Mercoledì 31 agosto 1966 - Roma, stadio Flaminio - Lazio-Reggiana 4-3
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31 agosto 1966 - Amichevole pre-campionato 1966/67
LAZIO: Cei; Zanetti, Castelletti, Marchesi (46’ Carosi), Pagni, Dotti; Bagatti, Bartu (46’ Dolso), D'Amato (86’ Sassaroli), Mereghetti (46’ Marchesi), Morrone. All. Mannocci.
REGGIANA: Bertini (46’ Roma); Lampredi (46’ Donzelli), Giorgi (46’ Bertini); Stucchi (46’ Corni), Persico (4’ Donzelli e dal 46’ Lampredi), Mazzanti (46’ U.Crippa); Fogar, Badari (46’ Angrisani), Buglioni (46’ Badari e dal 65’ Giovannardi), Gavazzi (46’ D.Crippa), D.Crippa (46’ Solieri). All. Bizzotto.
Marcatori: 28’ Dotti (aut), 38’ Buglioni, 47’ Badari, 49’ D’Amato, 53’ Bagatti, 56’ Dolso, 87’ Morrone.
Arbitro: De Robbio.
Note: cielo sereno, serata fresca; terreno in ottime condizioni. Al 4' Persico è rimasto infortunato alla coscia destra in seguito ad uno scontro con il proprio portiere, usciva senza far più ritorno in campo; D’Amato ammonito per proteste ad inizio del secondo tempo e poi usciva per infortunio all' 82'. Calci d'angolo: 8-3 per la Lazio.
Spettatori: 15.000 circa di cui 6.300 abbonati che entravano gratis.
Il Corriere dello Sport titola: al 2' della ripresa la Reggiana conduceva per 3-0. Rimonta-suspence con 4 gol della Lazio. Ed Ezio Luzzi scrive: Debutto suspence della Lazio al Flaminio. Un autentico libro giallo, col protagonista poco scaltro, timido ed impacciato che prende legnate a destra ed a manca, che stenta a capire l'antifona ed arriva ad un passo dal tracollo; poi, quando sta per soccombere prova a reagire, ha tempi di lucidità e si rende conto che può fare qualcosa: afferra il bandolo della matassa, ci dà dentro e finisce in crescendo rossiniano. Usciamo di metafora: questa è la Lazio che abbiamo visto ieri sera, Mannocci aveva promesso lo spettacolo e spettacolo migliore i suoi ragazzi non potevano mostrarlo, ma è stato uno spettacolo che ha marciato sul filo del rasoio ed ha rischiato di far crollare tela e scenario sul capo degli attori. Quelli che avrebbero dovuto esser i protagonisti di questo spettacolo (e che poi lo sono stati) erano usciti dalla scena, ossia dal campo alla fine del primo tempo fra bordate di fischi e sghignazzate sul passivo di 0-2. Non c'era stato spettacolo, piuttosto una farsa. La squadra allestita con tanto entusiasmo, con tanti sacrifici aveva profondamente deluso. Molte cose non avevano funzionato, ma pochi si rendevano conto che, specie per i «nuovi» che avevano provato l’emozione dell'ambiente, si trattava dell’esordio casalingo ed anziché incoraggiamenti avevano ricevuto dispetti e sghignazzi, va bene che il pubblico paga e vuole vedere il calcio, ma è anche vero che quando si ama una squadra bisogna avere almeno un pizzico di fiducia in lei. Roba da mettersi le mani nei capelli. La Lazio era apparsa una frana completa, persino in quei settori dove nelle precedenti amichevoli aveva dimostrato di avere un certo ordine. In difesa pasticciavano un po' tutti, compreso Castelletti, per non parlare di Pagni; in attacco l’unico a darsi da fare era Bagatti, mentre D’Amato sbagliava anche le cose più elementari e Morrone quando prendeva la palla cercava di nasconderla piuttosto che passarla; il centrocampo stentava, ma già si sapeva che i guai erano tutti lì: Mereghetti si prodigava e cercava di far qualcosa di buono, ma il suo compagno di linea Bartu, sempre alla ricerca di qualcosa di pregevole e sempre pronto ad attaccar briga, faceva più confusione che altro. Ma forse la squadra si stava ancora «cercando», forse i suoi stavano cercando si darsi una «sistemata» quando arrivava il primo gol. Sicuramente una disgrazia, una deviazione di Dotti con Cei che si era tuffato, ma la mazzata avrebbe dovuto far aprire gli occhi e far squillare diecimila campanelli d’allarme nell'orgoglio dei biancazzurri, invece, niente: sempre idee confuse e nemmeno un tentativo di reazione. La Reggiana con un avversario così arrendevole e sorretta da un formidabile centrocampo basato su Badari e Gavazzi e con una difesa ermetica con Stucchi francobollatore inesorabile di D’Amato e con tre punte decise e veloci dove faceva spicco Buglioni non aveva difficoltà a tenere il campo con baldanza e, a coronamento della sua superiorità veniva il secondo gol grazie a Buglioni che riprendeva un lungo cross di Gavazzi non intercettato da Cei battendo il portiere biancazzurro con un pallonetto che andava ad insaccarsi all'incrocio dei pali. E prima dell'intervallo la Reggiana avrebbe potuto segnare ancora. Fischi, delusione ed amarezza per la Lazio, ma negli spogliatoi Mannocci andava su tutte le furie, poi faceva la cosa più logica, schierava Marchesi ad interno sinistro, Carosi mediano e Dolso n.8. Anche la Reggiana rientrava completamente rivoluzionata e dopo due minuti con Badari realizzava il terzo gol, con un bolide da una ventina di metri. A questo punto nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato sulla Lazio. Ma l'umiliazione era troppo cocente ed i biancazzurri non ci stavano, si rimboccavano le maniche, partivano come arieti contro la barriera difensiva avversaria, il tanto criticato Dolso trovava immediatamente la posizione e Marchesi dimostrava la sua versatilità in ogni ruolo, Carosi era un autentico leone e la Lazio si trasformava. Lo stesso D’Amato, fin lì abulico ed indeciso, ritrovava d'incanto la grinta e proprio lui con un bolide dal basso in alto scuoteva la rete di Roma. Sugli spalti riaffiorava un briciolo d'entusiasmo e sulla spinta calorosa degli applausi Bagatti, ottimamente servito da Morrone riduceva le distanze. Il pareggio era a portata di mano, la Lazio appariva trasformata, la palla viaggiava in profondità, Bagatti, D’Amato e Morrone erano pronti ad impostare la manovra ed a cercarsi con insistenza. Al 56' Dolso con una serie di serpentine si liberava di due avversari ed agguantava il pareggio. Il pubblico s'infiammava, la Lazio era padrona del campo, cercava gli spazi, gli scambi con un gioco fresco e spumeggiante ed anche la difesa aveva smesso di tentennare. La gioia del successo si perpetrò a tre minuti dal termine con Giancarlo Morrone che riprendeva la volo un cross di Sassaroli, che aveva sostituito D’Amato che si era infortunato. Questo faceva capire a Mannocci che doveva smetterla ad insistere su Bartu e Mereghetti che praticano un gioco quasi simile fatto più di tecnica che di forza, serve un uomo di propulsione, nel secondo tempo l'ha trovato in Dolso, anche se in molte occasioni è apparso lento, ed un uomo di propulsione ed esperto si è rivelato Marchesi che per la sua versatilità ha rivestito più volte anche la maglia della Nazionale ed il suo spostamento consentirà a Mannocci di tenere sempre in campo un uomo grezzo ma che in campo ha dato tutto come Carosi.