Domenica 12 novembre 1972 - Roma, stadio Olimpico - Roma-Lazio 0-1

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1747. Campionato di Serie A 1972/73 - VI giornata - inizio ore 14,30

ROMA: Ginulfi, Scaratti, Peccenini, Salvori, Bet, Santarini, Orazi, Spadoni, Mujesan (58' Morini G.), Cordova, Franzot. (12 Sulfaro). All. Helenio Herrera.

LAZIO: Pulici F., Facco, Martini L., Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi (87' Petrelli), Chinaglia, Frustalupi, Manservisi. (12 Moriggi). All. Maestrelli.

Arbitro: sig. Gonella di Torino.

Marcatore: 34' Nanni.

Note: giornata fresca, terreno in discrete condizioni nonostante la pioggia caduta in nottata. Angoli 9-5 (6-1) per la Lazio. Leggeri infortuni a Mujesan, Spadoni e Re Cecconi. Sorteggio antidoping negativo. In tribuna (in qualità di osservatore del CT Valcareggi) Silvio Piola, che, a fine gara, è sceso negli spogliatoi per complimentarsi con i giocatori della Lazio. Presenti anche gli On. Andreotti, Caiati e Covelli, il questore di Roma Parlato e il capo della polizia Vicari.

Spettatori: 85.000 circa. Incasso di £. 210.000.000.

La coda ai botteghini
L'accoglienza dei tifosi giallorossi
Il titolo del Corsport del 13/11/1972
Una bandiera della Lazio, di un giovane tifoso in tribuna Tevere, per niente intimorito fra i tifosi giallorossi. Si noti anche un tifoso con una specie di corona funebre dedicata alla Lazio che non gli porterà fortuna..anzi
Wilson sventa di testa un'azione giallorossa
Frustalupi accerchiato dalla difesa romanista
Targa ricordo dedicata dai tifosi a Chinaglia dopo la vittoria
Da Momento Sera: una parata di Pulici
(Gent. conc. Sig. Giovanni Ernesti)
La grinta di Re Cecconi
Da Momento Sera: Il tiro-goal di Nanni
(Gent. conc. Sig. Giovanni Ernesti)
Pulici sventa un tentativo giallorosso
1972 l'esultanza dopo la rete di Nanni al derby
L'esultanza della squadra
Nanni con il pallone della vittoria
La gioia di Ziaco e Maestrelli al fischio di chiusura (Gent. conc. Famiglia Ziaco)
La gioia di Maestrelli
I giocatori si abbracciano
La gioia di Maestrelli e Nanni
Oddi e Maestrelli abbracciati a fine gara
Chinaglia, Maestrelli e Nanni a fine partita (da http://archiviocollezionegarzia.com/)
Maestrelli sulla Gazzetta
Herrera scuro in volto

La «stirpe del mago» è in lutto profondo. Lo credevano il più facile dei «derby» romani, il più destinato all'esaltazione dei colori giallorossi. E invece ha vinto la «minoranza silenziosa», cioè la Lazio, un «clan» che non poteva sfogarsi in epiteti altisonanti avendo il famoso Chinaglia con la caviglia in dubbio e un certissimo «handicap» di tifo locale. Tutto ha stupito, nella capitale. Il «derby» si è consumato all'insegna d'una cavalleria quasi esemplare (dovuto anche al fatto che i tifosi romanisti, persa la partita, si sono affrettati a ripiegar bandiere, silenziosamente, e a pagar scommesse di ogni genere), i biancocelesti si sono imposti con una gara magistrale, ed H.H. è tornato al suo cupo «silenzio della domenica», rimandando ogni dichiarazione al lunedì. Il rospo da inghiottire è amaro, anche se l'Olimpico ha soltanto sottolineato una verità probante: e cioè che la Lazio è più squadra, in senso classico, mentre la tribù herreriana è una compagine pirata, capace di imprese incredibili ma difettosa sul piano dell'organizzazione tecnico-tattica.

