Domenica 14 maggio 2000 - Perugia, stadio Renato Curi - Perugia-Juventus 1-0
Stagione 1999/00 - Ritorna a Lazio-Reggina 3-0
Perugia, 14 maggio 2000 - Stadio Renato Curi - Perugia-Juventus 1-0 - XXXIV giornata di Campionato
PERUGIA: Mazzantini, Bisoli, Calori, Materazzi, Esposito, Tedesco, Olive, Milanese, Alenitchev (63' Sogliano), Amoruso (77' Melli ), Rapajc (87' Campolo). A disposizione: Sterchele, Hilario, Cappioli, Dani. Allenatore: Mazzone.
JUVENTUS: Van der Sar, Ferrara, Montero, Iuliano, Conte (74' Esnaider), Tacchinardi (58' Kovacevic), Davids, Pessotto (65' Zambrotta), Zidane, Del Piero, F.Inzaghi. A disposizione: Rampulla, Birindelli, Mirkovic, Oliseh. Allenatore: Ancelotti.
Arbitro: Sig. Collina (Viareggio) - Guardalinee Sigg. Zuccolini ed Ivaldi - Quarto uomo Sig. Baglioni.
Marcatori: 49' Calori.
Note: il secondo tempo e' comiciato alle 17.11 con oltre un'ora di ritardo per un forte temporale che ha allagato il campo. Espulso al 63' Zambrotta per doppia ammonizione. Ammoniti: Montero, Calori, Iuliano e Davids per gioco falloso, Tedesco per comportamento non regolamentare. Angoli: 7-3 per la Juventus. Recuperi: 3' p.t., 5' s.t.
Spettatori: 27.000 circa, stadio esaurito.
La Gazzetta dello Sport titola: "E la Juve annegò nella fatal Perugia. Uno scenario incredibile per la resa dopo il gol di Calori".
Continua la "rosea": Adesso si finirà per parlare di fatal Perugia per la Juve. Come nel '76 i bianconeri hanno perso in un sol colpo e all'ultima giornata partita e scudetto. Stavolta il verdetto è stato ancora più atroce perché la squadra di Ancelotti era in vantaggio di due punti sulla seconda in classifica e veniva da un girone di ritorno letteralmente dominato sino a raggiungere un vantaggio di nove punti a un mese e mezzo dal termine. Non è bastata a nulla una simile dimostrazione di superiorità: la squadra è colata letteralmente a picco in questo finale perdendo 4 gare quando per tutto il resto del campionato era stata sconfitta una sola volta. Nessuno comunque, tra le mille ipotesi avanzate, aveva messo in previsione uno scenario così apocalittico per la resa della Juve. Neppure i diretti interessati che temevano al massimo uno spareggio pilotato. Ieri a Perugia non è stato pilotato nulla e anzi invece di un pari è arrivata la vittoria della squadra di Mazzone che in primo luogo ha fatto i suoi interessi, facendo felici i tifosi con la qualificazione in Intertoto, e poi indirettamente ha favorito il sorpasso della Lazio che all'Olimpico non ha avuto problemi a vincere. Regolare quindi l'epilogo anche se estremamente insolito con un fortunale che si è abbattuto sullo stadio alla mezz'ora del primo tempo e che ha impedito la ripresa del gioco dopo l' intervallo per altri 70'. Il terreno di gioco si era trasformato in un acquitrino e Collina ha verificato per ben quattro volte il rimbalzo del pallone. Solo nell'ultima uscita si è accorto che le condizioni generali miglioravano e che si poteva giocare in una situazione non ottimale, ma non certo irregolare. Si scivolava, si poteva perdere a volte il controllo del pallone, ma ormai il temporale era passato e le zolle avevano assorbito gran parte dell'acqua. Ovviamente la Juve puntava alla ripetizione della gara per giocarsi le chance di scudetto in una situazione migliore: squadra più tecnica che doveva andare all'attacco per vincere e che quindi si vedeva danneggiata dalle condizioni del campo. Ma Collina doveva tener conto di tutto, non solo degli interessi bianconeri, e alla fine ha avuto ragione lui.
