Domenica 25 maggio 1997 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Verona 4-1
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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 33ª giornata - Lazio-Verona 4-1
LAZIO: Marchegiani (83' Orsi), Gottardi, Grandoni, Chamot, Favalli, Rambaudi, Venturin, Marcolin (77' Piovanelli), Nedved (83' Baronio), Protti, Signori. n.e. Fish, Di Lello, Buso, Federici. All. Zoff.
VERONA: Guardalben, Siviglia, Fattori, Brajkovic, Vanoli, R. Bacci (65' Orlandini), Ametrano, Corini, L. Colucci (55' Italiano), Manetti, Maniero (73' Zanini). n.e. Landucci, Ferrarese, Spinale, De Vitis. All. Cagni.
Arbitro: Sig. Nicchi (Arezzo).
Marcatori: 4' Signori, 23' Protti, 33' Maniero (rig), 35' Signori, 74' Rambaudi.
Note: ammonito Ametrano (30' p.t.) per gioco scorretto. Calci d'angolo: 2-4.
Spettatori: 35.492 per lire 1.072.908.000 (abbonati 26.371 per una quota partita di lire 805.588.000, paganti 9.121 per un incasso di lire 267.320.000).
La Gazzetta dello Sport titola: "Conquista l'Uefa per la quinta volta consecutiva e ringrazia Zoff Un risultato senza brividi, perché il Verona senza stimoli non poteva dare di più. Signori in giornata di grazia, ma si fanno largo anche le seconde linee".
Continua la "rosea": Lieto fine. Annunciato, perché il Verona già in serie B non poteva proprio offrire altro. La Lazio se la fila in Europa per il quinto anno consecutivo e per la settima vittoria consecutiva in casa. Tutto con una giornata d'anticipo, quel che ci vuole per andare a rendere visita ai campioni d'Italia della Juventus, domenica prossima, con lo spirito giusto. A Zoff, uno spicchio di cuore in bianco e nero, non dispiacerà certo questa imminente festa annunciata che potrebbe (dovrebbe) anche comprendere l'altrui Coppa dei Campioni. Nell'attesa, 4-1 al Verona. Senza nemmeno un brividino, perché gli avversari erano molli a dovere, e Signori in una di quelle giornate di grazia in cui gli basta un tempo per risolvere la pratica. Lazio senza Casiraghi, Fuser, Nesta e Negro, tutti squalificati, e senza Okon, l'infortunato di sempre. Ma nessuno se ne è accorto. Perché le "seconde linee", come non senza un pizzico di malizia ama chiamarle Zoff (pensando a Zeman), hanno fatto tutti, più o meno, il loro dovere. E le prime linee, diciamo pure la vecchia guardia, si sono superate. Così, Gottardi a terzino destro a fare il simil-Negro, Grandoni al posto di Nesta, Marcolin al posto di Fuser con a fianco l'altro redivivo formula Zoff, Venturin. E con Igor Protti a fare il bisontino, là davanti. Tanti centimetri in meno di Casiraghi, ma la voglia di spaccare il mondo. La stessa (ecco la vecchia guardia) di Rambaudi. Uno che ogni anno che passa dev'essere l'ultimo, e poi te lo ritrovi sempre titolare. Spesso decisivo. Il conto di ieri riporta: Signori due gol e una geniale intuizione per quello di Protti, Rambaudi un gol e la puntuale partecipazione alla doppietta del capitano.
Tutto presto e bene, perché faceva caldo, e perché c'era il Verona. Che s'è schierato col suo libero staccato, tale Brajkovic, uno di quegli stranieri da effetto Bosman di cui non si sente proprio la necessità. Memorabile il pallone ciccato dopo appena 4' e depositato sui piedi di Rambaudi. Il tiro, la respinta disperata di Guardalben, Signori a depositare col piatto in rete. Anche il resto del reparto arretrato gialloblù mostrava subito la corda: Siviglia su Signori, Fattori su Protti, Vanoli su Rambaudi, marcature a uomo che la dicevano lunga sulla peggior difesa del campionato dopo quella della Reggiana. L'azione più bella per il 2-0 (23'), due minuti dopo che Bacci, custode a centrocampo di Nedved, aveva dovuto abbandonare. Al suo posto Orlandini che con l'arretramento in mediana di Ametrano si posizionava più avanti, dalle parti di Favalli. Che tuttavia non trovava, perché quello era a fare l'ala sinistra per raccogliere l'invito volante di Signori: cross rasoterra e Protti lestissimo ad anticipare tutti sul primo palo. Pratica chiusa che le tradizionali svenevolezze difensive della Lazio riaprivano per un attimo (34'): l'ex Manetti rubava palla a Grandoni e quello lo buttava giù in area. Rigore ed espulsione. Rigore soltanto, per Nicchi (censurarlo è un po' come sparare sulla Croce Rossa), e trasformazione di Maniero, centravanti potente e con piedi non grezzi, ma troppo statico. Tre minuti appena e stavolta, sul cross di Nedved, a sbagliare lo stacco aereo era Siviglia. Rambaudi si mostrava lucido e altruista e il suo piattone consentiva a Signori il colpo di mezzo volo, praticamente dal dischetto. Perizia balistica e rete numero 15 della stagione, la peggiore (!) quanto a numero di reti segnate nel quinquennio in biancoceleste del capitano. Cragnotti poteva fare già passerella sul megaschermo dell'Olimpico nell'intervallo, e la ripresa riservava inevitabili sbadigli. Cagni, proiettato sul futuro, rivitalizzava un centrocampo troppo compassato in Corini e troppo tecnicamente approssimativo in Colucci sostituendo questi con un emigrante di ritorno, Vincenzo Italiano, diciannovenne nato a Karlsruhe, in Germania.
