Venerdì 20 agosto 1999 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-River Plate 1-1

Da LazioWiki.

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20 agosto 1999 - 10^ Amichevole Precampionato 1999/00

LAZIO: Marchegiani (46’ Ballotta), Pancaro, Negro, Mihajlovic (46’ Gottardi), Favalli, Lombardo (46’ Stankovic), Veron (46’ Simeone), Almeyda (62’ Marcolin), Mancini (46’ Conceiçao), Salas (46’ Andersson), S.Inzaghi (62’ Pinzi). All. Eriksson.

RIVER PLATE: Bonanno, Lombardi (46' Franco), Yepes, Trotta (58' Ramos), Placente, Escudero (66' Caudet), Astrada (46' Ledesma), Sorin (46' Gancedo), Aimar, Angel (46' Cardetti), Saviola (62' Cuevas). All. Ramon Diaz.

Arbitro: De Santis di Tivoli (RM).

Marcatori: 6’ S.Inzaghi, 65’ Escudero.

Note: esclusi perché non in condizione Nesta, Sensini, Couto, Nedved e Boksic. Presenti in tribuna Zoff (Italia) e Capello (Roma).

Spettatori: 30.000 circa.

Il biglietto della partita
La coreografia ed i calciatori durante la presentazione
Un momento della presentazione
Un fotogramma dell'evento
Juan Sebastian Veron
Un momento della presentazione
Simone Inzaghi e Kennet Andersson
Sven Goran Eriksson
Il tiro vincente di Simone Inzaghi
Il bomber piacentino festeggiato dopo la marcatura

Il Corriere dello Sport titola: Nella festa dell’Olimpico la sorpresa più bella è l’attaccante. Gioiello Inzaghi. Segna il gol del vantaggio sul River Plate ed è il migliore in campo. Gli argentini pareggiano nella ripresa con Escudero. Nel finale palo di Negro. Eriksson: “Buon primo tempo, contro il Manchester saremo al massimo”. Il solito Almeyda, lampi di Veron, Salas una “prima” di buone intenzioni, Andersson cresce, Simeone sfiora il gol. Festa con una scenografia d’eccezione. Show, torri, ascensori e uno slogan per tutti: “Obiettivo successo”.


Il Messaggero titola: "Lazio, è festa a metà. Mezz’ora di buon gioco, il gol di Inzaghi, poi il buio: il River pareggia".

L'articolo così prosegue: Nella serata delle stelle, la Lazio risplende solo mezzora: gioco veloce, iniziative ben articolate, rapidi inserimenti, lavoro sulle fasce, conclusioni. Poi, pian piano - così come era capitato a Terni - si ritrae, accusa forse la fatica di questi intensi giorni di allenamenti, perde forza e velocità concedendo spazio e confidenza all'avversario. Troppe pause e preoccupanti amnesie, soprattutto difensive, che dovrebbero far riflettere Eriksson. Una Lazio che piace a metà e che dovrà ancora crescere parecchio per domare il Manchester a Montecarlo. Sorpresa in formazione: fuori Simeone, dentro Mancini che va a collocarsi sulla fascia sinistra con Lombardo a destra ed Almeyda-Veron coppia centrale. Scelta ardua e rischiosa, quella di Eriksson, di tenere fuori l'ex interista ma il parco centrocampisti consente al tecnico molte soluzioni e tutte valide. Resta da valutare come la prenderà Simeone, arrivato come uno dei principali rinforzi e costretto a lottare per un posto, magari da esterno e non da centrale come preferirebbe. Con Mancini e Veron il fosforo è comunque assicurato e la Lazio a trazione anteriore produce subito effetti devastanti grazie alla rete di Inzaghi, lasciato incredibilmente libero di battere in porta in piena aerea dall'ex romanista Trotta, ed altre buone azioni in profondità dei biancocelesti.

