Domenica 8 gennaio 1984 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Pisa 0-1
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8 gennaio 1984 - 2190 - Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1983/84 - XV giornata
LAZIO: Cacciatori, Della Martira, Filisetti, Spinozzi, Batista, Vinazzani, Piga (46' Meluso), Cupini (67' Marini), D'Amico, Laudrup, Piraccini. A disp. Orsi, Piscedda, Miele. All. Carosi.
PISA: A.Mannini, Azzali, Armenise, Vianello, Garuti (86' Longobardo), Sala, Berggreen, Criscimanni, Sorbi, M.Mariani, Birigozzi (62' Kieft). A disp. Buso, P.Giovannelli, Scarnecchia. All. Vinicio.
Arbitro: Casarin (Milano).
Marcatori: 39’ Vianello.
Note: giornata nuvolosa con sprazzi di pioggia, terreno scivoloso.
Spettatori: 30.000 circa.
Il Pisa, abbonato ai pareggi, ha trovato il suo giorno di gloria sul terreno dell'Olimpico. Gli uomini di Vinicio hanno colto il loro primo successo stagionale contro una Lazio che deve essere grata al portiere Cacciatori, il quale ha evitato che il punteggio finale assumesse aspetti mortificanti. I timori per le assenze di Giordano e Manfredonia all'atto pratico si sono rivelati assai più consistenti di quanto si potesse supporre, ma i mali della squadra sono apparsi tanto profondi da far dubitare che i due, da soli potessero riuscire e guarirli. Contro un Pisa ben impostato, attento nelle marcature, pronto a sfruttare gli errori degli avversari, che non sono stati pochi, la formazione biancoceleste ha rivelato una sconcertante impotenza. I motivi vanno innanzitutto ricercati nella netta inferiorità dimostrata sul piano individuale da molti laziali, con inevitabili ripercussioni negative sul gioco, praticamente inesistente. Non è possibile ipotizzare la riscossa puntando su uomini come Piga, Piraccini, Della Martira; relegando Batista nel ruolo di centromediano metodista, che ne altera ancora più vistosamente il valore.
D'Amico ha disputato una buona prima mezz'ora, cercando in ogni zona del campo lo spunto per mettere in movimento i compagni. Anche Vinazzani e Cupini hanno corso molto. Tutto qui. E' veramente poco per una squadra che mira a salvarsi dalla retrocessione. Ma la delusione maggiore è venuta dai due stranieri Laudrup e Batista. Per il danese esiste qualche attenuante. La giovane età e il tipo di gioco tutto diverso, hanno ritardato l'inserimento nella nuova squadra. Laudrup, inoltre, potenzialmente è giocatore di classe, ma è stato preso in contropiede dalla sorpresa di dover lottare, più che giocare, in netto contrasto con la sua mentalità. A Batista, ieri, è stato riservato un compito totalmente sbagliato. Era tanto il suo disagio in posizione arretrata, da sbagliare i più facili appoggi. Ma occorre anche ricordare che in passate occasioni non è riuscito a combinare di meglio. La Lazio si aspettava ben altro da un nazionale brasiliano che al momento costituisce la nota più negativa della campagna acquisti. Nonostante le carenze tattiche e tecniche, era lecito attendersi dai biancocelesti almeno una reazione orgogliosa. Invece neppure sul piano agonistico gli uomini di Carosi sono riusciti ad infastidire gli avversari.
Alla fine il pubblico, spazientito per tanto squallore, si è sfogato al grido di mercenari, buffoni. Non aveva tutti i torti. Il Pisa si è rivelato una buona squadra, ma i suoi meriti sono stati addirittura ingigantiti dalla pochezza dei laziali. Il gol pisano, che appariva scontato, viste le premesse, giungeva al 40': Birigozzi costringeva in angolo Cacciatori, che si salvava con uno strepitoso intervento. Dalla bandierina Sorbi pescava Vianello che arrivava in corsa dalla retrovia e stavolta la palla colpita di testa, si insaccava imparabilmente a fil di traversa. Nella ripresa Carosi faceva entrare prima Meluso e poi Marini. Ma non mutava la fisionomia della partita. Spariva anche D'Amico, sfiancato dal gran correre. Negli spazi larghi, lasciati da una Lazio velleitaria nel suo tentativo di rimontare, il Pisa si insinuava agevolmente creando seri pericoli a Cacciatori. Il portiere era bravissimo a salvare la rete Per la squadra ritiro immediato in un albergo fuori Roma.
La Lazio tocca il fondo, e al fischio finale di Casarin la rabbia dei tifosi esplode impietosamente in un coro di «venduti, mercenari»: L'attesa negli spogliatoi è particolarmente lunga. Chinaglia ha deciso di mandare subito i giocatori in ritiro in un albergo. Qualcuno storce la bocca, ma D'Amico non è d'accordo. «Non è una punizione - dice - e poi, almeno, servirà a chiarirci le idee. Abbiamo infatti molte cose da dirci e dopo una partita del genere c'è soltanto da vergognarsi». Un cronista cerca di interromperlo, ma D'Amico prosegue tutto di un fiato e lancia accuse pesanti: «Premesso che il Pisa ha strameritato di vincere, una cosa dev'essere chiara: in questa squadra c'è chi non ha la coscienza pulita. Si tratta di qualcuno arrivato da poco che pensa soltanto a prendere lo stipendio alla fine del mese. Se questo significa essere professionisti...» Mancavano Giordano, Manfredonia e Podavini, d'accordo, e, per una formazione che non può contare su alternative valide, alla fine queste assenze hanno influito più del previsto.