Due uomini e un invalido hanno condotto la Lazio alla vittoria: i centrocampisti Re Cecconi e Frustalupi, liberi di agire come se avessero una licenza da 007, e Chinaglia, che con la sua «caviglia marcia» e iniettata di novocaina ha pur sempre tenuto in soggezione le retrovie giallorosse. Helenio non ha saputo bloccare il centrocampo laziale, che è riuscito a spremere applausi anche dai più ciechi tifosi romanisti («Un due a zero c'era da ingoiarlo tutto»; «Ma questi sono professori e noi dell'asilo», ecco i commenti delle tribune e delle curve fiorite di bandiere romaniste), ha commesso un secondo errore sostituendo un centravanti inabile come Mujesan, però con il fiuto del gol, per inserire un difensore che non avrebbe certo avuto la possibilità di accrescere il potenziale offensivo della sua squadra. E' accaduto alla Roma quanto, a volte, accadde alla magna Inter di stampa herreriana: un eccesso di concentrazione, un abuso di fiducia, una sicurezza spropositata nel propri mezzi e quindi, inevitabile, una mancanza di modestia nella valutazione dell'avversario.

Il che ha corrisposto ad un rilancio plenario e clamoroso della Lazio, squadra ordinata, che fa gioco, che sa muoversi e disimpegnarsi, che oppone «filtri» sapienti nelle zone mediane. «Sbracatasi» in inutili «forcing» finali, la Roma poteva essere infilata da altri gol prima dello scadere del tempo, ma Re Cecconi all'80' si è lasciato anticipare un pallone prezioso da Ginulfi (come fece Zoff con Pulici sul finire del «derby» torinese) e Garlaschelli a due minuti dalla fine spreca ancora. Evidentemente, questi incontri stracittadini appartengono, nella presente stagione, alle squadre che sanno misurare la propria quadratura, che non eccedono in superbia tattica e amministrano le gare con umiltà. Ecco l'unica rete della giornata: sembra casuale, ma denota come la Roma si sbilanci troppo e sia efebica in zona difensiva. E' il 35', su una respinta di Oddi, tocca Chinaglia (all'indietro, per smistare, come gli accadrà spesso durante la sua partita tanto coraggiosa dal punto di vista personale quanto saggia dal punto di vista tattico), intercetta male Orazi, si trova in posizione di tiro Nanni, mediano tuttofare e carico di ardimenti: il pallonetto beffa un Ginulfi impossibilitato a dir la sua entro un reticolo difensivo giallorosso che sembra un groviera.

E' l'uno a zero che fa «derby», pone la Lazio sola con l'Inter al vertice della classifica e farà pagare scommesse enormi ai tifosi di parte giallorossa, troppo sicuri di sé e del loro mago, al quale si debbono regalare speciali lenti da panchina. Era partita bene, la squadra di Maestrelli, per poi subito «contrarsi» a centrocampo, dove la Roma denunciava varie carenze: Cordova faceva un suo derby, Spadoni era annullato come un principiante (si farà vivo con una sola puntata su Pulici e due stangate su punizione). Frustalupi e Re Cecconi sembravano «liberi docenti» in regia, talmente potevano muoversi, impostare, smarcarsi e dettare il triangolo. Per quanto carente in un Chinaglia minorato, la Lazio operava football vero e la Roma soffriva, vanamente tentando di sorvolare il centrocampo con qualche allungo, però mai svariato sulle estreme. Il suo gioco, troppo centralizzato, e con un Cordova testardo nel portar palla, mai metteva in pericolo le retrovie laziali. Così fino al gol, e poi dopo.

