Da Silvio Pellico a Italo Foschi

Da LazioWiki.

Italo Foschi
Immagine celebrativa A.S. Roma

Laziowiki.org ringrazia il consocio Marco Impiglia per il contributo originale.

La scheda della Associazione Sportiva Roma

Ricordo quando, nei primi anni Settanta, ragazzino delle medie all’istituto Col di Lana, giusto di fronte alla sede della S.S. Lazio, avevo tra le mie passioni quella di comprare francobolli che poi appiccicavo, con le “celline”, su alcuni graziosi quaderni a quadretti. Probabilmente influenzato dal collezionismo degli album Panini praticato alle elementari, mi ero creato delle pagine con spazi delineati a biro dove inserire i “pezzi mancanti”. Mi manca, mi manca ce l’ho... ce l’ho... La tiritera veloce di tutti noi boomer quando si aveva a che fare con la cerimonia sacra dello scambio a scuola delle “figu”. Ora, dopo tanti anni che ho abbandonato la passione tipica dei bambini della media borghesia degli anni Sessanta e Settanta, prima cioè dell’avvento dei giochi elettronici, sono andato a ricercare i vecchi quadernetti chiusi religiosamente in un cassetto. Questo perché Fabio Bellisario mi ha detto che è appena uscito, a cura delle Poste Italiane, un “foglietto” celebrativo di Italo Foschi!

Da quanto si capisce, celebrativo non del suo essersi distinto come uno dei più feroci manganellatori fascisti degli anni venti dello scorso secolo, un fanatico delle squadracce, anti-massone per eccellenza, ad un certo punto anche con dispetto del Musso medesimo. Uomo da encomiare e riproporre all’attenzione dei cittadini italiani filatelisti, secondo gli attuali dirigenti delle poste nazionali, non per aver pubblicamente plaudito al vigliacco assassinio di Giacomo Matteotti, l’eroico deputato socialista unico a protestare alla Camera contro i soprusi liberticidi di Benito Mussolini, no: si vogliono festeggiare i 140 anni dalla nascita a Corropoli di Foschi per il fondatissimo motivo di avere dato le basi alla costituzione della Associazione Sportiva Roma. Credo che più populista di così si muore: nemmanco certi imperatori delle dinastie più folli osavano tanto. E, tre giorni dopo, il 10 giugno, ecco le stesse PI emettere, con stupefacente senso di un suo personalissimo politically correct, un “ordinario” nella ricorrenza della “scomparsa” del povero Matteotti! Un colpo al cerchio e uno alla botte. Esistono oggi, nel mondo giallorosso venato da un’oscurità di stolta nostalgia per il passato regime, biografie laudatorie del Foschi. Pagine e versi rinvenibili in bella vista sul web, pieni di amore e gratitudine verso il fosco personaggio.

C’è una sorta di luogo-museo a Corropoli a lui dedicato. Perfino le proprietà americane, sia quella di ieri che l’odierna, hanno ratificato il recupero della memoria santificata del fondatore storico della ASR. Nelle date fasulle - dapprima il 27 luglio 1927 e poi il 7 giugno - che ancora vi propinano i cosiddetti storiografi ufficiali, all’apparenza ignari che, nel più antico statuto sociale rimasto, la data sia un’altra: 2 maggio 1927. Non starò qui a spiegarvi la ragione di codesta strana data. Il saggio che ne dà conto lo pubblicai, completamente ignorato dalla stampa pecorona e dalla AS Roma, alcuni anni fa su una prestigiosa rivista del CONI. E il documento comprovante sta custodito da settant’anni negli archivi della Federazione Italiana Baseball Softball. Vi basti sapere che la Lupa ha visto la luce in una palazzina che ancora è utilizzata per scopi amministrativi comunali: al civico 51 di via di San Basilio, al Sallustiano, all’epoca sede operativa del Fascio Romano. Più esattamente, ospitante gli uffici dell’Ispettorato Sportivo che Foschi aveva istituito nei mesi in cui il duce, stanco delle sue violenze (perfino lui...) che gli parevano pericolose per certi suoi equilibri necessari, aveva deciso di emarginarlo. Anche perché il grande protettore politico di Foschi, il gerarca cremonese Roberto Farinacci, squadrista emerito, era un nemico personale del duce, che con lui, negli anni Trenta, arriverà a duellare alla sciabola per dimostragli qualcosa di molto basico: il Führerprinzip.

Giustamente rilevo, da una rapida scorsa del mondo più che oceanico e più che fluido della rete, che non sono mancate le proteste per l’incredibile ultima sparata del governo dei Fratelli d’Italia targato Giorgia Meloni, La Russa, Nordio & Co. Protestano vibratamente la Federconsumatori, il Codacons, i sindacati e varie istituzioni della sinistra, qualche giornalista con ancora il senso della misura e Carlo Giovanardi, segretario dei Popolari Liberali nonché membro della Consulta Filatelica, che pare non sia stata per nulla consultata da chi ha deciso l’uscita improvvida lo scorso 7 giugno del foglietto celebrativo del fascistone. Dico fascistone perché l’Italo Celestino Foschi lo rimase fino all’ultimo, collaborando con i nazisti e la Repubblica Sociale. Razzista militante, un po’ come certi pseudo-tifosi giallorossi che infestano le curve dello Stadio Olimpico: il mio amatissimo stadio tutto candido di travertini che ospitò l’Olimpiade del 1960. Dove andavo a vedere la Roma di Oronzo Pugliese. Insomma, chi ha deciso l’upgrade agiografico ha sbagliato tutto e tutto è da rifare, come diceva il buon Gino Bartali: toppato il personaggio, toppata la data, insultata la memoria di Silvio Pellico, quel bel francobollo che compravo con le mie lirette da “paghetta” in un elegante negozio filatelico a piazza Cavour, nei giorni in cui la Lazio di Tommaso Maestrelli andava fortissimo.

Il Pellico e le sue austriache prigioni. La nostra prigione di sentirci ostaggi di teste di cavolo che gridano “pomporoponponpon” all’unisono con la folla track-and-field dell’Olimpico, un sorriso beota e arteriosclerotico disegnato sul volto di ex manganellatore. Mi fa schifo solo a guardarli. Altro è il nazionalismo che prediligo. Che noi tutti puri e sinceri Laziali, permeati dell’alto sentimento decoubertiniano di “Lazialità” descritto da Renzo Nostini all’epoca del Centenario, dovremmo sempre scegliere di seguire. Vedo che i mirabili “foglietti” sono già in vendita sul web. Qualcuno ipotizza un immediato ritiro delle scorte e quindi la trasformazione del pezzo in un “Foschi Nero”. L’autentico “Gronchi Rosa” non lo comprai, tredicenne, perché non avevo il mezzo milione di lire necessarie all’acquisto a piazza Cavour. Il Foschi nero-giallo-rosso non l’inserirò mai nei quaderni, al fianco di Sivio Pellico. Neanche sotto tortura.






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