Domenica 21 febbraio 1999 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Inter 1-0
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21 febbraio 1999 Campionato di Serie A 1998/99 - XXII giornata
LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic, Favalli, Sergio Conceicao (83' Lombardo), R.Mancini (91' Fernando Couto), Almeyda (53' Stankovic), Nedved, Vieri, Salas. A disp. Ballotta, De La Peña, Gottardi, Okon. All. Spinosi - DT Eriksson.
INTER: Pagliuca, Colonnese, Simic, Bergomi, Galante (81' Pirlo), Zanetti (68' Winter), Simeone, Cauet, Djorkaeff (83' Ventola), Baggio, Zamorano. A disp. Frey, West, Zé Elias, Milanese. All. Lucescu.
Arbitro: Cesari (Genova).
Marcatori: 39' Sergio Conceicao.
Note: ammoniti Mihajlovic per fallo di mano, Stankovic, Vieri e Nedved e Simeone per gioco falloso, Zamorano per simulazione. Calci d'angolo: 5-4 per la Lazio.
Spettatori: circa 70.000, dei quali 32.398 paganti per un incasso di 1.832.155.000 (abbonati 34.358 per una quota partita di 1.108.043.112).
La Lazio elimina l'Inter. Gol di Conceicao, poi Baggio è fermato dalla traversa. L'Inter non esiste nel primo tempo e la Lazio va in vantaggio - La ripresa è più equilibrata, ma alla fine il successo della squadra di Eriksson è meritato.
La Lazio rimane saldamente in testa alla classifica respingendo l'Inter e le sue residue speranze di scudetto. Un gol di Conceicao al 39' del primo tempo le basta per centrare l'obiettivo. Detta così sembra che la partita abbia concentrato tutto il suo interesse su questa rete e che non abbia espresso altro. Descrizione che si adatta perfettamente ai primi 45': dominio territoriale assoluto dei padroni di casa con qualche conclusione pericolosa di Vieri e rete del portoghese dopo che Pagliuca aveva respinto per ben due volte un colpo di testa e una girata ravvicinatissima sempre di Vieri. Il tutto mentre l'Inter non esprimeva altro che un'ostinata opposizione. Davanti Baggio e compagni d'attacco a far da spettatori. Invece nella ripresa lo scenario cambiava completamente: i nerazzurri finalmente si gettavano in avanti, rischiavano ripetutamente di farsi infilare in contropiede, ma vivaddio giocavano alla pari con la Lazio soprattutto sul piano della convinzione, dell'aggressività, imponendo quella personalità di squadra d'alto bordo troppo spesso mortificata quest'anno. Ne è scaturita una partita bellissima con continui ribaltamenti di fronte e con una cronaca ricchissima. Poteva andare k.o. l'Inter, ma ha avuto anche le sue belle occasioni per pareggiare, al punto che la Lazio è stata visibilmente scossa e ha avuto paura di non farcela. E così cresce il rammarico nei tifosi nerazzurri per quel primo tempo gettato via, consegnato agli avversari. E non si capisce perché. In una gara che aveva un solo obiettivo, quello di puntare alla vittoria per alimentare le ultime speranze di scudetto, bisognava entrare in campo con lo stesso spirito della ripresa e non aspettare di subire il gol per reagire. Ma se si schiera il marcatore Colonnese a centrocampo per opporlo a Conceicao, che segnale si dà alla squadra? E che tipo di prestazione si prepara? Non era meglio tentare il tutto per tutto subito? E anche le tre sostituzioni con uomini di caratteristiche più offensive perché effettuarle tutte quasi insieme a pochi minuti dalla fine? Non era più opportuno scaglionarle nella ripresa? Si parlava di rammarico e infatti basta guardare alla prestazione di Baggio: quasi nullo nel primo tempo, così emarginato a sinistra in uno strano ruolo di ala senza che la squadra potesse mai o rifornirlo con continuità o offrirgli soluzioni importanti per i suoi assist. Zamorano si batteva come al solito leoninamente, ma era solo contro il "mostruoso" Nesta supportato da Mihajlovic, mentre di Djorkaeff (ala destra) non si avevano notizie. Quando invece l'Inter ha portato avanti i suoi uomini, forse con più indisciplina tattica, ma con folate continue, ecco che Baggio ha fatto il suo dovere. In pratica tutto ciò che ha messo in discussione il successo della Lazio è venuto dal piede di Baggio: un assist dalla linea di fondo per Cauet (piatto di destro al volo alto) dopo un dribbling dei suoi; una splendida punizione finita sulla traversa e uno spettacolare tiro a volo che ha avuto il solo torto di centrare Marchegiani. Se si esclude un colpo di testa di Djorkaeff da buona posizione, è tutta qui la produzione offensiva di un certo pericolo dell'Inter nella ripresa, ma se si pensa al primo tempo non c'è paragone. Inoltre c'è da dire che qualche giusta rimostranza nei confronti di Cesari i nerazzurri la possono esibire: nell'azione del gol c'era un Salas sulla linea di porta che tecnicamente poteva essere considerato in fuorigioco attivo quando Conceicao ha ripreso l'ennesima respinta di Pagliuca per ribattere in rete. In effetti si può anche ritenere che il portiere sia stato distratto o infastidito dalla presenza dell'avversario al suo fianco. Anche se tutto questo lo si stabilisce a fermo immagine, rivedendo l'azione in tv, non certo nelle concitatissime fasi dell'azione. Più colpevole Cesari quando lascia correre una trattenuta furtiva di Nesta che stava facendosi infilare da Zamorano lanciato a rete: il cileno cadeva dopo qualche passo in area, ma il fallo fuori c'era e anche il difensore