29 agosto 1975, Chinaglia ritorna a Roma
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Da La Stampa:
La gigantesca aerostazione di Fiumicino aveva un aspetto quasi irreale stamane, quando, alle prime luci del giorno, è stata presa d'assalto da duemila tifosi della Lazio in attesa del loro idolo Chinaglia, di ritorno dall'America. Scene di isterismo collettivo inducevano a malinconiche riflessioni sulla incoerenza di certa folla del football che fino a due giorni fa aveva gratificato il "ribelle" con aggettivi come "buffone" (tanto per citare il più gentile). Hanno accolto il "salvatore della patria biancazzurra" stendardi, bandiere, grida lanciate con voce roca dall'emozione, bambini insonnoliti proiettati incautamente nella calca per ricevere l'abbraccio "dell'americano": giornalisti, fotografi, cineoperatori, costretti a farsi largo ingaggiando una lotta serrata, hanno dato vita ad uno spettacolo che neppure il regista più sapiente sarebbe stato in grado di allestire. Neanche il violento temporale che si era abbattuto sulla zona verso le 6 del mattino aveva indotto i tenaci appassionati laziali a preferire il letto invece di affrontare la disagevole trasferta.
Ma evidentemente Giorgione, nonostante la lunga serie di "chinagliate", è riuscito a mantenere un fascino tutto particolare nel cuore dei suoi "fans". Quando alle 7,20 precise il grande Jumbo dell'Alitalia si è accostato al tunnel di sbarco, rivoli di commandos si sono infiltrati con gli stratagemmi più fantasiosi fra le maglie del rigido servizio di sicurezza che, colto di sorpresa, è stato seriamente messo in crisi. Chinaglia ha esitato un po' prima di affrontare il pericoloso impatto. Il suo volto era pallido, qualche lacrima sgorgava sul faccione simpatico illuminato dal bagliore dei suoi occhi azzurri. "Giorgio, Giorgio", continuavano a gridare i tifosi con un crescendo impressionante. Il giocatore è stato issato sulle spalle da una folla che ondeggiava paurosamente. Chinaglia stringeva mani, distribuiva abbracci. Gli agenti faticavano a concedergli respiro. Finalmente è stato dirottato, non senza fatica, in una saletta messa a disposizione dall'Alitalia. Chinaglia si è abbandonato esausto su un divano. C'era ancora da affrontare l'assalto dei giornalisti. Ma almeno si trattava di un assedio verbale anche se i fucili della critica erano caricati, pronti a sparare.
Si deve tuttavia riconoscere al giocatore una grande abilità nello sdrammatizzare subito il clima di polemiche in cui rischiava d'essere coinvolto. Ha risposto a tutti con calma, su ogni argomento ha cercato di dare una giustificazione che almeno a lui è sembrata pienamente legittima e soprattutto permeata di onestà. "Perché sei tornato? La domanda si esaurisce da sola — ha ribattuto prontamente il giocatore — guardate la folla là fuori e capirete perché non ho potuto resistere". A Chinaglia sarà sufficiente esibire una delle tante foto che testimoniano l'amore che la gente di fede biancoceleste nutre nei suoi confronti, per mettere a tacere un eventuale (ma assai improbabile) irrigidimento di Lenzini. La folla è dalla parte di Chinaglia. Il presidente deve prenderne atto e dopo qualche formale e inevitabile atteggiamento di ritegno, finirà per sciogliersi nel consueto abbraccio corredato dall'inevitabile pianto di commozione. E' un fumetto cominciato "all'italiana", si manterrà coerente nelle prossime puntate fra latte e miele fino a quando non ritorneranno sull'orizzonte le prime nubi nere della polemica. Le ultime vicende non hanno modificato il carattere di Chinaglia. Egli ha ammesso di aver fatto qualche sbaglio, "ma in fondo" — ha dichiarato con tono orgoglioso — penso che il mio comportamento abbia finito per rivelarsi utile alla Lazio. Per rimpiazzarmi e per non deludere i tifosi i dirigenti si sono finalmente decisi a condurre una campagna acquisti che non si erano mai sognati di realizzare".
La tesi non fa una grinza. Dal torto, il giocatore tenta di passare dalla parte della ragione. Tuttavia, almeno al primo impatto, il suo tono è stato nel complesso conciliante: "Qualcuno dice che potevo evitare questa antipatica vicenda. Ma avevo dei problemi familiari che hanno avuto un peso importante". — E' vero che hai avuto dei contrasti con tua moglie, circa il ritorno in Italia? "Mia moglie non c'entra. Ho deciso di mia spontanea volontà. Lei mi ha capito. Da un mese stavo meditando di rientrare in Italia, da quando sono cominciate a giungermi migliaia di lettere spedite da gente che desiderava rivedermi sui campi di gioco. Per me il calcio è tutto. Rimanere inattivo è come togliermi il sangue". — In un'intervista hai parlato di ricatto della Lazio che non ti avrebbe lasciato libero di giocare in America e avresti quindi scelto di tornare per una sola stagione al fine di ottenere il cartellino al termine del prossimo anno. "La società ha ritenuto opportuno tutelare i suoi interessi — ha replicato diplomaticamente Chinaglia — non c'è stato ricatto, io intendo giocare per la mia società fino a quando le energie mi sosterranno. Ma se qualcuno avesse l'intenzione di cedermi ad un altro club, il discorso cambierebbe. Me ne tornerei immediatamente a Fiumicino per salire sul primo aereo diretto in America. So di affrontare un periodo difficile. Con la mia famiglia ci vedremo una volta al mese. Qui sono stato accolto trionfalmente. Ma sono certo che non sarà così sui vari campi d'Italia. Sono preparato".
Perché non ti sei messo in contatto con Lenzini prima di tornare? "Ho mantenuto costantemente i contatti con Maestrelli, il dottor Ziaco, il dirigente Gilardoni" . — Ma in America accogliesti la delegazione laziale a pesci in faccia, come si dice. Chinaglia ha evitato una risposta precisa ma si è intuito chiaramente che il contrasto con i dirigenti, da lui sempre criticati, non è affatto sanato. — Ti aspetti un posto in Nazionale? "Segnando molti gol posso ancora aspirate alla maglia azzurra". — Sarà una Lazio da scudetto con il reinserimento di Chinaglia? "I nostri avversari dovranno cominciare ad aver paura di questa squadra. Nella lotta per il titolo vedo favorite Juventus e Napoli che però ha esagerato pagando Savoldi due miliardi. E' una vicenda sconcertante che potrebbe risolversi a tutto danno del giocatore". Sui problemi di carattere tecnico che vengono a porsi con il suo ritorno, Chinaglia ha espresso un commento in cui è riaffiorato il vecchio stile polemico di cui probabilmente non riuscirà mai a liberarsi.
"La maglia numero "9" è mia, ne sono un po' geloso". Significa che il povero Ferrari dovrà adattarsi a tornare nell'ombra dopo una fugace gloria conquistata nella partita amichevole con la Sampdoria. — Un'ultima domanda: si dice che sei partito con la pelle del lupo e torni con quella dell'agnello. E' un argomento che ha fatto scattare Giorgione: "Non è vero. Forse commetterò ancora sbagli, parlerò troppo. Ma un uomo non si può cambiare". E tanto per far capire che lui è ancora lupo, ha detto che vuol giocare fin da domenica prossima contro il Varese.
► Estate 1975, Chinaglia vuol lasciare la Lazio
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