Bui Gianni Alessio
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Attaccante, nato a Serramazzoni (MO) il 5 maggio 1940. Cresciuto nelle giovanili della Lazio, è convocato per il ritiro dell'estate 1959 ma poi passa in prestito al Cirio. Rientra alla Lazio nella stagione successiva e gioca 5 partite in Campionato ed 1 in Coppa Italia, per poi essere ceduto al Pisa. Dopo l'esperienza in Toscana gioca in successione con Spal, Bologna, Catanzaro (capocannoniere di serie B con 18 reti nel 1965/66, vincitore del premio Chevron Sportsman dell'anno per la serie B), Verona, Torino, Milan e chiude la carriera nel Varese nella stagione 1975/76. Intrapresa la carriera di allenatore guida il Varese (in seconda), il Genoa, il Novara, Rende, il Pavia, il Chievo e il Casale.
Si diletta di pittura e nel luglio del 2016 ha esposto alcuni quadri astratti a Catanzaro Lido.
dal sito http://www.lionspavullo.org/
Alessio Bui nacque a Serramazzoni il 5 maggio 1940 perché i suoi genitori (ferrarese il padre e frignanese, da Serramazzoni o Pavullo, la madre Gisella Benedetti) lì si trasferirono da Ferrara, causa la guerra, in casa di parenti. Subito una precisazione: Alessio è il primo nome del giocatore che, come secondo, ha Giovanni, da cui Gianni: e come Gianni è sempre stato noto in ambito sportivo (in tutte le cronache giornalistiche nonché negli album delle figurine Panini) e tale sarà anche in queste prossime righe. Gianni fu un magnifico calciatore: centravanti di ruolo ("a me sarebbe piaciuto fare il centrocampista alle spalle delle punte, come il grande Sormani, ma, data la mia altezza, tutti gli allenatori mi volevano in prima linea"), era alto e slanciato (altezza di 1,85 metri e peso-forma di 79 Kg.), possedeva una non comune intelligenza di gioco e una tecnica sopraffina che compensavano, data la struttura corporea, la sua difficoltà nel gioco stretto; la sua caratteristica principale era un formidabile colpo di testa, del quale ne faceva uso sia per segnare molti gol che per effettuare passaggi, spesso decisivi, per i suoi compagni di squadra. Linotipista sui 15-16 anni, vinse un concorso e si trasferì a Roma per lavorare in un quotidiano della capitale: il suo tempo libero lo trascorreva sui campetti della periferia romana a giocare al pallone, dove fu notato da alcuni osservatori della Lazio che fecero sì che il giovane entrasse nel settore giovanile della Società, allenato dal grande Fulvio "Fuffo" Bernardini. Nella stagione 1959-1960 fu inviato, per farsi le ossa, nella squadra CIRIO di Napoli, militante in serie "C": 15 presenze e 6 gol. Rientrato alla LAZIO, esordì in serie "A" il 19 febbraio 1961 alla seconda giornata del girone di ritorno, in sostituzione del titolare Morrone, e fu un trionfale 5-2 per i romani che, alla sera, furono accolti da trionfatori alla stazione "Termini". Questa la formazione laziale in quella giornata: Lovati; Molino, Eufemi; Carradori, Janich, Carosi; Bui, Franzini, Rozzoni, Fumagalli, Bizzarri. Passò poi al PISA, in serie "C", dove dimostrò subito la sua natura di bomber: 31 presenze e 20 gol. La S.P.A.L. (acronimo di Società Polisportiva Ars et Labor) di Ferrara, allora in serie "A", lo volle e per lei disputò due campionati: 1962-1963 (28 presenze e 8 gol) e 1963-1964 (24 presenze e 5 gol). Racconta: "Al primo anno nella Spal, con i grandi Cervato e Massei, mi divertivo, alla fine degli allenamenti, ad andare in porta a parare qualche tiro. Capitò che, al S. Paolo di Napoli, si infortunò il nostro portiere Bruschini, che aveva già preso due gol dallo svedese Kurt Hamrin: fu così che, per quasi tutto il secondo tempo, feci il portiere e senza prendere altre reti". La stagione che avrebbe dovuto rappresentare il vero salto di qualità, fu, invece, un "flop": per il campionato di serie "A" 1964-1965 fu acquistato dal BOLOGNA, fresco vincitore dello scudetto nello spareggio con l'Inter all'Olimpico di Roma. Chiuso dal formidabile attacco rossoblù Perani-Bulgarelli-Nielsen-Haller-Pascutti, giocò solo tre partite, senza mai segnare. Passò allora in serie "B" nel CATANZARO, dove disputò due campionati superbi. Esordì in serie "B" il 5 settembre 1965 in Catanzaro-Padova (1-0) e, nella stagione 1965-1966, fu capo-cannoniere tra i cadetti con 18 gol all'attivo su 34 presenze, vincendo così il Premio Caltex (la squadra giunse 10^ in campionato). Gianni Bui guidò il Catanzaro anche in una grande Coppa Italia, giocando la finale con la Fiorentina il 19 maggio 1966 (vittoria dei viola per 2-1, dopo i tempi supplementari). Nel 1966-1967, sempre in "B", 33 presenze nelle fila giallo-rosse e 15 gol (secondo posto nella classifica cannonieri, con la squadra 3^ in classifica, con Catania e Reggiana, nettamente staccata dalle due promosse Sampdoria e Varese). A Catanzaro fu definito dalla tifoseria "il bomber gentiluomo" e sarebbe sempre rimasto nella memoria dei tifosi calabri ("se anche oggi, che ho 74 anni, vado a Catanzaro - ricorda Gianni - è come se arrivasse Ibrahimovic! E di questo ne vado fiero"). Grande evento per Serramazzoni in quel campionato 1966-1967 in occasione delle due partite tra il Catania e il Catanzaro (terze, a pari punti, alla fine): infatti i due centravanti di quegli incontri erano entrambi di Serramazzoni, Piero Baisi e Gianni Bui che, dopo aver giocato, da grandi amici quali erano, tante partite insieme nel campo sportivo della pineta del loro paese natale, si ritrovarono da avversari, facendosi, ovviamente, immortalare dai fotografi prima degli incontri. L'apice della carriera calcistica di Gianni Bui fu poi al VERONA dove, finalmente, le sue ginocchia lo lasciarono in pace (infatti, era già stato operato di menisco fin dai tempi spallini e, in seguito, avrebbe subito numerosi interventi da entrambi i lati). Nel campionato 1967-1968 il Verona conquistò la promozione in serie "A" anche, e soprattutto, per merito di Gianni: 33 presenze e 12 gol. Nella serie "A" 1968-1969 tra le fila gialloblù 26 presenze e 15 gol (secondo posto nella classifica dei cannonieri, insieme a Pietro Anastasi e dietro a Gigi Riva: e scusate se è poco!) e, in quella 1969-1970, 23 presenze e 5 gol. La sua più bella rete in carriera la segnò proprio a Verona, contro la Roma, con una spettacolare rovesciata volante un po' "tagliata", fatta di destro quasi dalla linea di fondo campo, segnatura viva ancor oggi nei ricordi dei tifosi scaligeri più datati. Con il Verona anche il suo ricordo più doloroso: "Eravamo a S. Siro contro l'Inter e si era sullo 0-0 a 10' dalla fine quando l'arbitro fischiò un rigore a nostro favore. Il nostro rigorista era Sergio Clerici che, con mia sorpresa, non volle tirarlo lasciandolo invece a me. E me lo feci parare da Lido Vieri. Fu una grossa delusione per me, non alleviata dall'invito a partecipare, alla sera, alla "Domenica Sportiva". Disputò poi quattro consecutivi campionati di serie "A" con la maglia granata del TORINO: 1970-1971 (24 presenze e 6 gol), 1971-1972 (18 presenze e 9 gol: 9° posto nella classifica cannonieri), 1972-1973 (20 presenze e 4 gol) e 1973-1974 (15 presenze e 1 gol). Con il Torino vinse la Coppa Italia nel 1970-1971 (sul Milan, ai rigori), perse la finale della stessa nel 1971-1972 (dal Milan) e conquistò il secondo posto nel campionato 1971-1972, a pari punti con il Milan e a un solo punto dalla Juventus (allenatore granata era Gustavo Giagnoni, "allenatore con il colbacco"). Fu molto amato dai tifosi del Torino della mitica Curva Maratona. In una partita a Torino, nel 1972, fu esposto questo striscione, per nulla blasfemo nonostante il contenuto: "Se Gesù Cristo giocasse a pallone, sarebbe Gianni Bui" . Quando, nello stesso anno, Gianni segnava, i tifosi così cantavano: "E' lui, è lui, è Gianni Bui". Nel 2009 il giornalista Bruno Bernardi, nel suo libro "Toro story", così scriveva a proposito del "nostro": "Con una statura da giocatore di basket, aveva un modo elegante, dinoccolato, di muoversi in campo. Aveva lampi di classe, colpi di tacco, aperture millimetriche, ma la sua specialità era il gioco aereo". Sì, è vero: il gioco aereo era la sua specialità, specialmente con i colpi di testa e con la rovesciata volante. Grazie alla sua altezza e alla sua possanza fisica, nel colpo di testa la sua elevazione era eccezionale tanto che, in certi fotogrammi, dava veramente, e la dà ancora, l'impressione di "toccare il cielo con la testa", mentre, in altri, fa ancora risaltare la sua classe ed eleganza in spettacolari "voli d'angelo". Per questo fu anche soprannominato "testina d'oro". La sua rovesciata volante era altrettanto spettacolare: quando, chiuso nella lunetta del calcio d'angolo con il marcatore alle spalle, con un tocco poteva alzare il pallone davanti a sè fino a due metri d'altezza per poi inarcarsi e, in rovesciata, fare un cross al centro che spesso trovava impreparata la difesa avversaria che non si aspettava una tal giocata. Nel campionato 1974-1975 passò al MILAN dell'altro Gianni, Gianni Rivera: otto partite ufficiali di cui solo due in campionato e senza reti. Esordì nel Milan nell'incontro casalingo con il Brescia (1-0, 1 settembre 1974) e fece