Il River prende l'impegno in maniera alquanto soft: il giovane talento Aimar vaga per il campo in cerca di spazi e di qualche pallone giocabile, Sorin macina chilometri ma spreca un'incredibile opportunità per pareggiare, il temuto Saviola mi muove senza costrutto, in difesa le maglie sono larghe oltre il lecito. La Lazio, invece, è viva e tonica e ci tiene a far bella figura sotto gli occhi di Cragnotti, Zoff e Fabio Capello. Veron alimenta la manovra con buona continuità, Mancini si produce in qualche guizzo interessante, Pancaro, Lombardo e Favalli presidiano bene le fasce. In avanti, Salas ed Inzaghi tentano spesso duetti volanti, giocando soprattutto sullo stretto e sfruttando bene i lanci lunghi di Veron e Mihajlovic, in campo nonostante un dolore al costato. L'ex piacentino è ancora protagonista: prima getta alle ortiche una comoda occasione per il raddoppio, quindi si vede negare un rigore per un evidente contatto con Bonanno. Movimento continuo, circolazione della palla, ma difficoltà nel concretizzare la superiorità. Ramon Diaz si alza dalla panchina per scuotere il River e gli argentini escono dal torpore. Conquistano metri, diventano più aggressivi, costringono Almeyda - unico centrocampista che fa filtro - agli straordinari. Si fanno incisivi e minacciosi con Lombardo comunque pronto ad allontanare un pallone a pochi centimetri dalla riga. Nella ripresa Eriksson cambia pelle alla Lazio: fuori i fantasisti Veron e Mancini, dentro Simeone (centrale), Stankovic e Gottardi. Da un centrocampo prevalentemente tecnico si passa ad un centrocampo muscolare, fatto di cursori ed incontristi. In difesa Favalli affianca Negro nel ruolo di centrale, Gottardi prende in consegna la fascia destra con Pancaro dirottato a sinistra.

In attacco entra Andersson che, dopo l'uscita d Inzaghi, resta l'unica punta. La formazione argentina ricomincia con piglio deciso e con maggiore convinzione, lievita il rendimento di Aimar, e subito sfiora il pareggio con un colpo di testa di Astrada respinto da Almeyda sulla riga. Non è più la Lazio determinata e vivace della prima parte, ma una squadra timida, imballata ed incapace di organizzare trame di gioco interessanti che di affondare colpi come nella prima parte. Inoltre, balla troppo in difesa. L'1-1 matura grazie ad un pasticcio fra Pancaro e Ballotta che lasciano un comodo pallone per il tocco vincente di Escudero. Il portiere si riscatta su Cuevas dopo una limpida occasione fallita da Simeone, ben smarcato da Andersson. Ancora qualche fiammata d'orgoglio biancoceleste, con Stankovic e Pinzi che rubano la scena e gli applausi e con un destro potente di Negro che scuote il palo ed il tifo dell'Olimpico che fischia a lungo De Santis, ancora impassibile sull'ennesimo fallo in aerea, questa volta ai danni di Stankovic. La Lazio cerca il successo per colorare la festa ma allo scadere rischia la beffa su un rapido contropiede di Cuevas che non trova l'angolo giusto.


La Gazzetta dello Sport titola: "Brilla il sorriso di Inzaghi. Simone segna un gol, si muove bene e in un colpo conquista l'Olimpico e... l'arbitro. Partita vera solo nel primo tempo, con la Lazio che va in vantaggio e mette in mostra Veron, oltre al nuovo attaccante. Poi Eriksson rimescola le carte e gli argentini riescono a pareggiare. Inzaghi si vede negare un rigore, ma furbamente da' ragione all'arbitro".

Continua la "rosea": Vero solo il primo tempo, che la Lazio vince 1-0 presentando due dei suoi nuovi gioielli, Veron e il bomberino Simone Inzaghi, entrambi assai bravi e già bene inseriti. Il River Plate pareggia nella ripresa ma la partita, tra una sostituzione e l'altra, francamente troppe per capirci qualcosa, non ha più alcun senso. L' Olimpico si accontenta. Col Manchester United sarà per forza di cose altra musica, ma forse valeva la pena provare stavolta a strimpellare qualche accordo in più. Nesta, Nedved, Boksic e Sensini fanno solo passerella e poi si astengono, ma almeno i primi tre, venerdì prossimo a Montecarlo, ci saranno. Vuoi per questo, vuoi per altri imperscrutabili motivi, Eriksson ricomincia dal mancato dirigente Mancini Roberto, che ha ancora tanta voglia di giocare e speriamo non diventi troppa. Lo piazza esterno di centrocampo, defilato il giusto per un paio di lanci doc e per pascolare indisturbato. Con Simeone, Stankovic e Conceicao ad osservare dalla panchina, per nulla preoccupati (per ora, ma domani chissà), il peso della metà campo resta sulle spalle capaci di Almeyda, che scopre tuttavia in Veron, al pari dell' intero Olimpico, un compagno di banco completo e molto ispirato. In questo Eriksson sembra già avere visto giusto. Veron parte dalla linea mediana e non dietro le punte come accadeva a Parma.

