Domenica 4 maggio 1997 - Roma, stadio Olimpico - Roma-Lazio 1-1
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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 29ª giornata - Roma-Lazio 1-1
Roma: Cervone, Pivotto, Petruzzi, Aldair, Candela, Tommasi, Di Biagio, Thern, Statuto, Totti (82' Bernardini), Balbo (67' Delvecchio). n.e. Berti, Moriero, Fonseca, Stovini, D. Conti II. All. Sella. D.T. Liedholm.
LAZIO: Marchegiani, Negro, Fish, Grandoni, Favalli, Buso (66' Rambaudi), Fuser, Venturin, Nedved, Casiraghi, Signori (72' Protti). n.e. Orsi, Marcolin, Nesta, Gottardi, Piovanelli. All. Zoff.
Arbitro: Sig. Boggi (Salerno).
Marcatori: 35' Balbo, 90' Protti.
Note: giornata calda, terreno in ottime condizioni. Espulso: Favalli 32' s.t. (doppia ammonizione). Ammoniti: Candela, Statuto, Negro, Cervone, Grandoni, Di Biagio, Delvecchio. Calci d'angolo: 4-5. Recuperi: 3' più 5'.
Spettatori: 73.409 per lire 2.517.005.000 (paganti 34.593 per un incasso di lire 1.588.405.000, abbonati 38.816 per una quota di lire 928.600.000).
► La Gazzetta dello Sport titola: "Il laziale segna e gela le polemiche per il gol discusso di Balbo. E' stato un derby intenso: la Roma ce l'ha messa tutta, tatticamente messa meglio della Lazio per due terzi della partita. Zoff è riuscito a raddrizzare la situazione con i cambi. E mentre i giallorossi sprecavano, i biancazzurri agguantavano il pari in dieci (espulso Favalli)".
Povero ma bello. Intenso, secondo un termine ora non più di moda. Settantatremila e passa spettatori paganti, roba da derby di vertice. Ma Roma è capace di questi miracoli, anche se ha una squadra con un solo piede in Uefa e l'altra dispersa nella bassa classifica. La Roma no. La Roma è capace di mettercela tutta, addirittura di stare meglio in campo della Lazio per due terzi della partita, che sembra poter vincere grazie a uno di quei gol che fanno discutere per un'intera estate.
Ma poi Zoff raddrizza barca e formazione e, mentre la cicalona Roma sciala, la formichina Lazio raggiunge il pari, nel primo dei cinque minuti di recupero e per colmo di beffa in inferiorità numerica, causa espulsione di Favalli. Dal rimpallo di Balbo sul finire del primo tempo alla zampata conclusiva di Protti, che un quarto d'ora prima aveva cancellato un polemico (e inutile) Signori dal campo: eccolo il derby. Rustico, paesano. Ma, specie nella ripresa, emozionante come pochi. L'urlo dell'Olimpico giallorosso resta strozzato in gola, quello della minoranza biancoceleste, costretta a subire per l'intero match, si libera e si consuma in una manciata di secondi, quelli che passano dal gol di Protti al triplice fischio del bravo arbitro Boggi.
Tatticamente, è un derby che la Roma ha giocato meglio della Lazio. Rarità assoluta d'una stagione che da Carlos Bianchi a Liedholm ha offerto pochissimo, in questo senso. Paradossalmente, l'assetto della Roma è stato semplificato dall'assenza obbligata di Carboni (meno importanti quelle di Lanna e Tetradze): nel senso che lo Statuto schierato "interamente" esterno sinistro del centrocampo ha rappresentato un momento di chiarezza. Non solo per chi guardava, ma forse anche per Di Biagio e Thern, i due centrali chiamati a sbrigare il traffico. Sulla corsia opposta Tommasi ha fatto come Statuto, recitando cioè un copione semplice ma geometricamente affidabile. E Pivotto e Candela, gli esterni della difesa, pur centellinando le sortite hanno sorretto la manovra con ragionevole continuità. Totti è partito a destra, per pestare i piedi a Favalli, salvo poi zampillare anche altrove. Balbo s'è messo ad aspettare il momento buono. La Roma del buon senso, insomma. Per ora, bisogna accontentarsi.
Del buon senso ha fatto una religione Zoff, capace di ridisegnare (e far volare) la Lazio secondo caratteristiche degli uomini. Solo che nella Lazio di ieri c'erano due vizi originali. Il primo da ascrivere proprio a Zoff (non ce ne voglia, please), che ha preferito Buso a Rambaudi a nostro avviso per un eccesso di prudenza, assai mal ripagato dal diretto interessato. Il secondo relativo a Signori. Mai in partita e perfino indisponente nell'essere autentico uomo in meno della Lazio.
