Martedì 14 settembre 1999 - Leverkusen, BayArena - Bayer 04 Leverkusen-Lazio 1-1
14 settembre 1999 - 2.850 - Champions League 1999/00 - Prima fase a gironi gruppo "A" - gara 1 - inizio ore 20.45
BAYER LEVERKUSEN: Matysek, Hejduk, Kovac, Nowotny, Gresko (67' Beinlich), Schneider, Emerson, Ramelow, Zé Roberto, Reichenberger (82' Ponte), Neuville (73' Brdaric). A disposizione: Heinen, Happe, Zivkovic, Mamlic. Allenatore: Daum.
LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic, Pancaro, Lombardo, Almeyda, Veron (50' Simeone), Stankovic, Mancini (76' Nedved), Boksic (80' Salas). A disposizione: Ballotta, Favalli, Sensini, S.Inzaghi. Allenatore: Eriksson.
Arbitro: Sig. Poll (Inghilterra).
Marcatori: 14' Neuville, 18' Mihajlovic.
Note: ammoniti Stankovic, Veron, Mihajlovic, Almeyda e Schneider per gioco scorretto. Angoli 6-0.
Spettatori: 22.500 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "Si chiama Mihajlovic la sicurezza Lazio. Gol su punizione: è merito suo il pari di Leverkusen. La Lazio scende in campo in Germania con Boksic dal primo minuto, fatto che non avveniva da un anno e mezzo per l'infortunio del croato. Ma è spuntata. E ancora una volta ci pensa Mihajlovic su punizione a tirare le castagne dal fuoco con una punizione da 25 metri. Dopo il pareggio, intervento dubbio in area del portiere del Bayer su Simeone".
Continua la "rosea": Un'ora scarsa di Lazio vestita per uccidere non basta ad Eriksson per saldare il conto al Bayer e cominciare il viaggio in Champions League su una carrozza trainata da tre cavalli bianchi (i tre punti). Si torna a casa su un solo puledro, che non è un ronzino perché un pari in Germania non va mai buttato, ma un po' di amarezza in bocca resta. Quando la Lazio ha fatto la faccia feroce, i tedeschi hanno abbozzato, distillando nella ripresa il solo palo di Neuville (peraltro smarcato da una leggerezza di Mancini) a fronte delle quattro nitide palle-gol italiane. Il tutto senza Veron, misteriosamente inesistente, con una sola punta, l'impreciso Boksic, e una difesa dove Nesta e Mihajlovic ne fanno uno sano assieme. Considerato tutto ciò, il pari acquista valore; ma le occasioni fallite non si dimenticano, come la partenza timida ai limiti del tremebondo. Per cominciare a vedere qualcosa della Lazio grande squadra, infatti, è necessario attraversare 35 minuti di stenti e patimenti, con un Bayer che, pur attento a tenere sempre umide le polveri di Boksic, rispetta il copione tradizionale muovendo convinto verso Marchegiani. Sono 35' brutti perché di pura opposizione, e lo stesso aiuto dato da Mancini al centrocampo (e un paio di volte persino alla difesa) libera in realtà le scorribande del terzino Hejduk, che può assistere da vicino l'ala destra Schneider.
Dovrebbe succedere il contrario, ovvero Pancaro che attacca Schneider per fare binario col Mancio, ma quando gli allenatori parlano di "atteggiamento" è esattamente a questo che si riferiscono: a prescindere dal numero di punte in campo, il Bayer ha un atteggiamento offensivo e la Lazio uno difensivo. Perché ? Il sospetto è che le precarie condizioni fisiche di Mihajlovic, che difatti sbaglia un paio di interventi che per lui sarebbero una sciocchezza, consigli a Eriksson una generale prudenza, testimoniata anche dall'inserimento a sorpresa del giudizioso Lombardo per l'assalitore Nedved. Com'è come non è, la pressione del Bayer si fa presto insistente e baciata dagli dei, visto che alla prima azione lineare arriva subito il gol. E' bravo Schneider a crossare teso da destra, è svelto Neuville a girare da tre passi, è sfortunato Nesta a deviare il tiro spiazzando Marchegiani. Le ultime parole famose pensate per l'occasione sono a carico di Mihajlovic: perché gioca se sta male? Tempo quattro minuti e arriva la risposta, sotto forma di una punizione sconvolgente: i metri di distanza dalla porta saranno 25, la formula della traiettoria dev'essere e=mc al quadrato, lo stesso palo sul quale il pallone carambola prima di finire in rete si lamenta col portiere Matysek, "non potevi evitarmi questo schiaffone?". Ecco servito chi (noi) avrebbe lasciato a riposo quel dinamitardo di Mihajlovic.