Il tentativo cercato, voluto e quasi riuscito di segnare esattamente da metà campo di costui, tale da costringere Marchegiani alla parata più difficile, era la cosa più bella d'una frazione che si esauriva (30') col gol del 4-1. Firma di Rambaudi, azione devastante del solito Nedved. Uno che dalla dipartita del connazionale Zeman e dal passaggio dal centrocampo a tre a quello a quattro (proprio con l'arretramento di Rambaudi, pensa tu) ci ha guadagnato tantissimo. Con lui la Lazio. Che può ora cominciare a pensare alla prossima stagione. All'Europa. A Eriksson. E, perché no, a Zeman e a un derby che sarà un romanzo.
Dal Corriere della Sera e da La Stampa:
Lazio in Uefa, Zoff così apertamente felice da non sembrare Zoff. Cragnotti che insiste: <Ronaldo, se lascia il Barcellona, è più della Lazio che dell'Inter>. Cinque minuti finali per Orsi, applauditissimo, che chiude la carriera. Infine i biancazzurri fanno il giro del campo, distribuendo magliette. Niente invasione, finalmente. Tutto bello in casa biancazzurra, eppure Zeman non si dimentica facilmente. Uno striscione della Nord ammonisce: <Con voi sempre...contro chiunque>. Il riferimento al tecnico di Praga diventato giallorosso, è evidente. Il <tradimento> fa ancora male. La partita dura quattro minuti, scarsi. La Lazio vuole vincere, il Verona ha solo voglia di tornarsene a casa. E' già in B, inutile affannarsi sotto il caldissimo sole romano. Così arrivano subito il gol di Signori, quello di Protti, il raddoppio del capitano (dopo che uno sciagurato Grandoni aveva causato il rigore per il Verona) ed infine è quaterna con Rambaudi. Marchegiani passa una domenica da spettatore, guarda infatti anche il gol dal dischetto di Manetti (Maniero ndr). Più che una partita vera è stata una passerella biancazzurra: con protagonisti Signori, Protti, Nedved e Rambaudi. Non a caso. I quattro cercano qualcosa da far valere in vista della prossima stagione. Capitan Beppe vuol dimostrare che non ha nulla da invidiare a Mancini e che quindi sarebbe un errore cercare di piazzarlo all'estero. Protti, dato per spacciato nell'era Zeman, urla al mondo di non aver perso il senso del gol.
Nedved (nessun biancazzurro prende tante botte quanto lui) sente la concorrenza di Jugovic e si vede già in panchina. Quindi meglio mettersi in vetrina, magari proprio per la Roma. Rambaudi deve giocare sempre bene, sconta di essere il pupillo di Zeman, sa che non gli sarà perdonato nulla. Giocano tutti e quattro con l'impegno di un campionato del mondo. Signori mette a segno due gol da manuale. Il primo appoggiando in rete da opportunista, il secondo con un perfetto tiro al volo. Protti, servito da Favalli, ripete il primo gol di Signori. E sfiora la doppietta in un altro paio di occasioni. Nedved è un treno, le sue accelerazioni lacerano la difesa veronese, che d'altra parte tanto robusta non è. Rambaudi dà una bella mano a Signori nei due gol e alza poi trionfante la bandierina del calcio d'angolo quando riesce a mettere a segno la sua rete. Cagni incassa senza sorridere. La sua diga è andata subito in pezzi e allora via Bacci (l'ex laziale che Zoff infilava in qualsiasi ruolo della sua formazione) e dentro Orlandini. Mossa sbagliata perché quest'ultimo sembra il fantasma di se stesso. Come Maniero. E Corini. Ci vuol altro per tornare in A. Ed eccoci a superDino che finalmente ammette: <Siamo in Uefa. Questo forse è il traguardo più importante nella mia carriera di allenatore. Non è stato facile come adesso può apparire, sono entrato in un momento difficile, con l'ambiente in ebollizione. Le nostre rivali non hanno mai mollato, per farcela abbiamo dovuto tenere ritmi stratosferici. Ma i miracoli nel calcio non esistono, devo fare i complimenti soprattutto alle seconde linee che hanno reso al mille per cento. Quando ho preso in mano la squadra dovevo, da uomo di sport, mostrarmi fiducioso, pur sapendo che il traguardo era quasi impossibile, soprattutto con tutti quegli infortuni>. Orsi è vicino alle lacrime: <In settimana parlerò con la società. Non chiedo per forza un altro anno di contratto, tra me e la Lazio c'è un rapporto che va oltre il calcio. Pur di restare in biancazzurro sono disponibile per qualsiasi incarico>. Rambaudi mette le mani avanti: <Grande stagione la mia. So che Eriksson mi stima. Meglio così. Sono quasi sempre stato tra i titolari, voglio continuare>.