Non era facile prendere quella decisione, come tante altre, vedasi l'espulsione di Zambrotta, entrato al 21' al posto di Pessotto e mandato negli spogliatoi al 28' dopo la seconda ammonizione. Tutto ineccepibile nel contesto di una direzione di gara perfetta. Ma il peggio per la Juve era già accaduto: al 4' della ripresa, su punizione di Rapaic, Conte falliva in piena area la respinta e consegnava la palla sui piedi di Calori trasferitosi in attacco: con tutta la difesa juventina presa in contropiede, il lungo libero di Mazzone infilava nell'angolino. Sarà l'unico tiro indirizzato nello specchio di Van der Sar nell'intera gara. Anche in ciò c'è il segno del destino. Comunque il Perugia non ha rubato nulla. Ha giocato, come promesso, una gara gagliarda, mettendo in difficoltà la Juve subito all'inizio con un Rapaic scatenato (Montero per fermarlo ha dovuto commettere un fallo da ammonizione) e tenendole bravamente testa per tutto il primo tempo nel quale i bianconeri hanno confermato l'atavica debolezza in fase di tiro, con Del Piero che giocava troppo lontano da Mazzantini e con Inzaghi che girava a vuoto. Dopo il gol del vantaggio gli uomini di Mazzone si sono chiaramente chiusi davanti alla loro area rintuzzando tutti i tentativi offensivi della Juve, che Ancelotti infarciva di punte (sono entrati prima Kovacevic e poi Esnaider), senza però riuscire mai a liberare un uomo al tiro in condizioni favorevoli. L'assalto, mai interrotto neppure quando la squadra è rimasta in dieci, era penalizzato dalla grande angoscia di perdere in pochi minuti tutto un campionato, dalle condizioni di un campo sul quale non era facile trovare la misura dei passaggi o lo spunto vincente individuale. Solo Esnaider si esibiva in uno slalom entusiasmante, ma Mazzantini e i suoi riuscivano a salvarsi. Per il resto solo lunghi disperati cross in area per la testa di Kovacevic che trovava in Sogliano (lanciato nella mischia da Mazzone) un marcatore attentissimo e in Calori un insuperabile colpitore di testa.
E poi il Perugia in contropiede è anche andato vicino al raddoppio, che Rapaic in un'occasione ha fallito per troppo egoismo. La Juve ha così perduto anche l'ultimo appiglio e cioè quello di uno spareggio che prima di Perugia vedeva come il massimo delle sciagure. Ma sicuramente non può prendersela che con se stessa: quando non si sa gestire un vantaggio ampio, quando il proprio cammino non dipende dai risultati altrui, quando si sprofonda a Verona e poi alla fine qui a Perugia, in confronti che sono alla portata di una squadra che vuol vincere lo scudetto, allora il sorpasso, sia pure amarissimo per come è avvenuto, deve essere accettato con sportività. Come in effetti hanno fatto in casa juventina complimentandosi con la Lazio. Dopo tanti veleni, un sorso di limoncello.
Il Corriere della Sera titola: "La squadra di Ancelotti paga la stanchezza, l'arbitro non l'aiuta facendo proseguire la partita ed espellendo Zambrotta, gli umbri decidono il sorpasso laziale. Lo scudetto della Juve finisce sott'acqua. Diluvio a Perugia, il secondo tempo inizia con 60' di ritardo: Calori regala il sorpasso alla Lazio".
L'articolo così prosegue: Insolito, crudele, ma soprattutto regolare. Anzi, finale regolarissimo e con l'arbitro Collina migliore in campo. Non un errore, non un'indecisione, neanche una sbavatura: poteva cedere alla legittima tentazione di sospendere la gara all'intervallo (e ci sarebbero state tutte le motivazioni per decretare l'impraticabilità del campo in almeno tre delle quattro visite che ha fatto da solo e in compagnia dei due capitani), ha saputo aspettare, ascoltare le ragioni di Olive che avrebbe voluto continuare, ha ripreso il gioco, ha diretto senza esitazioni. Giusto espellere Zambrotta per doppia ammonizione (casomai è censurabile lo juventino, protagonista di due interventi durissimi su Sogliano e su Esposito), giusto il cartellino giallo anche a Iuliano dopo averlo assegnato a Davids. Entrambi i giocatori, diffidati, avrebbero saltato lo spareggio con la Lazio. Ma lo spareggio non ci sarà, perché la Juve non ci è arrivata. Non ce l'ha fatta e sinceramente non poteva farcela: quattro sconfitte nelle ultime otto partite contro una soltanto nelle precedenti ventisei illustrano in maniera eloquente il suo calo psico-fisico.
