Domenica 25 settembre 1994 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Parma 2-2
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25 settembre 1994 - 2614 - Campionato di Serie A 1994/95 - IV giornata
LAZIO: Marchegiani, Negro, Favalli, Di Matteo, Bergodi, Chamot, Rambaudi (68' Casiraghi), Venturin (66' Fuser), Boksic, Winter, Signori. A disp.: Orsi, Bacci, Cravero. All. Zeman.
PARMA: Bucci, Mussi (66' Benarrivo), A.Di Chiara, Minotti, Apolloni, Fernando Couto, Sensini, D.Baggio (56' Branca), Crippa, Zola, Asprilla. A disp.: Galli, Castellini, Pin. All. Scala.
Arbitro: Trentalange (Torino).
Marcatori: 26' Signori, 66' Branca, 70' Branca, 74' Signori.
Note: ammoniti Favalli, Negro, Di Matteo e Casiraghi per la Lazio, Minotti, Crippa, Asprilla , Di Chiara e Apolloni per il Parma. Calci d'angolo: 5-9.
Spettatori: 51.000 circa.
Due gol di Signori e due di Branca. Due partite diverse, impreziosite pure da tre pali degli "zemaniani" e da un botto di Zola. Poi fioccano le emozioni, proprio quando sembra che i biancazzurri debbano dominare. E' la sfida dei ribaltamenti a passo di carica. Cominciamo. Tanta Lazio subito, quasi per dimenticare una domenica pomeriggio troppo romanista, con colpi d'ariete sul Parma "by night", così poco flessibile nel suo sostanziale catenaccio a zona. Nient'altro può diventare il modulo dei cinque difensori se restano tali, se l'aggiuntiva imbottitura Sensini viene preferita al creativo Brolin, se chiusi Mussi e Di Chiara, pure Zola avverte la necessità di riconvertirsi spesso centrocampista adibito al contenimento per aiutare Crippa o Dino Baggio, risucchiati dietro. Tanta Lazio, senza cedimenti psicologici nel variare il comportamento soprattutto in funzione d'una martellante produzione offensiva, come stabiliscono i polivalenti "zemaniani" d'ogni reparto, Chamot, Di Matteo, Rambaudi, quando sfrecciano senza palla prevedendo lo sviluppo parallelo dell'azione. Ecco, in questa diversa lettura, anzi nell'uso antitetico dei potenziali guastatori di parte, affiora la superiorità biancoazzurra, che determina spazi, varchi, girandole d'accompagnamento al gol. Gol panoramico, che arriva annunciato dalla traversa colpita da Rambaudi al "pronti via", quando Couto aggredito subito in pressing là dietro, disimpegna lateralmente goffo, servendo il tornante laziale mentre apre il festival degli scatti incrociati con Boksic. Ma questa è una partita diseguale, che la Lazio s'illude di stravincere, insistendo a tavoletta, quasi per mascherare meglio le lacune d'una terza linea poco rassicurante, dove in particolare Negro e Bergodi annaspano privi di riferimenti. Niente paura: imperversano Di Matteo, Winter e Venturin più avanti, i parmigiani arretrano provando colpi di sbarramento soprattutto per fermare pure con vistose scorrettezze quel quattrocentista di Boksic, invitato a prendere velocità negli spazi determinati. Vero, Minotti? Minotti non può fare altro, a un certo punto, che buttare giù il croato all'imbocco d'area: e Signori, da fermo, quasi stesse calciando un rigore da diciotto metri, azzecca la traiettoria carogna oltre l'annaspante Bucci. Che ancora viene salvato dalla traversa, senza che Scala decida di rettificare il proprio atteggiamento, per dare almeno un partner ad Asprilla, sempre pericoloso quando lo mettono in movimento. Giusto pertanto che la Lazio raccolga finalmente quanto merita la sua produzione offensiva. E' una combinazione volante che parte da un alleggerimento di testa di Rambaudi per mettere in movimento Boksic, arretrato nell'occasione quale tornante di destra. Testa alta, il croato vede e indovina l'apertura dall'altra parte per la "volée" mancina di Signori oltre l'arrendevole Mussi. Palla presa un po' sporca, piazzata sul primo palo, ma le mani protese di Bucci non bastano. Tutto facile? Beh, la sensazione di disporre a piacimento di oppositori così rinunciatari, aumenta seguendo quella combinazione Di Matteo-Venturin-Boksic, senza interferenze moleste. Però il croato, gran dilapidatore, esala sotto gli occhi di Bucci il pallonetto, mal calibrando l'alzo scavalcante. E qui evapora la Lazio, non si vede quasi più all'attacco, come fosse rimasta negli spogliatoi a commentare davanti a un tè caldo le bravate precedenti. Scala ne approfitta, rinsavisce, avanza il baricentro, inserisce le picchiate di Benarrivo e l'opportunismo d'area di Branca. Cioè quanto basta a capovolgere lo scenario del primo tempo, infilando una reazione inaspettata che frastorna le sentinelle laziali. Ora si vede anche la partecipazione di Couto alle sortite di rimessa. Ora Zola, che non vuole perdere di brutto il duello con Signori, profitta d'un fallo di Negro sull'arrembante Minotti per cogliere pure lui la trasversale, quasi prefigurando gli sconquassi laziali in arrivo. Sconquassi nati però da interpreti come Negro e Bergodi, in impaccio pure nell'ordinaria amministrazione. Sono loro che restano impalati, su corner Zola, a guardare la deviazione in libertà di Minotti per Branca, che in scivolata sa deviare in rete. E adesso, illudente Lazio? Possibile bastino pochi minuti di follia collettiva per rovinare tutto? Beh, quanto accade di lì a poco fa saltare in panchina perfino l'imperturbabile Zeman...Si vede una punizione che Apolloni da trequarti campo consegna a Zola, senza che nessun difensore laziale si preoccupi di riguadagnare svelto la propria posizione. E allora Zola, avvistato Branca in verticale, gli allunga il ben di Dio e gli spettatori dell'Olimpico vorrebbero sprofondare. Riprendono le sarabande biancazzurre, in un gioco ormai al rischiatutto, per evitare l'immeritato castigo. Folate di qua e di là, che mettono a dura prova le coronarie di chi paventa un incredibile "blitz" emiliano. No, riparte all'assalto Boksic, aprendo a Fuser, subentrato a Venturin, la corsia da bruciare con il cambio di marcia. Tanto ardore si conclude nel passaggio a rientrare, che Signori finalizza di piatto. Alleluja, la Lazio almeno un punto se lo ritrova in cassaforte. E il Parma, uscito a scoppio ritardato, ringrazia.
Fonte: Corriere della Sera