Troppo facile. La Lazio aspettava la conquista della vittoria contro il Verona per festeggiare la matematica certezza di partecipare il prossimo anno alla coppa Uefa. E così è stato. Sono bastati una manciata di minuti e, grazie ad un clamoroso svarione dei difensori avversari, è arrivata la prima rete di Signori che ha praticamente messo fine alle ostilità. Zoff, però, non è dello stesso avviso: "Non è stata una partita facile, come del resto tutte quelle che abbiamo disputato da quando ho assunto io la guida tecnica della squadra". Incorreggibile Zoff. Il presidente allenatore sembra amare il paradosso più di qualsiasi altra cosa. E anche nel giorno in cui ci sarebbe da inneggiare solo all'impresa di aver guadagnato l'Europa con una giornata d'anticipo sulla conclusione del campionato, riesce a stupire. "Siamo in Uefa? Direi di sì", sottolinea all'inizio di quella che dovrebbe essere per lui una sorta di sfilata d'onore e che, invece, si tramuta in uno scambio di battute che ha quasi del paradossale. "E' uno degli obiettivi più importanti da me raggiunti", aggiunge. Come se avesse vinto chissà quale trofeo. A dire il vero, la Lazio (al contrario della Roma) ha salvato la sua stagione raggiungendo il piazzamento che le consentirà di avere una vetrina internazionale anche alla ripresa dell'attività agonistica, dopo le ferie estive. Ma la società di Cragnotti era partita con ben altri obiettivi.
"Quando ho preso in mano la squadra era un momento molto difficile", spiega Zoff. "L'ambiente era in ebollizione, avevamo qualche infortunio di troppo. Raggiungere questo traguardo non è stato così semplice come invece sembra adesso". Si torna indietro nel tempo, al momento in cui Zeman è stato esonerato. Ed al suo posto è stato chiamato il presidente allenatore: "La situazione era critica, quando ho accettato lo sapevo. Ma come tutti gli uomini di sport ero fiducioso...". Non sorride mai, Zoff. Nemmeno adesso che può tirare un sospiro di sollievo. "Le difficoltà sono state tante, le altre squadre non hanno mai mollato. La Lazio ha dovuto correre a ritmi stratosferici", mette in evidenza il tecnico. Che ha ricevuto i complimenti anche da Cragnotti. Zoff nega, comunque, che ci sia stata la gara della svolta. "Le partite sono state tutte importanti. Sembra una banalità, ma è così...". E poi parla dei giocatori che hanno consentito alla Lazio di tagliare lo striscione d'arrivo: "Devo fare i complimenti a tutti. Soprattutto alle cosiddette "seconde linee" le quali, quando sono state chiamate per scendere in campo e sostituire i titolari, hanno reso al mille per cento". L'allenatore non vuole però sentir parlare di miracolo: "Non esistono, almeno calcistici". E sul suo futuro conferma: "Tornare dietro la scrivania, a fare il presidente, non mi dispiacerà...".