Carosi è d'accordo ma con altrettanta franchezza ammette che la squadra, così com'è, «non ha nerbo, qualche giocatore mi ha deluso. Non chiedetemi i nomi, perché non ve li dico. Purtroppo la situazione è quella che è. Fra squalifiche e infortuni, ho una rosa ridotta all'osso. Siamo a metà campionato, ancora in tempo per raggranellare i punti che occorrono per salvarci. Insomma, la Lazio non molla e farà di tutto per risalire». Alcuni preferirebbero non parlare: l'amarezza è grande. «Soltanto noi potevamo perdere all'Olimpico contro una diretta avversaria nella lotta per la retrocessione che oltretutto finora non aveva mai vinto», confessa un dirigente biancazzurro. «Cosa volete che dica ? - si sfoga Filisetti -. Siamo penultimi, a un punto dal Catania. Loro, i pisani, hanno giocato come deve giocare una squadra in fondo alla classifica. Noi no, e basta». «La verità - ammette Vinazzani - è che oggi abbiamo toccato il fondo. Peggio di così la Lazio non può andare. L'anno scorso, col Napoli, scendevamo in campo con un altro spirito, un'altra coesione».
Della Martira, tornato in campo fin dall'inizio, dopo quasi quattro anni, dopo le disavventure del calcio-scommesse, cerca di consolarsi con un precedente: «Già una volta, molto tempo fa, girammo con la Fiorentina a nove punti. Nonostante ciò, riuscimmo a salvarci con un bel girone di ritorno». «Abbiamo perso perché abbiamo giocato male tutti - confessa Batista -. Si sbaglia in undici e non mi sento di lanciare accuse a nessuno. Purtroppo, la nostra è una squadra con i giocatori contati e quando mancano titolari come Giordano. Manfredonia e Podavini c'è poco da stare allegri». «Poteva anche andare meglio, viste le innumerevoli occasioni da rete che siamo riusciti a creare - dice invece soddisfatto Vinicio -. Evidentemente avevano deciso di farmi soffrire sino alla fine. Sono particolarmente soddisfatto della squadra che ha confermato di potersi salvare». «Mi dispiace per l'amico Chinaglia, ma non abbiamo potuto fare a meno di vincere - ironizza Anconetani -. Siamo in media salvezza e sono certo che centreremo questo obiettivo in anticipo». Brutta giornata su Roma capitale, bruttissima per questo romano d'adozione che è Giorgio Chinaglia, coinvolto nel crollo verticale di una squadra che fino a un paio di settimane fa era tale, ed ora non più. Rientrato dagli Stati Uniti, mercoledì s'era trovato con la squadra bloccata dal risultato negativo di Ascoli, con il «gioiello» Giordano eliminato dal gioco per qualche mese, e con uno spareggio-retrocessione in programma per questa domenica. In un paio di giorni aveva cercato di caricare la squadra, gli effettivi che restavano e che potevano essere utilizzati, cercando di trasferire in loro almeno un poco di quella carica, di quella voglia di fare che a lui ha aperto tante porte nella vita.
Non so se fosse convinto d'esserci riuscito, ma è certo che perlomeno ci sperava. Grande la delusione, enorme, persino sproporzionata se la si considera rispetto alla materia del contendere, una squadra di calcio, una partita. «Mi aspettavo, ci aspettavamo, qualcosa di buono e invece niente, tutto negativo». Esordisce così dopo essersi barricato in una saletta fuori dagli spogliatoi, visto che è lui stesso in punizione e in teoria non dovrebbe avere accesso nei luoghi sacri della sacrestia calcistica. Non gli pesa parlare, anche perché attorno a lui, da parte dei giornalisti, c'è sempre un'affettuosa comprensione, più che una contestazione critica. «Dico, ma non abbiamo mai tirato in porta, non siamo mai entrati in area, è avvilente: loro hanno avuto almeno quattro o cinque occasioni da gol vere. Giordano non c'era anche due mesi fa, ma avevamo sempre tenuto il campo bene. Non li avessi mai visti giocare...». Si ferma un attimo, probabilmente per non dare un giudizio troppo duro. Continua: «Io dico: soltanto contro l'Udinese erano stati vivi e vitali, e adesso dovrei pensare che sono stanchi ? Ma non scherziamo ! L'assenza di Giordano, e pure quella di Manfredonia, va bene, ma non giustifica niente. Una partita la si fa in undici, magari in dieci in nove, ma mai uno o due soltanto. Quindi dove sono quelli che completavano il numero quando c'erano Giordano e Manfredonia ? Se non li avessi mai visti giocare direi: ma chi sono questi?». Giorgione Chinaglia è a metà tra depressione e furore.
Fonte: La Stampa