In riserva da tempo, sospinta dagli eventi ma visibilmente esposta all'usura ormai da due mesi, la squadra di Ancelotti è arrivata all'ultimo atto in stato di consunzione. La decisione di Collina non l'ha certo favorita (su un terreno pesante è avvantaggiata la squadra che non cerchi necessariamente la vittoria, piuttosto quella che per prima in qualche modo riesce a segnare), tuttavia la Juve almeno per il primo tempo è sembrata quella di Verona: contratta e preoccupata specie in difesa, con una circolazione di palla poco scorrevole anche prima che la pioggia prendesse a flagellare la partita e a condizionare il campionato. Sinceramente il rinvio sembrava la scappatoia alla quale i bianconeri potevano aggrapparsi. È vero, avrebbero dovuto sobbarcarsi altri 90 minuti di gioco con la pressione di dover vincere a tutti i costi, ma che potessero riuscirci ieri nei secondi 45 minuti era più a rischio di ogni altra cosa. Infatti, dopo neppure 5 minuti, e causa un maldestro rinvio di Conte che ha consegnato la palla a Calori, il Perugia ha segnato sull'unico tiro in porta della squadra umbra (Van der Sar è almeno complice avendo giudicato fuori il pallone).
Che la Juve non avesse molto da dare lo si è visto nei minuti successivi (45 e oltre, compreso il recupero), quando Inzaghi ha vanificato due occasioni (nella seconda, comunque, l'attaccante era stato segnalato in fuorigioco) con tocchi maldestri e imprecisi, mentre Ancelotti procedeva ad una serie di sostituzioni che ne rivelava una lucidità contaminata: ingolfare la squadra di punte (Kovacevic per Tacchinardi e Esnaider per Conte) non ha certo favorito uno sviluppo più logico della manovra. In pratica, essendo la squadra ormai decapitata del centrocampo, in particolare dopo l'espulsione di Zambrotta, ha cercato la sponda di Kovacevic con scontatissimi lanci lunghi. Certo, un pareggio dei bianconeri non sarebbe stato demeritato (sette angoli contro tre a favore e soprattutto un tiro al volo di Zidane deviato all'ultimo da un difensore lo testimoniano), però la sensazione di impotenza offerta, sia prima, sia dopo il gol, è apparsa assoluta. La vittoria del Perugia forse non ristabilisce i corretti rapporti di forza in campionato, almeno cancella l'alone del sospetto e di atteggiamenti compiacenti. La squadra di Mazzone ha giocato una partita onesta, il gol l'ha trovato e poi l'ha difeso. Eviterà la clausura del ritiro cui l'aveva condannata il satrapo Gaucci in caso di sconfitta.
In compenso finirà in Intertoto con Verona e Udinese. Se non è una penitenza, ci assomiglia molto. Non poteva che esserci Pierluigi Collina a dirimere il nodo gordiano di Perugia-Juve. E per l'opportunità dei provvedimenti presi, meglio che ci fosse proprio lui: l'arbitro che, per ragioni di sicurezza, aveva evitato il cambio di campo alle due squadre tra il primo e il secondo tempo in una partita di serie B; l'arbitro che aveva annullato un gol all'Inter dopo averlo convalidato, prendendosi la briga prima di spiegare a tecnico e giocatori non troppo convinti e, successivamente, alla platea dei giornalisti che aveva ragione lui e non l'assistente. Il fatto è che Collina è talmente bravo da rischiare di rimanere, a volte, abbagliato da sé stesso. Sarà anche per questo che se sbaglia è perché sposa un eccesso. Un altro arbitro, in una situazione come quella di ieri, avrebbe avuto pochi dubbi già all'intervallo. Meno che mai al primo sopralluogo sotto l'ombrello. Infuriava il diluvio e il terreno di gioco altro non sembrava se non un'immensa pozzanghera in via di accrescimento. Giocare in quello stato era oggettivamente impossibile. Solo una fiduciosa pazienza avrebbe potuto incoraggiare l'attesa.
Ma Collina aveva ragione: oltre che la necessità di chiudere il campionato senza una coda che, del tutto involontariamente, avrebbe alimentato altri veleni, c'era da salvaguardare la pericolosità sociale che la ripetizione avrebbe comportato. Per esempio, se la gara fosse stata recuperata mercoledì, chi avrebbe potuto garantire che non ci sarebbero state infiltrazioni di ultrà laziali, sempre così sensibili allo scontro di piazza? Tutte queste considerazioni, ammesso che gli appartenessero, Collina le ha filtrate attraverso il regolamento. Ed esso prevede che, in casi come questi, l'arbitro abbia piena facoltà di intervento senza limiti di tempo. Certo, a memoria di giornalista, non ci sono precedenti di un'attesa di settanta minuti per riprendere il gioco su un terreno ai limiti della praticabilità. Però da nessuna parte è detto nemmeno il contrario: dopo un'ora e oltre, l'ottimo drenaggio del terreno aveva smaltito l'acqua e la partita si poteva riprendere. Con che effetto sugli juventini, però, si è visto.