Scalia Giorgio
Nuotatore e pallanuotista, nato a Roma il 18 aprile 1917, deceduto in combattimento durante la Seconda Guerra Mondiale il 10 gennaio 1941 nel canale di Sicilia.
E' con gli allievi della S.S. Lazio nel 1933. Inizialmente si applica sui 200 e 400 stile libero. Passa quindi al dorso dove ottiene ottimi risultati. E' secondo ai Campionati Italiani nella prova individuale e vince due titoli con le Staffette Artistiche 3 x 100 tre stili, sia tra gli Juniores quanto con i Seniores. Con 1'18"2 ha il quarto tempo in Italia. Vince agli Agonali del GUF Romano e contribuisce alla vittoria societaria nella Coppa Federale A. Nel 1935 non migliora il suo personale, ma riesce comunque ad ottenere ai Campionati nazionali un terzo posto nei 100 dorso e un secondo con la staffetta. Viene convocato per un raduno della Nazionale a Sanremo in agosto e disputa il campionato di pallanuoto. Conseguita la licenza liceale entra all'Accademia Navale di Livorno. Dirada il suo impegno in piscina riuscendo a fregiarsi del titolo di Littore nel 1937 sui 100 dorso.
Nel 1939, al termine dei regolari corsi, consegue la nomina a Guardiamarina. Promosso Sottotenente di Vascello nel gennaio 1940. Imbarcato sulla torpediniera Vega, il 10 gennaio 1941 partecipò all'azione che vide l'unità impegnata, nelle acque del Canale di Sicilia, in un audace attacco contro le forze navali inglesi. Nel combattimento che ne seguì, essendo l'unità colpita irrimediabilmente dal fuoco nemico, immobilizzata ed in procinto di affondare, cooperò con coraggio nell'operazione di salvataggio dell'equipaggio. Altruisticamente donò il proprio salvagente ad un marinaio inesperto del nuoto e sacrificò la sua giovane vita, scomparendo negli abissi mentre sulla nave sventolava ancora la bandiera da combattimento.
Gli viene assegnata la Medaglia d'Oro al Valore Militare con la seguente motivazione: "Direttore del tiro di torpediniera, impegnata in audacissimo attacco contro soverchianti forze navali avversarie, dirigeva con magnifico ardimento e perizia il tiro delle artiglierie e, sfidando l'intensa azione di fuoco del nemico, che concentrava tutti i suoi calibri sull'unità, riusciva a colpire ed infliggere sicure perdite alle navi nemiche. Colpita gravemente la sua unità, si portava presso il pezzo prodiero, l'unico rimasto efficiente, e con esso proseguiva con superbo slancio il tiro, fermamente deciso, nell'impossibilità di salvare la nave, a vendicarne la perdita, arrecando all'avversario i danni maggiori. Sopraffatto dalla schiacciante superiorità dei mezzi nemici, che smantellavano anche l'ultimo baluardo della resistenza, preferiva, ligio alle più belle tradizioni marinare, condividere la sorte della nave, da lui difesa fino al limite di ogni possibilità umana. Donato con generoso impulso il suo salvagente a persona dell'equipaggio, che ne era priva, rimaneva con eroica determinazione al posto di combattimento e immolava la sua giovinezza sull'unità, che gloriosamente si inabissava, consegnando ai fasti della Patria l'epica gesta".
Una strada del quartiere romano della Balduina è stata intitolata a suo nome.
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