l'ultima in un Milan-Juventus di Coppa Italia nel 1975. Gianni Bui, da sempre molto amante ed esperto della pittura contemporanea e non, trovò nell'allenatore Nils Liedholm un altrettanto amante ed esperto della stessa: non era infrequente che, alla fine di un allenamento, i due discutessero a lungo sull'argomento. Finì la sua lunga militanza calcistica nel campionato di serie "B" 1975-1976 con il VARESE: due presenze e nessuna rete. Riassumendo: in "A" 188 partite e 53 gol, in "B" 102 partite e 45 gol, in "C" 46 partite e 26 gol. Totale di tutto: 336 partite e 124 gol. A proposito di gol, Gianni oggi ricorda: "Con le regole attuali avrei segnato molto di più. Infatti molte volte un mio tiro fu deviato in rete da un difensore avversario: questa era considerata un'autorete, mentre oggi il gol viene assegnato all'autore del tiro poi deviato" (giusta considerazione, per la quale le varie classifiche per cannonieri non sono raffrontabili con precisione). Se è vero che i numeri non dicono bugie, questi testimoniano il segno che il serramazzonese Gianni Bui ha lasciato nel calcio italiano. In un'intervista di qualche anno fa, Gianni ha identificato in Tarcisio Burgnich il suo marcatore più implacabile ("oggi, a 74 anni, sto bene anche se mi porto sempre dietro le cicatrici lasciatemi da Burgnich, ma anche Giorgio Morini e Sandro Salvadore non scherzavano") e nell'oriundo Angelo Benedicto Sormani il suo preferito come giocatore più forte in assoluto: "Non lo sento mai nominare, ma per me è stato il più forte, un grande maestro. Arretrava, attaccava, faceva giocare tutti. Ha giocato poco in Nazionale ma, quando ha giocato, gli attaccanti segnavano!". Finita la carriera di giocatore, divenne allenatore ma, tranne che in due anni con Genoa e Venezia in serie "B", guidò squadre nei campionati "minori" regionali e interregionali: Genoa (1978-1979), Rende (1981-1982), Pavia (1986-1987, con promozione in "C1", e 1987-1988), Chievo (dal 1988 al 1991, con promozione in "C1" nel 1988-1989), Pavia (1991-1992, quando venne anche a Pavullo a giocare con la Virtus Pavullese), Casale (1992-1993), Giorgione di Castelfranco Veneto (1993-1994), Venezia (1994-1995), Valenzana di Valenza Po (1996-1997 e 1997-1998). Un ricordo della sua venuta a Pavullo con il Pavia: "Pensando di passare da Serramazzoni dopo tanti anni, avevo avvisato tutti di stare attenti, ma c'era una nuova strada, assente ai miei tempi, che faceva girare attorno a Serra cosicché non riuscii a vederla". Divenne poi osservatore della Nazionale "A" di Giovanni Trapattoni, poi della "Under 21" di Carmine Gentile, poi nuovamente per la Nazionale "A" di Marcello Lippi in vista dei campionati del mondo, in Germania, del 2006. Fu anche osservatore della "Under 21" di Pier Luigi Casiraghi e di Gianfranco Zola. Il 16 luglio 2000 fu invitato a Serramazzoni in concomitanza della mostra fotografica "Il Frignano e lo Sport" organizzata dal Lions Club "Pavullo e del Frignano": in tale occasione si riunirono i tre centravanti serramazzonesi Gianni Bui, Pietro Baisi e Luca Toni, i primi due già militanti in serie "A" e in serie "B" negli anni '60-'70 e il terzo non ancora arrivato alla "A". Allora il più titolato era senz'altro Gianni Bui, tanto che Luca Toni gli chiese, timidamente, un autografo: Luca (definito poi da Gianni "un ragnone"), il giorno dopo, sarebbe partito per il ritiro pre-campionato con il Vicenza nelle cui fila avrebbe esordito in serie "A" due mesi dopo, preludio di una gloriosa carriera che avrebbe oscurato quella di Gianni Bui. Un episodio che, a distanza di quattordici anni, assume un vero e proprio significato di "staffetta", di "passaggio di consegne" tra questi due Campioni serramazzonesi del calcio italiano. "Staffetta" ancora più significativa se si considera che entrambi, a distanza di 45 anni, hanno vestito la maglia giallo-blu del Verona segnando decine di reti e lasciando, senza dubbio, ricordi incancellabili nei suoi tifosi. Che Gianni Bui abbia lasciato il segno da dove è passato, lo testimonia anche il fatto che, nel maggio 2012, gli fu consegnato, a Catanzaro, il Premio "Umberto Sacco" 2012 dalla "Associazione Catanzaro nel Pallone", quale "bomber giallorosso degli anni '60". Il presidente di detta Associazione giustificò l'assegnazione del premio a Gianni Bui, oltre che per le sue indubbie doti tecniche e agonistiche, con la frase: "Con la sua classe ha fatto avvicinare al calcio tanti ragazzi catanzaresi". Complimento più grosso non poteva farglielo.
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