Domenica 28 maggio 1995 - Foggia, stadio Pino Zaccheria - Foggia-Lazio 0-1

Da LazioWiki.

Stagione

Turno precedente - Turno successivo

28 maggio 1995 - 2656 - Campionato di Serie A 1994/95 - XXXIII giornata

FOGGIA: F.Mancini, Padalino, Bianchini, Nicoli (70' Parisi), Giacobbo, Caini, Mandelli, Bressan, Cappellini, De Vincenzo (83' Baiocchi), Kolyvanov. A disp.: Brunner, Di Bari, Marazzina. All. Catuzzi.

LAZIO: Marchegiani, Nesta, Favalli, Di Matteo, Negro, Bergodi, Rambaudi (63' Venturin), Fuser (63' Casiraghi), Boksic, Winter, Signori. A disp.: Orsi, Bonomi, L.Colucci. All. Zeman.

Arbitro: Quartuccio (Torre Annunziata).

Marcatori: 36' Signori.

Note: ammoniti Di Matteo per la Lazio, Bianchini e Caini per il Foggia. Calci d'angolo: 3-3.

Spettatori: 12.000 circa.

Un momento della gara
Alen Boksic tenta la via della rete
Il "missile" di Beppe Signori si insacca in rete
Paolo Negro in azione
Giuseppe Signori calcia la punizione-vincente

La fine è nota. E come ogni fine, triste. Il Foggia va giù, l'aritmetica ha fatto il suo compito. Ora è difficile capire cosa fa più male: le cinquanta bottiglie tirate addosso a Mancini all'inizio del secondo tempo, oppure lo stadio che si rivolta contro il presidente del consiglio d'amministrazione Pelosi, signore distinto, in grigio, che rimane al posto suo fino all'ultimo. Oppure la contestazione al di là dei cancelli, finita la partita, consumata la sedicesima sconfitta della stagione. Ma i segni della fine, anche quando hai capito, rimangono tutti uguali. Il Foggia va giù, saluta dopo tre anni di luce propria. Il calcolo che lo condanna spetta alla Lazio, a Signori, soprattutto a Zeman. Così il cerchio lo chiude chi lo aveva aperto cinque stagioni fa. Magari è questa la cosa che fa più male. Ora non resta che il Foggia con la sua identità, buona o cattiva che sia. E chissà quante ragioni, che potrebbero spiegare la fine, senza per questo ridargli la vita. La zona, il miracolo, "Zemanlandia": per quanto tempo se n'è parlato? E per quanto ne parleranno ancora, qui, mentre la realtà proietta altre immagini? L'ultimo calcolo parte dal piede di Signori, uno dei tanti figli di questo posto che si sente tradito. Al 36' del primo tempo, su calcio di punizione dal limite che Mancini nemmeno vede. Per Signori è il gol numero 17, per la Lazio il terzo posto in classifica e la possibilità di prendere il Parma al secondo: per il Foggia è la serie B. Zeman, salutato senza straordinario calore, è in piedi sull'altra panchina e sa di non poter mai vincere una partita come questa, comunque vada a finire. Ha costruito cinque anni fa, lui dice grazie a Pasquale Casillo. E' stato santificato, ha guadagnato molti soldi.

Zeman dice pure che per il Foggia questa domenica potrebbe non essere la fine, ma l'inizio della fine. Ti accorgi che non è una cosa che vorresti sentire. Il Foggia deve ricominciare. Catuzzi, tra i più contestati, lascia sussurrando: verrà sostituito da Delio Rossi, l'allenatore della Salernitana. Lascia, Catuzzi, con dignità. E senza troppi compagni intorno. Un giorno si è lamentato di essere rimasto solo, senza nemmeno Pavone, il direttore sportivo, a dargli una mano nel momento in cui bisognava esserci e non fuggire. Tra poco lasceranno anche altri, tanti ragazzi che sono stati al centro di qualcosa più grande di loro. Sarà un altro Foggia. E un'altra storia. La Lazio aveva appena perso Mario Di Cola, un ex consigliere dei tempi dello scudetto. Infarto, due ore prima della gara, in una stanza dell'albergo che aveva ospitato la squadra. La Lazio non aveva tutta questa voglia di vincere. Non gliene importava nulla. Non si è nemmeno accorta che il gol di Signori è il numero 68 di questo campionato, cioè un record nella storia della società per quanto riguarda i campionati a diciotto squadre. Forse la Lazio era più interessata a scoprire il modo in cui il Foggia affrontava la discesa, con quale animo e quale faccia. Dunque una Lazio distratta, non preoccupata di lasciare tracce: a parte un tiro di Boksic finito fuori (3') e un gol di testa annullato a Negro (22') per fuorigioco. Il Foggia poteva anche vincere, ha sbagliato tanto, non è stato fortunato. Ma vincere sarebbe stato peggio. In questi casi è meglio affondare di colpo, senza prolungare l'agonia e stare lì a contare i minuti di sopravvivenza. Un lungo periodo ormai è finito. Non poteva riaprirlo Giacobbo (9') con una punizione da trenta metri che Marchegiani faceva scivolare sul palo prima di bloccarla. Non poteva riaprirlo Bressan nella ripresa (2') con un destro finito sul palo, non Cappellini (7' e 12') per due volte solo davanti a Marchegiani quasi a porta vuota.

Il conto era già sul tavolo. Questo è il primo giorno. Un giorno lungo, come il percorso che dovrà portare a un'identità nuova. Solo per Zeman, forse, questo giorno durerà poco. Zeman è rimasto a Foggia, accompagnato dalla moglie. Farà il giro dei vecchi posti e dei vecchi amici. Prenderà qualcosa al bar e ricominceranno a santificarlo. Quando c'era lei, gli diranno. E quando c'era l' altro, Pasquale Casillo. In quel momento Zeman potrebbe anche pensare di essere due volte vincitore. Se gli succede, vuol dire che non ha mai amato veramente questo posto.

Fonte: Corriere della Sera