Domenica 16 marzo 1997 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Atalanta 3-2
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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 24ª giornata - Lazio-Atalanta 3-2
LAZIO: Marchegiani, Negro (21' Grandoni), Nesta, Chamot, Favalli, Rambaudi (80' Buso), Fuser, Venturin (64' Piovanelli), Nedved, Gottardi, Protti. A disposizione Orsi, Baronio, Marcolin, Paniccia. All. Zoff.
ATALANTA: Pinato, Mirkovic, Sottil, Carrera, Rossini, Foglio (82' Rotella), Carbone (68' Magallanes), Sgrò, Morfeo (84' Bonacina), Lentini, Inzaghi. A disposizione Micillo, Persson, Bonfanti, Rossini. All. Mondonico.
Arbitro: Sig. Trentalange (Torino).
Marcatori: 36' Mirkovic (aut), 38' Sottil (aut), 53' Lentini, 83' Morfeo, 84' Buso.
Note: ammoniti Venturin, Protti, Nedved, Sgrò, Lentini, Carbone.
Spettatori: 33.111 per lire 1.002.818.000 (abbonati 26.371 per una quota di lire 805.588.000, paganti 6.740 per un incasso di lire 197.230.000).
La Gazzetta dello Sport titola: "All'Olimpico tante reti, quasi tutte segnate dalla squadra di Mondonico, che si complica la vita. Porte spalancate alla Lazio. L'Atalanta fa due autogol, rischia il crollo, pareggia. Poi esce Morfeo ed è la fine. Cuore e buona sorte aiutano gli uomini di Zoff, che si ritrovano largamente in vantaggio senza sapere come. Nel secondo tempo la musica cambia, ma alla fine tocca al panchinaro Buso strappare tre punti pesanti".
Continua la "rosea": Più provinciale dell'Atalanta, la Lazio "grandi assenti" si rimbocca le maniche, sfodera cuore e buona sorte e porta a casa tre punti pesantissimi, necessari per rivedere da una distanza ragionevole l'Europa. Non bello ma divertente il 3-2 determinatosi in massima parte a cura degli ospiti. Su cinque reti ne hanno segnate quattro, e quella decisiva, l'unica firmata da un autentico biancoceleste, è arrivata un istante dopo la decisione di Mondonico di richiamare in panchina Morfeo, l'uomo della rimonta da 0-2 a 2-2. All'Olimpico scende un'Atalanta dalla formula ormai collaudata, che la squalifica di Gallo davvero non modifica. La Lazio deve invece fare i conti coi forfeit di Casiraghi, Signori e Okon. L'unica punta è l'ex goleador Protti, cosa che induce Zoff a una doppia trovata che si rivelerà felice. Nedved l'anarchico viene avanzato in un ruolo che non è un ruolo per il semplice motivo che il boemo è libero di far quel che gli pare, proprio come gli piace, e di non tornare oltre la metà campo. Sarà il migliore. I quattro di centrocampo vengono invece completati a sorpresa da Gottardi, un terzino reinventato mediano sinistro. Funzionerà. Classifica alla mano, è comunque dall'Atalanta che si attendono squilli di tromba: Carrera fa il libero staccato, Mirkovic, Sottil e Rossini sono disposti a uomo su Nedved, Protti e Rambaudi, a centrocampo è un viavai di incroci ma si vede subito che Morfeo, che pure non gode di una custodia particolare, sonnecchia al sole primaverile e Lentini pigroneggia assai. Si fa male Negro, partito molto bene sulla fascia destra, quella Fuser-Rambaudi dove la Lazio affonda insidiosa. Zoff, sotto gli occhi di Zeman in tribuna, perde un altro pezzo, entra Grandoni a fare il centrale e per Lentini c'è il giovin talento Nesta. Si direbbe match da 0-0, senonché proprio Grandoni butta avanti un pallone (36') di quelli senza un domani. Ne scaturisce un euroautogol. Memorabile il colpo di Mirkovic dalla tre quarti campo. Una cosa del genere la fece Maradona nell'altrui porta. Solo che Mirkovic sceglie la propria, con Pinato sul dischetto del rigore. Lazio in vantaggio senza sapere come e sul 2 - 0 in un batter d'occhio. Affonda Rambaudi, scarica su Fuser, il tiro è sporco e il tallone di Sottil fa il resto.
