Domenica 18 settembre 1994 - Milano, stadio Giuseppe Meazza - Milan-Lazio 2-1
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18 settembre 1994 - 2612 - Campionato di Serie A 1994/95 - III giornata
MILAN: Rossi, Tassotti, Panucci, Gullit, Maldini, Baresi, Donadoni, Albertini, Boban, Savicevic (86' Galli), Lentini (65' Stroppa). A disp.: Ielpo, Nava, Sordo. All. Capello.
LAZIO: Marchegiani, Bacci, Favalli, Di Matteo, Negro, Chamot, Rambaudi (69' Casiraghi), Venturin (59' Fuser), Boksic, Winter, Signori. A disp.: Orsi, Bergodi, De Sio. All. Zeman.
Arbitro: Pairetto (Torino).
Marcatori: 77' Gullit, 88' Boksic, 90' Gullit.
Note: ammoniti Winter per la Lazio, Tassotti e Savicevic per il Milan. Calci d'angolo: 6-4.
Spettatori: 64.000 circa.
Calcio sommo, calcio massimo, calcio d'altra costellazione. La più bella partita che si ricordi a San Siro da almeno tre anni in qua, è stata vinta dal Milan, cioè da un collettivo più due singoli straordinari (Sebastiano Rossi e Gullit) contro una Lazio di sviluppata organizzazione e ancora ridotta personalità. Ne avesse avuta prima del vantaggio milanista avrebbe probabilmente vinto. Ne avesse reperita per mantenersi dopo il pareggio di Boksic (errore di Panucci a metacampo, volata e assist di Signori) non avrebbe perso. Tutto è relativo nel calcio, ma subire il gol decisivo al 90', dopo aver riacciuffato la partita all'88', per uno sbandamento completo della difesa (Favalli che lascia il cross a Stroppa, Marchegiani che manca l'intervento, Negro che non chiude su Gullit) è da formazione in debito di crescita. Zeman deve urgentemente completare il rodaggio per quel che riguarda le distanze fra reparti. Non sempre la squadra sa essere corta e la difesa, qualitativamente non eccelsa tranne che per il titanico Chamot, ne risente. Ma la deficienza più seria è di continuità. La Lazio è sembrata ancora vittima di una cedevolezza psicologica che ne condiziona l'atteggiamento in fasi decisive. Insomma, non è ancora quel che il Milan si è abituato ad essere da sette anni. La vittoria dei rossoneri è il frutto di questa mentalità e la mentalità è costantemente iniettata dall'eccezionalità del singolo: Gullit che segna al 32' e al 45' della ripresa, sempre dallo stesso angolo, prima di testa (complice Di Matteo) e poi di esterno destro, non è solo un simbolo di facile consumo giornalistico. Gullit si erge proprio sopra ogni comparazione, così come riesce per meriti bionici a Sebastiano Rossi, il quale strappa a Signori un gol sicuro al 4' (deviazione al volo, doppia chiusura sul primo palo), un altro scontato, nella ripresa, al 18' (da Fuser a Signori che batte al volo e il portiere respinge di sterno) e un terzo ineluttabile, al 35', con tiro scagliato da fuori area da Di Matteo (respinta corta), girata sinistra di Signori (smanacciata da terra). Però, non solo Gullit e non solo Rossi. Intanto il Milan, come insieme. Rispetto all'Olanda, gli sono giovati i rientri di Tassotti, Panucci ed Albertini. Ma è stata la squadra negli accordi più intimi a risentirsi consapevole di ogni mezzo: nel computo delle circostanze propizie, infatti, al Milan vanno ascritte due traverse (entrambe nel primo tempo: Albertini da punizione; Gullit, da combinazione con Savicevic, e successiva liberazione di Di Matteo sul tiro di Lentini). Calcio straordinario perché speculare per numero di occasioni (undici per parte) e convergente per disposizione tattica: zona contro zona. Unica divergenza: il 4 3 3 di Zeman rispetto al 4 4 2 di Capello. Stranamente, alla vigilia, il tecnico del Milan aveva mostrato scetticismo sulla purezza delle tre punte laziali. Invece il campo ha testimoniato la fedeltà degli intendimenti zemaniani: non solo Boksic e Signori di punta, ma anche Rambaudi, prevalentemente a destra. Non per niente Panucci è stato appiattito dalla presenza dell'avversario lasciandogli anche una possibilità tra le più eclatanti nella ripresa: su assist di Boksic, Rambaudi è stato fermato ancora da Rossi. Diverso il discorso quando la Lazio difende: ovvio che Rambaudi sia il primo a scalare a centrocampo, ma ovvio anche che, per mantenere la squadra raccolta, lo stesso contributo sia richiesto anche alle punte. In fase difensiva Zeman trasforma anzi il 4 3 3 in in 4 5 1. Però che la Lazio applichi un didattico 4 3 3 in fase di possesso palla è visibile a chicchessia, oltre che confermato dal cambio Casiraghi-Rambaudi nel secondo tempo. Capello ha avuto due meriti: aver rigenerato il Milan dopo l'Ajax; aver scelto bene sia con Lentini che con Stroppa, il sostituto. Da destra, e con il suo contributo, sono venuti i gol che hanno fatto il risultato. La partita si era fatta da sola: di incomparabile bellezza.
Fonte: Corriere della Sera