Domenica 10 giugno 2001 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Fiorentina 3-0
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10 giugno 2001 - 2953 - Campionato di Serie A 2000/01 - XXXIII giornata
LAZIO: Peruzzi, Negro, Nesta, Mihajlovic (73' Pancaro), Favalli, Poborsky (77' Gottardi), D.Baggio, Veron (68' Simeone), Nedved, Crespo, C.Lopez. A disposizione: Favazza, Colonnese, Salas, Ravanelli. Allenatore: Zoff.
FIORENTINA: Taglialatela, Moretti, Pierini, Adani, Bartolucci, Rossi (46' Chiesa), Bressan, Di Livio (46' Rui Costa), Amoroso, Massaro (78' Amaral), Nuno Gomes. A disposizione: Toldo, Repka, Vanoli, Lassisi. Allenatore: Mancini.
Arbitro: Sig. Collina (Viareggio).
Marcatori: 34' Pierini (aut), 44' Crespo, 55' Negro.
Note: Esordio in Serie A per Bartolucci. Recuperi: 1' pt 2' st.
Spettatori: 44.000 circa.
La Lazio gioca contro sé stessa, passato e futuro, e contro la Roma che sembra molto più lontana dei duecento chilometri che separano l'Olimpico dal San Paolo di Napoli, mentre la Fiorentina aspetta il Parma e poco più. Eppure accade molto, in una partita giocata quasi solo per obblighi di calendario. C'è talento, in campo, ma arriva prima e dopo le emozioni. Si comincia subito: la Lazio ritrova Mancini. Scudetto e trofei, con lui: tanti come questa squadra non ne aveva mai vinti. E allora poco importa che Mancini, adesso, sia in giacca e cravatta gigliate. L'Olimpico lo guarda e ne ricorda il talento, le traiettorie a inventare spazi, gli assist, i gol impossibili, gli errori banali, le urla rivolte ai compagni. L'eleganza alternata alla rabbia, alla voglia di vincere ad ogni costo. C'è riuscito, a Roma, e l'Olimpico lo ringrazia: lui corre verso i tifosi, sciarpa al collo, il pubblico in piedi. Ad applaudirlo, certo, ma per pochi secondi: un abbraccio forte e via. Anche perché, oltre al passato, incombe il futuro: Nedved venduto alla Juve (ma il ceco adesso vuole restare alla Lazio) e la Roma sull'orlo di un sogno, strappare dalle maglie biancocelesti proprio lo scudetto che Mancini ha vinto. Proprio nel giorno del ritorno. Passato e futuro, sono gli avversari della Lazio. Perché la Fiorentina il talento lo lascia in panchina: in campo ci sono gli esordienti Massaro e Bartolucci e, tatticamente, un 4-5-1 che nelle intenzioni potrebbe diventare 4-3-3. Ma quasi solo nelle spiegazioni che Mancini avrà dato ai suoi prima di cominciare. E nel secondo tempo, quando, sotto di due gol, Mancio fa scaldare Chiesa e Rui Costa per il ritorno di Coppa Italia.
La partita, dopo gli applausi per Mancini e i cori per Nedved, comincia nel silenzio: la curva (cinque tifosi arrestati per gli incidenti prima e dopo la gara) protesta contro Cragnotti che ha ceduto Nedved. E allora sembra quasi di essere a teatro, mentre proprio Nedved, al secondo minuto, da sinistra crossa morbido per Poborsky sul secondo palo. La semirovesciata trova soprattutto aria, oltre a una porzione, quella sbagliata, di pallone. E si gioca nel silenzio anche quando Mihajlovic trova Crespo a due metri dalla porta: colpo di testa e palo. La Lazio gioca: Lopez migliora a vista d'occhio (anche se continua a fallire occasioni da gol), ed è lui a servire Crespo che, in perfetto stile, a centro area, colpisce di testa verso Taglialatela. Poco dopo la mezz'ora il primo gol (cross di Lopez, Adani anticipa Taglialatela, entra Crespo e sulla linea autogol di Pierini) ma la prima vera esultanza del pubblico è al 37': il Napoli è in vantaggio sulla Roma, l'Olimpico canta. Per poco, però, perché Batistuta zittisce tutti. E allora quando Crespo raddoppia, diagonale al cospetto del solo Taglialatela (contropiede, due contro due, perfetto l'assist di Lopez) la festa dura lo spazio di un abbraccio. Nel secondo tempo, dopo un gol forse regolare annullato a Gomez, c'è spazio per i tentativi di Chiesa e per i dribbling di Rui Costa. E, soprattutto, per il gol di Totti, che all'Olimpico sembra un colpo di forbici sul tricolore cucito sulle maglie della Lazio. È il 15' del secondo tempo, quando molti tifosi lasciano l'Olimpico.
Si perdono il gol di Negro, che in questa stagione aveva segnato solo a Peruzzi (autogol nel derby d'andata) e soprattutto il gesto di Nedved: affrontato da Amaral cade in area, Collina indica il dischetto ma è quasi un'illusione ottica. Infatti Nedved, da terra, aveva fatto cenno di no, suggerito all'arbitro che quello non era affatto rigore. In Repubblica Ceca-Olanda, a Euro 2000, successe proprio il contrario: Nedved pregò invano in ginocchio Collina di cancellare il penalty assegnato agli arancioni. Non tutto il pubblico nota il bel gesto: il Napoli ha appena pareggiato e lo scudetto resta sulla maglia della Lazio. Che, in casa, chiude con una vittoria. Su passato e futuro. Almeno fino a domenica.
Fonte: Corriere della Sera