Seconda autorete e giochi apparentemente fatti, con la Lazio che chiude il tempo imperversando tra le statue nerazzurre. Ripresa ed è un'altra partita. Mondonico si deve essere fatto sentire e Morfeo deve aver preso un caffettino. E' da uno scontro Inzaghi-Chamot, nel quale il mediocre Trentalange (capace nel primo tempo di fermare Nedved lanciato a rete per un fallo inesistente) non vede niente di irregolare, che nasce la prima invenzione di Morfeo. L'assist a Lentini è docile come l'atteggiamento di Nesta, e Marchegiani incassa il bolide sul primo palo. La partita si fa improvvisamente bellissima, con continui ribaltamenti di fronte. Mondonico intravede l'aggancio e inserisce Magallanes al posto di Carbone, dopo che Piovanelli ha rilevato Venturin. Aumenta il peso dell'attacco bergamasco, nel quale Inzaghi trova un solo spunto importante, stretto com'è nella morsa Grandoni-Chamot. E sale Morfeo, che continua a essere poco custodito e stavolta è un vantaggio per l'Atalanta. Il colpo del fuoriclasse (37') arriva al termine d'un triangolo volante con Magallanes e dopo che Buso e Rotella han sostituito Rambaudi e Foglio. Un gol bellissimo e l'impressione che l'Atalanta possa avere il match in pugno. Dura un attimo. Il tempo per Mondonico di richiamare Morfeo e sostituirlo con (!) Bonacina, il tempo per Gottardi, che non è un rifinitore, di allungare a Buso che si ricorda d'essere stato un centravanti anche se da un pezzo non lo è più Colpo da sotto e 3-2 servito. Buso non esulta. Zoff invece sì. E tanto basta per rendere davvero speciale la domenica biancoceleste. Tra sette giorni, mentre l'Atalanta e Lentini ricevono il Milan, la Lazio va a Vicenza: difficile il recupero degli acciaccati Casiraghi e Signori, certa l'assenza di Protti che ammonito sarà squalificato. Attaccanti cercansi.
Dal Corriere della Sera:
Rilanciata da due autoreti atalantine, ma pure capace di sottrarsi allo psicodramma finale racchiuso nel ricongiungimento Lentini-Morfeo, la Lazio si proietta verso posizioni-Uefa con i gregari del retrobottega, disposti a dare l'anima per il presidente-allenatore Zoff. E presente sulle tribune ancora Zeman, è proprio questa determinazione quasi feroce che ingolfa gli orobici, colpevoli di vanificare un organico qualitativamente superiore causa prudenza esagerata, salvo aggiungere sbadataggini umoristiche nei momenti cruciali. Come quando Zoran Mirkovic rimpolpa la misera produzione biancoceleste, trasformando una sventagliata-Grandoni in imprendibile retropassaggio. Mai visto un disimpegno al volo così libero e scellerato, anzi addirittura cinematografico per precisione balistica rivolta da trentacinque metri contro i propri interessi. Serve rimpiangere le assenze di Signori o Casiraghi ? Beh, sostituito subito anche Negro (distorsione alla caviglia nel tentativo di frenare Lentini), l'anomala organizzazione italianista arrangiata dietro Protti unica punta lotta su ogni pallone rincuorata dall'episodio inimmaginabile. E sopra lo stupore nemmeno svanito, ci pensa Sottil ad irrobustire i sogni laziali con quella fortuita deviazione che elude Pinato, appostato dove dovrebbe passare la sintesi-Fuser, servito sotto misura da uno slalom aggirante di Rambaudi. Pazzo festival di casualità prevalenti sui reciproci studi d'approccio; e allora l'Atalanta offesa decide d'entrare in partita proiettando le risorse creative oltre lo stellone "zoffiano".
