Sabato 1 marzo 1997 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Fiorentina 1-0

Da LazioWiki.

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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 22ª giornata - Lazio-Fiorentina 1-0

LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Chamot, Favalli, Buso (60' Rambaudi), Fuser (67' Gottardi), Piovanelli, Nedved, Protti, Signori. A disposizione Orsi, Fish, Grandoni, Federici. All. Zoff.

FIORENTINA: Toldo, Falcone, L.Amoruso, Padalino, Serena, Kanchelskis, Schwarz, Cois, Rui Costa (66' Bigica), Robbiati (68' Oliveira), Batistuta. A disposizione Mareggini, Firicano, Pusceddu, Piacentini, Baiano. All. Ranieri.

Arbitro: Sig. Borriello (Mantova).

Marcatori: 90' Negro.

Note: espulso Amoruso. Ammoniti: Protti, Rui Costa, Rambaudi. Calci d'angolo: 14-5.

Spettatori: 34.883 per lire 1.071.587.000 (abbonati 26.371 per una quota di lire 805.588.000, paganti 8.512 per un incasso di lire 265.999.000).

Lazialità di aprile 1997

La Gazzetta dello Sport titola: "La sfida tra deluse è vinta dai padroni di casa, per i viola continua la serie nera. La Lazio smaschera la Fiorentina. Il gol arriva allo scadere ma è meritato: poca cosa Batistuta e compagni. I padroni di casa, pur in formazione rimaneggiata, disputano una partita orgogliosa contro una Fiorentina al completo. Signori va vicinissimo al gol prima di dare a Negro l'assist che dà la vittoria alla squadra di Zoff".

Continua la "rosea": Lazio con il cuore, Fiorentina senza vergogna. Uno a zero all'ultimo minuto, ma ugualmente meritatissimo. Non fosse altro che per la prova offerta dai viola, buona per fare esplodere Vittorio Cecchi Gori. Che allunga l'agonia di Ranieri e punta l'indice accusatorio altrove. A torto dalle parti dell'arbitro, a ragione quando allude a qualche suo mammasantissima coi calzoncini corti, ieri in campo giusto per prendere il sole. Qualcuno ci dovrà tuttavia spiegare per quale strano motivo Batistuta non può essere sostituito, specie in quelle domeniche in cui sembra avere mandato avanti il fratello gemello. Quello che non ha mai giocato a pallone. E anche perché, con la Fiorentina in dieci negli ultimi 20' (per l'espulsione di Amoruso), non si sia ricorso al terzo cambio. Vince la Lazio più rimaneggiata della stagione. Calcolando che la Fiorentina era al gran completo, incluso il costosissimo ufo Kanchelskis, è un gol che vale quello firmato Negro, uno della vecchia guardia zoffiana. Che irrompe sottomisura, partendo da posizione regolare, sul cross di Signori provvidenzialmente corretto sul secondo palo proprio da Kanchelskis, ridottosi a fare il terzino di complemento. Lazio priva, oltre che di Casiraghi, di Okon, Baronio, Venturin e, all'ultimo momento causa attacco febbrile, anche Marcolin. L'unico lungo (e pesante) dell'attacco e tutti i centrali di metà campo, gran cruccio di Zoff anche nelle ore della vigilia, quando tutti quei forfeit gli han mandato di traverso il 55esimo compleanno. Soluzione d'emergenza, con Buso e Nedved scontati esterni, l'esperienza di Fuser e la freschezza dimenticata di Piovanelli in mezzo. Risposta esatta, alla resa dei conti, specie per il giovanotto. Con Nesta migliore in campo e dalle parti dell'Olimpico non era mai successo. La Fiorentina mette paura anche solo scorrendo i nomi della panchina. Falcone supplisce allo squalificato Carnasciali, il resto tutto di prim'ordine con Kanchelskis più centrocampista esterno di destra che terza punta. Variante tattica dell'intero primo tempo (non del secondo), Schwarz a destra e Cois a sinistra di Rui Costa. Un occhio di riguardo, lo svedese, per le temute scorribande di Nedved.

