Domenica 15 ottobre 1995 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Padova 2-0
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15 ottobre 1995 - 2666 - Campionato di Serie A 1995/96 - VI giornata
LAZIO: Marchegiani, Nesta, Favalli, Marcolin, Negro (46' Romano), Chamot, Rambaudi, Fuser, Boksic, Winter, M.Esposito (84' Piovanelli). A disp.: Orsi, Bergodi, Di Matteo. All. Zeman.
PADOVA: Bonaiuti, Cuicchi (77' Sconziano), Rosa, Giampietro, Lalas, Gabrieli, Coppola, Nunziata, Longhi, Fiore (75' Ciocci), Amoruso. A disp.: Dal Bianco, Ossari, Piovesan. All. Sandreani.
Arbitro: Messina (Bergamo).
Marcatori: 75' Rosa (aut), 81' Fuser.
Note: ammoniti: Rambaudi, Nunziata, Cuicchi, Nesta, Gabrieli.
Spettatori: 40.842 per un incasso di £. 1.260.432.000.
Senza il soccorso di Signori e Casiraghi, la Lazio scende ai miseri livelli del Padova per 75 minuti, salvo uscire dall'incubo grazie ad un tiro lotteria di Rambaudi, che sbatte in mischia contro lo stopper Massimiliano Rosa, mortificando Bonaiuti. Poi alcune grandinate biancocelesti, ripristinano le ovvie differenze irrintracciabili fino all'autogol decisivo, quando mastro Sandreani deve scoprirsi, cioè abbandonare quel 5 4 1 così illusorio e delegare il panchinaro Ciocci verso la rimonta impossibile. Ma cosa dovrebbe fare questo allenatore esule nel decentramento, obbligato a fronteggiare una formazione miliardaria con lo stato d'animo di chi va sotto Tyson? Sfrecciano ormai gli zemaniani dentro spazi finalmente non ostruiti e certe esatte (tardive) accelerazioni vorrebbero quasi disperdere l'inverecondo spettacolo precedente. Sì, dopo i fischi, arrivano ad esempio applausi meritati per Fuser, spettacolare finalizzatore dell'unico spunto decente griffato Esposito, o per Winter. Tutto facile, mentre i padovani altrettanto rattoppati provano ad inventare un po' di produzione offensiva, con il cuore in gola. Tutto dimenticato: due reti bastano, la classifica laziale cresce e allora Zeman negli spogliatoi può diventare addirittura arguto: "Era una sfida complicata, che abbiamo onorato forse pensando pure all'imminente trasferta di Coppa Uefa. Le forze vanno dosate, quindi ho ritenuto opportuno trattenere Di Matteo in panchina". Viene dunque servita subito dal precettore boemo, una squadra lenta, male assortita, dove Marcolin s'impegna quale opinabile replicante dell'italo svizzero caro a Sacchi. E dove Boksic, riciclato centravanti, si ritrova supportato da tre omologhi (Rambaudi, Fuser, Esposito) che portano palla, accentuando la prevedibilità degli schemi ridisegnati. Sandreani non crede ai propri occhi e controlla compiaciuto ogni intasamento, ogni pallone spazzato via, ogni ribaltamento. I laziali camminano, incapaci di spalancare il gioco a beneficio dell'inguardabile tridente approntato in emergenza. Il Padova respira, lotta corto, inalbera Amoruso unica punta, e tanto basta a molestare qualche volta il quartetto zonarolo là dietro. Vero, signor Negro? Amoruso, uomo reparto, osa addirittura slittargli via in contropiede e Marchegiani, fuori porta, rabbrividisce. Palombella tratteggiata comunque oltre la trasversale. Andiamo avanti. Le contromisure dell'esule Sandreani funzionano, la gente manda segnali d'impazienza. E ancora Marchegiani deve distendersi per disinnescare Gabrieli, impudente al punto d'uscire dal bunker per caricare il diagonale carogna. Inutile invocare Di Matteo o rimpiangere i goleador assenti. Zeman azzecca però nel prosieguo la mossa Romano: fuori Negro, va già meglio con Nesta spostato centrale accanto a Chamot e con la forza propulsiva garantita dal nuovo arrivato. Che, alleluja, sa servire Boksic oppure Fuser in velocità, per molestare questo Padova rintanato, in odore di miracolo. Miracolo? Ma nell'ottica di Sandreani è miracolosa unicamente la procedura trovata dai laziali per schiodare il risultato. Ha ragione. Massimiliano Rosa diventa ad un tratto una spina lancinante. E i laziali increduli ringraziano.
Fonte: Corriere della Sera