Sabato 25 agosto 1990 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Milan 4-1
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25 agosto 1990 - Amichevole precampionato 1990/91
LAZIO: Fiori, Bergodi, Sergio, Pin, Gregucci, Soldà, Madonna, F.Marchegiani (51' Icardi e 75' Lampugnani), Riedle (78' Saurini), Sclosa, Sosa (75' Bertoni). All. Zoff.
MILAN: Pazzagli, Tassotti, Maldini, Ancelotti (73' Carboni), F.Galli, Nava (46' Carobbi), Simone (46' Gaudenzi), Evani, Van Basten, Stroppa, Massaro (46' Agostini). All. Sacchi.
Arbitro: Sig. Amendolia di Messina.
Marcatori: 10' Sergio (aut), 14' Sosa, 17' Riedle, 53' Sosa (rig), 85' Saurini.
Note: Ammonito Icardi.
Spettatori: 30 mila circa, di cui 24.323 paganti per un incasso di 483.610.000 di lire.
► Il Tempo titola: “Maltrattato un povero Diavolo”. Una bella Lazio domina su un Milan incompleto.
Nell'amichevole dell'Olimpico, i rossoneri hanno mostrato di risentire pesantemente delle assenze di molti elementi di primo piano (Baresi, Gullit, Rijkaard, Donadoni) e hanno sofferto le iniziative dei biancazzurri, che sotto gli occhi dei loro tifosi entusiasti, hanno confermato le ambizioni emerse dopo la vittoria in Spagna e l'incoraggiante esordio di stagione romano contro un Werder Brema molto più collaudato. Nella ripresa numerose le sostituzioni effettuate dai due tecnici.
La partita era cominciata male per i laziali, presto in svantaggio per una clamorosa autorete di Sergio. Ma il fluidificante, sul quale sono state impostate quasi tutte le azioni offensive, si è subito riscattato con due splendidi cross che hanno mandato in gol prima Sosa e poi Riedle. Nel secondo tempo Pazzagli è stato costretto ad atterrare Sosa lanciato a rete e l'uruguaiano ha trasformato il rigore. Errore di Van Basten dal dischetto prima della rete conclusiva di Saurini.
Roma – Bruciano le mani. Pizzica la gola, chi ha voglia di sognare grida dalla curva il primo slogan per il Dino nazionale che regala una Lazio credibile anche con il Milan, al di là del risultato (4-1), per un controllo sistematico del centrocampo, per le felici intuizioni, soprattutto sulla fascia sinistra e per la potenzialità espressa in attacco dall'insidiosa coppia Sosa-Riedle.
Chi ha voglia di guardare con maggiore scetticismo, si sofferma su una difesa che ha palesato un paio d'incertezze: una, quella che ha disegnato l'incredibile autogol di Sergio, l'altra praticamente nelle stesse circostanze, con Gregucci a tentennare, solo, senza avversari, creando una sorta di psicosi dell'autogol Ma si tratta di sfumature. Non sfumature, invece, le attenuanti che ci cadono davanti nel giudicare il Milan, privo di Rijkaard e Baresi in difesa, di Donadoni e Gullit a centrocampo, assenze che non consentono di prendere per vero quanto abbiamo visto ieri sera.
Una grande Lazio, dunque, che ha confermato quanto di buono aveva già fatto vedere nelle precedenti amichevoli d'agosto, anche con un Werder Brema più solido sicuramente, del Milan visto ieri sera. Interessante, fra l'altro, considerare che la Lazio deve ancora sfruttare la potenzialità di Madonna, il quale, per entrare nel vivo del gioco, si è anche spostato sulla fascia sinistra, dove si scatena tutto l'estro della squadra di Zoff.
