha per tutti e due: "Fuori luogo questa smania di essere titolare. La squadra è fatta da chi va in campo e chi sta in panchina. Gli undici li sceglie Ulivieri. Io, però, da tifoso, avrei mandato Baggio subito in campo." La domenica bolognese era cominciata subito male, con l'agguato ai due pullman di tifosi rossoblù. All'entrata dello stadio una ventina di teppisti ha bersagliato i bus con biglie di ferro. In frantumi un parabrezza. I bolognesi vorrebbero farsi giustizia da soli. L'intervento della polizia evita guai peggiori: feriti tre agenti, arrestati due teppisti laziali.
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Parola d'ordine in casa Lazio: nessuno parli di scudetto. La scalata alla vetta continua domenica dopo domenica, ma niente riferimenti a chi sta davanti. Comincia Sergio Cragnotti, soddisfatto del suo "elenco" di giocatori: "Sappiamo essere pratici e cinici. Questo è un importante passo in avanti in classifica considerando i tanti infortunati, ma adesso la squadra sa soffrire e i complimenti vanno a tutti quelli che magari spesso stanno in panchina. Ricorrere al mercato per una punta? No. Restiamo così. Salas? Presto sarò in Sudamerica, ma non accetterò aste". Per le stelle future c'è tempo. Oggi però a brillare sono i famosi panchinari. Ed Eriksson, autore della rinascita laziale, ne fa l'elogio convinto: "Un bravo soprattutto a chi gioca poco. Da Venturin a Rambaudi, da Gottardi a Marcolin tutti si sono sacrificati per raggiungere questo successo importante. Come capita sempre nelle ultime gare è stato il carattere, la forza del gruppo a darci la vittoria e non credo che questa rosa abbia bisogno di integrazioni. Chiudiamo l'andata a 31 punti e ormai è inutile rimpiangere i passi falsi. Sono un buon punto di partenza, speriamo al ritorno di farne di più. Ma per cortesia non parliamo di scudetto".
Meno difficile inseguire la Juve o l'Inter? "I nerazzurri - sottolinea il tecnico svedese - attualmente sono un po' in difficoltà, mentre i bianconeri danno più il senso della compattezza. Noi a Torino siamo andati in grande difficoltà tentando un calcio-champagne impraticabile a casa loro. Però quella partita l'abbiamo giocata proprio male e sarebbe interessante confrontarsi adesso. La vera sfida l'avremo all'Olimpico, se nel frattempo i punti di distanza saranno meno di 7. Ora è diventato più difficile farci gol, batterci". Eh già, perché dopo quel 2-1 al Delle Alpi (6 dicembre) la Lazio ha infilato fra campionato e Coppe 8 vittorie e un solo pari. In ogni caso alla fine della stagione Eriksson sarà saturo di Juve visto che la incontrerà altre tre volte fra semifinale di coppa Italia e campionato. Un episodio ha fatto discutere: il fallo di mani di Negro allo scadere del primo tempo. Era rigore? "Non so, dalla panchina non ho visto. E comunque una volta tanto un po' di fortuna non guasta", la butta sulla casualità Eriksson. Invece il portiere Marchegiani ammette: "Ho visto il fallo di mani. Ma alla fine del tempo l'arbitro ha spiegato a Marocchi che la palla era scivolata sul braccio di Negro e che aveva ritenuto involontario il tocco". L'ultima parola spetta al match-winner Nedved: "Ho raggiunto con 7 gol in campionato il mio record della passata stagione. Ma sono soddisfatto soprattutto perché quella rete è valsa 3 punti. Nell'azione è stato bravissimo Rambaudi a servirmi un ottimo pallone. Un grazie ai tifosi che hanno saputo incitarci, capendo i momenti di difficoltà nella ripresa. Ora dovranno seguirci a Napoli in tanti per cominciare bene il girone di ritorno. Possiamo ripetere quello che abbiamo fatto con Zoff un anno fa".