Raggiunto il pari con somma facilità, la Lazio si ritira pigramente nelle sue stanze, come soddisfatta per aver messo sull'avviso i tedeschi. Non è una grandissima idea, perché quelli hanno la testa dura e non ci mettono tanto a ripartire: di pericoli veri nel giardino di Marchegiani non ne arrivano, ma quando, al 33', la palla gira come un flipper nell'area laziale per un minuto buono fra tiri, respinte, rimbalzi, gomiti, stinchi, nasi e preghiere, è chiaro a tutti che di questo passo si ritorna sott'acqua. E l'antipatica consapevolezza convince finalmente la Lazio a scendere in campo nelle sembianze più reali e, quindi, aggressive. Continua a non avere nulla da Veron, abulico al punto che dopo 6' di ripresa verrà sostituito, ma comincia a ottenere qualcosa da Stankovic, il cui peso si avverte man mano che dalla fascia si sposta al centro. Una combinazione con Mancini innesca finalmente il sinistro di Boksic, che calcia alto, e prima dell'intervallo è ancora il croato, vinto un rimpallo, a sfiorare il palo con un bel diagonale. Era una palla-gol. L'ingresso di Simeone è una scossa elettrica al match: consente alla Lazio di riguadagnare il centro del ring, dal quale è Almeyda soprattutto a spedire i compagni in cerca di avventure.
C' è ancora una solenne scemenza di Mancini, tacco troppo arretrato, che libera Neuville al tiro sul palo (15', lieve ma decisiva la deviazione di Marchegiani), ma è un episodio in mezzo a una gara che la Lazio controlla e sfiora più volte di vincere. Vengono occasioni per Pancaro (12', farebbe meglio a darla a Boksic anziché tirare), per Simeone (16', non aggancia ed era solo!), per Mancini (17', la premiata ditta con Mihajlovic non funziona per un'unghia, l'inzuccata su punizione di Sinisa è fuori di niente), ancora per Simeone (20', Matysek lo mette giù senza badare al galateo e al rischio-rigore). Eriksson inserisce via via Nedved e Salas, per lunghi tratti il vantaggio è nell'aria e il Bayer, per resistere, deve farsi venire un gran mal di testa. Non c'è problema, l' aspirina gliela passano gratis.
Il Corriere della Sera titola: "Champions League. Eriksson sbaglia formazione e poi si corregge, il Bayer colpisce un palo. Mihajlovic, l'eterna punizione. La Lazio soffre ma si salva: il serbo pareggia con il suo colpo migliore".
Continua il quotidiano: La salva Mihajlovic. E una muraglia umana che Eriksson organizza snaturando parecchio la squadra e invogliando l'avversario, i tedeschi del Bayer Leverkusen, a cingerla d'assedio per quasi tutta la partita. La Lazio evita cicatrici all'esordio in Champions League sputando l'anima e badando all'essenziale: rimonta lo svantaggio di Neuville (14', complice la schiena di Nesta) con la solita prodezza dell'acciaccato difensore serbo su punizione, appena quattro minuti più tardi, e stringe i denti per il resto della gara, senza tralasciare di costruire tre buone palle-gol sprecate da Boksic (due, nel primo tempo) e da Mancini (nella ripresa). Questo, alla fine, è ciò che conta. Perché il pareggio, pur essendo sul piano del gioco il raccolto di una serata con tantissime ombre e poche luci, regala ai biancocelesti più certezze sul fatto che la prima fase possa essere abbastanza agevolmente superata. Tuttavia non sono poche le cose che restano da capire. Legate, ieri sera, alla presenza di due giocatori, all'assenza di quattro e all'impostazione tattica che Eriksson ha deciso, forte probabilmente del successo riscosso venti giorni fa nella Supercoppa col Manchester. La prima cosa da capire è perché la Lazio, che ha un organico tra i più forti e i più invidiati d'Europa, debba essere condizionata dalla presenza a ogni costo di Roberto Mancini.