Se al 17' Cordova esegue un triplice «dribbling» spettacolare ma poi perde palla, al 31' è Chinaglia, «rinoceronte ferito», che imposta magnificamente per Manservisi pur essendo pressato da due uomini. Ed è ancora Re Cecconi a imbeccare Garlaschelli al 45', la palla dell'ala sbatte secca sulla rete esterna. Si dice: nella ripresa il mago opererà i suoi miracoli. Macché. Il vero mago di Roma, casalingo e senza pretese, ma furbissimo dosatore di quanto gli passa il convento, è Maestrelli. Il «forcing» giallorosso non sfocia in nessun pericolo per Pulici, che deve parare pochissimi e tranquilli palloni. E' pericolosa ancora la Lazio: al 14' ecco un gran tiro di Nanni (ma come fa ad essere libero e sempre anche lui ?) a fil di palo, dopo uno smistamento di Frustalupi. Al 25' un'azione corale della Lazio, da Re Cecconi a Frustalupi a Chinaglia a Manservisi fa sospirare il pubblico: «Si può andare, qua non ci sta gara». Solo al 38' Facco deve sacrificarsi in spaccata miracolistica su Franzot (chi si vede) per impedire una delle rare palle-gol romaniste. E si termina tra un ripiegamento mesto e silenzioso di bandiere giallorosse.

Il mago ha perso, colpa del mago. L'ha tradito anche la fortuna che pur lo sorresse a Cagliari. Ma certo la condizione atletica della squadra — tra campioni e broccoletti — non è sorretta da una visione tattica di prim'ordine. Si conoscono da tempo certi eccessi herreriani: gli succedevano anche con l'Inter di Tagnin o di Milani. Domenica ventura vorrà riscattarsi al Comunale, Torino e Giagnoni permettendo. Ma la supremazia effimera della Roma ha sbattuto subito la faccia contro una squadra vera, cioè la Lazio, che ferisce senza far sanguinare e porta via i due punti a furia di ordine e di gioco. Roma, per tre quarti, è in lutto. Ride solo un certo signor Reynod, mezzo italiano e mezzo «brookollino». Fu «sparring-partner» di Carnera, quando il nostro pugile divenne lottatore. E' un maestro di moderne ginnastiche. Helenio non lo volle nel «clan» romanista come esperto di esercizi allenatorii. Da allora «mister» (o sor) Reynod gli ha decretato odio mortale. Aveva fatto la scommessa più straordinaria nel clima folle della vigilia: per una vittoria dei nemici romanisti, si sarebbe sottoposto a un martellamento di pugni nell'addome (il suo, allenatissimo) da parte di ogni giocatore giallorosso. Il suo addome è salvo, anche se robusto. Il campionato rifiata, pur con la tradizionale, magnifica incertezza.

Il goal di Nanni ha gelato le speranze dei romanisti giunti all'Olimpico con la baldanza dei più forti. Nello stadio prevaleva il colore giallorosso che nelle speranze dei tifosi avrebbe dovuto invadere più tardi le vie della capitale, dopo la vittoria sugli «odiati» cugini. Le bandiere sono state riposte mestamente, mentre i laziali, inferiori sul piano numerico, davano sfogo al loro entusiasmo. Scommesse, funerali e tutte le altre tipiche manifestazioni dei derbies cittadini, si sono colorati inaspettatamente di biancoazzurro. Se avesse vinto la Roma, la festa sarebbe durata fino all'alba. L'atmosfera del dopo partita si è invece spenta quasi subito. Le opposte tifoserie si sono comportate in maniera molto corretta come del resto hanno fatto i giocatori in campo. Qualche scaramuccia fra tifosi, resse ai cancelli, subito domate dall'imponente schieramento di forza pubblica, sono stati episodi sporadici che non hanno guastato il derby della correttezza. Come era nelle previsioni l'afflusso della folla è stato imponente.