I lanci sono d'una precisione deliziosa, la capacità di coprire è evidente. L'altro uomo nuovo è Simone Inzaghi e lo stadio ha subito modo di adottarlo. In gol dopo appena 6', anticipando Salas sul cross di Pancaro e chiudendo col diagonale destro dopo un controllo non facile spalle alla porta, Inzaghino mostra di esserci. Vieri e Anelka sfumano, indolori. Bella la Lazio della prima mezz'ora, che segna ancora con Salas (gran gol e bell'assist di Mancini) ma la rete viene annullata per un fuorigioco assai dubbio. Netto il rigore (ed espulsione del portiere Bonano, secondo le nuove regole) negato a Inzaghi che poi nelle interviste televisive di metà gara salva l'arbitro De Santis ("Sono scivolato") staccando un'astuta cambiale per il campionato. A destra Lombardo e Pancaro mostrano le qualità della vecchia guardia, a sinistra Favalli protegge Mancini, in mezzo Negro e Mihajlovic tentennano ed infatti Sorin (ex Juve) sbaglia la facile incornata. Il River Plate, che comincia dai piedi buoni di Aimar ma non finisce lì, piace dalla metà campo in su, dietro, dove ritroviamo Trotta vecchia conoscenza della effimera Roma di Carlos Bianchi, assai meno ed infatti la Laziouno ne potrebbe fare anche quattro, di gol.

Laziodue nella ripresa. Rivoluzione pressoché totale. Eriksson cambia subito sei undicesimi (diventeranno otto) e dispiace vedere Simeone e Stankovic ma non insieme a Veron. E' raccogliticcia e improbabile la difesa (Gottardi-Negro-Favalli-Pancaro), è comunque coi fiocchi il centrocampo (Stankovic-Simeone-Almeyda-Conceicao), mentre Inzaghino continua a zampillare cercando di abbeverare il cammellone Andersson. Almeyda caccia dalla porta l' 1-1 ma è uscito pure lui quando Escudero approfitta d'un pasticcio Ballotta-Pancaro per siglare il pari. A 25' dalla fine le sostituzioni complessive sono più o meno 15, visto che nel River c'è pure chi esce e poi rientra. Tutto un po' troppo poco serio, nonostante i quasi gol di Simeone (fuori), Stankovic (parato) e Negro (palo) e, al 90', Cuevas (fuori).


In un altro articolo, il racconto della serata di presentazione della formazione biancoceleste:

La Lazio ha fretta. Non vede l'ora di cominciare. Anche se l'ascensore, il mezzo che domina la scenografia della presentazione trasportando sul palco uno per uno i gioielli di Cragnotti, non da' l'idea della velocità quanto le Harley Davidson scelte per la passerella dell' anno scorso. La Lazio ha fretta ed e' Eriksson a dircelo. In mezzo alle parole di circostanza consegnate allo speaker, ci mette quell'"iniziare meglio" che e' un elegante mandare al diavolo l' avvio al rallentatore dello scorso campionato. Un' amichevole-metafora insomma: partiamo bene subito perché poi partiremo bene sempre. E allora ecco che l' apertura e' come un tappo di champagne che salta: gol di Inzaghi, perché un' urgenza ne chiama un' altra: dimenticare Vieri, non pensarci più , via, acqua passata, il calcio non ti dà tempo per piagnucolare su chi non c'è più. Eriksson fa una smorfia verso Spinosi che vuol dire più o meno: mica male se Simone comincia così ! Forse Cragnotti dà una gomitata a Zoff, suo vicino in tribuna d' onore: tienilo d' occhio che potrà esserti molto utile... La fretta pero' ha soprattutto un nome e un cognome. Juan Sebastian Veron ha giocato un anno nel Boca Juniors, dunque vedere il River Plate suscita sempre qualcosa di speciale.

Ma non ce n'è bisogno: lui sa che cosa vuole la Lazio dalle sue gambe e dal suo cervello. Eccolo distribuire, smistare, proporre, provarci con due palloni che per la verità se ne vanno per fatti loro lontano dalla porta, ma che sono applauditi quasi quanto un gol. Come se non bastasse si permette di soffiare a Mihajlovic, con il suo benestare, per carità, l' onere-onore della punizione, che nell'Olimpico laziale e' una specie di rito sacrale per la straordinaria efficacia realizzatrice esibita da Sinisa nel campionato passato. Anche Mancini, che della parola leader è un profondo conoscitore, capisce che il tipo è importante e lo cerca spesso, quasi per dargli ancora più autorevolezza di quella che l' argentino si guadagna da solo. Pero' non bisogna esagerare, va bene andare di corsa, pero' l' appuntamento con il Manchester United e' fissato tra una settimana e all'Olimpico, quello con il Cagliari, tre giorni più in là. E voilà, Eriksson dice al suo allievo ritrovato di riposarsi in panchina. Il River si fa sotto, pareggia, rischia addirittura di vincere, poi è la Lazio 2 a cercare di non far rimpiangere la Lazio 1, ma la serata non vuole proprio scappare dall'1-1 anche per non tradire l'aggettivo amichevole, ispiratore della gita romana degli ex compagni di Salas e Almeyda. Pero' Veron cerca, studia, raccoglie tutto con lo sguardo appiccicato al campo. Quando si dice: avere fretta...