Eriksson non sembra voler sentire storie, e non le sentirà fin quando la sua squadra rimarrà in corsa in questa competizione. La seconda è perché, sempre per l'opulenza tecnica di cui sopra, si debba ricorrere ancora a Lombardo, creando malcontenti feroci e difficili da contenere all'interno dello spogliatoio. La presenza di questi due elementi, nello specifico della trasferta tedesca, ha significato l'esclusione di Nedved, Simeone e Salas, per non parlare di Conceição, tra i più puntuali nella passata stagione. In panchina quattro giorni fa, ieri sera a Leverkusen il portoghese è finito addirittura in tribuna. Naturale, dunque, che poco dopo aver conosciuto la sua sorte, abbia preso cappello: "Non capisco cosa stia succedendo. Al più presto chiederò spiegazioni, anche alla società. Così non va bene". L'imprescindibile utilizzazione continentale di Mancini, in un ruolo che peraltro ne mortifica le grandi qualità e la grande esperienza, significa giocare con un modulo a cui Eriksson, a parte Montecarlo, non ha mai fatto ricorso da quando allena la Lazio. Il centrocampo a cinque schierato contro il Bayer non ha evitato affatto l'assedio tedesco. I biancocelesti hanno sofferto da matti, ballando addirittura in diverse occasioni, incapaci com'erano di contenere attraverso Veron (sostituito in avvio di ripresa da Simeone) e lo stesso Mancini.
Non solo: l'unico attaccante mandato in campo, Boksic, non ha saputo che pesci prendere per due terzi dell'incontro, sempre abbandonato a sé stesso e quasi mai accompagnato nell'azione da qualcuno del centrocampo. I limiti di manovra sono risultati ancora più evidenti perché il croato notoriamente non è mai stato una prima punta. Comprensibile perciò il duo disagio, abituato com'è, per caratteristiche tecniche, a giocare da seconda punta, ad aprire spazi per gli altri, a portarsi a spasso difese intere con la sua progressione e la potenza fisica. La panchina della Lazio, ieri sera, metteva letteralmente i brividi. Possibile allora che la squadra di Eriksson non potesse mostrarsi più coraggiosa, schierando il modulo consolidato, e non potesse produrre qualcosa di meglio?
Il Messaggero titola: "Champions League. Il Bayer va avanti, poi punizione-gioiello di Mihajlovic, che calcia nonostante il dolore al ginocchio. Lazio, Sinisa fa una magìa".
L'articolo così prosegue: Esordio da un punto. E da sospiri di sollievo. La Champions League è per palati e cuori forti e la Lazio deve rallegrarsi per come in fondo è riuscita ad arrivare, subendo sì la forza fisica dei tedeschi del Bayer ma restando sempre in partita, soprattutto grazie alla risposta immediata di Mihajlovic al vantaggio di Neuville. L'atteggiamento prudente di Eriksson, che ha mantenuto sempre una sola punta, ha inizialmente lasciato perplessi, anche perché i suoi sono partiti troppo contratti e raccolti. Ma via via, sciogliendosi i muscoli e liberandosi il cervello, la squadra è cresciuta, ottenendo perfino occasioni più limpide degli avversari: clamoroso un errore di Mancini sotto porta. Per la solida compagine tedesca un palo in più e qualche opportunità nel tentativo d'assedio finale. Decisivo l'inserimento di Simeone, nella ripresa, al posto di Veron. I vantaggi indubbi di una panchina così lunga che ha fatto mormorare Rudi Voller in tribuna: «L'avessimo noi, vinceremmo la Bundesliga con dieci punti di scarto». Nota di merito per Boksic, che si è battuto da solo come un leone per ottanta minuti, fino all'avvicendamento con Salas.