L'avvio e stato in salita. Un autogol, il modo peggiore per presentarsi al Milan, soprattutto dopo sei minuti di gioco pregevole. Una doccia fredda. Maldestro, inutile, sfortunato: il tocco all'indietro di Sergio si riassume così. Massaro, raccolto un suggerimento di Van Basten, lanciava al centro in una zona presidiata da tutti laziali. Sergio, mentre Fiori gli andava incontro, stoppava la palla e dava indietro inventando un autogol da cineteca dell'assurdo.
Lazio ferita, ma si trattava soltanto di una scalfitura. Non bastava un infortunio a frenarne il predominio. Appena tempo di maledire il fato, e Sclosa e Pin riprendevano a tessere la tela a centrocampo. Chiamando, poi, in aiuto Sergio, quasi per fargli dimenticare in fretta il disastro. Il difensore coglieva al volo l'occasione mettendo al centro un palla che scavalcava la difesa rossonera finché non arrivava sui piedi di Sosa: 1-1.
Cancellata la beffa in due minuti (il pareggio è arrivato al 13’) la Lazio ne impiegava altri cinque per portarsi in vantaggio con un'azione fatta di tocchi dì prima intenzione e sfociata ancora una volta sulla sinistra dove, il solito Sergio lasciava partire un perfetto traversone per la testa di Riedle che volava sul pallone inventando un siluro che, per vederlo, Pazzagli avrebbe avuto bisogno di un radar. 2-1, alla fine del primo tempo, e ci sta tutto.
La ripresa ripropone ancora una Lazio decisa. Nove minuti e Sosa trova un'altra azione dirompente: salta due avversari. invita all’uscita Pazzagli, lo supera, costringendo il portiere rossonero al fallo per impedire il gol. Rigore netto, che lo stesso Sosa realizza con una botta imprendibile. Il Milan prova a reagire, ma e sempre la Lazio a mostrarsi più lucida. Le numerose sostituzioni proposte da Sacchi non fanno altro che accentuare il senso di disagio dei rossoneri.
La pressione disperata e orgogliosa del Milan non dà i frutti sperati. All'85' Van Basten avrebbe in verità l'occasione per accorciare le distanze, quando viene atterrato da Soldà in area, ma l'olandese si fa respingere il tiro da Fiori. È invece ancora la Lazio a mostrarsi ingorda. Saurini, entrato al posto di Riedle, con una botta dal limite dell'area sigla il risultato sul 4-1. Dire che il calcio d'agosto non conta, è una crudeltà per chi ha visto questa Lazio.
► La Stampa titola: “Zoff bestia nera del Diavolo: il “miracolo” continua”. Il Milan va in vantaggio con un’autorete di Sergio ma viene raggiunto e surclassato (4-1) dai biancocelesti. La Lazio domina i campioni d’Europa, in gol Riedle, Saurini e Sosa (doppietta)
Roma - Nel calcio d'agosto può succedere di tutto, anche che i campioni d'Europa vengano messi sotto 4-1 dai vice-campioni di Roma. La nuova Lazio che stordisce il Milan con giocate armoniche ed essenziali è una squadra destinata a metter paura: alle difese avversarie e un po' a sé stessa, per colpa di un divario troppo netto fra l'irresistibilità dei suoi attaccanti e il livello men che mediocre del pacchetto arretrato. La Lazio abulica e squinternata di Materazzi è un ricordo lontano: adesso in campo c'è un gruppo di uomini che sa cosa fare e quasi sempre riesce a farlo, grazie a schemi semplici ma efficaci.
Il copione di Zoff affida a Sclosa e Marchegiani il compito di rischiar le caviglie alla conquista del pallone, che va appoggiato senza indugi sui piedi saggi di Pin o Madonna. Da qui partono i due possibili progetti d'offesa: tocco per Sosa, che seminerà il panico nella zona centrale della difesa avversaria e, al fin della licenza, tirerà in porta o smisterà sull'uomo libero che lo avrà affiancato nell'azione. Il “piano” alternativo, e di fatto più gettonato, prevede lo spostamento del gioco verso sinistra, dove staziona un soggetto poco raccomandabile, tale Sergio.