Zoff ha meditato a lungo, forse quasi troppo, per correggere una squadra che a metà della ripresa era sotto d'un gol e nonostante un Fuser super non dava segni di vita. Poi, in sei minuti (21'-27'), ha effettuato i cambi giusti: prima Rambaudi per Buso, poi, anche se il capitano mostrava di non gradire, fuori Signori e dentro Protti, che stava rimuginando sulla tripletta alla Reggiana, buona per la panchina visto che per il derby s'era rimesso Casiraghi. Cross di questi, torre di Rambaudi e zampata sottomisura di Protti, fra Candela, Aldair e Petruzzi, tutti colpevoli spettatori: più emblematico di così, il gol dell'1-1 non poteva davvero essere.
Con questo, non è il caso di affermare che i cambi abbiano impresso una svolta al match sul piano del gioco, anche se noi al posto di Liedholm (e Sella) non avremmo mai tolto Totti a 10' dalla fine per fare entrare un centrocampista (Bernardini) dopo che Delvecchio aveva già sostituito l'acciaccato Balbo. La Lazio era già da un po' in inferiorità numerica (doppia ammonizione per il troppo vivace Favalli, rosso sacrosanto al 31') e non era davvero il caso di rimettere in gioco i biancocelesti, a quel punto tutto orgoglio e... Marchegiani.
Questi si è opposto due volte a Statuto e poi, dopo l'1-1, a Candela, riappropriandosi d'una larga sufficienza. Precedentemente perduta: perché sul gol-quasi gol di Balbo proprio Marchegiani aveva combinato il pasticcio, uscendo maldestramente sui piedi dell'argentino lanciato da Thern.
Rimpallo fatale. E poi, ancora più fatale, l'occhio di lince del guardalinee Saia, che vedeva con assoluta certezza il pallone varcare interamente la linea prima che Fish lo riscodellasse fuori in mezza scivolata. Va detto che dalla tribuna e anche dal salotto di casa, cioè davanti alla tivvù e a mille moviole, questa certezza non se la è proprio potuta dare nessuno. Ma va detto anche che Saia (e conseguentemente Boggi) hanno "probabilmente" (di più non si può) visto giusto. Era il 36' del primo tempo: per un'ora abbondante i provatissimi tifosi giallorossi avrebbero goduto.
► Il racconto del Corriere della Sera:
Derby spettacolare sugli spalti e misero sul campo, anche se il solito pareggio viene stavolta sancito con due gol da thrilling: rocambolesco, quasi impercettibile quello del vantaggio romanista; ormai agli sgoccioli quello laziale; trovato, nonostante l'inferiorità numerica, quando Protti guizza fra le statue giallorosse, anticipando Cervone.
Giusto così, nell'annata delle delusioni sommate e dell'esonero degli allenatori di partenza; giusto, anzi scusabile, spremere dal furore agonistico qualche azione appena decente, senza comunque divertire 73 mila spettatori. Tocca al gruppo-Liedholm fare la partita per alleggerire il calvario degli ultimi dispiaceri; e l'adempimento rivela un migliorato tono atletico, soprattutto nei centrocampisti Thern, Di Biagio e Statuto, fiondati a smascherare i torpori dei dirimpettai biancocelesti. Ma la Roma ereditata da Bianchi non verticalizza, pare evaporare verso l'area avversaria, laddove servirebbe quanto meno raggiungere Balbo o Totti, attraverso l'aggiramento, privilegio che specialmente Tommasi si nega tamponando Nedved.
La Lazio attende sbilanciamenti, racchiusa dentro schemi rinunciatari, che solo Fuser vorrebbe elettrificare. E' suo l'unico squarcio davvero propositivo nel blocco d'ogni ispirazione "zoffiana", prima che uno spiffero fortunato spinga Balbo a spezzare l'equilibrio. Rete sospesa fra realtà e favola. Rete millimetrica, pescata dal guardalinee Saia, quasi magico nello sciogliere gli umani dubbi dell'ottimo arbitro Boggi. Certo, mille ricostruzioni non convinceranno i pretoriani di Cragnotti, che trattengono il fiato dietro l'avanzata del "puntero" argentino (suggeritore Thern, con Favalli lento ad inseguire), culminata nel rimpallo propizio sull'uscente Cervone (in realtà Marchegiani, correzione LW).