Hanno assistito alla partita il presidente del Consiglio Andreotti, il ministro Gonella, i presidenti del Coni Onesti e della Federazione Franchi, numerosi deputati e senatori, Il capo della polizia Vicari ed il questore di Roma. Molti anche gli attori e i cantanti. Il più felice appariva Enrico Montesano, acceso tifoso laziale, fra il gruppetto deluso dei romanisti Rascel, Tata Giacobetti, Valeria Fabrizi, Little Tony e Lando Fiorini. Gianni Morandi, sostenitore del Bologna, ha visto la gara con un occhio sul tabellone luminoso che forniva i risultati delle altre partite. Atmosfera di gran festa nello spogliatoio laziale. C'è stata anche un po' di commozione quando è arrivato Silvio Piola, ex giocatore biancoazzurro, venuto a Roma per assistere al derby. Plola si è complimentato con i giovani laziali e in particolare con Chinaglia, un cannoniere che somiglia molto al Silvio dei vecchi tempi. «Ho disputato tanti derby — ha detto Piola ad alta voce mentre giocatori e giornalisti gli si facevano intorno in silenzio — ma non ricordo una vittoria così netta come quella conquistata da questa splendida Lazio ammirata oggi». Sulla falsariga del giudizio espresso dal grande atleta azzurro si sono sviluppati i commenti di Maestrelli e del giocatori laziali. Sono stati tutti concordi nel ritenere il risultato troppo esiguo rispetto alla chiara superiorità dimostrata dalla squadra in campo.

Musi lunghi, invece, fra i romanisti. Bet e Cordova hanno dichiarato concordemente che il gol al passivo aveva tagliato le gambe alla squadra giallorossa. «Però non ne facciamo un dramma — ha detto il capitano — noi puntiamo alla classifica e non a vincere una partita anche se importante come quella con la Lazio». Bet, probabilmente influenzato da Herrera che con intuizione da autentico «mago» aveva previsto la presenza di Chinaglia, si è espresso in tono polemico contro le «invenzioni» degli avversari sull'infortunio del centravanti laziale. «Se ha giocato — ha dichiarato il romanista — significa che Chinaglia stava bene». Herrera, chiaramente contrariato dalla sconfitta, non ha voluto rilasciare dichiarazioni rimandando il colloquio con i giornalisti a oggi. Il presidente Anzalone, fedele alla sua linea di squisita sportività, ha riconosciuto i meriti della Lazio. «Ho atteso con trepidazione per tutta la settimana questo derby — ha detto il giovane dirigente — e ho rischiato di ricorrere alle cure di un medico. I nostri avversari non hanno rubato nulla. La partita poteva anche prendere un'altra piega. Ma i se non contano».

Giorgio Chinaglia è stato il protagonista, sul piano umano, del 94° derby Roma-Lazio. Quando l'altoparlante dell'Olimpico ha pronunciato il nome del cannoniere si è levato un boato dalla folla del tifosi bìancoazzurri. Ma dietro l'apparente guarigione lampo della famosa caviglia infortunata che ha tenuto in ansia per tutta la settimana, per motivi ovviamente opposti, appassionati laziali e romanisti, c'era il dramma di un giocatore che ha sfidato coraggiosamente la sorte pur di non mancare al suggestivo appuntamento. Pochi minuti prima della gara si erano svolte febbrili consultazioni negli spogliatoi, fra il medico dottor Ziaco, il trainer Maestrelli, il presidente Lenzini e lo stesso atleta. Il sanitario aveva espresso chiaramente la sua opinione avvertendo del pericoli che avrebbe corso l'arto offeso. L'ultima decisione spettava in definitiva a Chinaglia che non ha esitato a scegliere la via del rischio. Mentre il dottor Ziaco iniettava nella sua caviglia una forte dose di anestetico, Giorgio, ché lui una gran paura delle punture, si è appoggiato sulla spalla di Maestrelli stringendo forte i pugni. «Non posso deludere la folla che è là fuori — ripeteva il centravanti quasi a far coraggio a se stesso — è troppo importante per me, per la squadra, per i tifosi». L'episodio consente di conoscere in una nuova dimensione la generosità del gigantesco attaccante.