meritava il rosso o almeno il giallo. Questo rende anche l'idea delle difficoltà che ha incontrato la Lazio nella ripresa, quando forse pensava di non aver nulla da temere dall'Inter vista nel primo tempo. Anzi, sapendo che l'avversario si sarebbe dovuto aprire per venire avanti, c'era la prospettiva per un facile raddoppio. Che invece non è venuto per diverse cause. Per banali errori di mira (incredibile quello di Salas nel finale), per un pizzico di sfortuna e per la prontezza di Pagliuca in almeno un paio di occasioni. Ma c'è da dire che la Lazio ha confermato quella mancanza di brillantezza che la sta accompagnando da qualche partita. Nel primo tempo mancava di velocità e contro un'Inter molto abbottonata la cosa è risultata evidente; nella ripresa, quando c'erano effettivamente più spazi per far viaggiare il contropiede, è mancato il centrocampo. Almeyda, che s'era fatto male nel primo tempo, è uscito 5' dopo l'intervallo, Mancini dinamicamente veniva messo in difficoltà da un Simeone non più trattenuto al guinzaglio (non male l'idea di affidare Mancini all'argentino), Nedved va ancora a sprazzi, Conceicao dopo uno splendido primo tempo era calato ed Eriksson ha tardato a sostituirlo con Lombardo. Insomma l'Inter non veniva fermata più nella sua metà campo e l'azione dei biancazzurri, partendo dalla loro area di rigore, perdeva lucidità e perentorietà dovendo percorrere tanto terreno. Comunque nel complesso dei 90' la Lazio ha vinto con merito ma certi campanelli d'allarme che si stanno ripetendo è bene che siano colti da Eriksson. Lo scudetto è lì pronto da cogliere, nessuno gioca meglio dei laziali, ma la tenuta atletica è fondamentale. Come ammonisce l'ultimo campionato.
Quando l'arbitro fischia la fine, nel boato di un Olimpico strapieno ci sono due facce stravolte. Una è quella di Marcelo Salas, che ancora non si rende conto di come abbia potuto sbagliare un gol quasi fatto, proprio all'ultimo istante della gara. L'altra faccia sulla quale sono segnate tensione e stress di una sfida piena di emozioni è quella di Sergio Cragnotti. In tribuna il presidente ha sofferto come poche altre volte e quando la vittoria della sua Lazio diventa un fatto compiuto non ha più la forza nemmeno di esultare. Al suo vicino di poltroncina confida: "Così perdo 10 anni della mia vita". Poi scende negli spogliatoi per complimentarsi con tutta la squadra. Ma le emozioni non saranno finite perché in serata il pareggio della Fiorentina con i "cugini" della Roma, proietta la Lazio da sola in vetta alla classifica. "Questa prestazione mi ha soddisfatto soprattutto sotto l'aspetto caratteriale. Ero stato anche a Formello, alla vigilia, e la tensione era alta nel gruppo. Il momento di responsabilità è particolarmente sentito. Ed una gara difficile come questa con l'Inter non era facile da affrontare. La risposta è stata eccezionale, perché la motivazione di tutta la squadra è stata perfetta. La Lazio ha imparato ad aspettare con pazienza il momento nel quale colpire. E poi sa difendersi e soffrire quando la partita lo richiede". Cragnotti è rimasto impressionato da Vieri: "Una vera furia. Incredibile dopo che aveva passato la settimana a letto con l'influenza. Ma il bravo va uno per uno ad ogni giocatore perché insieme hanno saputo dare tutto quello che avevano in corpo". Il presidente è euforico ma non perde il senso della misura: "Dobbiamo continuare così, perché il cammino è ancora lungo e gli avversari diretti non mollano. Di positivo c'è che con questo successo credo proprio che abbiamo fatto fuori l'Inter dalla corsa per lo scudetto. Ora siamo meritatamente in testa da soli, ma la corsa resta a 4". Una settimana incredibile per il finanziere che ha visto il suo titolo salire vertiginosamente in Borsa fino a superare le nove mila lire di quotazione. I conti tornano anche per questa Lazio che ha conquistato ben 31 punti nelle ultime 11 partite. E poi c'è un Olimpico finalmente pieno: "Che bello vedere 70 mila persone, quasi tutte che tifano per la nostra squadra. Anche questo è per la società motivo di vanto. Speriamo che la gente sia sempre così vicina, perché ne abbiamo tanto bisogno per raggiungere l'obiettivo". Cerca di non citare la parolina magica, lo scaramantico presidente, ma poi si lascia scappare: "Ci crediamo di poter vincere questo scudetto e ci sono anche dei segnali che autorizzano un po' di ottimismo, che ti fanno pensare possa essere questo l'anno buono, davvero. Come ad esempio la traversa colpita da Roberto Baggio". Certo, quell'occasione fallita da Marcelo Salas nel finale ha prolungato la sofferenza..."Ma va bene anche vincere 1-0 partite contro avversari così forti. E poi vuol dire che Marcelo questa rete la conserverà per qualche altra occasione più importante".
Fonte: Gazzetta dello Sport
Nota:
La Lazio non si trovava da sola al primo posto della classifica dalla quarta giornata della stagione 1974-75. E per vedere i biancocelesti in quella posizione nel girone di ritorno, bisogna andare indietro di un'altra stagione, al 1973-74 che è quella dello scudetto. Allora la Lazio restò da sola alla quattordicesima giornata e mantenne la sua posizione sino alla fine, quando si laureò campione d'Italia con 43 punti, due più della Juventus.
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