Anche Robbiati in aiuto al centrocampo. Tutto per una superiorità numerica solo apparente. Già. Perché Batistuta e Rui Costa mostrano subito la loro particolare propensione alla gita turistica e Robbiati, che quando gioca dall'inizio diventa normale, non aggiunge niente. Così, da Piovanelli a Buso, la Lazio può dominare. In modo sterile perché non riesce a crossare dalla tre quarti e in area ci sono i piccoli Protti e Signori. Questi, in un solo tempo, perde ben tre volte l'attimo giusto per il tiro. Due parate di Toldo, due di Marchegiani su punizioni di Batistuta. Ripresa con parvenza iniziale di Fiorentina, Rui Costa manda in porta Batistuta, capace di litigare col pallone. Poi Robbiati in area strattonato da Chamot ma onesto e ingenuo nel proseguire l'azione fin tra le braccia di Marchegiani. Zoff registra il calo del centrocampo: Buso spompato, Fuser malaticcio, dentro prima Rambaudi e poi Gottardi, un terzino, piazzati esterni, con Nedved ad assistere Piovanelli, sempre lucido nel dirigere le operazioni (e soprattutto nel correre, mentre i viola camminano). Poi, la grande occasione sciupata da Signori, che da due passi scarica sul palo. Ranieri tenta con Oliveira per Robbiati ma 5' minuti dopo perde Amoruso, già reo d'un mezzo rigore su Signori e già ammonito, recidivo su Gottardi. Fiorentina in dieci ma il massimo prodotto dalla panchina è Bigica per Rui Costa, con Schwarz arretrato tra i terzini. Con Batistuta, Oliveira e Kanchelskis e con un uomo in meno, ovvio che il centrocampo finisca in mano alla Lazio mentre Firicano, Pusceddu e Piacentini languono in panchina. Dai e dai, con Signori in vena (finalmente) di rivincite arriva l'ultimo minuto, il gol e la sconfitta della Fiorentina. Proprio come a Verona due settimane fa.


Dal Corriere della Sera:

Avvolta fra reciproche paure, Lazio-Fiorentina sfugge ad un epilogo malinconico proprio quando gli innamorati biancocelesti non osano sperare più. Mancano appena tre minuti di recupero e molta gente sta sgomberando mentre il supplente Piovanelli s'ingobbisce ostinato nel solito assalto alla muraglia dei viola, che penalizzati per venti minuti dall'espulsione di Amoruso, cercano ormai solo mezza posta, senza velleità offensive. Ma forse improvvisi spifferi di fortuna aiutano Dino Zoff. Chi ne dubita, chi volesse appiccicare altre spiegazioni sul rilancio laziale, è pregato d'approfondire lo sviluppo casuale dell'azione decisiva, dove il russo Kanchelskis diventa una specie d'amico del giaguaro, fondamentale...per correggere la rifinitura di Signori e servire sotto misura l'irrompente Negro, liberato da ogni ostacolo. Gol liberatorio, sradicato con lo schema supremo della buona sorte, anche se motivazioni di contorno rendono moralmente plausibile il castigo inflitto alla sbrindellata organizzazione-Ranieri, minata da un preoccupante rilassamento, quasi un rigetto verso quanto chiede l'allenatore romano ormai sgradito a Vittorio Cecchi Gori. Cacciarlo per recuperare stimoli e ardore agonistico sulla strada di Lisbona, prima d'affrontare giovedì prossimo l'impegno europeo contro il Benfica? No, sottoposti al dilemma, i dirigenti viola mascherano l'avvilimento pregando alcuni cronisti di non ipotizzare scenari assurdi. Claudio Ranieri resta, deve trasmettere buon senso, salvo aggiustare d'urgenza una squadra troppo lunga e scarica. Strana partita, anzi insulsa almeno fino all'intervallo: davanti al rattrappito 4-4-2 griffato Ranieri, la Lazio scarseggia negli sbocchi esterni, nei raddoppi scavalcanti oltre Falcone o Serena. Perché le percussioni di Favalli evaporano presto; perché Buso non azzecca nulla; perché Nedved e Fuser sballano qualsiasi appoggio verticale in disastrosa frenesia.

Però la Fiorentina inalbera Toldo nei saltuari pericoli che vorrebbero delegare Nedved (due volte), Protti e Signori a spezzare l'equilibrio. Brevi illusioni nel contesto d'una vicenda tecnicamente scadente, dominata semmai dai guastatori delle rispettive difese, con particolare riferimento alla solidità di Nesta, che cancella Batistuta, ferito fra l'altro ad un zigomo dopo il primo pauroso scontro. Sì, scelto dapprima Robbiati quale inconsistente supporto del bomber argentino, la Fiorentina argina le prevedibili manovre laziali senza offrire punti di riferimento a Schwarz e agli altri interditori avanzanti. E Kanchelskis, costosissimo rinforzo impegnato nella terza prova, risulta corpo estraneo fino all'harakiri inaspettato. Proprio quanto desidera Negro, che si butta spavaldo all'arrembaggio, sperimentandosi nel prosieguo quale attaccante di complemento lungo la corsia sguarnita. Ora da quella parte preme ispirato pure Rambaudi, innestato al posto di Buso, e Negro preferisce ritardare la bravata in un rigurgito d'altruismo pro-Signori. Gentilezza vana: Beppe-gol impreca al palo carogna. Provvederà Kanchelskis a restituire il quadrifoglio. I laziali rifiatano.


Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:

Beppe Signori trascina una gamba ma finalmente senza il vestito del perdente, che negli ultimi tempi era stato costretto ad indossare suo malgrado. Il rischio peggiore l'ha corso al 17' della ripresa: un tiro da pochi metri, uno di quelli che non si possono sbagliare, ha colpito il palo con una tale violenza che la palla è poi finita nei pressi della bandierina dell'angolo. La gara poteva finire lì e per Signori e la Lazio sarebbe stata un'altra sciagura casalinga. "Ho tirato con tutta la forza che avevo, cercavo un gol liberatorio. Ho visto che davanti a me avevo Toldo e un difensore e mi sono detto: se sparo un gran tiro la porta la prendo per forza. Infatti l'ho presa! Ma va bene così, era meglio se segnavo ma m'accontento del passaggio vincente a Negro". Tre punti arraffati negli ultimi minuti regalano alla Lazio un soprassalto di dignità e fanno tornare, almeno per il momento, i conti della classifica. Ci sarà da fidarsi? "Non faremo certo la stupidaggine di pensare che questa vittoria ci apra la strada verso traguardi presuntuosi - frena saggio Signori - abbiamo vinto e sono felice. Ma quello che mi ha più colpito è stata la volontà della squadra. Io ho sempre pensato che nella vita e nello sport quello che conta è credere fino in fondo in quello che si fa. Oggi la Lazio lo ha fatto fino alla fine e il gol è arrivato soltanto per questo. E pensare che io quasi non ce la facevo a calciare. Ho preso una ginocchiata da Padalino e non avevo la forza nemmeno per tirare gli angoli". E così anche il presidente preso in affitto per fare l'allenatore può tirare il fiato: Dino Zoff gira la boa della quarta gara con 7 punti. Poteva andare peggio, è il primo a saperlo: "Eravamo arrivati a questa gara malissimo (ieri mattina Marcolin ha dato forfeit con 39 di febbre, n.d.r.) e quando anche Fuser sembrava non farcela, ho pensato al peggio. Ma attenzione, non vuol dire che dalle paludi siamo passati all'Everest, abbiamo conquistato una gran dose di entusiasmo che spero sia trasmesso anche al pubblico". E' felice pure Rambaudi. Che nel cambio Zeman-Zoff ci aveva rimesso il posto. "Ma avete visto? Mi sono fatto trovare pronto". Nella ripresa rileva Buso e la curva gli dedica un boato: "Una bellissima sensazione". Pure Cragnotti gli fa i complimenti: buon segno per il rinnovo del contratto? "Lo spero. Lunedì c'è un incontro". Se non fosse Lazio, sarebbe Samp? "Qualcosa più della Samp". Che c'è più della Samp?


Negro si scatena solo se è sabato. L'ideale per Paolo Negro? Giocare di sabato. Lo dice il suo curriculum stagionale: tre gol, due dei quali segnati in un anticipo. Solo che - e non è una differenza da poco - a Bergamo per la Lazio la rete non contò nulla, mentre stavolta proprio grazie al suo terzino ha preso tre punti che sono il più buono dei tiramisù per la classificaccia del club di Cragnotti (per la cronaca la terza sigla stagionale l'ha messa sul pareggio all'Olimpico contro la Sampdoria). Sabato a parte, quella di Paolo Negro è una storia curiosa. A Roma ha messo radici. Zoffiano dell'ultim'ora, arrivò l'ultima stagione di Dino in panchina, ma anche zemaniano militante almeno a giudicare da come Zdenek lo sponsorizzò anche per la nazionale (dal diario delle frasi celebri del boemo: "Ho i due migliori terzini del campionato"). Già, anche la nazionale. Perché Negro è arrivato pure lì un paio d'anni fa: 3 gare, la serataccia di Palermo con la Croazia compresa, ma anche le tranquille vittorie sacchiane con Turchia ed Estonia. Eppure nonostante questa biografia e questi venticinque anni ancora da compiere, Negro non s'è mai sentito amato e apprezzato quanto avrebbe voluto. E non tanto da dentro quanto da fuori. Tra spalti, penne e microfoni non ha mai battuto record di popolarità. "Colpa" di un inizio complicato, lui (proveniente dal Brescia) e il terzetto della Cremonese (Bonomi-Marcolin-Favalli) messi sotto accusa: giocatori sopravvalutati, affari sbagliati e via andare. Intendiamoci, di partite (e di Lazio) da allora ne sono passate. Ma quel "peccato originale" deve pesare ancora. Anche ieri il suo pomeriggio da uomo decisivo è finito in archivio con poche parole: niente passaggio in sala stampa, niente complimenti da riscuotere, neanche troppi sorrisi. E un'aria da protagonista che non può godersi fino in fondo la gioia del successo. Quindi una dedica trovata a fatica, scuotendo la testa. "A chi mi vuole bene". Condita da un sussurro: "Saranno in pochi...". Soltanto una battuta o qualcosa di più?