Poteva tirarsi indietro. Ne avrebbe avuto motivi più che validi. Sapeva che non avrebbe potuto rendere al massimo. Ma era anche convinto di infondere nel compagni, con la sua presenza, una spinta psicologica forse decisiva in una battaglia dei nervi come di solito è un derby. Un esempio che esalta il coraggio, la sensibilità di un atleta che stavolta viene alla ribalta non soltanto per i suoi gol. Nanni (autore del gol decisivo) e Maestrelli, i trionfatori del derby del primato e così via. Gli appassionati biancoazzurri hanno ragione a vantarsi della Lazio, squadra che ieri è apparsa nettamente superiore ad una Roma che sembrava spenta e priva di idee. Il gioco dei giallorossi è stato sconcertante. Tutti aspettavano con curiosità di conoscere le giustificazioni del mago visto che proprio lui ha sbagliato completamente la gara. Helenio Herrera si è scagliato violentemente contro la sorte la quale avrebbe «guidato» in rete il fortunoso tiro-gol di Nanni che ha permesso alla Lazio di vincere il derby. «Non voglio togliere nulla ai meriti di Nanni e della squadra biancazzurra — ha dichiarato il "mago" — ma sfido il giocatore davanti ai giornalisti a ritentare il tiro da quella posizione con il pallone che si insacca proprio all'incrocio dei pali. Dopo i primi cinque minuti siamo stati noi padroni del gioco. Se avessimo segnato, come sarebbe stato logico, la partita si sarebbe chiusa a nostro favore. Dopo il gol di Nanni è subentrato nella squadra un orgasmo che ci ha impedito di continuare a giocare con tranquillità. E' logico che la Lazio sia stata più appariscente in contropiede e abbia sfiorato altri gol. In questi frangenti o si va sull'1-1 o si subisce il 2-0». «Domenica prossima — ha concluso Herrera — cercheremo di riabilitarci a Torino. Ma sarà una gara difficile, proibitiva».

Roma biancoazzurra è pervasa da un entusiasmo senza precedenti che non assume dimensioni clamorose perché i tifosi laziali non sono molti. Se la vittoria fosse andata alla Roma, si sarebbero sicuramente ripetute le scene che accompagnarono le imprese della nostra Nazionale in Messico. Tuttavia i laziali non si lasciano sfuggire l'occasione per far sentire la loro voce. Molti stamane sventolavano sotto il naso degli avversari i giornali che recavano titoli di scatola sul derby vittorioso: «La Lazio in cima al cupolone»; «La Lazio vola». Laziali esultanti, romanisti in lacrime. Essendo i secondi in netta maggioranza, le strade della capitale corrono il rischio dell'inondazione. Si pagano le scommesse. Alcune molto salate come quella di Nilo Iosa il quale ha dovuto sborsare i soldi per ben cento metri di salsicce arrostite con un falò acceso davanti alla stazione vecchia di Ostia. Le disavventure del tifoso romanista non sono finite qui. Stamane, vestito da aquilotto ha dovuto distribuire pasticcini e cappuccini gratis. Non ha avuto sorte migliore l'altro appassionato giallorosso Alberto Mandolesi il quale ha dovuto compiere di corsa, sventolando una bandiera biancoazzurra, dieci giri dell'isolato dove si trova la sede della Lazio. Dopo la faticaccia, altra penitenza. Il Mandolesi è stato costretto ad ingoiare una forte dose di bicarbonato. Insolita anche la scommessa che ha dovuto pagare Giuliano Martelli: «Devo annà al lavoro, vestito da antico romano. E che me metto ? M'arrangerò con un lenzuolo e in testa me schiaffo l'ermetto de mi fljo. E questo a 49 anni ! Ma ce rivedremo ar ritorno. Ve faccio vede io che faccio paga a 'sti lazziali!».






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