Tuttavia gli innamorati biancocelesti, accantonate smanie spettacolari, sapranno esprimere negli snodi successivi tanta partecipazione emotiva, senza fischiare le amnesie difensive di sempre, qua accentuate dal ripristino d'una formazione atalantina corta, che Morfeo orienta secondo estri, castigando il primo sbilanciamento laziale dopo l'intervallo. Sì, stavolta non basta un superlativo Nesta sul destinatario Lentini, fruitore smarcato della trasvolata trapassante negli spazi sguarniti. E se neppure spifferi di sorte propizia bastassero per avvicinare l'obiettivo europeo? Zoff sembra paventarlo, anche se il buonsenso gli consiglia solo di cercare un po' d'ordine nell'utilizzo di Piovanelli, subentrato all'evanescente Venturin, mentre, stretto fra Carrera e Sottil, o bloccato da Rossini nei prevedibili spostamenti, Protti manifesta un'allarmante crisi di fiducia nei suoi mezzi realizzativi, azzerati in sette-otto mesi di lazialità. Perché l'onda atalantina va comunque fronteggiata con il furore agonistico, con gli anticipi di Nesta, con i cambi di marcia di Fuser e Rambaudi. Così, buttate via un paio d'occasioni (Nedved e l'arrembante Chamot, i dilapidatori), appare ineluttabile la rimonta atalantina quale premio d'una superiorità evidente ancorché tardiva. Chiesta la sponda a Magallanes, schierato poco prima, Morfeo trafigge Marchegiani di destrezza. Compensazione sacrosanta dei precedenti regali bergamaschi ? Zoff impreca, ritenendo forse esaurite le scorte di fortuna. Invece sbaglia. Invece Buso, che ha appena rilevato Rambaudi, provvede ad allontanare gli incubi. All'inferno e ritorno, complice una opinabile decisione di Mondonico, inflessibile nel togliere subito l'autore del 2-2 per rafforzare gli ormeggi grazie a Bonacina. Mossa falsa, Nedved coglie l'impercettibile disorientamento e cala l'assist per valorizzare l'ex napoletano, finora ritenuto una specie d'oggetto misterioso. Prodezza con il Buso, gli atalantini sgomberano allibiti.
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
"Adesso c'è un'altra mentalità. Ci crediamo sino alla fine. E, anche soffrendo, riusciamo a raggiungere il risultato. E questo è fondamentale". Diego Fuser è ragazzo dalle parole semplici e la sua fotografia è precisa. In queste sei partite della gestione Zoff, la Lazio ha ritrovato (oltre a 11 punti) il credo nelle proprie potenzialità, un po' perduto fra gli schemi zemaniani non più ritenuti dogmi. Certo, non è una bella Lazio, lo sa pure Zoff, però è divenuta concreta, come Cragnotti chiedeva a questa svolta: "I ragazzi in quest'ultimo periodo si sono battuti a fondo e questo non è poco - sottolinea Dino Zoff -. Non nego che l'autogol dell'Atalanta ci abbia spianato la strada, però poi potevamo chiudere la partita segnando il terzo gol. Invece i nostri avversari sono cresciuti, ma noi non ci siamo dati per vinti nemmeno dopo il 2-2. I miei complimenti vorrei farli a Igor Protti che ha lottato su ogni palla, allo spasimo. Del resto il calcio diverte anche perché è un po' irrazionale". Battuta diretta in qualche modo a Zeman, convinto invece che nel pallone nulla debba essere lasciato all'imponderabile. Ma a proposito di mosse tattiche, Zoff spiega la scelta di Gottardi: "In settimana avevo provato altre soluzioni che non mi hanno convinto, e sapevo di poter contare su Guerino". Che ha ampiamente ripagato la fiducia con la migliore prestazione laziale in due stagioni: "Si'' - racconta l'italo-svizzero - sono soddisfatto. Avevo cominciato contratto, come tutta la squadra, poi ci siamo sbloccati. Servire quella palla in profondità a Buso, che ha segnato il gol decisivo, è stato un qualcosa che mi ripaga di tante amarezze passate". E nella domenica dei "panchinari" chi si è esaltato è stato soprattutto Renato Buso.