I biancocelesti hanno trovato difficoltà enormi ad entrare in partita, sommersi dal pressing dei rossi e certo penalizzati da un assetto tattico barcollante. Specie sulla sinistra dello schieramento di Eriksson, il Bayer ha piazzato accelerazioni squassanti: da lì è nato il gol di Neuville, imbeccato al centro da un cross teso del liberissimo Schneider, coordinato nella girata ma favorito da una leggera e decisiva deviazione di Nesta, in ritardo nel contrasto. E' stato abile il tecnico Daum ad arretrare di molto la regia di Emerson, che gioca assai semplice e non sciupa un pallone, togliendolo dalle grinfie di Almeyda; Veron si è ritrovato spesso preso in mezzo da Ramelow, giro nazionale e vecchio pallino di Trapattoni, e Zé Roberto, ormai trasformato in incursore alle spalle delle due velocissime punte; soprattutto Stankovic e Mancini ci hanno messo del tempo ad accordarsi sul controllo di Schneider. Su Roberto ha digrignato i denti l'americano Hejduk, la mossa a sorpresa di Daum, mentre il solo Kovac, in un duello tutto croato, ha preso in consegna Boksic. Eriksson ha scelto Lombardo, consegnandogli una fascia destra affollatissima di tedeschi, dai piedi però meno buoni: lo slovacco Gresko, in particolare, ha avuto in canna due palloni pericolosi, sballandoli. Ma il reiquilibrio, tattico oltre che numerico, del match si deve a un'invenzione purissima di Mihajlovic, il cui sinistro magico su punizione leggermente defilata è planato a baciare il palo interno più vicino, schizzando alle spalle del polacco Matysek. Un risultato rimediato in quattro minuti appena non poteva non dare una spinta morale decisiva. Lazio mai completamente a proprio agio, come dimostrano anche i cartellini in serie sventolati dall'attento arbitro Poll: di seguito a Stankovic, Veron e Mihajlovic (ce ne vogliono tre per la prima squalifica) e tutti per gioco falloso.
Ma le conclusioni a rete, sibilate non lontano dai pali, in chiusura della prima frazione, sono state tre per parte; e le due di Boksic in particolare hanno fatto gridare al gol i circa cinquecento fra laziali (giunti in extremis) ed emigrati italiani presenti in uno spicchio di curva. Lo spaesato Veron è finito sotto la doccia dopo le prime schermaglie della ripresa: dentro Simeone, a presidio, per dar fiato nella lotta al prezioso Almeyda, belli e puliti i suoi duelli coi brasiliani. E Lazio un po' più sicura, via via più viva, con qualche combinazione bene articolata. Da una presunzione di Mancini davanti alla propria area è nata però l'occasione più nitida per i tedeschi: il rimpallo ha favorito il solito Neuville che al volo ha stampato sul palo una botta terrificante. L'arbitro ha poi sorvolato sull'appozzamento di Simeone da parte del portiere Matysek, dopo una carambola nell'area piccola. E Daum ha capito che servivano forze fresche in avanti: Beinlich più Brdaric. Da una palla stupidamente persa da Pancaro, l'ammonizione di Almeyda, e subito Nedved al posto di Mancini e Salas per Boksic. Finale scritto: Leverkusen in avanti e Lazio in contropiede. Per un pareggio importante e sacrosanto. Comunque di buon auspicio.