Piede contro piede e ne deriva l'effetto propizio; cioè una traiettoria sgocciolante d'un'unghia oltre la linea di porta, mentre Fish azzarda il vano salvataggio. Beh, nemmeno nei sogni più perversi i fans romanisti avrebbero immaginato un vantaggio altrettanto sfizioso, fra gli inascoltati reclami della compagnia Signori. Già, l'impresentabile Beppe-gol, aggiunto ad un Casiraghi ancora convalescente, semplifica i compiti dell'accoppiata Petruzzi-Aldair, salvo costringere Zoff ad inalberare nel prosieguo il decisivo Protti.
Tuttavia diventa lecito attribuire la provvisoria resurrezione giallorossa ad un assetto biancoceleste rattoppato dietro (manca Nesta, Fish balbetta, Favalli picchia fino alla sacrosanta espulsione) e sbagliato davanti. Perché, prescindendo da Signori, Buso mima stonato, dalle parti di Candela, i "tagli" d'arrembaggio che appartengono a Rambaudi, co-protagonista del riequilibrante finale. Nel frattempo la Roma tradisce il timore di gestire se stessa, oscillando fra l'interpretazione gladiatoria d'una stracittadina ben avviata e le isolate giocate di Totti, nei saltuari ribaltamenti. Nessun altro beneficio, in senso tecnico, affiora dalla terapia avviata nel dopo-Bianchi. E dinanzi ad una Lazio perfino fragile nel contenimento, proprio Totti delega Delveccho (che ha rilevato Balbo) ad assestare il colpo rassicurante. Diagonale piazzato sullo scatto accanto al palo e lì svanisce l'occasione d'imprigionare i laziali nel rimorso.
La sfida s'accartoccia secondo l'impeto dei distruttori di parte, in particolare Favalli, condannato al cartellino rosso ad un quarto d'ora dall'epilogo. Avrà ragione Liedholm, lettore di stelle e oroscopi?
No, correggendo la formazione, Zoff impedisce ai giallorossi ospitanti di vincere dopo vent'anni d'attesa. Zoff cancella Signori fra brusii disapprovanti, e la rabbia del capitano, che, stizzito, si toglie di mezzo, sembra preannunciare l'ineluttabile disfatta biancoceleste. Depennato pure Buso, la Lazio prende coscienza, sfonda sulle corsie esterne. I romanisti, sottratto Totti, s'illudono di rafforzare gli ormeggi piazzando pure l'ininfluente Bernardini nel contenimento.
E' la diga giallorossa della disperazione. E' l'atteggiamento punito dal destino, sotto le sembianze di Protti, l'ex oggetto misterioso dei periodi zemaniani. Protti e Rambaudi, panchinari alla riscossa, lasciano al contropiede romanista ancora un'opportunità fallita goffamente da Statuto.
Poi, sulla soglia del recupero, proprio Bernardini perde palla. Va il redivivo Casiraghi lungo il binario sinistro e detta il cross, corretto di testa da Rambaudi per l'irrompente "panchinaro" prelevato dalle felicità baresi. Dove stazionano Aldair e Petruzzi? Mentalmente stanno forse festeggiando sotto la doccia, ma Protti gela le loro anticipate beatitudini.
Ecco la zampata che ficca il derby n. 108 nell'insopportabile routine dei pareggi. Come se Roma e Lazio, accomunate nelle delusioni, non riuscissero ad affrancarsi da problemi quasi genetici di mediocrità. Arrivederci alla prossima volta, qua la speranza di crescere calcisticamente non muore.
Non sa fino in fondo che cosa ha fatto, che cosa significhi segnare un gol nel derby al 91'. Fosse nato a Roma, Igor Protti ne avrebbe avuto una percezione totale, immediata. Forse lo capirà in questi giorni, quando tutta la città laziale gli si rovescerà addosso. "Prima della partita Zoff mi ha detto che non avrei giocato - racconta Protti -, ma avevo già intuito tutto sabato mattina. Ci sono rimasto male, come chiunque venga costretto a non giocare la partita più importante dell'anno. Ho spiegato all'allenatore che poteva comunque contare su di me in caso di necessità, che mi sentivo pronto. Sono stato un buon profeta e sono felice". Quinto gol quello di ieri, dopo i fasti dell'anno scorso a Bari e il primato di capocannoniere. Ma il gol alla Roma ha un sapore unico, e Protti comincia a rendersene conto. E' entrato al posto di Signori e s'è inventato il pareggio. "Comunque vada a finire - continua l'attaccante - per me questa non sarà una stagione fallimentare. Qui c'è il vizio, purtroppo, di giudicare un giocatore solo in base al numero di gol che ha realizzato. Invece bisognerebbe sempre guardare la prestazione nel suo insieme, e sotto questo profilo nessuno si può lamentare: con me in campo la Lazio ha sempre ottenuto risultati positivi".
