Domenica 15 settembre 1996 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Udinese 0-1
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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 2ª giornata - Lazio-Udinese 0-1
LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Chamot, Favalli (80' Baronio), Fuser, Marcolin, Nedved, Rambaudi (59' Protti), Casiraghi, Signori. n.e. Cudicini, Gottardi, Grandoni, Okon, Piovanelli. All. Zeman.
UDINESE: Battistini, Bertotto, Calori, Bia, Sergio (65' Pierini), Helveg (82' Pellegrini), Rossitto, Desideri, Orlando, Bierhoff, Poggi (75' Giannichedda). n.e. Caniato, Amoroso, Gargo, Clementi. All. Zaccheroni.
Arbitro: Sig. Racalbuto (Gallarate).
Marcatori: 73' Bia (rig).
Note: ammoniti Rossitto, Helveg, Chamot, Nesta, Signori, Bertotto. Calci d'angolo: 7-0.
Spettatori: 35.000 circa.
Distante dal gol e dagli affetti del suo pubblico, la Lazio di campionato prosegue in caduta libera, arricchendo pure l'Udinese dopo il Bologna, come se le "magie" zemaniane non bastassero più nemmeno per antagonisti modesti, impegnati soprattutto a salvarsi. Ma l'esproprio immediato dell'Olimpico sembra adesso secondario rispetto ai motivi che l'hanno determinato, riconducibili ad un organico nato male e gestito peggio; travolgente solo nei sogni d'un precettore boemo troppo ostinato nel proiettare lo Schema, senza sofisticare sugli interpreti. Che forse già stanchi dell'utopia, tradiscono addirittura una condizione atletica penosa; proprio quanto serve per semplificare la prestazione difensiva prevista da Zaccheroni. Superflua l'indisturbata circolazione dei passaggi laziali lungo trequarti di partita; perché questo predominio calligrafico evapora sprovvisto delle accelerazioni utili a renderlo decisivo; perché quattro guastatori tonici (Helveg, Rossitto, Desideri, Orlando) interrompono quasi ogni proposta Fuser Marcolin Nedved là nel mezzo, trovando via via l'impudenza d'articolare ribaltamenti fastidiosi come prove del blitz sradicato su calcio di rigore. Ecco, prendiamo l'episodio emblematico della presunzione zemaniana contrapposto al realismo dei friulani: Helveg spezza il solito fraseggio pro Signori e piazza cinquanta metri di progressione verticale senza che nessun incontrista biancoceleste lo degni d'attenzione. E' un bel procedere, salvo agghindare la bravata smarcando dentro l'area, lateralmente, Bierhoff. Dove sta Favalli? Dove l'accoppiata Nesta Chamot?
Beh, il protagonista degli Europei si ritrova la fortuna d' effettuare l'ultimo scarto mentre Marcolin, in ritardo, azzarda la scivolata fra i suoi piedi. E l'arbitro Racalbuto, senza esitazioni, fa calare allo specialista Bia il capestro, con altri diciassette minuti da vivere in pieno psicodramma laziale. Provvederà il tridente pesante, che Zeman ha finalmente composto poco prima dello sbilanciamento fatale, togliendo lo stremato Rambaudi e invitando Protti ad intossicarsi un po' ? Le scene d' arrembaggio conclusivo riproducono certe anomalie emerse nella prima parte, aggravate dal nervosismo dell'impotenza che acceca specie Signori, visibile appena due volte: su "drop" disinnescato dal portiere Battistini e su punizione tagliata verso l'incrocio. Va meglio Casiraghi, ariete scomodo per le grinfie di Calori e Bia; e unica testimonianza delle suggestive epoche zemaniane, almeno in versione casalinga. No, tre occasioni comprendenti il palo del centroavanti della nazionale, non possono autorizzare discorsi di furto udinese con destrezza. Zaccheroni adopera quel buon senso che Zeman sfida, schierando subito reparti collegati e alleggeriti da cursori esterni tipo Bertotto, Helveg e Orlando. E' un approccio azzeccato alla presunta sfida impossibile, che si rivela tenera grazie ai ritardi e alle amnesie di quanti dovrebbero impostare il gioco dall'altra parte. A cosa serve l'investimento Protti, escluso dal gruppo di partenza? E quali le cause che costringono Nedved a sfigurare nel duello di rendimento con Bierhoff, che evoca la finale londinese dell'ultima rassegna continentale? Sullo slancio del penalty capitalizzato, Oliver galoppa perfino a caccia del raddoppio contropiedistico. Vanta la vitalità di chi basta a se stesso e al reparto, come dimostra quando Zaccheroni gli toglie il partner Poggi per rafforzare gli ormeggi a protezione dell'insperato tesoro.
Non s'opponesse alla grande Marchegiani, il tedesco castigherebbe ancora questa Lazio da ricostituire, tornando d'urgenza sul mercato. E Marchegiani trova anche in Desideri, ex romanista, un amico: schiacciata di testa sottomisura, a porta vuota, come un incredibile sparo a salve. I laziali sugli spalti intonano cori di rimpianto riferiti a Di Matteo, Boksic, Winter. Cioè alla Lazio sparita in una sola estate d'esagerate speculazioni.