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Bagno di folla per il proprietario della Lazio. Sergio Cragnotti si concede all'intervista telediffusa sui maxi tabelloni. Ovazione dell'Olimpico. Obiettivo minimo centrato. Lazio in Europa per la quinta volta consecutiva, dopo tanta paura di non farcela. Un tripudio condito pure da qualche speranziella per Ronaldo e da un "grazie Zoff" grande come una casa. "E' stato giusto il cambio di Zeman con Zoff". Cragnotti non ha dubbi, ora. "Zoff è un numero uno. Che resti in panchina? Questo dipende solo da lui. Chiedeteglielo. Anche se mi sembra che abbia deciso di ritornare a rappresentare la Lazio da presidente, non solo dietro alla scrivania". Puntuale, come nei copioni meglio rodati, arriva la conferma del presidente-allenatore. "E' vero tornerò dietro la scrivania a fine stagione", Dino Zoff è categorico. "Non ci sono ripensamenti che tengano. Anche se questa, di portare la Lazio in Uefa, è fra le più grandi soddisfazioni della mia carriera. Allora perché non continuo a restare in panchina? Perché ci sono tornato per una situazione di necessità. Solo per il bene della Lazio mi sono mosso da una posizione di dirigente che avevo e ho scelto per proseguire la mia vita nel calcio. Grazie, ma ricordiamoci che il merito di aver superato questo traguardo mica da ridere, per la situazione da dove eravamo partiti, è di tutti i giocatori e soprattutto di quelle "seconde linee" (quelli che facevano le riserve con Zeman) che quando sono stati chiamati hanno datto oltre il cento per cento". Non ha caso a fine partita Zoff viene abbracciato da Venturin.
Ma riprendiamo il filo dell'esternazione di Cragnotti a folla compatta. Dalla soddisfazione per il posto Uefa il patron della Lazio passa al nome a cinque stelle, quello di Ronaldo: "Avete visto che gol ha segnato a Barcellona (contro il Deportivo La Coruna)? Ronaldo ama Barcellona. Ha deciso di restarci, se lo accontentano. Se, invece, non dovesse andare così, sarà lo stesso Ronaldo ad annunciare la sua prossima squadra. E, a quel punto, diventerà una gara Lazio-Inter. Alla pari? No, credo che la Lazio abbia presentato la proposta più vantaggiosa, ma sono contento che ora, dopo l'interessamento anche del presidente dell'Inter Moratti, non si dica più che è immorale spendere tanti miliardi". Non sarà più "immorale" puntare 100-200 miliardi su Ronaldo, come afferma Cragnotti, ma guarda caso c'è una parte sostanziosa della tifoseria laziale che la pensa diversamente. Perché a comando, mentre il proprietario della Lazio si esibisce per i maxi tabelloni dello stadio, nella zona storica del tifo biancoceleste, sulla curva nord dell'Olimpico, si srotola uno striscione con su scritto: "Casiraghi, il vero Ronaldo!". Magari non sarà così, ma solo per la Cirio. O no?
Beppe Signori saluta l'Olimpico con i gol numero 104 e 105, tanti ne ha fatti finora con la maglia della Lazio. Contro il Verona il capitano della squadra di Dino Zoff mantiene con sorprendente precisione la promessa-augurio fatta ieri ("mi piacerebbe fare il gol decisivo, magari il primo") segnando dopo quattro minuti. Ma nella giornata dei cori, delle ovazioni, del giro di pista finale per festeggiare la conquista del posto in Uefa, un traguardo che sembrava lontanissimo meno di quattro mesi fa (e un allenatore fa), Signori trova lo spiraglio per infilare, in mezzo alla festa, un messaggio allarmante: "Spero che questi non siano i miei ultimi gol che i tifosi della Lazio vedranno all'Olimpico. Io ho ho un contratto fino al Duemila, lo sanno tutti, ma sapete com'è, in giro si fanno tanti nomi, i calciatori sono sempre in discussione e quindi anch'io lo sono", dice Signori. Il destinatario del messaggio, l'azionista di riferimento della società Sergio Cragnotti, è da ritenersi avvertito: il capitano dei centocinque gol segnala la sua presenza per il futuro, Ronaldo o non Ronaldo, e tiene a ribadire la sua importanza anche nella Lazio che verrà, nonostante i "tanti nomi" di cui si parla in questo periodo. "La nostra è una qualificazione meritata - prosegue Signori - e va accreditata a tutti, ai giocatori che hanno reagito con carattere, a Dino Zoff e ai suoi collaboratori, quelli di cui non si fanno mai i nomi e che sono Di Salvo, Copparoni, Ferro e Corradini. Insomma - dice Signori - la Lazio è in Europa per il quinto anno consecutivo, spero che non ci siano più dubbi nel considerare questa squadra tra le migliori d'Italia". "Cercherò sempre di mettere in difficoltà l'allenatore giocando così bene - dice Rambaudi, autore di uno dei gol segnati al Verona - e spero di essere in campo dall'inizio. In questo nostro bel campionato io sono andato bene sia con Zeman che con Zoff. So che Eriksson mi stima, l'anno prossimo avremo tre obiettivi e una squadra che potrà giocare in modi diversi a seconda delle necessità. Ora - conclude il giocatore - mi godo questa grande soddisfazione e questo bel gol, ci voleva proprio".