Domenica 26 novembre 1995 - Vicenza, stadio Romeo Menti - Vicenza-Lazio 1-0
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26 novembre 1995 - 2674 - Campionato di Serie A 1995/96 - XI giornata
VICENZA: Mondini, Mendez, Bjorklund, G.Lopez, Grossi, Otero (82' Rossi), Maini, Di Carlo, Viviani (89' Amerini), Ambrosetti (71' Lombardini), Murgita. A disp.: Brivio, Belotti. All. Guidolin.
LAZIO: F.Mancini, Nesta, Romano, Fuser, Negro, Chamot, M.Esposito (46' Rambaudi), Di Matteo, Casiraghi, Winter, Signori. A disp.: Orsi, Gottardi, Bergodi, Marcolin. All. Zeman.
Arbitro: Farina (Novi Ligure).
Marcatori: 41' Maini.
Note: ammoniti Chamot, Di Matteo, Viviani, Mendez. Calci d'angolo: 6-5.
Spettatori: 18.000 circa.
Anche la Lazio si è arresa all'inesorabile legge casalinga del Vicenza, che sul proprio campo è imbattuto da oltre due anni, durante i quali ha messo insieme 24 vittorie e 18 pareggi. Lo ha fatto a conclusione di una prova sconcertante, addirittura irritante da parte di quello che dovrebbe essere il suo campione più rappresentativo, Signori, ancora sprofondato in una crisi allarmante. Lo ha fatto dopo avere esibito un primo tempo ai limiti del disastro, in bilico tra sufficienza e impotenza, e una ripresa unicamente generosa, caratterizzata da un assedio costante ma confuso, troppo poco per evitare il secondo scivolone stagionale, arrivato a tre settimane da quello di Firenze. Dopo aver battuto pure la Fiorentina e aver bloccato il Milan, il Vicenza formato casalingo ha fatto dunque un'altra vittima di rango e adesso può affacciarsi nella prima metà della classifica, anche se Guidolin continua a raccomandare umiltà e a ripetere che l'unico traguardo resta la salvezza. "Solo se riusciremo a giocare sempre con la stessa intensità - ha chiarito il più giovane allenatore di A - potremo guardare con fiducia al nostro futuro". A inorgoglire Guidolin non solo la quarta vittoria stagionale ma anche i complimenti di Sacchi. Venuto a Vicenza per osservare alcuni laziali, il c.t. ha ammirato soprattutto la diligenza tattica della squadra veneta, agile e aggressiva, capace di restare corta e compatta di fronte al rabbioso arrembaggio finale degli avversari. "Del Vicenza ho apprezzato il grande ritmo, l' ottimo presidio degli spazi e la notevole capacità di ripartire", ha spiegato Sacchi, che ha risposto con una battuta a chi gli chiedeva quale biancorosso meriterebbe la nazionale: "L'allenatore". Sbucata da una settimana contrassegnata dall'aspra polemica tra Zeman e Di Matteo, la Lazio si è trascinata in campo tutti i suoi malesseri, al punto da spingere Fini, presente in tribuna, a una precisazione che odora di ripudio. "Dei biancocelesti sono soltanto un simpatizzante - ha riferito il presidente di Alleanza nazionale - perché il mio tifo è tutto per il Bologna". Schierata con il solito modulo che privilegia l'attacco, anche se Esposito (chissà perché preferito a Rambaudi) è un centrocampista prestato al tridente, la Lazio è apparsa subito in soggezione nella zona nevralgica del prato, dove l'infaticabile Di Carlo sovrastava Winter e dove Di Matteo balbettava tra Maini e Viviani. La conseguenza era che le punte ricevevano pochi palloni giocabili (e Signori si sarebbe incaricato di vanificare anche i rari rifornimenti) e che la difesa si trovava prima di un filtro decente, esponendosi alle puntate rapide e incisive di Murgita e Otero. Quest'ultimo è l' attaccante uruguaiano al quale martedì scorso era stata ritirata la patente per un'infrazione stradale e che il senatore leghista Boso, ormai specializzato in proposte grottesche, avrebbe voluto espellere dall'Italia, suggerendo addirittura alla Lazio di disertare per protesta la trasferta in Veneto. Invitato da Guidolin a defilarsi sulla destra e ad arretrare spesso per completare la muraglia di centrocampo, Otero ha rappresentato uno dei segreti del successo vicentino, creando frequenti imbarazzi al giovane Nesta, mentre sul lato opposto il nuovo acquisto Ambrosetti faceva altrettanto nei confronti di Romano. Al resto provvedevano una difesa sufficientemente solida, la mobilità di Viviani, Maini e Di Carlo e un fallo su Casiraghi ignorato dall'arbitro. A chi lo lodava per aver messo in difficoltà Zeman con un insolito modulo che prevedeva quattro difensori, cinque centrocampisti e una sola punta, Guidolin ricordava sorridendo che il calcio resta pur sempre un gioco e che i moduli cifrati contano poco se in campo mancano ritmo, volontà e determinazione.
Fonte: Corriere della Sera