Il suo primo, pesante, gol laziale, gli ha fatto mettere alle spalle il periodo più nero della sua carriera: "E dopo aver visto la palla in fondo al sacco, non ho avuto nemmeno la forza di esultare, ma dentro di me sono un vulcano. A noi che partiamo dalla panchina non resta che "aggrapparci" ai pochi minuti in campo per cercare di svoltare la stagione. Stavolta la buona sorte mi ha dato una mano e posso dirvi che per me è cambiato qualcosa: è tornata la serenità. Sono grato a Zoff che mi ha dato qualche possibilità in più per riemergere. Ammetto che in certi momenti avevo pensato di aver perso lo smalto, il passo, la cattiveria del giocatore. Ma ho sempre continuato ad allenarmi con serietà, aspettando di uscire dal tunnel". Curioso il racconto del gol, visto anche che solo sette giorni prima a Cagliari, in una situazione simile, Buso non era riuscito nemmeno a tirare: "Stavolta mi sono fatto trovare pronto, e sull'uscita di Pinato ho scelto il tocco morbido. Dite che era la cosa più difficile ? Io non avevo nulla da perdere a quel punto". Intanto la Lazio conta l'ennesimo infortunio (distorsione alla caviglia per Negro) e la squalifica del già diffidato Protti, ultima punta rimasta a disposizione. L'emergenza continua, Zoff lo sottolinea: "Non ne posso più di questi palleggi. Oggi in Uefa, ieri no. Sono soddisfatto di come sta rispondendo la squadra, ma non voglio infilarmi in questi inutili discorsi. Per me la base, povera e banale se volete, è che la prossima partita è sempre la più difficile". Sana concretezza di un friulano cocciuto.
Da La Repubblica del 18 marzo 1997:
BUSO, IL JOLLY METTE LE ALI.
Era quasi in trance, domenica scorsa, dopo il gol: le braccia lungo il corpo, lo sguardo lontano a scacciare i pensieri molesti e i cattivi ricordi, il viso tirato di chi ne ha dovute sopportare tante, di chi in quel momento voleva correre veloce, mettersi la maglietta in testa, abbracciare i compagni, ma invece niente. Era lì, dietro la porta, con Protti che lo scuoteva. Era lì, quasi in trance, lui, Renato Buso, dopo il gol più bello, forse più pesante della sua carriera, di sicuro il più sofferto. Stagione incredibile, maledettamente sfortunata, la sua. Stagione da ripercorrere, brevemente, per capire. Lui non è un freddo, semplicemente ha sofferto. Un passo indietro, allora. Estate scorsa, Zeman dice: "Voglio Buso". La Lazio lo prende, sei miliardi al Napoli, contratto triennale. Sarà il jolly dell'attacco, dice il tecnico boemo. Ritiro, nella Repubblica Ceca: si becca la varicella. Più di un mese a letto, addio speranze, addio preparazione atletica. Gli altri lavorano tosto, lui perde peso, pensa che tutto passerà, ma intanto le settimane scorrono veloci. Finalmente riprende, sgobba duro a Formello e guarisce. Viene aggregato alla squadra. Zeman però non lo vede. Un tempo in Coppa Italia con il Napoli, poi Piacenza, Sampdoria, Roma, Verona e qualche altra presenza, ma solo scampoli, robetta, in campionato. "Non discuto le scelte dell'allenatore, ma se non gioco non riuscirò mai a trovare il passo giusto", si lamenta. Poi la svolta: via il boemo, e con Zoff, con il quale ha già lavorato in altri anni, quando tutti e due erano alla Juventus. Lo scenario cambia. Finora con il traghettatore Zoff sta in panca sei partite: lui ne fa due dall'inizio, da titolare, due da sostituto, come domenica scorsa con l'Atalanta. Fuori Rambaudi, entra Buso. Zac, subito la zampata: gol. Il primo per allontanare il buio, il gol che significa vittoria, Coppa Uefa più vicina e cieli azzurri per la Lazio. "Non avevo niente da perdere, per questo non ho sbagliato. Quando mi sono trovato con il pallone al piede non ho nemmeno avuto paura", ha dichiarato, con una linea di sorriso su quella faccia buffa, da ragazzo della porta accanto, tutto casa, famiglia, campo di allenamento. Domenica prossima c'è il Vicenza, in trasferta. Visto che Casiraghi non ce la farà a recuperare, visto che Protti domani verrà squalificato dal giudice sportivo e visto che Signori non si sa ancora se guarirà dallo stiramento che da un po' di tempo lo tormenta, ecco un'altra chance. Stavolta da centravanti, laggiù al centro dell'attacco. Nessun problema. In dieci anni da zingaro del pallone (Juve, Fiorentina, Samp, Napoli e Lazio) Buso ha girato tutti i ruoli e tutte le maglie dell'attacco. Già, non è un caso che i compagni lo chiamano Renato, il jolly...