Tratte dal quotidiano sportivo, alcune dichiarazioni post-gara:

Un buon rodaggio in vista della Supercoppa europea in programma venerdì prossimo. Eriksson, al termine dell'incontro, è davvero soddisfatto. "La squadra mi è piaciuta molto - attacca il tecnico della Lazio - soprattutto nel primo tempo. Il calo nella ripresa, infatti, era da mettere in preventivo: le carte erano parecchio mischiate. Favalli, addirittura, ha giocato come difensore centrale...". "Non dimentichiamoci poi - continua lo svedese - che il River è più avanti nella preparazione rispetto a noi. In questo senso la nostra prestazione e' ancora più positiva. Direi che siamo pronti per il Manchester United. In più, credo che recupereremo quasi tutti gli infortunati". "Molto bene Simone Inzaghi - conclude -, ma a me è piaciuto anche Salas". Così Sensini, ieri a riposo perché' acciaccato: "Queste gare ci servono per trovare il ritmo giusto. Le amichevoli sono finite e da adesso si comincia a fare sul serio".


Da Il Messaggero:

Effetto "States", la curva sud oscurata da un palco con ascensori. Lo scudetto della Lazio con l'aquilotto stilizzato. Uno slogan: «Obiettivo Successo». Nasce così la Lazio 1999/2000, una coreografia curata, una musica assordante. Sergio De Vena, dj di Radio Dimensione Suono, è incaricato di chiamare tutti sul palco a oltre venti metri d'altezza. Brividi per i giocatori, brividi per il pubblico. Apre le danze il terzo portiere Concetti, poi via via tutti gli altri fanno la loro apparizione. Per ruolo, e da dietro il palco, appaiono, chiamati per numero di maglia, nome, cognome. Quattro per volta scendono poi con le ascensori, una per lato. Si accende la curva nord ai nomi di Mihajlovic, Nesta, Almeyda, ma soprattutto a quello del matador, Marcelo Salas. Tocca a Mancini salutare i tifosi a nome di tutti i compagni. Lui, definito dal presentatore: l'allenatore in campo, ringrazia il pubblico della nord che nonostante la serata estiva e vacanziera è stracolma.

Gli "Irriducibili" sono in prima fila, ma mentre sul tabellone scorrono nomi e immagini, il loro striscione, misteriosamente scompare e vengono mostrate alcune frasi polemiche. Una su tutte: «Sergio, noi siamo la Lazio». Protesta annunciata già dalla mattina con un fax alle redazioni: troppo alti i costi delle trasferte biancocelesti. Una nota di veleno che comunque non guasta la discesa in campo del patron, comunque molto applaudito. Cragnotti lentamente si avvicina ai giocatori schierati al limite dell'area di rigore, raccoglie il microfono e l'invito del dj: «Questi ragazzi ci daranno soddisfazione - è il suo esordio - lo scorso anno c'è mancato lo scudetto, ma la Lazio è una società all'avanguardia, che lo merita. Quest'anno sapremo lottare per tutti gli obiettivi». E alla gente: «Questi ragazzi ci faranno soffrire, ma ci serve un grande pubblico, stateci vicini e soffrite con noi». Eriksson era stato l'ultimo ad apparire sul palco soprelevato. Un applauso e la discesa con il dj verso la squadra. Parla a ruota libera il mister. Dei vari reparti, dei nuovi acquisti. Poi sulla curva nord: «Favolosi», è l'espressione usata dello svedese che raccoglie applausi e li ricambia, come tutta la squadra.

Il rito dei palloni. Tutti i giocatori biancocelesti ne hanno uno da lanciare ai tifosi, vengono chiamati a gran voce, loro si concentrano sulla curva. Bella festa, grandi emozioni. La curva che fa sentire la "vibrazione" prima di ogni nome, due soli assenti Alen Boksic, impegnato con la nazionale, e Cinelli. Ma la nord è generosa, anche per loro applausi al momento in cui vengono chiamati per nome da De Vena e le loro immagini riempiono il tabellone posto sulla sud.



La formazione del primo tempo:
Inzaghi, Negro, Mihajlovic, Almayda, Pancaro;
Favalli, Lombardo, Mancini, Veron, Salas