Tratte dal quotidiano romano, alcune dichiarazioni post-gara:
L'analisi di Eriksson rispecchia nei dettagli l'andamento del match: «E' un pareggio che vale, mi lascia contento. Ma abbiamo sofferto tantissimo, troppo direi. Nella prima mezz'ora i tedeschi hanno giocato a proprio piacimento, so che noi possiamo fare molto meglio. Veron, Mancini? No, non getto croci su nessuno. Se un errore c'è stato, all'inizio, è quello di aver pressato inutilmente sui difensori, lasciando vuoti dietro al nostro centrocampo, dove loro avevano uomini in grado d'inserirsi pericolosamente. Non credo che la nostra sia stata un'impostazione difensiva: non puoi attaccare se non hai il pallone, cioè se non lo conquisti dietro con continuità. Piuttosto sono davvero troppi quattro cartellini gialli: dobbiamo imparare a disciplinarci meglio». Il succo della parte negativa è tutto qui. Ma Sven ha pure le giuggiole nel taschino: «Mi sta bene soffrire e prendere un punto qui a Leverkusen. Vuol dire che abbiamo carattere e senza quello in Champions League non fai molta strada. Abbiamo incontrato la squadra più insidiosa del girone, rapidissima in avanti e con un Emerson davvero eccezionale: non a caso sono in testa alla Bundesliga. Anche se la vittoria del Maribor a Kiev conferma che le 32 che sono in corsa hanno ciascuna la sua chance. Non esistono partite facili e questo affascina il pubblico».
In casa tedesca, per un Daum impressionato dalla difesa laziale ma deluso per la mancata vittoria, ecco un Rudi Voller controcorrente: «Potevamo anche perdere, nel finale. E questo dopo aver a lungo dominato. E' indubbio che la prodezza di Mihajlovic ha cambiato la partita, ma il nostro portiere ha la sua dose di colpa». Gli chiediamo di Emerson, naturalmente. E allora storce i baffi: «Sono stanco di ripeterlo. Da qui non andrà via, sarebbe stupido. E' inserito perfettamente nel nostro gioco, chi cederebbe mai un uomo determinante? Gli amici della Roma si mettano l'anima in pace». Per Sinisa Mihajlovic un'altra perla su punizione. «Non dovevo calciare perché il ginocchio sinistro mi faceva male, però la posizione era troppo invitante e così ho deciso di battere. Non ho tirato forte ma ho cercato la precisione: una rete importante, un punto prezioso». Diego Simeone rivendica un rigore. «Mentre aspettavo la palla a due passi dalla porta, Matysek mi ha spinto, il penalty era evidente. Peccato anche per uno stop mancato perché avrei potuto sfruttare meglio la situazione». Comunque con l'ingresso dell'ex interista la squadra si è espressa meglio. «Nel primo tempo abbiamo sofferto troppo, una squadra come la Lazio non può giocare così indietro ma deve cercare sempre il gol perché ha gli uomini per imporre il proprio gioco. Nel finale avremmo potuto anche vincere la partita anche se il pareggio rappresenta un risultato positivo. Ha sorpreso il successo del Maribor a Kiev, questo significa che il girone è equilibrato e che dovremo fare attenzione a tutti».
Almeyda elogia la prova del Bayer. «Ha giocato un gran primo tempo e noi abbiamo incontrato tante difficoltà. Ma nel complesso le occasioni più nitide sono state le nostre. Con l'ingresso di Simeone ci siamo sistemati a centrocampo perché Diego mi ha aiutato parecchio». Pancaro cerca di dare una spiegazione alle difficoltà della prima parte. «Non pensavano dover faticare così tanto, eravamo messi male in campo. Però nell'intervallo abbiamo aggiustato tutto e nella ripresa la Lazio è diventata viva ed aggressiva. Un punto all'esordio in Champions League può anche andar bene». Dal Brasile Cragnotti ha telefonato al figlio Andrea dopo la gara per conoscerne il risultato. Vedrà in differita Bayer-Lazio. Contro il Torino, Mihajlovic resterà a riposo per curare l'infiammazione del tendine rotuleo del ginocchio sinistro.