Domenica 21 maggio 1995 - Roma, stadio Olimpico – Lazio-Sampdoria 1-0
Turno precedente - Turno successivo
21 maggio 1995 - 2655 - Campionato di Serie A 1994/95 - XXXII giornata
LAZIO: Marchegiani, Negro, Favalli (74' Bonomi), Di Matteo, Bergodi, Chamot, Rambaudi, Fuser, Boksic, Winter, Signori (69' Casiraghi). A disp.: Orsi, Bacci, Venturin. All. Zeman.
SAMPDORIA: Zenga, Mannini, Serena, Invernizzi (82' Salsano), Vierchowod, Sacchetti, Lombardo, Jugovic, Platt, R.Mancini, Bellucci (57' Gullit). A disp.: Nuciari, Ferri, Maspero. All. Eriksson.
Arbitro: Racalbuto (Gallarate).
Marcatori: 81' Winter.
Note: ammoniti Chamot per la Lazio, Bellucci per la Sampdoria. Calci d'angolo: 11-2.
Spettatori: 44.000 circa.
Il saluto di Aron Winter, probabile juventino con lo scudetto al petto dal prossimo anno: è questo missile terra aria che schianta la Sampdoria, proprio quando mastro Eriksson sta pregustando almeno un meritato punto Uefa nell'Olimpico laziale, dove non perdere sembra già raro privilegio. E allora scegliamo subito l'attimo decisivo, anzi l'addio balistico del ballerino olandese, utile per agganciare i milanisti terzi in classifica: mancano 9' gli "zemaniani" rischiano, archiviano spaventi, ripartono ancora lungo l'asse Negro Rambaudi. Gesti tecnici d'ordinaria amministrazione, verso l'epilogo d'una sfida equilibrata, soprattutto contraddistinta dall'avversione al gol di Boksic, comunque imitato sul fronte offensivo blucerchiato. Lo crede Serena, mentre arranca dietro "Rambo" ora piuttosto ostinato nei dribbling apripista. Movimenti ad accentrarsi, ma laterali; quindi meglio delegare l'incombenza di chissà cosa appoggiando palla come viene, attirando chi capita lì, imbocco d'area. Capita Winter, esterno destro tonante e pallone piantato sotto l'incrocio, senza che Zenga possa fiatare. Dovrebbe possedere le molle; dovrebbe ridiventare un attimo l'Uomo Ragno per disinnescare (forse) il prodigio. Fantasticherie doriane poco consolanti, dopo quel primo tempo avaro d'emozioni sommato ad una ripresa intensa, con mezz'ora così così di Gullit al posto dell'evanescente Bellucci. Qui, resta solo matematica l'Europa riagguantata dai laziali, che toccano proprio all'ultimo quota 67 reti, eguagliata la produzione offensiva '49-50, fra domeniche sì e giornate d'incomprensibile accidia... Pure la Sampdoria viene dapprima accolta senza esatti incroci Boksic Signori là davanti; senza l'abituale profondità garantita da Di Matteo a causa di Jugovic; senza Negro o Favalli puntuali nelle sovrapposizioni; senza i tagli di campo Fuser Winter; senza mandare al potere il Gioco secondo Zeman. Particolari che lasciano però gli avversari imperturbabili, piuttosto sonnacchiosi sull'amaca dello 0-0, quasi propensi al patteggiamento involontario con il loro attacco invisibile, appena palpabile se Lombardo pianta Favalli, se Mancini assiste qualche volta Bellucci, salvo ritrovarlo azzerato nella tagliola Bergodi Chamot. Né frenetica, né geometrica, la Lazio arriva all'intervallo con l'unico rimpianto d'aver sprecato l'idea millimetrica di Rambaudi, attivato da Negro per illuminare dentro l'area Signori. Sventagliata improvvisa e capocciata libera del fruitore fanno un tutt'uno, però sopra la traversa. Beppe gol gira a vuoto, s'inventa centroavanti, soffre Mannini, sopporta l'ingiustizia d'essere rilevato da Casiraghi agli sgoccioli, nel pieno del tormentone Boksic, dilapidatore d'ogni bene procacciato. Errori di mira gentilmente restituiti: Lombardo, ad esempio, pescato sotto misura da un numero esterno di Mancini, salta fuori tempo; Bellucci si fa annullare una rete (pescato in fuorigioco); Platt addirittura liscia il ben di Dio sradicato dal velocista Lombardo; Vierchowod vanifica l'assaltatore di complemento Mannini. Certo, con i biancocelesti sbatacchiati durante l'avvio del secondo atto, con i terzini zonaroli saltati come paracarri, diventa arduo immaginare il ribaltamento successivo, cioè il ripristino d'un po' di Lazio padrona, grazie al movimento collettivo che nega spazi occupabili. L'annuncia Boksic a modo suo: va via di slancio sul rifornimento Favalli, Vierchowod ne rintuzza l'esecuzione, Fuser ci riprova, Vierchowod stremato svirgola in spaccata e il croato avvantaggiato...si rifiuta di punire Zenga. Se Boksic concretasse la metà di ciò che determina sarebbe Pelé. Invece, dopo le omissioni perdonabili di Rambaudi, Winter, Fuser, Signori, sempre lui getta via l'opportunità facile facile del raddoppio. Senonché, nell'ultima controfuga doriana, inalberata da Gullit, pure Marchegiani rischia di commuoversi. Treccia nera travolge chiunque, salvo non indovinare la rifinitura per Lombardo. Beh, apprezzata la forza d'urto di Casiraghi, memorizzato sempre Boksic che centra il piede prensile del portiere, sopraggiunge Winter. Bravata da fotoricordo.
Fonte: Corriere della Sera