Ha litigato con Aldair. Poi ha fatto pace. "Ci siamo spiegati, tutto chiarito. Non avevo capito, appena finita la partita, che lui volesse scusarsi con me per la manata. Poi ci siamo rivisti e ci siamo stretti la mano. Se resterò alla Lazio? Non lo so. Per me è fondamentale la stima della società e del pubblico, al di là dei gol segnati. Se c'è stima, non esistono problemi. I complimenti di Eriksson? Lui è un grande, uno che sa di calcio e per questo, anche stando fuori, può capire meglio le situazioni". Protti ha salvato pure l'imbattibilità di Zoff nei derby. Come allenatore, SuperDino non ha mai perso una sfida con la Roma. "Eravamo tesi e non ci siamo espressi al meglio nel primo tempo, merito anche della Roma - spiega Zoff -. Nella ripresa la squadra è cresciuta e ha creduto di più nella sua forza. La fiducia nel pareggio non è mai mancata, certo che eravamo proprio agli sgoccioli... Signori ha sentito in modo particolare il derby, ma nel calcio c'è bisogno di tutti".
► Tratte da La Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
"Il primo gol con la Reggiana mi ha permesso di uscire da un incubo. Quello del derby sarà invece fra i ricordi più belli che conserverò dopo aver smesso di giocare". Igor Protti vuol godersi a lungo questo momento, dopo tante amarezze di una stagione che non gli va di definire fallimentare: "No, non ci sto. Perché non ritengo giusto essere giudicato solo sui gol. Da quando Gigi si è infortunato, con me in campo, la squadra è risalita di parecchie posizioni. Qualche merito credo di averlo anch'io. Ora sto bene fisicamente e mentalmente. Già, perché magari se quella palla mi fosse capitata qualche mese fa, chissà se avrei segnato...".
Eppure ai tempi di Zeman, che Igor evita di citare, l'attaccante riminese soffriva proprio il fatto di partire spesso dalla panchina, di essere utilizzato nei ritagli di tempo. Ieri in fin dei conti ha giocato una ventina di minuti, eppure qualcosa è cambiato: "Sì, mi sento preso in considerazione. E la scelta di Zoff l'ho accettata con serenità. Il tecnico me lo ha comunicato al mattino, e io gli ho risposto che avrebbe potuto contare su di me, al bisogno. Così è stato, ho dato tutto quello che potevo. Il gol mi ha ripagato di tante amarezze, perciò me lo dedico". Gli dicono che Eriksson ha avuto parole di stima nei suoi confronti. Igor ringrazia e rilancia quando gli viene chiesto se questo è stato il suo ultimo derby: "E' una domanda da girare alla società. Per quello che mi riguarda è una questione di stima, che non dipende da un gol fatto o sbagliato". Messaggi.
Dino Zoff, una volta tanto, appare soddisfatto. In extremis è riuscito a mantenere la sua personale imbattibilità, lunga nove derby: "In effetti qualcosa significa se non l'ho mai perso. Certo il tempo era scaduto, ma non avevo perso le speranze. I ragazzi però sono stati bravi a non cedere mai, anche se nel gioco non ci siamo espressi bene. Specie nel primo tempo, ma per merito della Roma". Non recrimina sul gol della Roma e minimizza sull'episodio della sostituzione mal digerita da Signori. "Beppe ha sentito molto a livello nervoso la partita. Comunque sono contento per Protti: ha avuto un periodo nero, ma la ruota gira". Non per Favalli, oltre all'espulsione una brutta distorsione al ginocchio sinistro.
Per la prima volta Zoff non parla di emergenza, ma guai a dirgli che l'Uefa è ormai a portata di mano: "Per me la situazione è peggiorata, anche per il risultato del Vicenza. Diverse inseguitrici si sono avvicinate e dunque non si può abbassare la guardia". Gongolante il patron Cragnotti, sceso negli spogliatoi a complimentarsi con i suoi.
Mark Fish invece ancora non è convinto del gol assegnato a Balbo. "Mi ha detto che non è sicuro al cento per cento - dice Paolo Negro - ma crede che il pallone non sia entrato. La stessa sensazione che ho avuto io, stando a pochi passi". Casiraghi aggiunge un particolare: "Anch'io ho protestato, anche se ero lontano. Ma devo dire che il guardalinee non ha mai avuto un tentennamento. Era sicurissimo che fosse gol". Poi Gigi conclude con una battuta: "Le partite, come si suol dire, durano più di 90 minuti...".