Costui non ama i ghirighori poetici: agguanta il pallone e lo spinge in avanti con l'eleganza e la furia di un levriero inseguito da una muta di lupi. Giunto nei pressi della linea di fondo, la corsa del terzino si trasforma in un gesto solenne, quasi ovattato e il suo sinistro si accosta al pallone come un cucchiaio, per catapultarlo con mirabile precisione in area. Qui è talvolta in agguato Sosa, più spesso Kalle Riedle. Sollecitato al colpo di tosta, il tedesco - più che saltare - dà l'impressione di spenzolare dal ramo di una pianta: tale è l'agilità del suo sforzo atletico!
I problemi, per la banda Zoff arrivano quando da martello è costretta a trasformarsi in incudine. Gregucci a parte, la difesa laziale non abbonda di fenomeni, espressione che diventa un eufemismo a cospetto del libero Soldà, troppo incerto per poter infondere tranquillità ai compagni e all'apparato cardiaco della tifoseria.
Alla splendida e contraddittoria Lazio di Zoff si opponeva ieri sera una squadra che nessuno, tantomeno Sacchi, è disposto a chiamare Milan. Le chilometriche assenze nella formazione-tipo (cinque titolari), già gravi di per sé, obbligavano l'Arrigo a snaturare la posizione di diversi giocatori: e così si vedeva Evani gingillarsi in mezzo al campo, anziché sfiancarsi sulla corsia sinistra, e Daniele Massaro a pasticciare in regia, lontano da quella zona-gol in cui l'anno scorso riuscì a dare il meglio. Aggiungete lo svogliato Van Basten delle partite che non contano, preoccupato di preservare il candore dei suoi pantaloncini, e vi sarete fatti un'idea della scarsa credibilità di quest'apparizìone romana del Milan, impegnato in un vertiginoso “palla-giro” agostano che oggi Io porta in Svizzera a Friburgo (rientra Baresi) e mercoledì a Madrid, dove dovrebbe rispuntare Gullit, atteso oggi da un allenamento-test a Linate.
La partita, disputata davanti a un pubblico di densità inversamente proporzionale ai decibel (colonna sonora infarcita di inni a Zoff e pernacchie per Roma, Berlusconi e il “traditore” Di Canio), mostrava subito una Lazio tambureggiante e un Milan a singhiozzo. Ci voleva tutto il genio del povero Sergio per trasformare un simile scenario in una situazione favorevole ai rossoneri. Accadeva al 10': cross di Massaro, il terzino di casa abborda il pallone con il petto e lo spinge in gol, sotto gli occhi perplessi di Fiori, l'altro punto interrogativo di una difesa che - come la Juve di Zoff - avrebbe bisogno di un tappa-falle del calibro di Tacconi.
La superiorità della Lazio era però troppo netta per potersi dissolvere dinanzi a una semplice circostanza negativa. Ripartivano allora gli schemi irresistibili del neo-allenatore e soprattutto ripartiva Sergio, il trascinatore. Il suo primo cross arrivava al 14' e permetteva a Sosa di apporre il sigillo del pareggio. 3’ di pazienza e il terzino concupito dalla Juve provvedeva al bis, stavolta per la super-testa di Riedle: 2-1, stadio e panchina laziale in piedi, tranne - manco a dirlo - il grande Dino, l'uomo che mette il gesso alle emozioni.
Il monologo laziale offriva gloria un po' a tutti, anche se solo Sosa, abbrancato in disperata uscita da Pazzagli, sapeva coglierla a dovere, con un rigore che al 55' scolpiva il risultato sul 3-1 con la collaborazione di Fiori, che parava nel finale un penalty di Van Basten e la successiva, doppia ribattuta dell'olandese e Stroppa. E dopo una bomba del giovane Saurini trasformava il trionfo in goleada.